Non chiamiamolo più «centrodestra». Qualsiasi sia la «cosa» che verrà fuori dall’Opa di Salvini sull’elettorato di Berlusconi, e che potrebbe vedere la luce già nelle prossime elezioni regionali, non potrà più portare quel nome. Non potrà essere un Polo, una Casa o un Partito della libertà, come l’alleanza di centrodestra
si è chiamata dal 1994, semplicemente perché al centro del suo messaggio non c’è più la libertà, nelle sue varie forme di liberalismo politico, di liberismo economico, di libertarismo nei costumi e perfino di libertinismo privato, come ai tempi di Berlusconi.
Quello che sta avvenendo non è soltanto un fisiologico ricambio di leadership. Se di questo si trattasse, è chiaro che Matteo Salvini se la sarebbe meritata sul campo. Berlusconi, come Crono, si è mangiato uno alla volta tutti i suoi ipotetici delfini, da Casini a Fini, da Alfano a Tremonti. Era scontato che prima o poi spuntasse uno squalo in grado di mangiarselo, approfittando del passare degli anni e della vigoria fisica. Il giovane pretendente ha la grinta per farcela: si è tolto persino la canottiera di Bossi, lui azzanna a torso nudo.
Ma se anche Salvini riuscisse a fagocitare ciò che resta del berlusconismo, una profonda differenza di cultura politica gli impedirebbe di incoronarsi con le sue mani nuovo imperatore del centrodestra. Nel 1994 il centrodestra fu fondato per fermare la sinistra, pronta a prendere il posto della Prima Repubblica morente. Pur con tutte le sue ambiguità segnò la nascita, per la prima volta nella storia d’Italia dai tempi della Destra Storica, di un raggruppamento liberale di massa.Prometteva la liberazione degli «animal spirits» della società italiana. Poi in gran parte ha fallito.
Ma un abisso divide quel progetto politico dall’appello ai «basic instincts» che fa Salvini. Tutto nel suo messaggio parla di protezione, salvaguardia, difesa: dei confini, dei commerci, della tradizione. Berlusconi si ispirava a Reagan, lui a Trump. Il primo si è alleato con la Merkel e ha pianto per i migranti morti in mare, il secondo preferisce la Le Pen e le navi dei migranti le ferma. Il Cavaliere onorava Craxi e ne ha assorbito ceto politico e cultura libertaria: nonostante la zia suora, non esitò a flirtare con il movimento per i diritti omosessuali. Salvini flirta con il ministro Fontana. All’ottimismo dell’edonismo berlusconiano, che prometteva di metterci il sole in tasca, si è sostituita una versione pessimistica del nostro futuro come lotta tra popoli, basata sulla legge del più forte.
Sta nascendo insomma qualcosa di completante nuovo, e moderno. Molto più moderno di Forza Italia anche nella sua versione migliore, sebbene tardiva e ancora incompiuta, affidata all’esperienza e all’azione di Antonio Tajani. È propio per rimarcare questo che Salvini sente il bisogno di rompere platealmente ogni volta che può, perfino per il candidato alle presidenze della Rai e dell’Abruzzo. In un’ottica continuista gli converrebbe prendere per mano il leader declinante, e portarlo dove vuole. Invece, scegliendo di correre da solo nell’unica Regione del Mezzogiorno in cui il centrodestra ha resistito allo tsunami dei Cinque Stelle alle elezioni del 4 marzo, Salvini dichiara implicitamente di essere pronto anche a far vincere i grillini, pur di mandare all’aria il vecchio centrodestra.
Che cosa voglia metterci al suo posto, non è ancora chiaro. Forse nemmeno a lui. L’ipotesi di un fronte sovranista-populista, che oggi va forte nei sondaggi, non è detto possa reggere per una legislatura, e la competizione già si fa sentire aspra.Trasformare la sola Lega nel nuovo centrodestra è una tentazione, e non è detto che non venga sperimentata oltre che in Abruzzo anche altrove, partendo da Basilicata, Piemonte e Sardegna, le prime Regioni che andranno al voto. Ma tutto quello che la nuova Lega disprezza del vecchio centrodestra è anche ciò che le manca per diventare un polo stabile e autosufficiente del futuro bipolarismo l’italiano: qualcuno o qualcosa che incarni il moderatismo italiano, cultura politica dura a morire, sopratutto al Sud; che non sia visto come un Attila dai mercati; che scommetta sullo spirito mercantile di un Paese che ha fatto delle esportazioni la sua forza; che ricordi al mondo che l’Italia non è la Turchia.
Se Salvini ucciderà Forza Italia, e con essa il centrodestra, come nella favola della rana potrebbe gonfiarsi di voti e di hubris. Ma fino a scoppiarne. Antonio Polito, Il Corriere della Sera, 12 agosto 2018