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I PARTITI SI DIANO UNA MOSSA:LA LEGGE “TRUFFA” VA CANCELLATA

Pubblicato il 7 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Per trovare la norma dello scandalo ci vuole molta pazienza. Bisogna tuffarsi nella legge milleproroghe del 23 febbraio 2006, lanciarsi in un defatigante slalom fra articoli che parlano di varia umanità, dall’università Carlo Bo di Urbino all’accatastamento di immobili del ministero della difesa, fino all’adeguamento alle prescrizioni antincendio per le strutture ricettive, e avere dimestichezza con la lingua latina.

Sì, perché senza un minimo di confidenza con l’idioma di Cicerone si rischia di non arrivare all’articolo 39 quaterdicies dove finalmente sono indicate le modifiche alle precedenti leggi sul finanziamento ai partiti. Una leggina mimetizzata che più mimetizzata non si può: il testo fu votato al Senato in piena notte, fra il 2 e il 3 febbraio 2006. Il governo Berlusconi aveva posto la fiducia, l’opposizione strepitò. Il capogruppo della Margherita, Willer Bordon, tuonò contro «lo schiaffo in faccia ai cittadini».
Sappiamo com’è andata a finire: proprio la Margherita, che era defunta, è risorta attingendo a piene mani al bancomat pubblico finché le spese folli del tesoriere Lusi non hanno alzato il coperchio sullo scempio. Poi è arrivata la Lega e si è ricapito quel che già si sapeva: la legge dà ai cassieri la combinazione giusta, poi loro si regolano come gli pare. O meglio i rimborsi – guai a chiamarli finanziamenti dopo il referendum che li aveva aboliti a furor di popolo nel ’93 – sono quattro o cinque volte superiori alle spese sostenute. Per capirci e per capire le cifre dell’indignazione, i partiti hanno speso fra il ’94 e il 2008, 570 milioni, ne hanno recuperati 2 miliardi e 250 milioni. Nemmeno Pinocchio sotto l’albero dei miracoli avrebbe sognato di meglio. Non c’è neanche bisogno di innaffiare gli zecchini: la pianta cresce da sola. Altissima. Nel 2008, quando gli italiani sono tornati al voto, destra, centro e sinistra si sono ingozzati con una doppia razione per la vecchia legislatura troncata e per quella appena iniziata.
Ora i tesorieri, come ai tempi di Tangentopoli, rischiano la parte del parafulmine. E corrono ai ripari o predicano sventure. Ugo Sposetti, ultimo cassiere dei Ds, vede in un’intervista all’Espresso un cielo scuro scuro: «Ma come, ora i revisori dei conti si svegliano e scrivono al presidente della Camera che le verifiche sono solo formali? Poi c’è Rutelli: ha spiegato che i bilanci dei partiti sono facilmente falsificabili. E uno dei revisori della Camera, Tommaso di Tano, in tv agli Intoccabili ha affermato che lui e i suoi colleghi quando arriva un bilancio si mettono a ridere. Fra sei mesi i partiti non esisteranno più». C’è davvero aria di tempesta. Stefano Stefani, il Cireneo che ha preso fra le mani le casse della Lega, mette le mani avanti: «Per prima cosa porterò le carte in procura. Voglio muovermi in tranquillità».
Forse sarebbe bene correre ad approvare una nuova norma. Più equilibrata. O meglio, meno vergognosa in tutte le sue perfide pieghe. Perché l’ABC della politica italiana, l’ABC che in un modo o nell’altro ha varato la riforma delle pensioni e tante altre leggi fino a ieri impensabili, non si siede intorno a un tavolo e scrive un testo purificato nel fonte battesimale della decenza?
Nei giorni scorsi Bersani ha sfidato Casini e Alfano invitandoli a rompere insieme il salvadanaio. Non sarebbe male evitare meline e impaludamenti, sarebbe bene evitare il ricorso a sofisticate ed estenuanti discussioni che si concludono, di solito, con magheggi e trucchi da avanspettacolo. La legge «truffa» del 2006 convertiva in legge, come si legge in archivio, un precedente decreto del 30 dicembre 2005. Ottima idea: perché non ricorrere al decreto per sanare la ferita? Se la troika trova l’accordo, è fatta: in un amen si può chiudere il rubinetto e togliere il bancomat alle tesorerie dei partiti che banchettano mandando in rosso noi cittadini.

Anche l’Europa, che spesso mette il naso a sproposito in casa nostra, ci ha dato un avvertimento sacrosanto: cambiate in fretta. Schivando, please, una pagliacciata come quella andata in scena sulla riduzione degli stipendi dei parlamentari. Che sono ancora quelli di prima. Stefano Zurlo, Il Giornale, 7 aprile 2012

PARTITI CON LE CASSE PIENE E CITTADINI SEMPRE PIU’ POVERI

Pubblicato il 7 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Luigi Lusi in una foto del 2008 presa dal suo sito Prendiamo per ora solo i quattro anni di crisi. Nel 2008 i partiti italiani hanno ricevuto 503 milioni di euro di rimborsi. Hanno dichiarato spese per 136. Trecentosessantasette milioni sono rimasti nelle loro cassaforti non proprio blindate, affidati a tesorieri dalla mente aguzza e dal conto corrente veloce. Si tratta di un arricchimento netto del 456 per cento. Nello stesso periodo, come ha documentato la Banca d’Italia, il reddito delle famiglie italiane è diminuito del 6 per cento, quello degli individui del 7,5. La quota di famiglie giovani nella fascia di povertà è aumentata del cinque. Ora il Capo dello Stato chiede ai partiti una autoriforma, tanto più indispensabile mentre il resto del Paese è a stecchetto. Il presidente del Senato, Renato Schifani, e quello della Camera, Gianfranco Fini, rispondono invocando il primo «uno scatto d’orgoglio» delle forze parlamentari, il secondo un decreto «per il quale serve però l’accordo dei leader» dei partiti stessi. Con tutto il rispetto, le stesse promesse sono state fatte sulla riduzione del numero dei parlamentari, sull’abolizione delle province, sul taglio di indennità e benefici vari di deputati e senatori. Nessuna mantenuta. Sul primo fronte siamo ad un accordo di massima del format ABC (Alfano-Bersani-Casini), quando tutti sanno che in un anno di legislatura la riforma costituzionale ha zero probabilità di attuazione. Sul secondo, solo ieri è stato depositato un disegno di legge del governo che non abolisce affatto le province ma stabilisce solo che presidenti e consiglieri dovranno essere eletti da sindaci e consiglieri comunali delle aree amministrate. Elezioni di secondo livello, peraltro già contestate dall’Unione province italiane che lamenta «l’abbandono dei territori con la scusa della crisi e dell’antipolitica». E chiede al Parlamento di sanare il terribile errore: non dubitiamo che lo farà. Se ci sono due parole che si dovrebbero evitare sono proprio “crisi” e “antipolitica”. La prima, quasi ce la fossimo inventata. La seconda, eterno alibi per non cambiare nulla e nascondere gli scheletri nell’armadio, finché non vengono giù come per il tesoriere della Lega, Belsito (un nome molto romano), e quello della Margherita, Lusi. Ma non ci siamo dimenticati del terzo fronte di lotta e di governo, il taglio di emolumenti e benefit dei parlamentari: qui la commissione incaricata di allinearli alla media dei sei maggiori paesi dell’euro ha alzato bandiera bianca dichiarando l’impossibilità di raffronti omogenei. Per Enrico Giovannini, presidente dell’Istituto nazionale di statistica e capo della commissione, la statistica pare dunque materia off limits. E per capirlo ci ha impiegato quasi un anno: l’arduo compito gli era stato affidato dal governo Berlusconi nel luglio 2011. Dunque di quale autoriforma stiamo parlando? Curioso che per raddoppiare la tassa sulle case basti un decreto, mentre ogni volta che ci si avventura nei territori della politica si debba chiedere agli interessati la cortesia di provvedere a se stessi. Come ha ricordato Mario Sechi, dal 1994 al 2008 i partiti, rispetto a spese documentate di 579 milioni, hanno ricevuto 2,25 miliardi dei contribuenti. Più di quanto costeranno nel 2013 le nuove misure sul mercato del lavoro, esattamente quanto incideranno una volta andate a regime, e per le quali dovremo sobbarcarci altre tasse: sulle case date in affitto, sulle auto aziendali, sulle imposte d’imbarco all’aeroporto. Non ne possiamo davvero più: è giunto il momento di chiedere indietro dei soldi alla politica. Soprattutto se questi denari pubblici risultano regali ai partiti per i loro comodi. Per ogni euro speso ne incassano, in questa legislatura, 4,5. Il record è appunto della Lega (un euro speso, 11 presi), a seguire i Democratici: un euro ogni dieci presi. Il Pdl si attesta sul rapporto di uno a tre. L’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, che tuona contro lo scandalo, incassa 3,75 euro per ognuno di spese documentate. Ma anche quando scriviamo “documentate”, bisogna intendersi. Luigi Lusi, ex senatore del Pd ed ex tesoriere della Margherita autore di un imboscamento di 20 milioni, avrebbe sottoposto il bilancio ad un organismo interno che però non si è mai riunito. Chi aveva avvertito da anni puzza di bruciato, come il prodiano Arturo Parisi, fa sapere di essersene andato «sbattendo la porta». Già, ma perché non ha invece bussato a quella di qualche organo giudiziario? Impressiona anche l’oscillazione nel rapporto tra dare e giustificare. Nel ‘94, forse sulla scia del rinnovamento, si era partiti bassi (si fa per dire): la plusvalenza fu di “appena” il 130 per cento. Con le regionali del ‘95 eravamo già al 420. Il top è delle politiche 2001: circa il mille per cento. Poi un calo, fino alla nuova impennata di questa legislatura. Credere quindi che i partiti si autoriformino è quanto meno ingenuo. E, sia detto senza offesa, nello stesso richiamo di Giorgio Napolitano c’è qualcosa che non convince. Si invoca pulizia per evitare che i cittadini «si estranino con disgusto, il che può sfociare nella fine della democrazia e della libertà». No: la pulizia va fatta non per tutelare i politici dal disgusto, ma in primo luogo per tutelare noi contribuenti, visto che i soldi sono nostri. Del resto lo stesso capo dello Stato cita l’articolo 49 della Costituzione. Ma, come lo stesso Quirinale fa notare, quell’articolo stabilisce «il diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». Non parla affatto di finanziamenti. Che del resto, nella forma diretta, vennero aboliti con il referendum del ‘93, e prontamente sostituiti con i rimborsi elettorali. Dunque se il diritto diventa un abuso, e l’abuso un furto, non c’è altra via che togliere ai beneficiari la possibilità del coltello dalla parte del manico. Anche qui bisogna guardare all’estero: dove non mancano certo gli scandali, e tuttavia è giusto ricordare che il presidente tedesco Christian Wulff si è dimesso per un prestito agevolato al 4 per cento, ed una vacanza pagata da 800 euro. La Germania, dunque, ha contributi pubblici ai partiti di 133 milioni l’anno, rispetto ai nostri 285. La Francia di 80 milioni. La Gran Bretagna di cinque. Gli Usa di zero: le campagne elettorali sono finanziate da privati ed aziende, con obbligo (penale) di dichiarazione dei fondi versati, e di restituzione da parte dei candidati non eletti. In Italia si è sempre obiettato che quel sistema favorisce i ricchi. Eppure Bill Clinton, da governatore del povero Arkansas, riuscì a sconfiggere il ricchissimo George Bush senior, tra l’altro presidente in carica. Ma se non vogliamo il modello privato americano proviamo almeno ad avvicinarci a quello pubblico inglese: dove Margaret Thatcher, che era nata figlia di un droghiere, battè il laburista Lord Leonard James Callaghan, barone di Cardiff e cavaliere dell’Ordine della Giarrettiera. Ridateci i nostri soldi. Marlowe, Il Tempo, 7 aprile 2012

………………Lo abbbiamo già detto e lo ripetiamo. Ecco un banco di prova della fermezza di Monti. Domani mattina, giorno di Pasqua, riunisca il suo consiglio di facoltà, ed emetta un decreto legge con cui faccia due cose: 1. abolisca la legge sui rimborsi elettorali; 2. ordini ai partiti di restituire immediatamente allo Stato i soldi, un miliardo e 700 milioni, incassati dal 1994 ad oggi a titolo di rimborso spese e non utilizzati per le campagne elettorali. Così per un verso metterà alla prova se stesso e in secondo luogo metterà alla prova i partiti il quali o ubbidiscono, approvando il decreto, o lo cacciano con gli stivali chiodati.  E metterà alla prova il signor Giorgio Napolitano che nella serata di domani  deve controfrimare il decreto. Domani vedremo. g.

BICICLETTE: DA OGGI SI PUO’ ANDARE CONTROMANO NELLE STRAD A SENSO UNICO.

Pubblicato il 6 aprile, 2012 in Costume | No Comments »

doppio senso

Le biciclette possono ora circolare anche in contromano nelle strade a senso unico. La direzione generale per la sicurezza stradale del Ministero Infrastrutture e Trasporti ha accolto la proposta della Fiab. Le limitazioni riguardano la larghezza della via – che deve essere di almeno 4,25 metri – e la velocità – che non deve superare i 30 km/h nelle zone a traffico limitato e in assenza di traffico pesante.

Tradotto: questo significa che da oggi si può pedalare nei due sensi di marcia nella maggioranza delle strade a senso unico dei centri urbani cittadini.

Una buona notizia che permetterà ai ciclisti di accorciare i percorsi e di usare più facilmente la bicicletta.

«Ha finalmente prevalso il buon senso – ha dichiarato Antonio Dalla Venezia, presidente della Fiab – Da anni chiedevamo di consentire, nei centri urbani, il doppio senso di marcia nelle strade a senso unico. Alcuni comuni virtuosi e coraggiosi, come Reggio Emilia, hanno introdotto già questa soluzione che, di fatto, consente al ciclista di usufruire di tragitti più brevi, evitando di seguire i sensi unici pensati esclusivamente per le auto e che portano il ciclista a fare giri molto più lunghi. Praticamente una maniera per scoraggiare l’uso della bicicletta».

«L’applicazione di tale soluzione – spiega Enrico Chiarini, ingegnere e uno dei responsabili dell’Area Tecnica della Fiab –  consentirà il completamento a basso costo della rete ciclabile urbana di molti comuni italiani e di fatto offrirà al ciclista interessanti alterative a strade fortemente trafficate». FONTE ANSA, 6 aprile 2012

……Poveri automobilisti. Da oggi non solo devono guardarsi dall’aumento del carburante, dalle multe che fioccano ad ogni minima infrazione, dalla difficoltà di parcheggiare e dai costi che ne derivano, ma ora devono raddoppiare le attenzioni perchè mentre percororno una strada a senso unico può sbucare all’improvviso una bicicletta contromano che gli va a sbattere contro. E questa sarebbe una conquista di buon senso? Ci pare invece che il buon senso abbia lasciato il passo alla solita superficialità e a conseguenze imprevedibili, oltre che a imprevedibili costi per liti tra automobilisti e ciclisti.

GLI ORFANI DI BERLUSCONI SPARANO GIULIVI SUL SENATUR

Pubblicato il 5 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

«Dalla Padania alla Tanzania»,titolava ieri il suo editoriale di prima pagina il Fatto quotidiano : e chissà oggi che cosa scriverà. Lo tsunami che s’è abbattuto improvviso sulla Lega e che punta dritto al cuore del Carroccio, verso Bossi, la sua famiglia e il «cerchio magico» dei suoi più stretti collaboratori, è miele per le operose api giustizialiste rimaste orfane di Berlusconi.

In Italia gli scandali e le inchieste non mancano di sicuro, e l’ultimo mese ne ha fornito una rassegna esauriente: dalla Lombardia alla Puglia, dal Pd al Pdl non si salva nessuno. E la paccata di milioni della defunta Margherita investiti da Lusi in ville, conti offshore e spuntini a base di caviale basterebbe in un paese civile a sospendere una volta per tutte il finanziamento pubblico già abrogato per via referendaria. Ma finora era mancato il colpo grosso, l’affondo a sensazione, la spallata mediatica, e il fronte dei manettari, in attesa di tempi migliori, si era riversato a presidiare l’articolo 18 insieme alla Fiom.

Con Bossi nel mirino, la caccia è riaperta. E la solidarietà personale subito espressa da Berlusconi, va da sé, non fa che aggravare agli occhi dei giustizialisti la già precaria condizione del Senatùr, di cui anzi certifica la colpevolezza: proprio come il suo vecchio alleato,anche Bossi dev’essere espulso dal campo della politica e affidato alle procure – tre, questa volta, fra cui l’immancabile Procura di Napoli nella persona dell’indomito Henry John Woodcock.

Italo Bocchino, che del pm inventore della P4 è un buon amico, ha twittato come una Guzzanti qualunque: «Povero Bossi, gli hanno ristrutturato la casa a sua insaputa ». Il che, detto dal braccio destro del cognato del proprietario di un noto appartamento di Montecarlo lasciato in eredità al partito, lascia quantomeno perplessi. Il delfino di Fini aveva già espresso il suo pensiero il mese scorso, quando il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, il leghista Boni, era stato raggiunto da un avviso di garanzia: «La Lega è il partito più partitocratico che esiste, il partito più clientelare che esiste, il partito più abituato ad occupare le poltrone ed è il partito a cui è capitato molto spesso quello che sta capitando ora con Boni». Addirittura.

Sempre da Napoli si leva il preoccupato commento di Luigi De Magistris: «Bossi – ricorda ha già avuto una condanna per finanziamenti illeciti nell’inchiesta Enimont,sembra archeologia giudiziaria, ma è realtà» (per la cronaca: allora il tesoriere era Alessandro Patelli e Bossi lo definì «un pirla»). E conclude sostenendo che le mafie più ricche sono al Nord, perché il Nord è più ricco: «È la conferma di quello che ho sempre pensato sulle vicende oscure e inquietanti della Lega Nord».

E se si parla di «mafie», non può mancare il giovane papa dell’antimafia. Il quale, come s’addice a ogni vera pop star,quando vuol parlare di qualcosa in realtà parla soltanto di sé, di quant’è bravo e di quanto è perseguitato: «Un anno fa- ha ricordato Roberto Saviano- fui moltoattaccato dalla Lega e da Maroni per aver usato una parola che descriveva il rapporto tra ’ndrangheta e potere nel Nord Italia, cioè “interloquire”, una parola che aveva messo inquietudine e paura ai leghisti. Avevo detto che la ’ndrangheta interloquiva con tutti i poteri del nord e quindi anche con la Lega». Che argomentazione brillante! Da un lato, ciò che conta per lo scrittore è che si parli di lui: l’inchiesta è importante non perché cerca la verità, ma perché conferma una sua predica televisiva dell’anno scorso; dall’altro lato anche Saviano,come i suoi amici giustizialisti, non esita a prendere per oro colato le tesi dell’accusa per trasformarla il giorno stesso in condanna definitiva.

È indubbio che la Lega si trovi oggi in un bel guaio,politico e d’immagine ancor prima (e ancor più) che giudiziario.

Ma qualche cautela in più, qui come in tutte le vicende che intrecciano politica e giustizia, sarebbe utile e vantaggiosa per tutti. L’eliminazione dell’avversario per via giudiziaria non è soltanto una scelta incivile: è anche una scelta inutile, il cui unico risultato è la politicizzazione della giustizia, e dunque la sua abrogazione.Se nell’era dei tecnici si riuscisse a condurre e a valutare un’inchiesta tecnicamente, e non politicamente o emotivamente, a guadagnarci per prima sarebbe proprio la giustizia. Fabrizio Rondolino, Il Giornale, 5 aprile 2012

.…………..Rondolino, ex braccio destro o sinistro di D’Alema, sa di cosa parla e di cosa si parli. Che i partiti, tutti, hanno molti scheletri nell’armadio è cosa ovvia. Che se ne scoprano alcuni e altri no è anch’esso cosa ovvia. Meno ovvio è che ciò sia giusto. Lo abbiamo scritto più volte. Il finanziamento occulto ai partiti, attraverso il dubbio sistema dei rimborsi versati senza riscontri e controlli, è quanto di peggio abbia potuto fare la partitocrazia nel ventennio postprima repubblica. E’ tempo di porvi rimedio. Basta abrogare la legge. Vediamo se il falso grintoso che siede a Palazzo Chigi è capace di proporlo al suo consiglio dei ministri e se questo è tanto coraggioso da approvarla. Attendiamo di vedere. g.

BASTA SOLDI PUBBLICI AI PARTITI. ANCHE PER IL LORO BENE.

Pubblicato il 5 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Abbiamo assodato, si ruba non solo in Italia ma anche in Padania. Li vedo tutti contenti, gli amici dei ladri di sinistra, di centro o di destra per la scoperta che si ruba anche in camicia verde.

Renzo e Umberto Bossi

Renzo e Umberto Bossi
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Vedo allegri i meridionali, perché l’Italia è unita almeno nel furto, rivedo felice l’antica ruberia del corso, socialisti, Dc e alleati che furono cacciati dal potere e sostituiti da questa gente qui, i Belsito e i Lusi, eredi dei Citaristi, Greganti, Balzamo e segretari amministrativi d’una volta. Esultano le mafie e le camorre, si fa festa alla Regione Sicilia per il gemellaggio con la Lombardia.

Stavolta colpisce vedere cosa viene dopo Fratelli d’Italia: i Fratelli Bossi, di cui uno fa i gavettoni con la candeggina e il grande fa la Trota di Stato, foraggiato dalla cassa. Certo, poi insospettiscono i tempi e i modi, davvero inusuali, del blitz antilega; provate a farlo a un altro partito e poi vediamo che ne esce…

Ma è inutile entrare in questo gioco, bisogna uscirne. Aboliamo il rimborso ai partiti, punto e basta. Lo dico per tagliare il male alle radici, visto che tutti si sono fatti beccare col sorcio in bocca. Lo dico per moralizzare e per risparmiare. Ma lo dico pure per il bene dei partiti. La loro stagione migliore è quando non avevano soldi pubblici. Certo, poi c’era Mosca per taluni, le camarille per talatri. Ma i partiti erano veri e volontari. Restituiamoli alla vita, non tumuliamoli come i faraoni con tutti i tesori nei loro sarcofagi. Saranno i loro aderenti a sostenerli. Via le mummie mariuole a nostro carico. Marcello Veneziani, 5 aprile 2012

I MEGA PRIVILEGI DEGLI EX PAGATI DAGLI ITALIANI

Pubblicato il 2 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

FRANCO BARBATOFRANCO BARBATONon si dice «quarto piano», si dice «altana» il piano nobile di Montecitorio riservato al mega ufficio del «presidente Casini» (cioè ex presidente, ma fa lo stesso in questo caso). Saremo sui duecento metri quadri, mobili d’epoca, statue classiche, travi a vista, corridoio di quindici metri che apre su sei o sette uffici e termina nella stanza di rappresentanza dell’ex terza carica dello Stato, ambiente intimo-quasi domestico, foto di famiglia sui tavolini di legno pregiato (Casini dice che rinuncerà alla sua «altana», che però usa da sei anni…).

PIERFERDINANDO CASINIPIERFERDINANDO CASINI E il «presidente Violante»? Anche lui ha altrettanti metri quadri alla Camera, ma in più ha un meraviglioso terrazzo addobbato con piante, dove usa fare una festicciola a fine anno con gli amici deputati del Pd. Eccoci qui: per la prima volta entriamo in questi appartamenti dov’è difficile o impossibile mettere piede (perché, come dice una delle molte segretarie dedicate agli ex presidenti della Camera, «questi uffici sono equiparati ad abitazioni private »), grazie alla telecamerina nascosta nel bavero dell’onorevole Franco Barbato, neo-brigante (si è vestito proprio così per un convegno al Gambrinus di Napoli) e spina nel fianco della casta parlamentare, da lui denunciata, filmata e variamente sputtanata. «Sono hotel cinque stelle, resort di lusso», più che uffici.

«E dentro ci ho trovato due, tre o anche quattro segretarie », tutte in organico all’ex presidente di turno. Che non è solo Casini o Violante, ma anche Bertinotti e la Pivetti, che hanno i loro «appartamenti» alla Camera dei deputati. In quello dell’ex leghista, numero uno di Montecitorio dal 1994 al 1996, Barbato si è imbattuto in due segretarie che lavorano a tempo pieno per la Pivetti. Lei ci va «per fare attività istituzionale » dice una delle sue segretarie (dipendenti della Camera), come «ex presidente riceve molti inviti e mail», e quindi le servono due uffici, uno dei quali inaccessibili perché «abitazione privata».

La porta del super ufficio di Violante indica già nella targhetta la nobilissima destinazione: «Presidente Luciano Violante ». Poi apri, e chi ci trova Barbato? Il segretario di Rosy Bindi. «Mi ha spiegato che una parte dell’appartamento è usata dal gruppo del Pd, mentre nelle altre stanze, tutte bellissime, ci sono i segretari di Violante». E poi il terrazzo, enorme, con piante.

FAUSTO BERTINOTTIFAUSTO BERTINOTTI IRENE PIVETTIIRENE PIVETTI «Lì prima dell’estate ci fanno una festa. Ma non si potrebbe usare tutto ’sto spazio per fare gli uffici dei deputati normali?» chiede l’onorevole-brigante, che ricorda un particolare. «Ora invece noi stiamo in palazzi che la Camera affitta, a peso d’oro, da una società dell’immobiliarista romano Scarpellini. Un contratto stipulato, senza gara, sapete da quale presidente della Camera nel 1997? Proprio da Violante! Se vuole fare il tutor del Pd perché non lo fa a casa sua? Ma questi non tengono proprio vergogna!» s’infiamma Barbato, che ormai fa ombra anche a Di Pietro. Una statua greca introduce al corridoio delle molte stanze di Violante, che a giudicare dagli spazi che occupa deve avere un enorme lavoro come ex presidente della Camera.

«E poi c’è anche Bertinotti che ha il suo appartamento, anche lui aspetta le decisioni altrui senza rinunciare ai privilegi. Casini poi è il massimo, è l’ “onorevole altana”. Mi hanno detto che quello spazio ce l’ha per effetto di una convenzione con la Democrazia cristiana europea. La Dc è morta, ma lui casca sempre su qualche bella poltrona». Le segretarie finite nel film-pirata di Barbato difendono i loro presidenti e privilegi. «Lei piuttosto vada a guardare nei magazzini della Camera, cosa c’è. Argenterie, quadri, arazzi, magari con le ragnatele sopra – dice una di loro – . E vada pure al Senato, dove c’è la moglie di un ex presidente del Senato, defunto, che ha ereditato i suoi uffici». In effetti al Senato la situazione si ripropone, anche se il deputato-insider Barbato non ha fatto ancora il suo blitz video.

Anche lì gli ex presidenti hanno diritto a uffici (i loro sono a Palazzo Giustiniani), personale (fino a tre segretarie personali) e auto blu. Di cui dunque beneficiano ancora Carlo Scognamiglio, Nicola Mancino, Marcello Pera (che in base alla nuova disposizione dell’ufficio di presidenza avrà questi benefit fino al 2016), Franco Marini (pacchia fino al 2018). Il costo annuale per questi benefit è – ci dice una fonte di Palazzo Madama – di circa 2 milioni di euro complessivi. Ma non basta.

Il Senato prevede, in base a vecchi regolamenti, un servizio di segreteria (ancora personale) in dotazione agli ex presidenti del Consiglio che siano stati senatori, quindi per Ciampi, Dini e Andreotti.

Costo annuo: circa 200mila euro l’anno (ma dalla prossima legislatura anche questo verrà tagliato). Camera e Senato hanno tagliato i comfort degli ex presidenti, ma non da subito… Occhio che il brigante Barbato è sempre armato di lupara e telecamerina nascosta. Paolo Bracalini, Il Giornale, 2 aprile 2012

CARA ELSA MONTI, LASCIATELO DIRE: MONTI NON ERA UOMO DA SPOSARE

Pubblicato il 29 marzo, 2012 in Costume | No Comments »

Selvaggia Cara Elsa Monti, lasciatelo dire: Mario non era un uomo da sposare

Primo avvertimento. Se avete acquistato «Chi» per leggere l’intervista che Elsa Monti, moglie del premier, ha rilasciato ad Alfonso Signorini questa settimana, non vi fate ingannare dal rigido tailleur indossato dalla signora e dal maglioncino colorato indossato dall’intervistatore: la first lady è lei, non Signorini. Secondo avvertimento. Dopo la lettura potrebbero venirvi due sospetti: il primo è che questa donna fa una vita al cui confronto quella di un’addetta ai timbri alla dogana croata, prevede qualche momento di svago in più. Il secondo, più allarmante, è che se l’intenzione era quella di affidarci a un tecnico, ci siamo messi nelle mani sbagliate.  Le indiscrezioni della signora Monti sui cinquant’anni trascorsi assieme al suo Mario infatti, mi hanno lasciata più perplessa che le spiegazioni di Emilio Fede sulla valigetta portata in Svizzera. E il ritratto che vien fuori del nostro premier non è poi così edificante. Roba che se è vero che dietro a un grande uomo c’è una grande donna, dietro a Mario Monti c’è una donna il cui processo di beatificazione andrebbe avviato entro  le sei di domani mattina.

Tanto per cominciare, Signorini racconta che l’appartamento privato del premier a Palazzo Chigi conta in tutto cinque stanze: salotto, studio, sala da pranzo, camera da letto e cucina. Il bagno non viene citato, per cui il dubbio è che la signora lo abbia in comune in corridoio col portiere dello stabile. Ma questi sono particolari. Perchè la parte più inquietante riguarda il marito, definito da lei stessa «un uomo con poco spirito pratico che ha imparato a sostituire le lampadine un poco alla volta». Cioè, ci governa un uomo che se si fulmina l’abat-jour sul comodino legge facendosi luce col display del cellulare, e pretendiamo che risolva il corto circuito dell’economia italiana.

Ma fin qui. Signorini le chiede poi se lo stare accanto a suo marito le sia costato qualche sacrificio e la signora Elsa ribatte: «Ho avuto una vita molto piacevole. Beh, forse piacevole è esagerato. Interessante». Interessante. Che sostanzialmente è la stessa risposta che si dà alla domanda «Ma il tipo che mi devi presentare è figo?» per omettere l’amara realtà: è una ciofeca da rodeo. Del resto, di esaltante nella vita con quest’uomo, ci deve essere  stato ben poco, visto che la povera Elsa racconta pure che la domanda di matrimonio l’ha fatta lei a lui. Sostanzialmente, quando Santa Elsa da Palazzo Chigi ha capito che Mario suo c’avrebbe impiegato tre settimane a finire la Bocconi comprese sei specializzazione e tre master all’estero ma ci avrebbe messo sedici anni a chiederla in moglie, è andata a ordinare le bomboniere.

Poi passa a descrivere la sua vita a Palazzo Chigi. «È come stare in un albergo senza la chiave della stanza, dopo una cert’ora qui non c’è più nessuno e mio marito rientra la sera verso le undici», dice.  Una descrizione talmente lugubre, che verrebbe da chiederle se ogni tanto vede anche due gemelline in abito azzurro in corridoio e se Mario, quando litiga coi sindacati,  torni a casa brandendo un’ascia. Sull’argomento figli la faccenda si fa interessante: «Si è appassionato ai figli tardi, finchè non c’è stato tra loro lo scambio intellettuale, non è stato un padre così presente».

In pratica, mamma Elsa c’era quando i bambini dicevano pappa, popò, pipì. Papà Mario gli ha fatto la prima carezza quando il maschio ha pronunciato per la prima volta la parola «Schopenhauer» e la femmina «scacco esistenziale». Infine, Signorini la interroga su svaghi e tempo libero. Il premier, secondo santa Elsa da Palazzo Chigi, non vede tv, restituisce i regali troppo costosi, si fa comprare le cravatte dalla moglie in aeroporto o, addirittura, ricicla quelle di Berlusconi. Insomma, un menage familiare che al confronto casa Prodi è il Carnevale di Rio.  Lasciatemelo dire: a dicembre, quella che ha pianto, mi sa che era l’Elsa sbagliata. di Selvaggia Lucarelli, Libero, 29 marzo 2012
.………………..Ritratto assolutamentre corrispondente alla fisinomia dell’uomo.

NONNI AL GOVERNO, MA NON IN FARMACIA, di Vittorio Feltri

Pubblicato il 26 marzo, 2012 in Costume, Economia, Politica | No Comments »

A volte nelle redazioni dei giornali arrivano notizie talmente assurde da essere scartate per manifesta infondatezza. Un paio di giorni fa, per esempio, abbiamo appreso che il governo ha approvato una norma secondo la quale il proprietario di una farmacia privata, compiuti i 65 anni di età, deve cedere il bastone – la responsabilità della conduzione e della gestione – a un collega meno anziano, che assuma la qualifica e lo stipendio di direttore.

Il titolare da quel momento non è più padrone in casa sua, lo obbligano a rassegnarsi al ruolo marginale di aiutante, viene espropriato della propria professionalità. Confessiamo di non avere creduto ai nostri occhi, e non abbiamo pubblicato una sola riga perché eravamo persuasi fosse una bufala o, per dirla alla romana, una sòla . Ci sembrava impossibile che il governo avesse approvato una legge tanto cretina. E invece, cari lettori, dobbiamo fare ammenda: è vero, trattasi di legge cretina, ma è altrettanto vero che è entrata in vigore. Immaginiamo il vostro stupore: è anche il nostro.

Si dà il caso che i professori abbiano riformato in fretta e furia il sistema pensionistico, imponendo ai lavoratori italiani di ritirarsi in quiescenza a 67 anni, per ora, poi a 70, ma- per motivi oscuri, forse razzistici- con una stravagante deroga: i proprietari di farmacia a 65 anni sono costretti a farsi da parte. Perché? Perché sì. Lo hanno deciso i bocconiani in un momento di malessere (mentale?). Diciamo questo giacché vogliamo concedere loro un’attenuante: può succedere, quando si è affaticati, di pensare un’idiozia e di realizzarla.Poco male. Basta riparare al volo.

Il provvedimento in questione non solo è insensato, quindi illogico, ma segna una svolta pericolosa nelle professioni di qualsiasi tipo. Se si afferma il principio che uno a 65 anni è rincoglionito e non in grado di vendere le supposte, ci domandiamo perché un uomo e una donna di quell’età possano, viceversa, fare il presidente del Consiglio dei ministri. In altri termini: se il titolare sessantacinquenne di farmacia è considerato inabile a comandare nel proprio negozio, per la medesima ragione (di presunto rincoglionimento) Mario Monti, 69 anni, va considerato inabile a svolgere i compiti del premier, per cui faccia la cortesia di togliersi dai piedi e di nominare un sostituto più giovane di lui che offra garanzie di maggiore equilibrio.

È una bestemmia? Nossignori. Poiché tutti i cittadini italiani sono uguali davanti alla legge, non si capisce perché un premier debba essere più uguale di un farmacista. Evidentemente l’esecutivo ha commesso un errore, causa distrazione, vogliamo pensare, altrimenti si richiederebbe l’intervento immediato non diciamo dei carabinieri, ma almeno degli infermieri. Tra l’altro… Tra l’altro (scusate,ma ci viene da ridere) abbiamo un presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che i 65 anni li ha superati da oltre un ventennio, eppure è capo dello Stato.

Monti non ci vorrà mica convincere che sia più difficile mandare avanti una farmacia che non il Quirinale? E che sia un lavoro più delicatosmerciarecompresseesciroppi che non quello di guidare il Paese? L’Italia, poi, è notoriamente una gerontocrazia: i chirurghi a 80 anni hanno facoltà di operare, gli avvocati di difendere, gli architetti e gli ingegneri di progettare, i consigli di amministrazione di banche e grandi aziende sono pieni zeppi di nonni e bisnonni, in ogni settore sono i vecchi a menare il torrone (suscitando l’invidia e il risentimento dei giovani) ma chissà perché in farmacia – quand’anche sia tua – non hai il diritto di esercitare il mestiere se sei entrato nel sessantaseiesimo anno di vita.

Che obbrobrio di legge è mai questa? Cancellatela in fretta o saremo autorizzati a spernacchiarvi da qui all’eternità. Vittorio Feltri, Il Giornale, 26 marzo 2012

………….Pare che la ministro Fornero dopo aver letto l’articolo di Feltri abbia dichiarato che la norma  dei farmacisti 65enni fuori dai banconi deve restare così com’è perchè ne va di mezzo il prestigio dei professori che anche quando fanno cazzate devono avere   ragione. E poi dicono che quello che aveva sempre ragione era Mussolini. Mica vero. Ora ci sono loro, i professori (anche a farci rimpiangere il bel tempo andato, quando  si stava meglio anche se si stava peggio). g.

E’NATO IL PRINCIPATO DI FILETTINO, CON PARLAMENTO, GOVERNO E PREMIER: FINALMENTE UNA BUONA NOTIZIA!

Pubblicato il 11 marzo, 2012 in Costume, Cronaca, Politica | No Comments »

Il regista Pasquale Squitieri con la moglie Claudia Cardinale
FILETTINO (FROSINONE) – Con il giuramento di dieci ministri, da ieri sera e’ operativo il governo del Principato di Filettino, nel Frusinate. A guidarlo, nel ruolo di premier, sara’ il regista cinematografico Pasquale Squitieri, scelto dal principe reggente Carlo Taormina a capo dell’ esecutivo della nuova istituzione del paese montano in provincia di Frosinone. Con il giuramento dei ministri, il Principato di Filettino si appresta ad intraprendere le prime azioni di governo. La struttura organizzativa del Principato, dopo l’elezione del Parlamento con trenta deputati, è stata completata. I ministri cominceranno subito loro attivita’ e gia’ nei prossimi giorni verra’ convocata la prima seduta del consiglio dei ministri, che sara’ chiamato a varare i primi importanti provvedimenti.Oltre al premier Pasquale Squitieri, hanno giurato davanti al principe reggente Carlo Taormina (che conserva l’interim al Lavoro) nove ministri: Carlo Monti che va agli Esteri al posto del segretario generale del Consiglio regionale del Lazio Nazzareno Cecinelli; Maria Rosaria Galella, ministro della Giustizia; Carlo Bonzano ministro dell’Interno; Davide Della Morte ministro della Sanità (all’ultimo momento ha rinunciato il prof. Augusto Mosca dell’equipe medica del Vaticano); Roberto Cocco, ministro dei Lavori Pubblici; Vincenzo Giannotti, ministro delle Finanze; Francesca Pontesilli, ministro dei Diritti della Persona e delle Pari Opportunita’; Laura Iona, ministro della Cultura; Guglielmo Cialone, ministro dello Sviluppo con delega ai trasporti. Restano da nominare i ministri del Turismo e dell’Ambiente. ”Nei prossimi giorni saro’ a Filettino – ha detto il premier Pasquale Squitieri – e mi mettero’ subito al lavoro. Prendo molto seriamente questo mio incarico”. Secondo Taormina la nascita del Principato di Filettino ”e’ la risposta all’abbandono dei territori e al degrado della politica”.

”Sono felice di essere stato chiamato a guidare il governo del Principato di Filettino. E’ un governo che intende restituire ai cittadini di Filettino il loro diritto alla proprieta’ del territorio”. Lo ha detto all’ANSA il regista cinematografico Pasquale Squitieri, da ieri sera presidente del Consiglio dei ministri del Principato di Filettino, il piccolo paese in provincia di Frosinone che si sta trasformando in Principato su progetto lanciato la scorsa estate dal sindaco Luca Sellari. ”Il nostro obiettivo – ha aggiunto Squitieri- e’ di portare Filettino nel mondo facendone un centro positivo sul piano economico, culturale e sociale. Penso, ad esempio, anche all’ organizzazione di un importante rassegna di cinema. In un momento cosi’ difficile per il nostro Paese l’iniziativa partita da Filettino e’ giusta e deve far riflettere. Ora il problema e’ lavorare e progettare e su questo ci sara’ il massimo impegno da parte del governo che sono stato chiamato a presiedere dal mio amico principe, Carlo Taormina. Prendo molto seriamente questo mio incarico – ha concluso Squitieri- e gia’ nei prossimi giorni saro’ a Filettino per iniziare il mio lavoro”. Fonte ANSA, 11 marzo 2012

………….Filettino è un paese in provincia di Frosinone, nei pressi degli Altipiani di Arcinazzo che diedero i natali a Rodolfo Graziani, maresciallo d’Italia, comandante delle Forze Armate della RSI, processato per alto tradimento dopo la guerra e assolto perchè aveva agito per alti valori sociali e morali. A Filettino ad opera dell’ex deputato e noto penalista Carlo Taormina è stato istituito il Principato di Filettino, con tanto di Parlamento, governo e premier che nella fattispecie è il noto regista cinematografico Pasquale Squitieri, anche lui ex parlamentare della Repubblica, che rappresentò al Senato dove lo volle Pinuccio Tatarella che di Squitieri e della sua compagna, Claudia Cardinale, era grande amico.  Tra tante notizie cattive, questa è finalmente una buona notizia, quanto meno è una notizia allegra, di quelle che mettono di buon umore e che confermano che sognare si può, almeno  sino a quando qualche pubblico ministero kafkiano non ipotizzerà  il sogno come reato di concorso esterno in appropriazione indebita della speranza. Che come è noto è l’ultima cosa a morire , della specie ritorniamo al passato quando l’Italia, non ancora una e indivisibile ad opera dei rompi…..ni  dei risorgimentisti,era si divisa ma con tanta o almeno tante monete e tanti principati. g.

P.S. Questa gioiosa notizia che apre il cuore alle speranza ci consente di evitare di occuparci delle altre di notizie, e almeno per un giorno fare finta che gli Alfano, i Bersani, i Casini e sopratutto i Monti e i Napolitano esistono (magari!) solo nella nostra fantasia. g.

LE RONDINI HANNO DATO L’ULTIMO ADDIO A LUCIO DALLA

Pubblicato il 4 marzo, 2012 in Costume, Cronaca | No Comments »

Sono state Le Rondini, uno dei brani più belli sgorgati dalla grande vena poetico-musicale di Lucio Dalla a dargli l’ultimo addio, a Bologna,  nella Piazza Grande inondata di sole e di gente, che ha partecipato alle esequie dell’indimenticabile cantautore. Queste le parole de Le Rondini che si sono innalzate nella Cattedrale di San Petronio, al termine della funzione religiosa.

Vorrei entrare dentro i fili di una radio

E volare sopra i tetti delle città

Incontrare le espressioni dialettali

Mescolarmi con l’odore del caffè

Fermarmi sul naso dei vecchi mentre Leggono i giornali

E con la polvere dei sogni volare e volare

Al fresco delle stelle, anche più in là

Vorrei girare il cielo come le rondini

E ogni tanto fermarmi qua e là

Aver il nido sotto i tetti al fresco dei portici

E come loro quando è la sera chiudere gli occhi con semplicità.

Vorrei seguire ogni battito del mio cuore

Per capire cosa succede dentro

e cos’è che lo muove

Da dove viene ogni tanto questo strano dolore

Vorrei capire insomma che cos’è l’amore

Dov’è che si prende, dov’è che si dà