L’ eccezione è sempre eccezionale, direbbe monsieur de La Palice. Invece alle nostre latitudini è normale. Nel senso che la misura straordinaria costituisce ormai la norma, la regola, la prassi. Il caso più eloquente investe l’abuso dei decreti: 20 in 10 mesi, per il governo Renzi. Una media in linea con quella dei suoi predecessori, dato che Letta ne aveva sparati 22, Monti 25. Sicché questo strumento normativo, che i costituenti brevettarono per fronteggiare i terremoti, è diventato il veicolo ordinario della legislazione. Significa che in Italia i terremoti sono quotidiani, peggio che in Giappone. Come d’altronde i voti di fiducia, che hanno l’effetto di terremotare il Parlamento. Quello ottenuto dal governo sulla legge di Stabilità era il trentesimo della serie: dunque una fiducia ogni 10 giorni, record planetario. E oltre la metà delle leggi approvate sotto il ricatto del voto di fiducia.

C’è sempre un argomento che giustifica la misura eccezionale: forza maggiore. Se non intervengo per decreto, chissà quando si decideranno a intervenire le due Camere. Se non pongo la fiducia, magari mi voteranno contro. E così via, fra un maxi emendamento e una seduta notturna sulla manovra finanziaria, per scongiurare l’esercizio provvisorio. Del resto la XVII legislatura s’aprì con la rielezione del presidente uscente. Non era mai avvenuto, ma quella scelta fu possibile – come disse lo stesso Napolitano – perché la Costituzione aveva lasciato «schiusa una finestra per tempi eccezionali». Dalla forza maggiore deriva l’eccezione, dall’eccezione l’eclissi della regola. Dovrebbe trattarsi di un’eclissi temporanea; invece è divenuta permanente. Così, in ogni democrazia i governati conferiscono un mandato ai loro governanti; ma gli ultimi tre esecutivi (Monti, Letta, Renzi) non hanno ricevuto alcun mandato. La loro investitura deriva dalla necessità, dallo stato d’eccezione.

L’urgenza permanente inocula un elemento ansiogeno nella nostra vita pubblica. E anche in quella privata, come no. Tu scopri che l’ultimo Consiglio dei ministri si è tenuto alle 4.40 del mattino, t’accorgi che il prossimo è stato convocato alla vigilia del Natale, e allora ti ficchi un elmetto sulla testa: dev’esserci una guerra, benché nessuno l’abbia dichiarata. In secondo luogo, l’urgenza impedisce programmi a lungo termine, però in compenso alleva misure frettolose, strafalcioni, commi invisibili come quelli votati (si fa per dire) dai senatori sulla legge di Stabilità. In terzo luogo e infine, chi decide sull’urgenza? Per dirne una, quest’autunno il Parlamento si è riunito a raffica per eleggere due giudici costituzionali. Ne ha eletto uno, dell’altro non si sa più nulla. Il primo era urgente, il secondo no.

Da qui il frutto avvelenato che ci reca in dono il nostro tempo. Perché la dottrina del male minore – cara a Spinoza come a Sant’Agostino – ci abitua a stare in confidenza con il male, sia pure allo scopo d’evitarne uno peggiore. E perché, laddove sussista una causa di forza maggiore, dovrà pur esserci una forza minore, una vittima sacrificale. Ma quella vittima è la legalità. Michele Ainis, Il Corriere della Sera, 23 dicembre 2014

…….Chiunque legge questo piccolo saggio di Ainis, si domanda in che regime viviamo in Italia. In un regime democratico-parlamentare? Assolutamente no. Viviamo in un sistema paratotalitario che ha solo la veste della democrazia e la sostanza della dittatura…certo non quella classica ma nei fatti pegguiore di quella classica, perchè i dittatori non erano dei parolai equivalenti agli strilloni dei giornalima ma talvolta caopaci di scelte coraggiose e lontane dalla spettacolarizzazione che oggi è assai di moda, favorita dai tecnologismi del nostro tempo. Dobbiamo perco die che si stava meglio quando si stava peggio? Perchè no, se questa è la verità, così come emerge dalla analisi di un sicuro democratico come Ainis, che, non va dimenticato, fu chiamato da Napolitano (c’è qualcuno che può merttere in dubbio la democraticità di Napolitano?!) a far parte dei qualific ati tecnici che dovevano scrivere le regole del futuro. Perdute nel grande mare del parlismo assordante di Renzi, che pià che annuncuiare strilla provvedimenti  che restano lettera morta. Come buona parte dell’italiaca penisola. g.