La graziosa Alessandra Moretti è preda di un narcisismo così acuto da preoccupare il Pd. In corsa per la presidenza della Regione Veneto, preferisce dire quant’è bella
e brava piuttosto che parlare di politica. In diverse occasioni interviste, YouTube, apparizioni tv ha fatto sperticate lodi di sé, proponendosi a modello di quarantenne (ne farà 42 in giugno) che sa quel che vuole.
«Io» ha affermato «appartengo a una stirpe di politiche più belle, più brave, più intelligenti», agli antipodi della protozoica Rosy Bindi. «Vado dall’estetista ogni settimana e ci faccio qualsiasi cosa: le mèche… la tintura… per tacere di altro. Ho deciso di prendermi cura di me. Dovrei forse stare coi peli e i capelli bianchi? Sto attenta alla linea e ogni mattina accompagno i bambini a scuola, loro in bicicletta e io correndo». Ha poi concluso: «Il mio stile è Ladylike».
Da allora, Moretti è Ladylike, dall’inglese «signorile, raffinata». Quando parla di sé dice «Ale», diminutivo di Alessandra. «Ale pensa, Ale vuole, Ale fa». È stato Matteo Renzi ha raccontato a volerla candidata in Veneto inducendola a lasciare il seggio di Strasburgo sei mesi dopo le elezioni Ue del giugno 2014. «”Ale abbiamo bisogno di te” mi ha detto e Ale non si è potuta tirare indietro». D’altro canto, ha spiegato, «io sono la migliore». Un genio innato, il suo, che non si limita alla politica giacché è sempre lei a farlo sapere «sono anche bravissima a cantare e in mille altre cose, per esempio in cucina». E, prima che qualcuno glielo chiedesse, ha chiarito: «Il mio segreto? La passione».
Esilarante. Va detto che questa verve da vedova allegra piace. La candidata Moretti non tedia gli elettori con muffosi discorsi politici il che, con l’aiuto degli scontri nel centrodestra, può favorirne la vittoria alle urne. Il rovescio della medaglia è che il suo ego da madamin si presta agli sfottò. E poiché non c’è nulla di più insidioso del ridicolo, il Pd lugubre per antica tradizione è corso ai ripari stringendole attorno un cordone sanitario.
Al fratello, Carlo, da sempre suo consigliere, sono stati affiancati secondo indiscrezioni giornalistiche gli esperti di Dotmedia, l’agenzia fiorentina di comunicazione, che ha confezionato dagli esordi l’immagine di Renzi. Tutto il repertorio renziano, look, battute, smorfie, nasce infatti, a quanto pare, dalla collaborazione di questi creativi. A prescindere dai risultati, che ciascuno giudica come crede, la stessa squadra è ora incaricata di imbrigliare Ladylike.
Chi scrive, dubita che ci saranno risultati. Ale è una psicovanesia endocrina irresistibilmente attratta dal centro della scena. Occhi azzurri, un bell’ovale che ricorda la Barbara Bouquet dei tempi d’oro, Ale non arretra davanti a nulla per ottenere il risultato. Ne sa qualcosa il candido Pier Luigi Bersani, principale benefattore della Moretti, che è stato da lei fumato come un sigaro e abbandonato come un mozzicone.
Pierlù le aveva dato tutto, dalla nomina a portavoce nella campagna elettorale 2013, al seggio parlamentare. Fu lui il primo a mandarla in tv dov’è da tre anni una presenza debordante e dove ha trovato nel presentatore Massimo Giletti il nuovo amore dopo un breve matrimonio con due figli, Guido e Margherita, di otto e sei anni. All’epoca, guai a chi le toccava Bersani, arca di virtù, guida imperitura del Pd e «bello come Cary Grant». Ma quando, vinte di una spanna le elezioni, Pierlù si dimostrò incapace di fare il suo governo e imporre il Capo dello Stato che voleva lui, la pupilla si disamorò. Capì che lo statista di Bettola rappresentava ormai il passato e che per l’avvenire urgeva cambiare cavallo.
alessandra moretti giletti
Ale tradì platealmente Bersani nel giorno più nero: quel 18 aprile 2013 quando il destino dell’infelice era appeso al voto su Franco Marini, suo candidato al Quirinale. Se l’Aula lo avesse accontentato, Pierlù avrebbe ancora avuto un futuro. Se no, finiva nel Museo delle cere. Moretti disobbedì, votò scheda bianca e condannò il suo capo agli archivi della piccola storia italiana.
Pierlù ne fu straziato e le tolse il saluto. Lei fece spallucce cominciò a cercare un nuovo trespolo su cui appollaiarsi.
Guardò alla destra del Pd e adocchiò Renzi che fino ad allora aveva combattuto per conto di Bersani prendendolo anche a male parole: «Un misogino, costruito al tavolino e maschilista». Gli lanciò segnali a distanza e li condì di moine. Ma il paravento di Firenze, ancora null’altro che sindaco, reso avvertito da come aveva bidonato l’altro, si guardò bene dall’abboccare all’amo. Allora Ale guardò a sinistra, puntando sul telegenico Gianni Cuperlo, opposto antropologico di Renzi e suo rivale. Anche il biondo triestino rabbrividì al corteggiamento, ripagandolo con freddezza inversa alle turbinose lodi che Moretti gli tributava. «Gianni, che rappresenta la sinistra berlingueriana» disse lei grosso modo «è il più vicino alla mia storia politica».
Era, ovviamente, una balla sesquipedale e interessata. Con la sinistra sinistra, Ladylike non ha mai avuto a che fare. Di lì a poco, finirà infatti sotto l’ala di Renzi del quale, dopo averlo svillaneggiato, è diventata oggi la sviolinante reggicoda: «Se fallisce lui, fallisce tutta la nostra generazione».
Anche i suoi lontani esordi sono stati più moderati che di sinistra. Nata e vissuta a Vicenza, la bella piddina è figlia di due insegnanti. Il babbo, marchigiano, è stato sindacalista della Cgil-Scuola, ma mai comunista. Dopo la laurea in Legge, Ale si abbandonò alla pacifica routine dell’avvocato. Il ghiribizzo della politica le prese trentaquattrenne, nel 2007, candidandosi per le Provinciali con il centrodestra in una «lista generazionale» Under 35 che sosteneva Giorgio Carollo, un ex dc legato a due pezzi da novanta del Veneto bianco Rumor e Bisaglia -, poi approdato alla corte di Silvio Berlusconi. Quando Ale ne incrociò la strada, Carollo era già sceso anche dal carro del Cav per fare il centrista in proprio.
L’avvocatessa fu trombata ma lasciò una traccia in un spot elettorale, tuttora rintracciabile sulla rete, nel quale tesse l’elogio del centrismo con la stessa eloquenza con cui oggi inneggia alle visagiste. «Il centro» disse, occhioni puntati sulla telecamera «è il luogo dove gli estremismi non trovano spazio, il luogo ideale per una politica concreta». Niente a che vedere con ciò che diceva per accattivarsi Cuperlo. È che pur di vendersi, Ladylike è pronta a tutto. Ieri come oggi.
Fu l’anno dopo che entrò decisamente in politica. Cambiata casacca, si mise in lista con Achille Variati, ex dc traslocato nel Pd e aspirante sindaco di Vicenza. Eletta con lui ne divenne il vice e, di lì a poco, ebbe l’incontro che decise della sua vita. Spedita da Vairati a Milano per una riunione di amministratori locali, fu notata da Filippo Penati, ras meneghino di Bersani. Costui ne apprezzò le forme e la grinta. Avvertì il capo a Roma di avere trovato la tipa tosta che faceva per lui nelle comparsate da Vespa & co. Bersani la prese con sé e si scavò la fossa. Giancarlo Perna, Libero, 23 marzo 2015
……Questa qui ci ricorda qualcuna di nostra conoscenza: identica faccina da cenerentola, identica capacità di mentire, identico volume di ipocrisia, identica ipertendenza al narcisismo egocentrico, identico superpieno di vacuità coniugata al nullismo, identica assoluta mancanza di etica e di morale, cui si unisce una forte vocazione al lecchinaggio e all’esibizionismo perchè anche lei è una “psicovanesia endocrina irresistibilmente attratta dal centro della scena”.