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IL SUPERPRIVILEGIATO FINI PRNDE IN GIRO I SUPERTASSATI: “BISOGNA FARE POLITICA SENZA PRENDERE UN CENTESIMO”

Pubblicato il 27 aprile, 2012 in Costume | No Comments »

Superprivilegiato Fini sfotte  "Bisogna fare politica gratis"
QUESTO SIGNORE CHE VEDETE MENTRE SI ACCONCIA LA CRAVATTA SOTTO IL MENTO PERCEPISCE VENTI
MIL EURO AL MESE, E’ DEPUTATO DAL 1983, NON HA MAI LAVORATO…..

“La politica sia all’insegna del volontariato”. E ancora: “Si può fare politica senza percepire un solo centesimo”. Queste due “perle” non sono l’ennesima dichiarazione di quel campione della politica che è Beppe Grillo. Almeno, lui parlerebbe da perzona che non ha mai preso soldi dai cittadini non essendo un politico. No, a proferirle è uno dei campioni della politica nostrana, il presidente della Camera Gianfranco Fini. Parla di “zero centesimi” lui, che di euro al mese per fare il presidente a Montecitorio ne porta a casa ogni mese più di 20mila euro. Oltre al considerevole stipendio da deputato (16mila euro), accumula una serie impressionante di benefit che spettano solo alle alte cariche di Montecitorio: un ufficio, auto di servizio. Poi ci sono 4223 euro di indennità d’ufficio e un ulteriore rimborso di 154 euro per le spese telefoniche. Alla voce “Prerogative” c’è poi un cosidetto “plafond illimitato”, una sorta di lasciapassare senza fondo per altre spese. E questa voce risulta particolarmente strana, visto che Fini ha uno staff personale di tredici persone.

Logica e coerenza vorrebbero che Gianfry, dopo aver dispensato tanta saggezza, rinunci ai suoi benefit di ex presidente della Camera quando (finalmente) deciderà di lasciare lo scranno. Lui, però, è lo stesso che disse che si sarebbe dimesso se si fosse appurato che la famosa casa di Montecarlo era del genero Tulliani. E lo stesso che disse che si sarebbe dimesso da numero uno di Montecitorio il giorno in cui Silvio Berlusconi si fosse dimesso da Palazzo Chigi. Ciao. Da uno così è legittimo non attendersi eccessiva coerenza tra parole e azioni. Fonte Il Giornale, 27 aprile 2012

.…………..Se uno  dei tanti pensionati o lavoratori dipendenti che prende 500, o mille, o anche 1500 euro al mese, senza benefit, auto blu, segretari e quant’altro,  gli fa una pernacchia non commette reato, compie un atto di giustizia morale. Se gliene fa due, merita un premio. g

ECCO IL RIGORE DI MONTI: PASSERA RIDA’ UN POSTO DI POTERE ALL’EX SOTTOSEGRETARIO MALINCONCO, MANDATO VIA PER ESSERE ANDATO IN VACANZE A SPESE DELL’AFFARISTA PISCITELLI

Pubblicato il 24 aprile, 2012 in Costume | No Comments »

Passera ridà posto a Malinconico L'ex sottosegretario silurato

Vi ricordate di Carlo Malinconico? Era il sottosegretario con delega all’editoria scelto da Mario Monti che lo scorso gennaio ha dovuto lasciare in tutta fretta (sia pure con qualche imbarazzante resistenza) la poltrona perché inguaiato dalle vacanze all’Argentario pagate dall’imprenditore Francesco Piscicelli, quello che rideva del terremoto dell’Aquila del 2008 perché già pregustava il business della ricostruzione. Uno scandalo, o almeno una pessima figura. Ma niente paura, perché per i signori ministri (ed ex sottosegretari) si chiude un portone e si apre, perlomeno, una porta ben remunerata. L’ex collega Corrado Passera, titolare dello Sviluppo, ha infatti deciso il 20 aprile di nominare a sorpresa proprio Malinconico plenipotenziario della Fondazione Valore Italia, creata nel 2005 per curare l’esposizione permanente del design italiano e del made in Italy all’Eur di Roma. Per fare spazio all’amico, Passera ha dovuto azzerare il Cda di uno dei pochi enti pubblici che hanno chuso il bilancio in pareggio. E secondo alcuni anche contravvenendo alle normative, visto che l’azzeramento spetta al Prefetto, non al ministro. Libero, 24 aprile 2012

….La notizia non ha bisogno di commenti. Il rigore di Monti e dei suoi compagnucci si applica solo ai 59 milioni di fessi che pagano le tasse. Poi ci sono gli altri. Come appunto l’ex sottosegretario Malinconico costretto a lasciaer il posto sukll’onda dello scandalo delle vacanze da mille euro al giorno pagategli dallaffarista Piscitelli che rideva dei morti sotto le macerie dell’Aquila pensando a quanti milioni avrebbe guadagnato grazie a loro. A questo miserabile approfittatore è bastata una breve penitenza perchè gli si trovasse un altro bel posticino dove guadagnare e dispiegare i suoi affari. Insomma, si può dire che Monti applica bene l’antico detto: fai come  dico e non fare come faccio. g.

L’ULTIMA DELLA FORNERO: MACCHE’ MATTONE…INVESTITE SUGLI STUDI

Pubblicato il 22 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Il ministro del Lavoro: “Nelle famiglie prevale il desiderio di comprare un’abitazione a scapito dell’educazione”. Ora i tecnici pretendono anche di decidere la nostra vita

Meglio la laurea della casa. Elsa Fornero non ha scelto il giorno giusto per cambiare la testa degli italiani. Non adesso. Non ora che si fanno i conti per pagare l’Imu. Non con i politici che si fanno pagare la casa dal partito o da qualche misterioso benefattore.

Elsa Fornero

Non con questa storia dell’Imu bis che i Comuni possono applicare per costruire strade, ponti o asili nido. Non con questa crisi che non ti fa arrivare a fine mese. Non con i partiti finanziati a fondo perduto. Non con un governo che cerca di risanare il debito pubblico con una litania di tasse. È chiaro che così il ministro finisce per fare la figura della maestrina,un po’ fuori dal mondo.

Come se in giro non ci fosse una generazione di laureati disoccupati e senza neppure una speranza di un mutuo, di una casa, di un affitto.

La casa, dice il ministro, viene dopo. Prima i genitori devono pensare al capitale umano. Fateli studiare, aprite le loro menti, fate in modo che siano aperti al cambiamento. Non sono precari? E allora vivano da precari, da nomadi, senza radici, sempre in bilico e con la valigia in mano. Quello che Elsa Fornero forse non sa è che questa generazione precaria, quelli che Baricco chiama i «Barbari», non ha bisogno delle sue lezioni. Non si aspetta il posto fisso. Guarda alla casa come un sogno lontano. Ha già fatto e disfatto le valigie troppe volte. Non teme i cambiamenti, ci spera. Solo che con tutto questo capitale umano nello zaino il lavoro fatica a trovarlo. Non c’è più posto. Lo occupano tutto quelli che la casa ce l’hanno.

E allora si chiedono se questo commovente ministro non li stia leggermente prendendo per i fondelli: su ragazzi, prendete il vostro bel pezzo di carta, il capitale umano e andate a dormire sotto i ponti, allegri, istruiti e disoccupati. È chiaro che la cultura fa la differenza. Spesso anche più della casa. Ma non qui, non ora, non nella repubblica delle tasse.

C’è qualcosa in questo governo di tecnici e professori che infastidisce. È la loro idea che gli italiani siano in fondo un po’ sbagliati. Monti che li vorrebbe più tedeschi, la Fornero che si intromette nelle scelte delle famiglie, come se questo fosse uno Stato etico, dove una versione moderna dei filosofi platonici si intrufola nelle scelte familiari, nei gusti, nelle opinioni, nelle abitudini. Meglio la laurea o la casa? Dipende. Comunque non sono affari vostri. Si sa i governi, come le comari del paesino, danno buoni consigli quando non possono più dare il cattivo esempio. È quello che di questi tempi accade un po’ troppo spesso. Oltretutto è come se la casa fosse diventata un malus, qualcosa di troppo, che questi italiani spreconi e tradizionalisti magari non si meritano. Perché qui non si sta parlando di quelli con multiproprietà e affitti a fine mese.

Qui, sulla casa, bestemmiano i poveracci che per una vita hanno scontato con la banca i propri debiti, quelli che ancora guardano il tasso di sconto con la paura che il tasso variabile si mangi tutto lo stipendio. Qui si parla delle prime case, quelle dove vivi, quelle che sono il tuo angolo privato dove il mondo e i suoi guai restano fuori, alla finestra. La casa come roccaforte contro i rovesci della vita. Ma questa benedetta casa ora si ritrova all’incrocio di tutti i venti, con i tre colpi d’accetta dell’Imu e ora anche questa altra storia della tassa comunale a discrezione dei sindaci. Monti dice: non è una tassa nuova. Insomma. Tremonti l’aveva legata all’Ici.Era un modo per compensare le minori entrate dell’abolizione della vecchia tassa. Monti l’ha mantenuta, anche quando la vecchia tassa è ritornata. Con una beffa, però. La tassa di scopo legata all’Ici non si applicava alla prima casa. Ora che i tecnici la associano all’Imu nessuno più si salva. La tassa è la stessa, ma quelli che la pagano sono molti di più.

E poi è tassa su tassa. Ergo: piove sul bagnato.

Monti dice: dovete fare sacrifici. Solo che la casa è anche un simbolo. Un governo che tassa l’architrave della proprietà privata, la bandiera di una vita, il sudore e la fatica di chi mette un punto fisso sulla propria terra mostra la faccia da predone. Tassami il reddito, tassami i guadagni, tassami perfino gli straordinari, ma chi sei tu per tassarmi la casa? Quelle quattro mura sono la frontiera che delimita l’io dallo Stato. Sono lo spazio privato dove l’Occidente ha costruito la sua idea di libertà. My house is my castle . La mia casa è il mio castello. Professori, fermatevi lì. A un metro dalla mia porta. Il Giornale, 22 aprile 2012

.…………….Sappiamo che Monti ha sette immobili, il ministro dell’Interno addirittura 13, tuttiu gli altri colleghi della Fornero nel più pasticcione (salvo che nelle tase) governo della morente seconda repubbica ne hanno almeno due, una in città e una al mare o in montagna, e non dubitiamo che anche la Fornero ne abbia minimo due. Ma loro sono anormali. Mentre gli italiani “normali”  non ne debbono avere nemmeno una, benchè quella del possesso della casa faccia parte della più antica e profonda cultura occientale, e il fatto che la Fornero lo ignori ne certifica al di là di ogni ragionevole dubbio la sua assoluta incompatibilità con il ruolo che le è stato attribuito. Dobbiamo aggiungere, per verità, che sic stantibub res, tutto sommato sarbbe stato meglio non avere alcunchè di “solido”,  cosicche agli italiani che non possono pagare le  tasse  strangolatrici,  cosa mai avrebbero potuto sequestrare le SS che agiscono nel nuovo partito nazista che innalza le insegne di Equitalia? g.

LA FORNERO VA A FARE SHOPPING CON DIECI GUARDIE DEL CORPO. VERGOGNA!

Pubblicato il 21 aprile, 2012 in Costume | No Comments »

Fornero ha dieci guardie del corpo: ma non si possono tagliare?

Il deputato leghista Stefano Allasia s’è presentato alla Camera con la notizia pubblicata  da Lo Spiffero, piccolo giornale online piemontese: “Elsa Fornero, per comprarsi un paio di scarpe in una boutique di Torino, s’è fatta accompagnare da dieci uomini e quattro automobili di scorta. È fuori luogo – bacchetta Allasia – specie sapendo che il ministro si sta occupando della riforma del lavoro”. Probabilmente, la professoressa si è commossa al pensiero che tutti quegli uomini potessero restare a casa. Però il fatto che il ministro delle Lacrime si sia fatta accompagnare in negozio praticamente da un’intera squadra da calcio fa un po’ arrabbiare. Ma come? Elsa agli esordi al governo piange in conferenza stampe per i tagli alle pensioni e non taglia nemmeno un decimo dei suoi bodyguard. Chissà se con il nuovo articolo 18 si prenderà la briga di licenziarne qualcuno: dieci paiono veramente troppi…  Libero, 21 aprile 2012

.…Tutti così. Agli italiani le tasse e a loro i privilegi. La Fornero che è  il peggior bluff messo in pista da Monti, il ministro che ne ha combinate sinora più di quante ne abbiano combinati altri dieci ministri messi insieme, la ministro che ha varato una riforma pensionistica pazzesca, che nel fare la riforma s’è dimenticata di provvedere alle risorse per 350 mila esodati andati in mobilità in virtù di norme e leggi dello Stato e per i quali, da ultimo, ha proposto che ritornino a lavorare (Bonanni, sarcastico, le ha fatto sapere che nel frattempo i loro posti di lavoro sono stati occupati….), la ministra che ha varato una riforma del lavoro che è un coacervo di contraddizioni, la ministro che quando apre bocca pare che lo faccia la madonna, ebbene questa signora per andare a comprarsi un paio di scarpe a Torino è stata accompagnata da ben dieci guardie del corpo, poliziotti distolti dai loro compiti di istituto per farle da balia e da codazzo,  e da ben 4 automobili di servizio che come è noto camminano con la benzina di stato. Non sappiamo  se provi  vergogna , immaginiamo di no, perchè la prosopopea di cui fa sfoggio  ogni qual volta apre bocca, di certo la induce a ritenersi depositaria di diritti e non di doveri. E visto che lei e il suo principale, il signor Monti, che percepisce 60 mila euro al mese fra pensione e indennità di senatore a vita e conciona sui doveri alla fame degli italiani, richiamano sempre come esempio di rigore la Germania,  raccconteremo ciò che abbiamo visto con i nostri occhi proprio in Germania.  Nell’agosto del 2005 eravamo in visita a Berlino e la sera precedente la partenza andammo  a cena in un ristorante italiano situato in una strada nei pressi  della Frederickstrasse,  ex zona ovest,  che innalzava una insegna insolita: Sali e Tabacchi con tanto di T azzurra in campo bianco. All’interno del ristorante, in attesa di consumare la cena, leggevamo il Corriere della Sera  che in prima pagina riportava le  notizie della  lotta elettorale che in quelle settimane si stava combattendo in Germania tra l’uscente cancelliere socialdemocratico Schroder e la sua contendente Angela Merkel per la elezione del Parlamento programmata per il successivo settembre.  Il Corriere quel giorno,   dando conto in prima pagina della campagna elettorale in atto in Germania,   pubblicava  i sondaggi che  pronosticavano un trionfo elettorale  della  Merkel ai danni dell’uscente Schroder.  Mentre leggevamo le pagine interne del quotidiano, tenendolo aperto cosicchè chi stava difronte poteva a sua volta leggere la prima pagina del quotidiano, un altro ospite del ristorante,  un tedesco che  però parlava un buon italiano, commentò ad alta voce  il sondaggio affermando che i risultati sarebbero stati diversi dal sondaggio perchè il cancelliere uscente stava riconquistando gli elettori. Da quel commento prese avvio una simpatica conversazione tra noi e l’anonimo ed estremamente cortese  interlocutore che era in compagnia della   moglie, entrambi apertamente innamorati dell’Italia dove, dissero, ogni anno venivano in vacanza in Toscana. Non ci furono presentazioni, salvo, al momento di uscire dal locale una cordiale stretta di mano. Mentre uscivamo dal locale la curiosità ci indusse a chiedere al cameriere chi fosse quel signore che, tra l’altro, sembrava di casa. Sorpresa. Il distinto e affabile interlocutore che aveva dissentito garbatamente dalle catastrofiche previsioni del Corriere della sera era il  ministro dell’Interno del governo in carica, il potentissimo signor Hurtz, frequentatore assiduo del ristorante italiano, come anche, ci spiegò il cameriere, lo stesso Schroder, anch’egli amico del proprietario del ristorante, salentino d’origine.  E la scorta dov’ è,  chiedemmo, increduli, al cameriere. Nessuna scorta, solo l’autista che, ci disse il cameriere, stava mangiando al tavolo accanto al ministro. Nè fuori del locale  c’erano auto o poliziotti. E la circostanza ovviamente ci colpì profondamente. Con i naturali paragoni cpn l’Italia dove, come anche il caso dell Fornero dimostra, non v’è potente che non abbia la sua brava scorta che fa tanto status simbol. Peccato che anche ora che al governo ci sono tanti tedescofilo (almeno a parole)  non v’è traccia di un nuovo corso che coniughi al rigore imposto ai derelitti la discrezione dei potenti. g.

P.S. Poche settimane dopo,  le previsioni del ministro circa gli esiti elettorali  per poco non si avveravano, perchè la Merkel vinse ma non fu un trionfo e  Schroder perse ma per poco.  Ed infatti i due partiti, quasi appaiati dagli elettori, diedero vita alla grande coalizione. E proprio il ministro  Kurtz del quale riconoscemmo la foto sui giornali fu in pista, senza successo,   per il posto di vicecancelliere della Merkel nel governò la Germania dopo le elezioni del 2005.

IMU, LA TRAGEDIA DI UNA TASSA RIDICOLA, di Vittorio Feltri

Pubblicato il 18 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Imu. Basta la parola a far venire l’orticaria, peggio della scabbia. Ce l’ha rifilata il governo. Se l’intento di Mario Monti era quello di costringerci a rimpiangere la vecchia e gloriosa Ici, obiettivo colto in pieno. A dire il vero, agli aumenti quotidiani delle tasse ci siamo abituati, anzi rassegnati.Quando arrivano,c’è chi sospira e c’è chi sacramenta, ma tutti pagano. Provare a non farlo.

Nel caso dell’Imu è diverso. Nell’attesa che essa ci colpisca tra capo e collo, viviamo nell’incertezza, che genera angoscia. La domanda che ognuno si pone è semplice e drammatica: quanto dovrò sborsare? I giornali, incluso il nostro, si sforzano lodevolmente di spiegare ciò che essi stessi non hanno capito. E il risultato è che nel lettore cresce l’ansia perché, con tutta la buona volontà, egli non dispone degli elementi per fare dei calcoli attendibili.

È la prima volta nella storia repubblicana che accade una cosa simile. Di solito i governi più scalcinati – per esempio quelli presieduti da Giulio Andreotti,un campione nel tirare a campare (tant’è che campa ancora, e ne siamo lieti per lui: auguri)- aumentavano le imposte sulla benzina, sui tabacchi, sul registro, e via andare. I cittadini si adeguavano, sia pure soffrendo. Il concetto era chiaro: o mangi questa minestra o salti dalla finestra.

I professori, probabilmente, oltre a essere molto dotti sono anche un po’ sadici. E dicono: occhio, vi rifiliamo l’Imu.E noi pensiamo:pace amen,la verseremo. Quanto vi dobbiamo? Risposta: vedremo. E rimaniamo a bocca aperta. Eravamo consapevoli da decenni che lo Stato è pasticcione e pressappochista, ma che fosse anche ubriaco dalla mattina alla sera non lo avevamo mai sospettato. Ciucco intronato, per dirla alla lombarda. Tentiamo di raccapezzarci. A giugno si versa la prima rata sulla base dell’aliquota nazionale. A settembre si sborsa la seconda. Sulla stessa base. A dicembre il conguaglio. E finalmente saremo informati sul quantum, che non sarà uno scherzo. Probabilmente attingeremo il denaro dalla tredicesima, se sarà sufficiente ad assorbire la botta. Comunque, per parecchie famiglie, saccheggiare la tredicesima allo scopo di ubbidire al fisco significherà rinunciare al cappotto per i bambini, ai regali della Befana. E vabbè. Quesito retorico. Perché non ci comunicano subito il totale?

I Comuni vogliono aggiungere la loro quota ( una specie di addizionale) di imposta.Per cui i geni dell’esecutivo e i fenomeni dell’Agenzia delle entrate sono costretti ad aspettare i loro comodi. Inoltre, per stangarci meglio, il governo ha avviato la revisione degli estimi catastali. I calcoli non si faranno più sul numero dei vani, bensì sui metri quadrati. Con quale criterio? Mistero. Si sostiene che i nuovi estimi saranno rapportati ai valori di mercato. Idiozia purissima. Perché le valutazioni di mercato – lo sanno tutti, meno i professori – sono oscillanti. È un dato che i prezzi degli immobili sono precipitati. Vanno su e giù da sempre. Ora vanno giù. E come faranno le menti illuminate dei tecnici a stabilire se casa nostra vale 10 o 15? La mia per esempio vale, a giudizio degli immobiliaristi, un milione di euro. Ma a questa cifra col piffero che trovo un pirla pronto a comprarla. Però se il perito del catasto scrive che la quotazione di mercato è un milione, io devo pagare l’Imu su un milione anche se nessuno me l’acquista a questo prezzo.

La follia fiscale è illimitata. In un Paese normale succederebbe quanto segue. La revisione catastale la fa lo Stato dato che il catasto è statale. La composizione della mia famiglia è accertabile all’anagrafe, cioè un ente pubblico che risponde allo Stato della sua attività. Ergo, l’Agenzia delle entrate, disponendo degli elementi forniti dallo Stato stesso, dovrebbe essere così gentile da mandarmi un bollettino recante la somma che mi si richiede per mettermi in regola con l’Imu.

Perché non avviene tutto ciò? Non esistono forse i computer che dovrebbero contenere ogni dato necessario alla rapida riscossione? No, cari lettori. Non esiste un tubo di niente. Siamo in balia dei professori. E se questi sono i docenti, figuriamoci gli allievi. Vittorio Feltri, Il Giornale, 18 aprile 2012

..……………Più che agli allievi, il pensiero va agli sponsor di cotanti dilettanti allo sbaraglio. Va per esempio al grande pensatore ex dc, ex ppi, ex margherita, ora testa d’uovo del PD, cioè Enrico Letta. Negli ultimi mesi, in ogni comparsata TV nei vari salotti e salottini della TV pagata dagli italiani, ogni volta che proponeva un sostituto di Berlusconi, sussurrava “penso a Monti”.  E’ lo stesso Letta che il giorno della fiducia del governo Monti alla Camera,  inviava bigliettini al premier dal vago sapore ruffianesco: ” caro Mario, se hai bisogno sono qua”. Forse sperava in uno strapuntino nel sottogovenro dei tecnici , lui che forse si picca di essere un tecnico a sua volta, solo che è rimasto a bocca asciutta dopo che per via dei veti incrociati dei partiti Monti ha potuto smarcarsi dai tanti suoi “protettori” scegliendo quelli che come lui in una sola cosa  eccellono: l’improvvisazione e il pressapochismo. Come  l’IMU le  cui traversie, non ancora finite, stanno lì a dimostrare ampiamente. E  per capire che non siano finite basta visionare  il modello aggiornato  F24 che l’Agenzia delle Entrate ha già messo sul web: il povero contribuente oltre che pagare la tassa sulla casa  che arriva alle stelle,   dovrà fare gimcane di ogni genere per compilarlo prima di portarlo in banca o alle Poste, studiandosi di non fare alcun erorre perchè altrimenti rischia che il versamento finisca chissà dove e il contribuente  venga chiamato, magari a distanza di anni, a ripagare la tassa con l’aggiunta di esose sanzioni. Se non avessimo certezza che Monti si è rivelato un vero e proprio venditore di fumo, potremmo pensare che si tratti di una trappola per ulteriormente vessare i contribuenti italiani che così non lo dimenticheranno più. Ma più di lui, i contribuenti italiani non potranno dimenticare quelli che lo hanno “chiamato”. g.

I PRIVILEGI DI FINI: SPESE ILLIMITATE

Pubblicato il 10 aprile, 2012 in Costume, Il territorio, Politica | No Comments »

LA CAMERA IN TEMPI DI CRISI NON RINUNCIA AI PRIVILEGI PER PRESIDENTE, VICEPRESIDENTI E QUESTORI

Spese di rappresentanza senza limiti per il presidente della Camera. E la possibilità di accedere al fondo anche per i vice, per questori e segretari.

Gianfranco Fini

Gianfranco Fini

Gianfranco Fini, non dovesse bastare il già cospicuo stipendio che percepisce, accumula anche un ulteriore serie di privilegi, ben superiori a quelli dei colleghi che non occupano la sua poltrona.

Li elenca ITALIA OGGI. Se ogni deputato incassa ogni mese qualcosa più di 16.000 euro, tra diaria, indennità parlamentare e rimborsi vari, a Fini ne vanno di più. Un totale che supera i 20.000 euro, se si contano 4223,83 euro di indennità d’ufficio e un rimborso ulteriore per le spese telefoniche di 154,94 euro. Non solo. Analizzando il capitolo “Prerogative” dei documenti salta poi all’occhio la dicitura “plafond illimitato”. Dunque non bastano le cifre di cui sopra. E ItaliaOggi sottolinea anche che in realtà le spese per cui Fini potrebbe avvalersi del plafond sono davvero limitate, considerando che si dota anche di un piccolo esercito di tredici persone di staff.

E se non bastasse, a usufruire del fondo spese non è soltanto il presidente della Camera. Ci sono anche i vicepresidenti (quattro), i questori (tre), i deputati segretari (tredici).

Quindi anche Antonio Leone, Rosy Bindi, Maurizio Lupi e Rocco Buttiglione. Che sebbene abbiano un’indennità d’ufficio minore, che si ferma a 2815,89 euro (e li porta a incassare poco più di 19.000 euro al mese), hanno accesso a un fondo di rappresentanza di 12.911.42 euro all’anno. E – come Fini – franchigia postale, telefonini e auto di servizio. Oltre a una segretaria e a sette addetti. Il tutto in tempi di crisi e di governo tecnico. Molto poco sobrio.Il Giornale, 10 aprile 2012

Ecco quanto scrive ITALIOGGI:

Quel plafond illimitato di Fini

di Franco Adriano


Un plafond illimitato per le spese di rappresentanza per il presidente. Quasi tredicimila euro netti per i quattro vicepresidenti e i tre questori. Diecimila euro per i 13 deputati segretari. Italia Oggi è venuto in possesso di un documento sulle prerogative interne all’Ufficio di presidenza (vice-presidenti, questori e segretari) e dei presidenti delle giunte e commissioni della Camera dei deputati, che dimostra – con gli importi netti dichiarati in bella evidenza – quanto sia ancora lontano dalla realtà il Palazzo: da chi deve stare sul mercato nel pieno di una crisi economica.

I conti in tasca all’onorevole

Ora, considerato che a un deputato semplice finiscono in tasca – netti – 5486,48 euro di indennità parlamentare (l’unica cifra su cui paga le tasse), 4003,11 euro di diaria di soggiorno, 4190 euro di rimborso spese forfettario eletto-elettore (tramite il proprio gruppo parlamentare), un rimborso spese accessorie di viaggio che va da 1107,9 euro (I fascia) a 1331,7 euro (II fascia) ed infine 258,24 euro al mese di rimborso forfettario per le spese telefoniche, per un totale – si sottolinea ancora: netto – di almeno 16.119,19 euro al mese, agli ulteriori privilegiati in questione va ben di più.

A Fini 20.498 euro netti al mese e rimborsi no limits

Si parte naturalmente dalla testa, ossia dalle competenze spettanti al presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Dal citato documento si vede come al netto di oltre 16mila euro mensili che finiscono in tasca a ciascun deputato, per il presidente si aggiungono 4223,83 euro di indennità d’ufficio e un ulteriore rimborso spese telefonico di 154,94 euro, per giungere ad un totale di almeno 20.497,96 euro netti al mese. L’ufficialità delle cifre dice tanto, ma non tutto. Basta soffermarsi al capitolo «Prerogative», infatti, per essere colpiti da due paroline: “Plafond illimitato” relativamente al “Fondo spese di rappresentanza”. Allora, l’autovettura di servizio, la franchigia postale e la dotazione di “apparati telefonici mobili” ad libitum, rischiano di non fare più notizia o di passare in secondo piano. Il punto è che il presidente della Camera di spese in proprio ne ha davvero poche considerato che da disposizione interna, si dota di uno staff di tredici persone: un consigliere della Camera con funzioni di Capo della segreteria, un portavoce, due addetti di V o IV livello che il presidente può scegliere anche fra estranei all’amministrazione. Se sono dipendenti della Camera guadagnano rispettivamente 4406,8 euro netti al mese e 3030,9 euro netti (la retribuizione è corrisposta per 15 mensilità e le tre mensilità aggiuntive sono di importo inferiore in quanto non comprendono l’indennità di segreteria). Vi sono, infine, sei addetti di IV, III o di II livello scelti tra i dipendenti e tre addetti scelti tra estranei alla Camera la cui retribuzione è parametrata al II livello dei dipendenti Camera (2394,84 euro netti al mese per 15 mensilità).

Anche Bindi, Buttiglione, Leone e Lupi stanno a cavallo

I vice presidenti Antonio Leone (Pdl), Rosy Bindi (Pd), Maurizio Lupi (Pdl) e Rocco Buttiglione (Udc) hanno un’indennità d’ufficio minore rispetto a Fini (2815,89 euro netti anziché 4223,83) che li porta ad incassare 19.090,02 euro netti al mese. Ma Leone, Bindi, Lupi e Buttiglione hanno anche loro un fondo spese di rappresentanza. Non con un plafond illimitato, come quello di Fini, ma mica da buttare via: si tratta di 12.911,42 euro all’anno. Almeno, incassando come qualsiasi deputato i 4190 euro di rimborso spese eletto-elettore, pagheranno i francobolli, si potrebbe pensare. E, invece, no. Come Fini hanno la franchigia postale, la dotazione di telefonini e l’auto di servizio. A ciò si aggiunga una segreteria di ben sette addetti.

I questori Albonetti, Colucci, Mazzocchi come i tesorieri

Dei questori della Camera e del Senato, dei loro alloggi di servizio e del personale a disposizione si è già detto tanto. Occupandosi dell’amministrazione di Montecitorio sono un po’ come i tesorieri del partiti: devono stare un’unghia sopra gli altri. È interessante notare, per esempio, come Francesco Colucci (Pdl), Antonio Mazzocchi (Pdl) e Gabriele Albonetti (Pd) abbiano quasi la stessa indennità d’ufficio dei vice-presidenti 2820,76 euro netti al mese contro 2815,89. Sono cinque euro, ma non sono una bazzecola: dicono chi conta concretamente di più fra le due cariche nei confini della fattoria Montecitorio.

Segretari baciati dalla fortuna

E veniamo ai 13 segretari di presidenza. Qui le motivazioni delle indennità speciali percepite, rispetto a quelle dei deputati semplici, si fanno sempre più imperscrutabili. Vabbè, devono collaborare con il presidente «per assicurare la regolarità delle votazioni in assemblea». Ma perché diavolo incassino, oltre a 2014,83 euro mensili netti come indennità d’ufficio giustificati da questa finalità, anche fino a 10.329,14 euro di rimborso annuo per le proprie spese di rappresentanza (600 euro in meno dei questori), non si capisce proprio. E, poi, come per tutti i membri dell’ufficio di presidenza hanno: almeno quattro addetti anche esterni per la loro segreteria, l’auto di servizio, la franchigia postale, telefonini. I fortunati sono: Giuseppe Fallica (Grande Sud-Ppa), Gregorio Fontana (Pdl), Donato Lamorte (Fli), Lorena Milanato (Pdl), Mimmo Lucà (Pd), Renzo Lusetti (Udc), Emilia Grazia De Biasi (Pd), Gianpiero Bocci (Pd), la storica tesoriera dell’Idv, Silvana Mura, Giacomo Stucchi e Guido Dussin (Lega Nord), Angelo Salvatore Lombardo, fratello del governatore siciliano, e Michele Pisacane (Noi Sud).

Presidenti di commissione, i più sfortunati fra i privilegiati

Apparentemente non ha senso che i deputati segretari incassino la stessa indennità d’ufficio dei presidenti di giunte e commissioni che hanno ben altre mansioni. I presidenti di commissioni e giunte, poi, hanno un fondo di rappresentanza di soli 3600 euro annui (e per di più si pagano pure le spedizioni postali a differenza dei membri di presidenza). Eh sì, tra «i più uguali degli altri» della Camera, i più sfortunati, si fa per dire, sono proprio loro: Maurizio Migliavacca, Pierluigi Castagnetti, Donato Bruno, Giulia Bongiorno, Stefano Stefani, Edmondo Cirielli, Giancarlo Giorgetti, Gianfranco Conte, Angelo Alessandri, Mario Valducci, Manuela Dal Lago, Silvano Moffa, Giuseppe Palumbo, Paolo Russo, Mario Pescante, Leoluca Orlando, Giovanni Fava.Dal punto di vista retributivo contano meno di un questore e meno di un deputato segretario. Conservano a malapena l’auto blu e il telefonino. Le loro segreterie, poi, fanno ridere rispetto a quelle dell’uffico di presidenza (tre addetti al massimo anche esterni). In media costano 237mila euro l’una complessivamente.Meglio di niente, ma la segreteria di un vice-presidente o di un questore ne costa 660mila (quella di deputato segretario 357mila). Chiaro, gli addetti alla segreteria di un presidente di commissione oltre ad essere di meno, guadagnano anche meno dei pari grado degli uffici di presidenza. Un II livello guadagna 2262,44 netti contro 2394,84. Un IV livello 2703,64 netti contro 3030,90 (le mensilità sono sempre 15). Ma il punto è che Fini, Leone, Bindi, Lupi, Buttiglione, Colucci, Mazzocchi e Albonetti possono accedere a personale di V livello (4406,8 euro se interno per 15 mensilità e 4979,31 euro netti per 13 mensilità se esterno), mentre i presidenti di commissione no.

………….Ogni commento ci sembra superfluo!

FORCONE E PORTAFOGLIO, di Mario SECHI

Pubblicato il 10 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

palazzo chigi Studiava da delfino, resterà trota. Renzo Bossi s’è dimesso. Passerà alla storia per aver affondato la Lega, insieme a un padre troppo debole per non cedere al nepotismo e a un gruppo dirigente troppo timoroso per non dire al capo che stava sbagliando. La politica non è una scienza esatta, ma prima o poi i conti tornano. Che il «cerchio magico» fosse un clan destinato a mandare fuoristrada il Carroccio si intuiva. Quando intorno al corpo del leader ballano in tanti, finisce che il mambo diventa una danza macabra. Così è andata. Non solo per la Lega. La Seconda Repubblica doveva darci partiti più leggeri, meno invadenti nella gestione della cosa pubblica, con leader carismatici insieme a una vita democratica, selezione del personale e un minimo di cultura liberale e delle istituzioni. Non è successo perché chi li guidava ha pensato a costruire intorno a sé non il consenso, ma il sì a prescindere, la realizzazione del «capo ha sempre ragione» e se ha torto comunque non glielo facciamo sapere. È questione che attraversa la vita di tutti i partiti, in maniera più o meno diversa. Per Berlusconi ha significato circondarsi spesso di enti inutili, per Bossi finire nel contrappasso dantesco che raccontiamo in questi giorni. Ognuno ha forgiato il proprio movimento politico intorno al suo nome: Fini, Casini, Di Pietro, Vendola. E perfino chi aveva una parvenza almeno formale di dibattito interno – il Partito democratico – ha impegnato tutte le sue forze nelle faide di potere, nelle lotte correntizie, dilapidando quel poco che restava di credibilità presso gli elettori. Hanno un bel dire oggi che soffia il vento dell’antipolitica. Dovrebbe soffiare il maestrale del rinnovamento, i partiti dovrebbero impegnarsi a ricostruire se stessi, in alto e in basso, a destra e a sinistra, a Nord e Sud. Invece rincorrono i sondaggi, gli scazzi interni e gli schiamazzi esterni, senza comprendere che bisogna mettersi in discussione, tirare fuori quelli che Montanelli chiamava «gli attributi», tagliare i rami secchi e confrontarsi con l’elettorato. Il maquillage a cui sono intenti non fermerà l’ondata d’indignazione. È tempo di crisi economica, i cittadini voteranno brandendo due armi: il portafoglio e il forcone. Avanti così, tanti auguri. Mario Sechi, Il Tempo, 10 aprile 2012

……………Non c’è nulla da fare. Nonostante la bufera imperversi e investa tutti, ma proprio tutti i partiti, i partiti, anzi tre di essi i cui capi ormai sono definiti i “triumviri”,   tragicomico richiamo a tempi e periuodi storici lontani, entro domani si accingono a scrivere le regole per “rendere trasparenti i finanziamenti pubblici”. Non ad eliminarli che a questo non ci pensano proprio, ma ripetere 18 anni dopo il 1994, lo stesso copione scritto dopo il referendum dei radicali,  che a furor di popolo abrogò la legge sui finanziamenti pubblici ai partiti, quando la legge abrogata fu sostituita con un’altra che chiamava  i  “rimborsi elettorali” i finanziamenti ai partiti. Dalla zuppa al pan bagnato. Ora, di fronte alla valanga di proteste con cui gli italiani ricoprono i paritit chiedendo a gran voce l’abolizione di questa ignobile legge che arricchisce i partiti mentre gli elettori sono  ridotti in miseria, i partiti, anzi i triumviri non si schiodono dalle loro logiche e dai loro interessi e astranno tentando ancora una volta di prendere per i fondelli gli italiani. C’è una sola cosa da fare.  Abrogare la legge, far restituire ai partiti i quattrini che ufficialmente risultano non spesi di quelli ricevuti e poi, soltanto poi, disciplinare il volontario finanziamento pubblico attraverso l’autonoma volontà di ogni singolo cittadino di elargire denari propri a questi voraci rapaci che sinora hanno ingoiato, dal 1974 ad oggi, circa 6 miliardi di euro per portarci dove ci hanno condotto: alla fame. g.

NESSUNO INFANGHI LA CANOTTIERA CHE CAMBIO’ IL PAESE, di Giuliano Ferrara

Pubblicato il 9 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

La mia parte indignata è morta, se mai sia vissuta. Non me ne importa delle lauree dei famigli, delle macchine sgargianti e rombanti, del giro della Rosi (che naturalmente deve lasciare la carica senatoriale seduta stante), della moglie arpia, dei poteva o non poteva non sapere a proposito di un uomo che è stato grande nella salute e grandioso nella malattia.

Umberto Bossi

Bossi non lo vedo da quasi vent’anni, quando mollò il primo governo Berlusconi lo chiamai in faccia in tv «la cara salma», e mai previsione fu più azzardata. Del bossismo non ho amato mai nulla, non ho mai urlato il «grazie barbari» del compianto Giorgio Bocca, non ho mai flirtato in chiave antipolitica con il cappio in Parlamento e tutto il resto di «Milano, Italia », ho sempre considerato la Lega una tribù sciamannata e una satrapia personale dai toni pagani, figuriamoci, a me piaceva il garibaldino Craxi e, se era per la Lega e i suoi tesorieri, preferivo Citaristi e la Dc. Di Roma ladrona sono figlio e abitante, ne so più di Fiorello e dei nuovi stornellatori.

Di nemesi non sono autorizzati a parlare quelli di Repubblica . Sono sempre stati, loro e il loro esercito politico di riferimento, dalla parte del giustizialismo, anche di quello duro e puro alla leghista, se era per colpire chi non rientrava nel cerchio magico dei loro interessi e pregiudizi. Troppe ne abbiamo viste, noi garantisti, di nemesi. A partire dal loro eroe preferito Di Pietro, anche lì macchine sgargianti e un partito padronale- contadino, per finire con la sinistra perbene che i suoi sistemi fatti apposta per abusare dei finanziamenti pubblici e accaparrarsi ogni tipo di finanziamento irregolare li ha messi in piedisenza pudore o, se volete, con grande ipocrisia. Però il mancato riconoscimento della vera storia di Umberto Bossi, il seppellimento sotto i lazzi e gli insulti della sua rozza ed eccezionale avventura che ha convinto un terzo degli elettori del Veneto, un quarto di quelli della Lombardia e che ha cambiato la cultura e l’incultura politica italiane, questo mi avvilisce e mi umilia come persona che ama la storia e la politica, che desidera capire le cose e non esercitare la superbia del proprio io nel gesto d’accusa.

Prima di Bossi il nord di questo Paese non esisteva, né civilmente né politicamente. Bossi nasce da una costola della sinistra, come disse una volta D’Alema. Forse. Nasce certamente da una costola del mio Paese, e chi oggi getta palate di infamia su di lui e sulla sua parabola non si rende conto di quello che dice o lo dice in perfetta malafede.

Quando ebbe un primo attacco del male dopo un comizio, questo straordinario popolano da pizzeria, Craxi gli fece immediati auguri «perché ho bisogno di avversari sani». Nessuno come un capo socialista del sistema dei vecchi partiti era lontano dal bossismo e dalla sua versione dell’attacco alla casta romanocentrica. Ma nella vecchia cultura repubblicana il senso della storia era vivo, e anche gli avversari sapevano rispettare uno spiantato da falsa laurea capace di sollevare le valli e le città e la grande pianura padana in un’impresa che aveva effetti sismici sulla pietrificata mentalità delle vecchie istituzioni sabaude e meridionali. Siamo diventati, per quanto riguarda il linguaggio della classe snobistica che fa l’opinione e scrive sui giornali, una comunità di guardoni e uditori giudiziari, gente che non ha lo sguardo lungimirante e pietoso necessario a comprendere, che non vuol dire giustificare o chiudere un occhio, vuol dire al contrario spalancare gli occhi.Padre debole e sentimentale? Chissenefrega. Marito birbaccione rientrato e rinchiuso nell’ovile del coniugio nel momento disperato della menomazione da malattia?

Chissenefrega. Non sapeva far di conto sui nostri soldi, affidati a improbabili suoi tesorieri senza che fossero fissate regole sicure di controllo e certificazione?

Chissenefrega. Se è per questo, anche il dignitoso e non ladro Rutelli di conti se ne intendeva a quanto pare pochino, e i Lusi di tutti i partiti, tutti, sono per legge le persone più libere di peccare e incasinare i conti che ci siano al mondo.

Ma intanto Bossi fu altro, è stato una chiave per la comprensione e l’incanalamento di grandi e pericolose rabbie nordiste, ha flirtato con i mostri del secolo, da Milosevic in giù, ha usato una lingua da trivio, la sua gesticolazione corporale era la volgarità incarnata, ma mostro non è mai stato.

Se chi gli sputa addosso adesso, brutti maramaldi che non sono altro, avesse fatto un centesimo di quello che ha fatto Bossi per cercare soluzioni ai problemi veri italiani, avrebbe il diritto di parlare. Chi ha il diritto di parlare? Giuliano Ferrara, Il Giornale, 9 aprile 2012

RENZO BOSSI SI E’ DIMESSO. HA FATTO BENE, DICE IL PADRE E ANCHE NOI

Pubblicato il 9 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Renzo Bossi, coinvolto nello scandalo che ha colpito il Carroccio, fa un passo indietro e si dimette da consigliere regionale della Lega Nord. «In consiglio regionale -spiega ai microfoni di Tgcom 24- negli ultimi mesi ci sono state diverse vicende giudiziarie che hanno portato a indagare più di una persona, io non lo sono ma credo sia giusto e opportuno in questo momento per il mio movimento, fare un passo indietro».

«Ha fatto bene a dimettersi. Erano due mesi che mi diceva che era stufo di stare in regione». Questo il commento di Umberto Bossi riportato da Sky Tg24 sulle dimissioni del figlio, Renzo.

…………E anche noi siamo dello stesso avviso. Però ci corre l’obbligo di sottolineare che il Bossi jr, al di là di ogni altra considerazione, ad oggi non risulta indagato di alcunchè, salvo che dell’ondata di accuse che come sempre accade nel nostro Paesi quando si abbatte su chi sta in alto immediatamente ha ricadute mediatiche anche se  non ci sono riscontri giudiziari. Non è il caso di fare l’elenco. E però di questo elenco, lunghissimo, che comprende fior di fiori dell’una e del’altra parte, nessuno ha dato le dimissioni. Il Bossi jr lo ha fatto e ciò di certo segna un punto a suo favore. Benchè non sia uno scafato politicante un esempio lo ha dato, Ci piaccia o no, consigliato o meno dall’esperto padre. E di questo gli va dato atto. g.

NON 100, MA IN PIENA ESTATE ALTRI 200 MILIONI AI PARTITI ALLA FACCIA DELLA CRISI E DELL’AUSTERITY PER GLI ITALIANI

Pubblicato il 9 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Ora la parola d’ordine che mette tutti d’accordo, nel Palazzo, è «fare presto». Fare presto a dare un segnale che possa almeno frenare la rivolta dell’opinione pubblica contro i partiti mangia-soldi; far presto a varare nuove regole sui finanziamenti pubblici che evitino scandali come quelli scoperchiati negli ultimi mesi, dal caso Lusi al caso Lega; dalle spaghettate al caviale ai diplomi regalati a figli ripetenti e amanti recalcitranti coi soldi del contribuente.

Fare presto anche perché in piena estate, quando si suppone che i cittadini siano distratti e sotto l’ombrellone, nelle casse dei partiti pioverà un altro centinaio di milioni di euro pubblici, frutto delle nuove rate di «rimborsi» per le elezioni politiche del 2001; più circa altri 80 milioni di rata spettante per le elezioni europee e regionali. Cioè, poco meno di 200 milioni in totale.
C’è chi, come l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, per fare presto si spinge ad ipotizzare un decreto legge «ad hoc» del governo, perché «se non cambiamo presto le norme rischiamo di essere travolti tutti: le vicende di questi giorni le paga la politica intera». Il governo, però, ci va con i piedi di piombo e, come dice Mario Monti dal Libano, per ora «riflette». Il ministro Paola Severino assicura che «il governo è pronto ad intervenire, anche per decreto», poi ipotizza in alternativa una norma ad hoc nel ddl anticorruzione. In Parlamento sono molte le perplessità sullo strumento del decreto: «È una proposta puramente propagandistica, un cedimento alla piazza ma senza costrutto», spiega Gianclaudio Bressa del Pd. «Anche perché entro maggio è già calendarizzata in aula a Montecitorio la discussione delle proposte di riforma dei partiti, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione: è quella la premessa necessaria per ridisegnare anche il sistema di regole e controlli sui bilanci delle forze politiche». E l’esponente democrat è ottimista sulla «volontà comune» di tutti i partiti di mettere finalmente mano ad una riforma che aspetta da sessant’anni di essere attuata, per dare finalmente ai partiti una connotazione giuridica più stringente.
In verità, le parole del relatore dei provvedimenti in materia di regole e trasparenza dei partiti, il rappresentante di Popolo e territorio Andrea Orsini, non sono proprio incoraggianti: «Non ci sono novità e non ce ne saranno per i prossimi quindici giorni», spiega flemmatico. Facendo insorgere il radicale Maurizio Turco, autore della prima proposta di legge depositata (prevede un rimborso di 1 euro a voto, contro i 5 attuali, ma solo a fronte di spese dimostrate e certificate): «La commissione Affari costituzionali di Montecitorio ha fatto un ampio lavoro istruttorio sulla materia, ora basta giochetti e il relatore si dia una mossa: con tutto quel che sta venendo fuori non sarebbe giustificabile un ritardo ulteriore». I radicali, che hanno annunciato un nuovo referendum abrogativo del finanziamento pubblico (dopo quello già da loro promosso e vinto negli anni ’90, e successivamente ignorato dalla nuova legge sui rimborsi elettorali), bocciano le proposte che stanno circolando: «Ci manca solo una nuova Authority sui bilanci dei partiti, nominata ovviamente dai partiti», taglia corto Turco. Dal Pdl, Gaetano Quagliariello insiste anche lui sull’articolo 49: «Subito dopo Pasqua i partiti si mostrino in grado di riformarsi adeguando il proprio status giuridico alla funzione pubblica che esercitano», e propone che la riforma marci di pari passo con quella della legge elettorale. Il Giornale, 9 aprile 2012

…………..Basta con i giochetti. Dei partiti e del signor Monti. Questo signore che se ne va spasso durante le festività pasquali in giro per il mondo a spese nostre, degli ormai strangolati contribuenti italiani, la smetta di “riflettere” con la pancia piena, rientri in Italia, convochi i suoi professoroni e metta mano all’abrogazione immediata della legge sui rimborsi elettorali dei partiti, blocchi gli ulteriori finanziamenti, obblighi i partiti a restituire alle casse dello Stato il miliardo e 700 milioni ricevuti e non spesi, riduca drasticamente gli stipendi dei parlamentari e dei dirigenti dello stato. Il tutto con decreto legge e poi vediamo con che faccia i parlamentari avrannno il coraggio di non ratificarlo. A proposito,  che fine ha fatto il ciarliero presidente della Repubblica? Da un paio di giorni non ci annoia con le sue consuete predicazioni. Perchè non “ordina” al suo Monti di rientrare in Italia e di fare ciò che deve? Con  due miliardi (1miliardo e 700 mlioni da restituire e i 200 milioni da non erogare ai partiti) il signor Monti può evitare ulteriori oppressive tassazioni a carico delle affamate famiglie italiane  e tentare di rilanciare la crescita del Paese che tuttora, nonostate le intemerate del signor Monti,  è solo una  chimera. g.
P.S. Al sondaggio de Il Giornale sulla abrogazione dei rimborsi elettorali ai partiti, il 99% ha risposto di si. Ne tengano conto sia il segretario che il capogruppo alla Camera del PDL, perchè il 100% dei lettori de Il Giornale sono elettori del PDL!