Per Silvio Berlusconi la campagna elettorale europea sarà in salita: ancora di più dopo la decisione del tribunale di sorveglianza di Milano di affidarlo in prova ai servizi sociali in un centro per anziani a Cesano Boscone. Le restrizioni a cui sarà sottoposto difficilmente potranno essere considerate tali da limitare quella che con espressione burocratica viene definita «agibilità politica». E se otterrà un risultato deludente, magari potrà recriminare perché è incandidabile dopo la condanna per frode fiscale; ma non per la decisione comunicata ieri dai giudici.

L’epilogo delle sue vicende giudiziarie consegna in realtà l’immagine di una guerra, se tale è stata, finita da tempo; e della quale si vedono gli ultimi bagliori, mentre intorno tutto sta cambiando. Perfino i magistrati, evidenziando «la scemata pericolosità sociale» dell’ex premier, fotografano involontariamente il tramonto di un’epoca. Alcuni dei «fedelissimi» si stanno defilando. E gli antichi avversari di sinistra ne celebrano la fine politica: sebbene non si rendano conto che il declino del berlusconismo coincide anche con quello di un certo antiberlusconismo.
A rivelare il ridimensionamento del Cavaliere, o ex tale, non sono gli attacchi residui contro di lui, ma l’asse con Matteo Renzi. Il fatto che il segretario del Pd e presidente del Consiglio lo abbia incontrato due volte, stabilendo un’intesa istituzionale prima impensabile, dice due cose. La prima è che la vecchia sinistra non ha né il potere né la convinzione per continuare l’ostracismo contro di lui: nemmeno dopo le condanne. La seconda è che Renzi si sente abbastanza forte da poter usare Berlusconi per i suoi piani politici: prima per far cadere Enrico Letta, ora per le riforme.

La differenza rispetto al passato è che un tempo il fondatore di Forza Italia dettava l’agenda al Paese, agli alleati e all’opposizione. Ora, invece, è costretto a condividerla o addirittura a sentirsela imporre da qualcuno che appare più moderno di lui; e in possesso di alcune delle doti e dei difetti sui quali ha costruito a lungo i propri consensi. Già si favoleggia sui «numeri» che Berlusconi farà nel centro per anziani; e di duelli a distanza con la magistratura milanese. I seguaci contano i mesi e vaticinano il suo grande ritorno. Ma non ci sarà nessun ritorno, perché continua a fare politica anche adesso.

La fa come può, appesantito non tanto dalle condanne quanto dal fallimento di un modello culturale ed economico inadeguato ad una crisi gravissima; e circondato da un consenso eroso non dai pubblici ministeri ma dagli errori politici: a cominciare da quello di avere sciupato occasioni storiche per riformare l’Italia, e di non essersi circondato di una classe dirigente degna di questo nome. Le ultime vicende trasmettono un’immagine di Berlusconi un po’ malinconica, dolorante dietro l’eterno sorriso, in verità sempre più tirato. È la fotografia di un sopravvissuto, al quale si deve rispetto: sperando che lui per primo rispetti se stesso e la sua nuova, temporanea condizione.Massimo Franco, Il Corriere della Sera, 16 aprile 2014.