Silvio Berlusconi e Angelino Alfano (Afp)

Le convulsioni che scuotono il Ncd di Alfano sono l’ennesima testimonianza nel caos del centrodestra orfano della leadership di Berlusconi. Ognuno va per conto proprio, in una rissa non sempre decorosa. Latita ormai la figura del grande tessitore, del grande aggregatore. Di quello che è stato Berlusconi per un ventennio, che tutti prendevano in giro perché diceva rassemblement in modo che faceva sorridere nella sua ingenuità pre-politica, ma lui il rassemblement l’ha fatto, ha unito le anime diverse del centrodestra, ha cercato una coalizione fortissima, vincendo ripetutamente, diventando protagonista assoluto della politica italiana lungo l’intero arco della Seconda Repubblica. Oggi i suoi eredi presunti si contendono le briciole di un consenso che è evaporato in pochi anni: il Pdl prese da solo il 38% dei voti nelle elezioni nel 2008 e con la Lega di Bossi si arrivava al 45; oggi Forza Italia è a poco più del 10, e il resto si frantuma tra Lega, astensionismo e partitini microscopici, senza futuro, senza coesione, grandi apparati per piccoli consensi. Berlusconi sembra oramai imprigionato nel vortice dell’indecisione. Non sa che fare, è incerto se scatenare la guerra a Renzi o farsi suo alleato. È cupo, malinconico, catturato da una piccola corte gelosa che lo ha rinchiuso in una fortezza. Promette il grande ritorno e poi diserta persino la festa del Giornale che doveva celebrare l’anno zero di una nuova stagione berlusconiana.

Il centrodestra sembra paralizzato dalla stessa sindrome. Forza Italia è evanescente. Il Nuovo centrodestra si divide tra chi vorrebbe andare con Renzi e chi ha voglia di recitare il ruolo del figliol prodigo, contrito, desideroso di farsi perdonare dal vecchio leader in disarmo. La tentazione è di mettersi una felpa e di affidarsi al vigore mediaticamente efficacissimo di Salvini. Ma il voto a Salvini è classicamente un voto «identitario», cancella la possibilità di ogni rassemblement, rompe i rapporti con il resto dei moderati d’Europa, consegna la destra alla sua natura più radicale ed oltranzista, forte nel suo insediamento ma incapace di parlare al resto del Paese e a costruire una maggioranza in gradi di scalzare il dinamismo di Matteo Renzi. Berlusconi è incapace di prefigurare e creare il dopo-Berlusconi. Un giorno parla di una successione democratica e non monarchica, il giorno dopo uccide la prospettiva stessa delle primarie. Non sa più trasmettere alla sua Forza Italia un messaggio univoco: vuole essere un partito che segue la lezione di Cameron, della Merkel, di Ma- riano Rajoy che capeggia con i Popolari ancora il primo par- tito in Spagna, dello stesso Sarkozy, oppure vuole inseguire a braccetto di Salvini la Le Pen, Farage, Orbán nel nome dell’antieuro e della barriere ai profughi che invadono l’Europa.
L’Ncd di Alfano doveva essere il volto moderato del centrodestra: missione fallita. Ma se il centrodestra non deciderà in temi ragionevoli il suo destino, il destino stesso si sobbarcherà il compito di assegnargliene uno: la sempre più marcata irrilevanza. Pierluigi Battista, Il Corriere della Sera, 11 settembre 2015

….Terrificante ma purtroppo realistica raffigurazione dello stato del centrodestra in Italia. Conta poco ciò che è stato, conta quel che ,  e, sopratutto, quel che è destinato ad essere se le varie anime in  cui è ora maldestramente diviso,  non riusciranno  a ritrovare le ragioni e sopratutto gli obiettivi per stare insieme, individuando un goleador capace di interpretare non solo le anime del centrodestra ma anche il cuore e la mente degli elettori moderati, da sempre maggioranza silenziosa nel nostro Paese e ora disorientati e disillusi e perciò facilemente vittime del primo piefferaio che sappia suonare la musica giusta nelle loro orecchie. Ogni riferimento è semplicemente voluto. g.