Per l’istituto Cattaneo Pd perde oltre 2 milioni di voti rispetto 2014. Calo anche per M5s e Fi

La proliferazione delle liste, la molteplicità delle alleanze nelle diverse regioni, rendono difficile uno studio dei flussi elettorali rispetto alle elezioni regionali del 2010. Gli analisti sono propensi a dire che in queste amministrative l’elemento locale ha pesato maggiormente rispetto a quello nazionale. Due elementi sembrano tuttavia comuni a tutte e sette le regioni: l’astensionismo e il peso che la crisi economica ha avuto nelle scelte. Che l’astensionismo abbia fatto da padrone, lo dimostra il dato generale (ha votato il 53,90% rispetto al 64,13% del 2010), omogeneo in tutte le regioni; e lo certificano alcuni dati esemplari. In Veneto Luca Zaia nel 2010 vinse con 1.528.382 voti (contro i 738.763 di Bortolussi), e quest’anno si ferma a quota 1.107.145 (502.841 quelli di Moretti). In Campania Vincenzo De Luca ha vinto con 985.962 voti, e cinque anni fa con 1.258.787 voti aveva perso contro Stefano Caldoro. L’astensionismo, spiega il prof Roberto D’Alimonte, direttore del Cise della Luiss, “e’ una tendenza che va avanti da anni, ed è composto da due componenti distinte: una quota è strutturale, e cresce anche per l’invecchiamento della popolazione; l’altra quota di elettori va e viene a seconda delle circostanze”. Per questa seconda componente, in questa tornata “può aver pesato anche il fatto che fosse il primo ponte estivo”, a cui vanno ad aggiungersi altri elementi come “una insoddisfacente offerta politica nelle sette Regioni, dove l’aspetto locale ha prevalso su quello nazionale”. Inoltre sull’astensionismo, “ha inciso anche la crisi economica, che ha però in parte premiato anche i partiti di opposizione radicale come Lega e M5s”. L’Istituto Cattaneo di Bologna ha fatto un raffronto tra i voti ottenuti dai quattro principali partiti (Pd, M5s, Lega e Fi) rispetto alle Politiche del 2013 e alle Europee del 2014: ebbene, solo il Carroccio avanza, e gli altri tre arretrano. Il Pd ha perso in tutto 2.143.003 voti sul 2014 e 1.083.557 sul 2013. M5s cala del 60% rispetto alle politiche del 2013, ma anche rispetto alle europee del 2014 (-40,4%): in valore assoluto, meno 1.956.613 voti e meno 893.541. In calo anche Fi che sul 2013 e sul 2014 cede 1.929.827 voti e 840.148. La Lega ha un vero balzo di 402.584 rispetto a due anni fa, e di 256.803 sull’anno scorso. Il dato è confermato da Swg che in uno studio, regione per regione, che i flussi elettorali della Lega sono ovunque solo in entrata, riuscendo a rubare voti sia anche a Pd e M5s e non solo a Fi. Per esempio in Liguria il più 14,7% è arrivato prendendo voti da Pd (1,3%), M5s (2,3%), da Fi (4%) oltre che dall’astensione (6,3%). D’Alimonte invita alla cautela: “è difficile fare un confronto, perché c’è stata una proliferazione di liste civiche che ha tolto voti soprattutto a Pd e Fi”. In Campania, per esempio, sia De Luca che Caldoro erano sostenuti da ben 10 liste; ma anche in Puglia Michele Emiliano aveva due liste del Presidente (155.840 voti l’una e 68.366 l’altra) e altre due civiche. E liste del Presidente o civiche correvano in tutte le Regioni sia nel centrosinistra che nel centrodestra “Occorrerà costruire dei blocchi di liste civiche appartenenti alle varie aree politiche, per poter fare un confronto”. Per D’Alimonte M5s, pur avendo perso voti sul 2013 e il 2014, ha avuto un buon risultato. “Alle amministrative – spiega – M5s non ha speranza di vincere, e nonostante ciò ha dovunque sfiorato o superato il 20%, senza che Grillo facesse campagna elettorale. Significa che ormai c’è una componente di elettorato fidelizzata, anche se la polemica sugli “impresentabili” ha aiutato il Movimento”. FONTE ANSA, 2 GIUGNO 2015