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LA CASA DI TULLIANI:BAGARRE ALLA CAMERA

Pubblicato il 4 febbraio, 2011 in Cronaca, Giustizia, Politica | No Comments »

Sulla vicenda Montecarlo «deve essere più preoccupato Frattini di Fini». Era chiaro che sarebbe finita così: per Italo Bocchino, per Futuro e Libertà, tutto ciò che dovrebbe restare dello scandalo della casa di boulevard Princesse Charlotte ereditata da An e finita nelle mani del cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani, non sono le responsabilità giuridiche o quanto meno politiche del presidente della Camera, ma quelle del ministro degli Esteri che ha cercato di far luce sulla vicenda. Un rovesciamento acrobatico della realtà che Bocchino – oplà – ha esibito in un’intervista a Repubblica, assieme a un tono vagamente minaccioso: «I documenti di Santa Lucia sulla casa di Montecarlo Frattini li ha ottenuti in maniera non ufficiale, usando degli intermediari che sveleremo al momento opportuno». L’argomento ieri ha tenuto banco in una seduta calda alla Camera, dove i futuristi hanno presentato un’interpellanza e il Pdl ha replicato con una contro-interpellanza per difendere Frattini da «attacchi politicamente inaccettabili».
Il clou della seduta è stata la risposta dello stesso Frattini, che sulla vicenda è indagato. Il ministro ha ricordato che fu Carmelo Briguglio di Fli a «chiamare in causa esplicitamente e formalmente» la Farnesina nella vicenda, chiedendo «chiarimenti» sulle carte prodotte dal governo di Santa Lucia e ha spiegato di essersi mosso con il governo caraibico «per fugare, anche sul fronte internazionale, ogni dubbio suscitato da false ricostruzioni sulla manipolazione del documento». Frattini ha ricordato che a New York, in occasione dell’assemblea generale dell’Onu, preavvertì il primo ministro di Santa Lucia che avrebbe scritto «per chiedere la conferma dell’autenticità del documento contestato». Risposta giunta il 28 dicembre a confermare «l’autenticità del documento». Frattini ha confermato di «aver inviato la lettera e la documentazione alla procura» come atto «di corretta collaborazione tra istituzione e non come notizia di reato». Frattini in aula ha anche parlato del caso Ruby, rivelando che «come confermato dai servizi di sicurezza e dalla rete diplomatica, non vi sono ipotesi circa una presunta ricattabilità del premier Berlusconi, né notizie di tentativi di forme di pressione da parte di potenze straniere o di organizzazioni criminali».
Tornando al caso Montecarlo, le parole di Frattini secondo Bocchino valgono come auto-accusa: «Frattini si è detto reo confesso, come complice di un’azione di dossieraggio». Sarcastica la replica di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl: «L’insuccesso vi ha dato alla testa, cari signori di Fli…»
……………..L’on. Bocchino, bombardiere politico di Fini, continua a non perdere occasione per rivolgere insulti e minacce agli uomini del PDL. E di certo ha ragione Capezzone quando osserva, giustamente sarfcastico, che quella dfi Bocchino e compagni è evidentemente la conseguenza dei tanti insuccessi che hanno collezionato negli ultimi mesi nella guerra santa contro Berlusconi. Anche questa contro Frattini alla fine risulterà una pistola scarica, specie dopo che Frattini ha ricordato all’immemore Bocchino, che fu l’altro pasaradan finiano, Briguglio a sollecitare il Minstero degli Esteri a fare chiarezza sulla lettera del paese caraibico. Ebbene, ora che luce è stata fatta, che vogliono i finiani e lo stesso Fini che li manda avanti come facevano gli ufficiali con i fanti che uscivano dalle trincee sotto il fuco nemico….A proposito di Fini, ultimamente si sofferma sempre più spesso sui giovani e sui doveri che lo Stato ha nei loro confronti e l’obbligo di assicurare loro un avvenire. Ovviamente, come tanti, Fini si limita a fare diagnosi ma mai che indichi una terapia o una soluzione al problema che esiste e che è destinato ad aggravarsi se chi siede in Parlamento, e come lui sullo scranno più alto, passa il tempo ad ordine congiure e assalti al governo che dovendosi difendere talvolta si distrae dagli affari urgenti per non soccombere dinanzi ai guardoni di stato.  Eppure proprio Fini dovrebbe conoscere le soluzioni, visto che in famiglia cìè un baldo giovane che pare abbia risolto il problema della soppravvivenza. Ci riferiamo al giovane cognato, il noto Giancarlo, che vive a Montecarlo, gira in Ferrari, siede nei ristoranti esclusivi di Montecarlo. Per fare tutto ciò deve disporre di un sostanzioso reddito. Ci piacerebbe sapere da dove attinge e a quanto ammonta tale reddito, considerato che per vivere a Montecarlo non basta lo stipendio da impiegato o similari. E poichè è assai difficile che le domande si rivolgere al cognato che da mesi è irreperibnile, basterebbe che a rispondere sia lo stesso Fini che di certo, vivendo in casa dei genitori del cognato, qualche cosa dovrebbe pur saperla. E se non lo sa, evidentemente si conferma, come per la casa di Montecarlo, che Tulliani cntinui  aprednerlo per il naso. Poco edificante per chi tutti i giorni sale in cattedra e vorrebbe dare lezioni di via, di stile, di morale, di legalità e per di più si candida alla guida del Paese, magari “dove il Paese vorrà“. Ecco, il Paese non lo vuole da nessuna perte, al più a fare il cognato del cognato. g.

L’ARTICOLO DEL GIORNALE SULLA PM BOCCASSINI: ANCHE IL CONSIGLEIRE DEL CSM BRIGANDI’ DENUNCIA PERQUISIZIONI CORPORALI.

Pubblicato il 3 febbraio, 2011 in Costume, Cronaca, Giustizia | No Comments »

Strumenti utili

Perquisita la notte scorsa anche le abitazioni di Matteo Brigandì, consigliere laico del Csm, sospettato di aver passato a Anna Maria Greco i documenti riservati su Ilda Boccassini. Gli inquirenti sono in attesa di ottenere la documentazione sui possibili contatti telefonici o via computer con ilGiornale. All’ex parlamentare della Lega, intanto, è stato sequestrato il computer, ma questa mattina i carabinieri “sono tornati a casa mia a Torino e hanno fatto anche una perquisizione corporale”. Brigandì ha ricevuto anche un avviso di garanzia, ma si è detto tranquillo: “Non ho nulla da cui difendermi perchè non sono imputato, ma indagato”. Il consigliere non ha risposto alle domande su sue eventuali dimissioni.

La vicepresidente del gruppo Pdl alla Camera, Jole Santelli, ha intanto commentato: “Ancora una perquisizione a Matteo Brigandì? Quanto zelo da parte dei pm! Vorrei che qualcuno ricordasse che mai sia avvenuta in italia un’indagine così pervasiva ed aggressiva per una fuga di notizie. La morale da trarre è chiara: le notizie che possono uscire sono solo quelle che le procure gradiscono, i giornalisti e i giornali che possono scrivere solo quelli di complemento all’opposizione ed alla magistraturA.

Intanto, la giornalista del Giornale Annamaria GRECO in polemica con la Procura di Roma ha confermato di essere stata costretta a toglersi anche la biancheri intima dalla carabiniera, invero “gentile” nel bagno di casa. E scoppiano ulterori polemiche per una perquisizione che sa di santa inquisizione o richiama alla mente i Paesi dove regna sovrano il reigme di polizia. Ovviamente quando ad essere oggetto di presunte violazioni della privacy sono i magistrati e non i comuni cittadini. Questi ultimi, come insegna anche il caso Ruby, possono essere tranquillamente sputtanati senza essere stati nè processati nè condannati.

LA PERQUISIZIONE AL GIORNALE: “STATO DI POLIZIA, CENSURA”. ANCHE IL PD S’INDIGNA

Pubblicato il 1 febbraio, 2011 in Costume, Cronaca, Giustizia | No Comments »

Dure le reazioni della politica alle perquisizioni ordinate dai pm romani nella redazione romana del nostro quotidiano e nell’abitazione privata della nostra giornalista . Indignazione anche da sinistra. Severe critiche da Merlo (Pd) e Giulietti (Articolo 21). Nucara parla di “stato di polizia”. L’ordine dei giornalisti del Lazio: “Un provvedimento che sa di censura

Per una volta si indignano anche a sinistra per la perquisizione a casa e in redazione della cronista del Giornale, Anna Maria Greco. “È una strana perquisizione quella avvenuta nella sede del Giornale. Del resto, le perquisizioni nelle sedi dei giornali sono sempre inquietanti e preoccupanti, qualunque giornale sia. Ma nello scontro sempre più violento e radicale tra la politica e la magistratura, non credo che debbano pagarne le conseguenze anche i giornalisti. Comunque, le perquisizioni nelle redazioni dei giornali sono sempre una brutta pagina per la democrazia e per la libertà di in formazione” dice Giorgio Merlo, Pd, vice presidente Commissione Vigilanza Rai. Dalla stessa parte anche Giuseppe Giulietti, di Artciolo 21: “Le perquisizioni nella sede dei giornali non ci piacciono mai e dunque non ci piacciono neppure quelle nella sede de il Giornale. Allo stesso modo tuttavia non ci piace né il metodo Boffo né quello Bocassini e tanto un meno un conflitto di interessi che diventa manganello da sbattere sulla testa di chi non piace al presidente del consiglio editore. Forse le perquisizioni, per essere efficaci, dovrebbero svolgersi in altri palazzi e non in redazione”.

Cicchitto attacca “Ho già avuto modo di dire che sono contrario a ogni speculazione sulla vita privata, sia che investa con centinaia di intercettazioni Berlusconi, sia che riguardi rivelazioni su episodi personali riguardanti la Boccassini” dice Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl. “Detto questo, però, il meccanismo investigativo che oggi colpisce così duramente il Giornale, in quanto tale, e la giornalista Anna Maria Greco è del tutto inaccettabile e gravissimo, poiché rappresenta un autentico attentato alla libertà di stampa che deriva chiaramente dalla logica aberrante dei due pesi e delle due misure. In passato, infatti, di fronte a plateali violazioni del segreto istruttorio non c’è stato (salvo rare eccezioni) alcun intervento della magistratura. Del tutto inusitato, al limite dell’incredibile, è il trattamento riservato ad un membro del Csm, che non credo abbia precedenti nella storia della Repubblica. Più in generale, è ancor più incredibile il ben diverso trattamento riservato da un lato al Giornale e dall’altro alle testate di opposta collocazione politica”.

Nucara parla di stato di polizia “Si perquisiscono le abitazioni dei giornalisti. Si intercettano i cittadini e si inibiscono i politici. Le libertà non contano nulla. Siamo a un passo dallo stato di polizia” dichiara il segretario del Pri, Francesco Nucara, commentando la perquisizione dell’abitazione della nostra Greco e della redazione de Il Giornale. Nucara esprime inoltre “piena solidarietà” alla Greco.

L’ordine parla di censura “La perquisizione nella sede di un giornale lascia sempre l’amaro in bocca perché sa di censura, di limitazione al diritto di cronaca”. Così Bruno Tucci, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Roma commenta il fatto del giorno. “Un’altra perquisizione nella sede di un quotidiano. Non è la prima, né purtroppo, sarà l’ultima. Stavolta ne ha fatto le spese il Giornale, ‘reo’ di aver pubblicato una notizia che aveva un suo fondamento di verità. Dov’è il peccato? – chiede Tucci – Dove la scorrettezza? Quale tipo di reato hanno commesso i colleghi?. Qui non è in gioco né la destra, né la sinistra. Né la maggioranza o l’opposizione – conclude -. È in gioco la libertà di stampa che in un paese civile e democratico non può mai essere messa in dubbio”.

I senatori del Pdl La notizia della perquisizione nell’abitazione della cronista del Giornale e nella redazione del nostro quotidiano dopo la pubblicazione di documenti riguardanti il pm di Milano, Ilda Boccassini, ha suscitato un coro di proteste dei senatori del Pdl. “Un’iniziativa scandalosa. Le perquisizioni al Giornale della procura di Roma per aver pubblicato un articolo sugli amori boccacceschi della dottoressa Boccassini dimostrano ancora una volta l’atteggiamento vessatorio di una certa magistratura” protesta il senatore Achille Totaro mentre il vicecapogruppo Francesco Casoli parla di “intimidazioni degne della peggior dittatura comunista” nei confronti dei cronisti del Giornale invocando analoghe azioni della magistratura verso “quei giornalisti di testate di sinistra, perennemente impuniti, che passano regolarmente notizie e fango su indagini su Berlusconi”. Secondo il senatore Cosimo Izzo, “è partita la caccia contro chi si oppone al potere delle procure rosse” e “le perquisizioni sono una chiara intimidazione alla libertà di stampa e al diritto di cronaca. Mentre dalle pagine dei giornali di sinistra – sostiene Izzo – è consentito rovesciare vagonate di fango sul presidente Berlusconi in spregio a qualsiasi segreto istruttorio, il Giornale viene violato per aver scritto di una vicenda vecchia e datata”. “Chi tocca la magistratura di sinistra muore” sostiene la senatrice Laura Bianconi che si chiede “come mai questo stesso rigore non sia stato utilizzato per altri giornali, come la Repubblica, il Fatto o l’Espresso che per settimane hanno pubblicato notizie coperte dal segreto istruttorio”.

……………Il presidente Napolitano che pare stia soffrendo per lo scontro sempre più eclatante tra le istituzioni,  perchè non interviene per fermare l’azione devastatrice di certa magistratura che è invasiva e perniciosa delle altrui lenzuola e quando si tratta delle proprie innalza la baionetta? Tra l’altro, presso il CSM i carabinieri per ordine della Procura di Roma hanno apposto i sigilli agli uffici del consigliere del CSM leghista Brigandi accusato di essere stato la talpa che avrebbe passato alla giornalista del Giornale le notizie sullla azione disciplinare cui fu sottoposta 30 anni fa la PM Ilde Boccassini. E ove pure così fosse, neanche un segreto atomico rimane tale dopo 30 anni. Del resto, perchè  sappiamo tutto di tutti ma non possiamo sapere della Boccassini e dei suoi amori giornalistici? g.

CASO RUBY: IL COLLOQUIO IMMAGINARIO TRA LA PM BOCCASSINI E BERLUSCONI, di Vittorio Sgarbi

Pubblicato il 1 febbraio, 2011 in Costume, Cronaca, Giustizia | No Comments »

“Le nostre coordinate sono la le­galità, l’obbligatorietà dell’azio­ne penale e l’uguaglianza dei cit­tadini di fronte alla legge in un quadro di Stato di diritto”. Sono parole del procuratore generale di Milano Manlio Minale. Pren­diamole per buone. E valutiamo le circostanze. Il reato di cui deve rispondere il presidente del Consiglio, e lui solo, è prostituzione con una minorenne.

Alcune intercettazioni, vaghe, affiancate ad altre relative a un clima di disponibilità sessuale di alcune maggiorenni, potrebbero dare consistenza a questa ipotesi di reato. Ma è evidente a tutti, con riferimento al principio di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge proclamato da Minale, che Silvio Berlusconi non è l’unico maggiorenne che avrebbe potuto avere rapporti sessuali con Ruby. Alcune esplicite telefonate fanno riferimento a «clienti» e a pagamenti per prestazioni.

Dunque vi sono altri attori di questo reato e altri, numerosi, indagabili. Vi risulta che sia stata aperta un’inchiesta, in nome della conclamata «obbligatorietà dell’azione penale»? Eppure non sarà impossibile, e neanche difficile, attraverso utenze telefoniche e testimonianze, risalire ad altri «clienti» della minorenne, ovvero ad altri supposti criminali. Qualcuno dirà: ma il presidente del Consiglio ha telefonato in questura per aiutarla, scoprendo il suo interesse. Peggio, osserveremmo gli altri che l’hanno usata senza aiutarla. Infatti Ruby non solo non ha denunciato Berlusconi, ma lo ha liberamente e spontaneamente assimilato alla Caritas, intendendo che le aveva fatto soltanto del bene. Se, quindi, da una parte lui nega d’aver avuto rapporti; dall’altra lei lo riconosce come benefattore, dov’è il reato?

O dovremo pensare che se suor Rita Giarretta e le suore Orsoline del Santo Cuore di Maria, che gridano contro Erode, aiutano e assistono una giovane, che si mostra loro riconoscente, possono rischiare di essere indagate dalla Boccassini? Allo stato,l’apparente paradosso vede una vittima che non si sente tale, e per difendere la quale si apre un’inchiesta. Ma non è giustizia, converrà Minale, quella che fa pagare a uno, scelto per avversione politica, le colpe di molti, evidenti, dimostrabili e protetti dall’azione penale per una evidente ipotesi di corruzione, o di omissione di atti di ufficio della magistratura inquirente. In termini tecnici quella che si impone a Silvio Berlusconi non è una azione giudiziaria, da cui altri sono miracolosamente preservati (pur essendo i loro nomi certamente registrati e identificabili nei tabulati telefonici), ma una ordalia.

Si chiede a Berlusconi di dimostrare che ha fatto quello che non ha fatto, in una prova del fuoco, «per un giudizio di Dio» che vede e sa ciò che gli uomini non vedono e non sanno. Nell’ordalia milanese (e quindi di discendenza longobarda) l’innocenza o la colpevolezza dell’accusato vengono stabilite sottoponendolo a una prova dolorosa o a un duello. È esattamente quello che sta accadendo con lo sputtanamento mediatico e la continua esortazione a presentarsi ai giudici per farsi processare in un duello senza esclusione di colpi e con vergognose intercettazioni di conversazioni private e di sfoghi di ragazze Somma iniuria .

È questo il passaggio ritenuto obbligatorio per mostrare il rispetto delle regole, requisito necessario per un uomo di Stato. Così dichiara, per esempio, il liberto berlusconiano Pisanu, e però lui, come altri, sembra dimenticare un principio cardine della Costituzione e l’indipendenza e l’autonomia dei poteri. E come può essere garantita, perduta l’immunità parlamentare, quando un potere, arbitrariamente decide di prevalere e di incriminare? Dico arbitrariamente perché l’inchiesta si apre su uno e non su altri possibili responsabili dello stesso reato, facendogli scontare la differenza: incrimino te, in quanto presidente del Consiglio, gli altri non mi interessano. Evidente discriminazione. Evidente abuso, evidente violazione dell’autonomia del potere esecutivo.

Cosa vuol dire: «Berlusconi chiarisca la sua posizione davanti ai magistrati ». Quale posizione? Quella è già chiarita, da una parte e dall’altra, con inequivocabili testimonianze. Non si vuole che Berlusconi chiarisca, si vuole da lui un atto di sottomissione. Da lui, come presidente del Consiglio, chiamato davanti a un tribunale supremo, in evidente contrasto con l’autonomia dei poteri prevista dalla Costituzione. Non importa quello che Berlusconi dirà. Si pretende che, in nome del popolo italiano, egli si presenti. Lo si vuole spogliare della sua dignità politica di presidente del Consiglio e di deputato per ridurlo a imputato, meno uguale degli altri che imputati non sono e non sono stati.

La loro «posizione» non interessa. La magistratura vuole avere il dominio del campo, giocare in casa. Il rito ben conosciuto da Berlusconi che lo ha applicato nei rapporti con gli alleati, invitandoli a discutere e a trattare sempre a casa sua. Per il «dominio del campo» appunto. Tutti sono andati a casa sua, Casini, Fini, Bossi, Dini, Mastella e anche Martinazzoli, Segni. In sedi parallele e alternative a Palazzo Chigi (Arcore, Palazzo Grazioli), anche ministri e presidenti della Camera e del Senato; lui non è mai andato a casa loro. Conosciamo le dimore del presidente del Consiglio, non quelle dei suoi alleati ministri. Allo stesso modo i magistrati lo vogliono nel «loro» palazzo.

Per dargli ordini, per controllarlo in spazi definiti e conosciuti: «Imputato alzatevi!». E a quali domande dovrebbe rispondere o, persino, avvalersi della facoltà di non rispondere? Possiamo immaginare l’interrogatorio. Ilda Boccassini: «Declini le sue generalità ». L’imputato: «Silvio Berlusconi nato a Milano il 29 settembre 1936».
I.B : «Professione?». S.B : «Capo del governo». I.B : «Lei conosce detta Ruby? ». S.B : «Sì». I.B : «Le risulta che fosse minorenne al tempo del vostro primo incontro?». S.B : «No. Mi disse di avere 24 anni». I.B : «Ha fatto sesso con lei pagandola?». S.B : «No. Non l’ho toccata e aggiungo che era alta 15 centimetri più di me. L’ho ammirata danzare, come Salomé. Capisco le ragioni di Erode ma anche quelle del Battista». I.B : «Non avete mai avuto rapporti sessuali». S.B : «Mai». I.B : «Risultano però versamenti a suo favore. Come li giustifica?». S.B : «Sono regali, manifestazioni di generosità e di affetto. Come ai miei figli.D’altra parte, Ruby, come altre, potevano tranquillamente lavorare in trasmissioni televisive con regolare contratto, come alle “Pupe e i secchioni”e a “Uomini e donne” e, finite le registrazioni, venire con il loro agente a visitare il famoso e ammirato proprietario delle televisioni, come fa qualunque attrice con il produttore. Amicizia, divertimento, non sesso». I.B : «E perché telefonare alla questura per fare liberare Ruby?». S.B : «Per informarmi. Avendo il dubbio che fosse congiunta di Mubarak, mi preoccupai di impedire un possibile incidente diplomatico come quello occorso tra la Svizzera e la Libia dopo l’arresto a Ginevra del figlio di Gheddafi ». I.B : «Altro da dichiarare?». S.B : «Non ho capito di quale reato sono chiamato a rispondere». Questo, all’incirca è l’andamento dell’interrogatorio per offrire chiarimenti tanto cari a Pisanu. Difficile che possa venire fuori di più; e quello che Berlusconi potrebbe dire già lo sappiamo, ma dopo gli infiniti insulti, la mortificazione e l’umiliazione di ragazze che speravano, motivatamente, di poter lavorare in televisione, di avere trovato attenzione e protezione (senza essere in alcun modo prostitute, come sono state ingiustamente considerate), dopo le insostenibili oscenità di Giuseppe D’Avanzo, le ricostruzioni di serate di festa come orge, la demonizzazione del clima da discoteca senza particolari eccessi (abbiamo dimenticato la situazione nella quale fu trovato Lapo Elkann?), occorreva la sottomissione per manifesta condotta viziosa. Sono di Berlusconi ovviamente, gridando allo scandalo. In fondo c’è sempre qualcosa di sordido nel sesso. Ma non si discute quello di Mapplethorpe, Pasolini, Bacon, Withkin, Vendola. In questo caso riservatezza e rispetto della vita privata. D’altra parte si chiama privata. In un’altra intervista non immaginaria al membro del Csm e già procuratore della Repubblica di Venezia Vittorio Borraccetti abbiamo letto. D: «In questi anni l’abbiamo vista sempre impeccabile in giacca e cravatta nel suo ufficio. Com’è Borraccetti nella vita privata?». R: «Proprio perché è privata preferisco non parlarne. Solo una cosa le rivelo. Non amo molto le cravatte, preferisco le polo». Berlusconi in privato ascolta e fa ascoltare l’«Uccello di fuoco» anche alla sedicente nipote di Mubarak. La sua presenza gli ha incendiato la casa. È stata esplosiva. Oggi l’Egitto brucia.E supremo paradosso Mubarak salva Berlusconi. Fonte: Il Giornale, 1 febbraio 2011

PERQUISIZIONI AL GIORNALE:

Pubblicato il 1 febbraio, 2011 in Costume, Cronaca, Il territorio | No Comments »

A disporre le perquisizioni il pm di Roma Silvia Sereni. Il reato sarebbe abuso d’ufficio. Ma l’articolo pubblicato (leggi qui) conteneva solo sentenze pubbliche del Csm. Indagato per abuso d’ufficio il consigliere di Palazzo dei Marescialli Brigandì, che commenta: “Non ne so nulla”. Il direttore Sallusti: “La perquisizione non solo è un atto intimidatorio, ma una vera e propria aggressione alla persona e alla libertà di stampa”. Il Cdr denuncia: “Aggressione pervicace e violenta”. Pochi mesi fa le altre perquisizioni per l’affaire Marcegaglia

- L’irruzione dei carabinieri. La normalità sconvolta. La scena è quella abituale, la vittima ancora una giornalista de Il Giornale. Dalle 9 sono in corso alcune perquisizioni nell’abitazione romana della cronista Anna Maria Greco. A disporle il pubblico ministero Silvia Sereni e, a quanto risulta, il provvedimento è stato ordinato per la presunta violazione dell’articolo 323 del codice penale, quello relativo all’abuso d’ufficio. Sotto la lente della magistratura l’articolo pubblicato giovedì 27 gennaio “La doppia morale della Boccassini”. Un nuovo tentativo di mettere il bavaglio alla libertà di informazione e al Giornale in particolare dopo le perquisizioni di pochi mesi fa al direttore, Alessandro Sallusti, al vicedirettore, Nicola Porro, e alla redazione milanese del quotidiano per l’affaire Marcegaglia.

I carabinieri hanno fatto irruzione a casa della giornalista intorno alle 9: hanno sequestrato il computer di Anna Maria Greco e persino quello del figlio della cronista. Perquisizioni sono in corso anche negli uffici della redazione romana del Giornale.

“Per l’ennesima volta la casta dei magistrati mostra il suo volto violento e illiberale” è il primo commento del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti. “La perquisizione nell’abitazione privata della collega Anna Maria Greco, autrice dell’articolo che conteneva sentenze pubbliche del Csm, non solo è un atto intimidatorio, ma una vera e propria aggressione alla persona e alla libertà di stampa. Stupisce che soltanto le notizie non gradite ai magistrati inneschino una simile repressione quando i magistrati stessi diffondono a giornalisti amici e complici atti giudiziari coperti da segreto al solo scopo di infangare politici non graditi”.

Il Comitato di Redazione de Il Giornale  ha subito stigmatizzato “la pervicace e violenta aggressione della magistratura dispiegatasi, questa volta, attraverso le perquisizioni” nell’abitazione della collega Greco e nella redazione romana del quotidiano. “E’ un’intimidazione sia verso le libertà individuali indisponibili della nostra collega sia verso la libertà di stampa, anch’essa diritto costituzionalmente garantito – scrive il Comitato di redazione – si tratta di un attacco all’indipendenza di questo quotidiano che il Cdc non intende più tollerare”. Nell’esprimere la solidarietà e la vicinanza alla Greco, che non è indagata, e alla sua famiglia, “violate fin nella loro più profonda intimità solo per aver esercitato il diritto-dovere di informare i cittadini”, il Cdr denuncia “l’ennesima ingerenza nell’esercizio della nostra professione”. “E’ un atto intollerabile che deve far riflettere tutti, il mondo dell’informazione in particolare, sulla divisione dei ruoli e delle responsabilità“, conclude la nota del Cdr che condanna “con fermezza lo sfregio arbitrario delle garanzie costituzionali e non verrà meno alla tutela della dignità e della professionalità di tutto il corpo redazionale”.

“Non se ne può più″. Il segretario generale della Fnsi Franco Siddi denuncia duramente le perquisizioni di questa mattina: “Nello scontro politica-magistratura non possono essere chiamati a pagare i giornalisti se danno notizie, ancorch‚ su di esse e sulla loro valenza in termini di interesse pubblico, ciascuno possa avere opinioni diverse“. Siddi ha parlato di un’azione “assolutamente incomprensibile” e “pesantemente invasiva”.

Il consigliere laico del Csm, Matteo Brigandì (in quota Lega) è indagato dalla procura di Roma. Il fascicolo, affidato al pm Sereni e al procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, ha preso le mosse da una segnalazione ufficiale arrivata a piazzale Clodio trasmessa dallo stesso Consiglio superiore della magistratura. L’ipotesi di reato rubricata nel fascicolo è quella di abuso d’ufficio. Brigandì, secondo l’accusa, avrebbe passato documenti interni a Palazzo dei Marescialli alla giornalista che ha poi redatto l’articolo sul procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini. “Non ne so nulla, e quindi non ho niente da dire” così Brigandì risponde a chi gli chiede un commento. “Ovviamente non sono stato io – aveva detto la scorsa settimana dopo notizie di stampa che lo accusavano di aver chiesto lui il fascicolo al Csm – e se qualcuno sostiene questa cosa ne risponderà nelle sedi legali possibili. Ho chiesto al Csm una serie di documenti, compreso quel fascicolo, che ho letto per un quarto d’ora e poi ho restituito” aveva precisato Brigandì, che aveva anche annunciato di aver scritto una lettera al vice presidente Michele Vietti per chiedergli di “far luce” sulla vicenda.

………….Ecco la doppia morale e la doppia legge applicata dai magistrati italiani a tutela di se stessi. Quale grave colpa avrebbe commesso la giornalista e il giornale per essere oggetto di perquisizioni quasi fossero mafiosi e terroristi. Solo quella di aver rispolverato una vecchia stroia che riguardava  la PM milanese che si occupa del caso Ruby nell’ambito del quale sono stati intercettate e spiate decine di persone ree di frequenìtare la casa del premier.A  costoro, colpevoli o meno,  la  privacy è stata violentata e sputtanata a più non posso su tuti i giornali che hanno ricevuto copia delle intercettazioni prima ancora che fossero a disposizione della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Copione già visto si dirà, certo!, copione già visto,  forma squallida di malcostume che al di là del processo penale, se e quando si farà, per cui persone che secondo la Costituzione sono innocenti in  virtù del principio della presunzione di innocenza che è alla base della nostra ormai vecchia e superata civiltà del diritto, vengono letteralemente stuprate nella loro dignità e nella dignità delle loro famiglie che mai nessuno ripagherà quando dovesse essere acceertata, come spesso è accaduto nel passato, la innocenza o la estraneità. Ricordiamo un caso, La figlia di Alessandro Necci, ex capo delle Ferrovie italiane, finito nel tritacarne della giustizia, fu letteralemtne massacrata dai mass media che pubblicarono le  intercettazioni delle sue telefonate con Pacini Battaglia, altro ormai dimenticato protagonista di tangetepoli. Che c’entrava la figlia di Necci? Nulla, salvo che aveva una storia, del tutto normale anche perchè libera e maggiorenne, con Pacini. Chi ha mai pagato per quelle intercettazioni? Chi è stato chiamato alla sbarra per quelle inutili diffamazioni? Chi ha mai chiesto scusa a quella persona? Nessuno.  Non solo. Chissà perchè nel nostro paese nessuno sa chi abbia diffuso le intercettazioni ch essendo corpo di reato e sottoposte a segreto istruttorio sono affidate, formalmente, al magistrato inquirente. Eppure quando le intercettazioni escono, centinaia, talvolta migliaia di pagine, pare che la cosa avvenga per opera dello Spirito Santo e non di persone, fisiche, che, almeno in teoria, dovrebbero essere facilmente individuabili. Invece accade che la cosa non riguardi nessuno. Non  nel caso invece della giornalista de Il Giornale che ha osato, ecco, osato, pubblicare il resoconto di una azione disciplianre cui fu sottoposta la PM di Milano che si occupa di Ruby. Apriti cielo! Il CSM,  ha immediatamente segnalato la cosa alla Procura di Roma che essendo , come è noto,   priva di attività da svolgere, ha mandato i carabinieri in casa della giornalista de Il Giornale a perquisirle anche la biancheria intima e visto che c’era anche il pc del figlio, e poi li ha mandati a perquisire la sede romana del Giornale per trovare le “prove”. Di che? Della violata privacy del PM di Milano che non è uguale agli altri cittadini. E’ un gradino più su e mentre può rovistare fra le lenzuola di chi le pare, a nessuno è consentito di rovistare fra le sue. Questo è il regime. Il regime dei giudici. Poveri noi. g.

IN GALERA CHI TOGLIE LA SPAZZATURA DA NAPOLI

Pubblicato il 29 gennaio, 2011 in Cronaca, Economia, Giustizia | No Comments »

I rifiuti invadono le strade di Napoli I prossimi funzionari pubblici che saranno chiamati a occuparsi della spazzatura napoletana, come d’ogni altro disastro ambientale provocato dall’incuria degli amministratori locali e dagli interessi della criminalità organizzata, saranno fortemente tentati di rifiutare. In alternativa potrebbero chiedere, in via cautelare, una casa all’estero, un conto nei paradisi fiscali e un passaporto diplomatico, in modo da potere scappare nel caso qualche procura decidesse che la colpa del disastro non è di chi lo ha provocato, ma di chi ha tentato di porvi rimedio. Quando la protezione civile fu chiamata a Napoli, cosa si pensava che potesse fare? Credevano che facessero sparire la mondezza per incanto, disintegrandola fuori dall’atmosfera terrestre? Avevano a che fare con discariche chiuse, sotto sequestro della magistratura o sature. Se così non fosse stato non si sarebbe provocata alcuna emergenza, semmai un accumulo, da smaltirsi in fretta e, tutto sommato, in modo semplice. Il problema è strutturale, invece, perché non si sapeva dove metterla.

Gli uomini al servizio dello Stato, un prefetto e il personale della protezione civile, avranno anche sbagliato, ma se fossero stati disponibili luoghi e modalità per fare sparire il tutto, nel rispetto formale e sostanziale della norma, semplicemente si sarebbe dovuto mandare al manicomio quanti non avevano provveduto prima. Hanno agito, quindi, in condizioni d’emergenza. Ricordo una telefonata fra di loro, raccolta dagli inquirenti e prontamente passata ai giornali (è il rito post moderno della malagiustizia medioevale), nel corso del quale uno diceva all’altro che in una tale discarica c’era ancora posto, si poteva usarla. Peccato che, codicilli alla mano, era da considerarsi satura. E allora? dovevano mangiarsela? Decisero di procedere, come avrebbe fatto qualsiasi persona sensata. O, meglio, qualsiasi sconsiderato che crede di adempiere ad un dovere e non ha fatto i conti con l’irresponsabilità di massa. Difatti, ora sono al gabbio. Accusati di reati ambientali, hanno perso la libertà. Di taluni si dice con il «beneficio» degli arresti domiciliari, come se fosse una scelta di bontà e non una modulazione relativa alla pericolosità sociale.

E la minaccia, per la collettività, non sono quanti hanno seppellito Napoli sotto al pattume, ma quanti hanno provato a rimuoverlo. Arrestati, dunque. Pensavano di scappare all’estero? No, erano a casa. Possono inquinare le prove? A parte il triste umorismo, relativo all’inquinamento dell’inquinamento, se la procura ha raccolto le prove non c’è nulla da inquinare. Come, del resto? Mica possono cambiare le carte del depuratore. Possono reiterare il reato? Tanto per fare un esempio, la dottoressa Marta Di Gennaro è in pensione. Al massimo può reiterare buttando qualche cartaccia lontano dai cestini. Però sono detenuti, le loro foto si trovano sui giornali, il loro nome infamato, a qualche anno di distanza da un qualsiasi processo e a imperituro monito di quanti s’azzardino a fare il proprio dovere guardando al risultato anziché alla forma. Serva d’esempio per le forze dell’ordine, cui già s’è portato quello di carabinieri impegnati a perseguire la mafia e processati (poi, molto poi, assolti) per mafia. Quindi, la (im)morale di questa storia è: il burocrate faccia il burocrate, si trinceri dietro la mezza manica e se ne freghi delle conseguenze per gli altri, quel che conta, per lui, è solo il rispetto scrupoloso, maniacale e immobilista di tutte le norme e regolamenti. Si blocca tutto, ma la procura non verrà a svegliarti e ammanettarti. Davide Giacalone, Il Tempo, 29/01/201

MARINA BERLUSCONI DIFENDE IL PADRE: L’ORGOGLIO DI UNA FIGLIA PER LA QUALE LA DIGNITA’ VALE PIU’ DELLA DIPLOMAZIA

Pubblicato il 23 gennaio, 2011 in Costume, Cronaca | No Comments »

«Provo orrore». La sintassi è priva di fronzoli, scorticata da morbidi giri di parole. Ha l’urgenza di una che ha altre urgenze. Perciò poco importa se il commento di Marina Berlusconi (presidente di Fininvest e Mondadori) sulle esternazioni di Roberto Saviano (che in occasione della sua laurea honoris causa, ha osannato i giudici di Milano che stanno indagando sul Cavaliere) potranno far desistere lo stesso Saviano dal continuare la collaborazione con la casa editrice guidata dalla primogenita del premier.

Poco importa se Saviano ha guadagnato moltissimi soldi con il colosso di Segrate e il colosso di Segrate ha guadagnato molti soldi con Saviano. E poco importa persino che Marina Berlusconi sia l’unica italiana nella top-50 di «Forbes» (al dodicesimo posto) delle donne manager più potenti al mondo, piedistallo che di norma ci si guadagna (e si mantiene) con una buona dose di cinismo e di inclemente senso pratico.

A un certo punto, su tutto il resto, evidentemente vince la dignità di figlia. Perché Berlusconi, per quanto in questi giorni la cosa possa essere oggetto di facili ironie, ha una famiglia. E quando «arrivano i nemici», sono poche le persone sulle quali puoi contare per mettere «i carri in cerchio». Ieri Marina lo ha fatto. Con una frase priva di calcolo, di diplomazia, di convenienza. Era per suo padre «quell’orrore» verso Saviano. E come le è arrivato in gola, l’ha risputato fuori. A costo di inciampare, e di perdere un gradino, nella classifica di «Forbes».

E’ L’ORA DEGLI UNTORI

Pubblicato il 22 gennaio, 2011 in Costume, Cronaca | No Comments »

L’ultimo in ordine di tempo è lo scrittore Roberto Saviano, che ha scritto un solo libro, o meglio è l’autore di un collage di articoli e notizie della stampa che ha avuto una smisurata fortuna editoriale anche in virtù del suo editore,  e per questo viene celebrato come l’unico baluardo contro la camorra napoletana, mentre i poliziotti, i carabinieri, e tutti gli altri che ogni giorno rischiano la vita per contrastare la criminalità organizzata, pare siano solo i figuranti dove c’è solo un protagonista, cioè Saviano. Ieri Saviano è stato insignito della causa honoris causa in giurisprudenza  dall’Università di Genova e subito dopo la cerimonia, con la toga indosso che avrebbe dovuto consigliargli rispetto e ricordargli che in Italia vige il principio della presunzione di innocenza  che vale anche per il cittadino Berlusconi,    ha dichiarato di dedicare l’ambito riconoscimento ai PM di Milano, Boccasini in testa, aggiungendo che oggi chiunque si oppone  ( a  Berlusconi, evidentemente) sa che l’aspetta fango e aggressione. E bravo Saviano. Lui pubblica con la casa editrice Mondadori che notoriamente appartiene alla famiglia Berlusconi e che è presieduta dalla di lui figlia Marina, in prima fila a difendere il padre, e sempre Saviano compare in TV, incassando una barca di soldi che un comune mortale non guadagnerebbe non in una ma almeno in tre o quattro vite, in una trasmissione prodotta  dalla Edilmond, società di produzione televesiva  facente capo sempre alla famiglia Berlusconi….e però non perde l’occasione per  mandargliela a dire a Berlusconi, così mentre con una mano prende  e come prende! da chi “aggredisce chi si oppone”  con l’altra tira schiaffi a chitanto  gli dà. E’ l’eterna doppiezza dei mediocri. g.

…..A margine di questa nostra nota, pubblichiamo sulle interessatre dediche di  Saviano ai PM di Milnao, una  dichiarazione di Vittorio Sgarbi:

Vittorio Sgarbi: “In un clima di conformismo e di assoluta violazione delle libertà individuali il facile attacco a Berlusconi ha determinato una comoda, opportunistica, ridicola decisione di Saviano: dedicare la laurea honoris causa, attribuitagli per moda e per compiacenza, ai magistrati di Milano che hanno aperto la più straordinaria inchiesta contro la libertà sessuale. Il conformismo dominante”, ha proseguito il critico d’arte, “determina l’attribuzione di lauree honoris causa perché esse possono essere usate strumentalmente. Forse sarebbe meglio darle a chi conosce la letteratura e non trasforma istinti e desideri in crimini. E voglio aggiungere che nella denuncia degli interessi mafiosi in Sicilia e in Puglia legati alla colossale truffa dell’eolico che comporta anche una distruzione del Paesaggi contro l’articolo 9 della Costituzione, non ho mai visto Saviano scaldarsi nonostante le mie sollecitazioni come nel sostegno alla battaglia dei magistrati di Milano”.


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CASO RUBY: LE INDAGINI SINORA SONO COSTATE OLTRE UN MILIONE DI EURO

Pubblicato il 21 gennaio, 2011 in Costume, Cronaca, Politica | No Comments »

Silvio Berlusconi I conti sono salati. Ha nove zeri il costo dell’inchiesta della Procura di Milano sul presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e gli altri indagati eccellenti per il presunto giro di sesso e soldi. In cifre: un milione 325.170 mila euro. L’importo è ipotetico, verosimile e presumibilmente anche sottostimato. Riassume i costi del colossal giudizario ma immaginando uno scenario improbabile e decisamente al risparmio: che l’esercito investigativo coi suoi apparati tecnologici si siano mossi e messi in funzione per un breve periodo e non per sei mesi, come invece è realmente accaduto nel corso dell’inchiesta. E non è finita. Il totale (parziale) della “fattura” è stato ricavato mettendo insieme il numero di intercettazioni (una media di 600 al giorno) di conversazioni telefoniche e anche di messaggi. I titolari delle utenze sono i soggetti di spicco ma non tutti (una trentina).

L’importo è stato moltiplicato per il costo di un’ora di intercettazione (media fissata in 12 euro e 30 centesimi). La cifra è stata sommata allo stipendio lordo mensile di un poliziotto (3 mila e duecento euro) per i 230 operatori che hanno lavorato a questa vicenda giudiziaria mettendosi alle calcagna degli indagati, poggiando l’orecchio per ore sulle loro telefonate, andando a perquisire in cassetti, archivi e quasi sotto le lenzuola. E cioè, dagli investigatori della polizia giudiziaria fino ai poliziotti delle Volanti della Questura di Milano.

Il numero delle intercettazioni si ricava leggendo le 389 pagine di allegati depositati dalla Procura alla Giunta per le autorizzazioni a procedere del Parlamento. Anche il settimanale «Panorama» le ha contate: quasi 27 mila intercettazioni per Lele Mora, l’agente delle star, 14.500 per Nicole Minetti consigliere regionale del Pdl, un migliaio abbondante per Emilio Fede direttore del Tg4, 6.400 per la stessa Ruby, alias Karima El Mahroug. L’elenco continua con 28 interrogatori, quindi sequestri, indagini bancarie e postali, traduzioni dallo spagnolo. E poi pedinamenti e perquisizioni: 14 ordinate all’alba del 14 gennaio. Insomma, al netto di tutte le approssimazioni possibili, finora l’inchiesta sulle ragazze di Berlusconi è costata un patrimonio. E probabilmente il prezzo della lista della spesa aumenterà.

Gli accertamenti infatti non sono finiti e non si sa neppure quando la Procura di Milano metterà la parola fine. A giorni il procuratore generale della Corte d’Appello milanese inaugurerà l’anno giudiziario elencando pregi e difetti della giustizia del distretto, capoluogo lombardo compreso, e dirà anche quanti soldi sono stati spesi nel 2010 per indagare e giudicare in nome del popolo italiano. Sul sito del ministero della Giustizia sono pubblicate le tabelle delle «aperture di credito disposte per il capitolo 1363 relativo alle spese per intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali per gli uffici giudiziari del distretto» di Milano. Sono riepilogati l’importo e la data in cui è stato erogato.

Nel dettaglio: sei milioni di euro il 28 gennaio 2010, altri sei il 27 aprile, quattro e cinquecentomila il 10 settembre. Totale: 16 milioni e 500 mila, oltre 32 miliardi delle vecchie lire. Stando sempre ai dati ministeriali, la Capitale invece per le stesse esigenze investigative (ma non si sa il numero delle inchieste portate avanti rispetto a Milano) spende meno. Di seguito i numeri delle aperture di credito: 926 mila euro il 28 gennaio 2010, un milione e 258 mila il 27 aprile, quasi 250 mila euro in più il 10 settembre. Il Tempo, 21 gennaio 2011.

.….Un milione di euro, anzi 1,327.000 euro per scoprire che a Berlusconi piacciono le donne. E c’era bisogno di spendere tanti quattrini pubblici per scprire ciò che Berlusconi dice apertamente e pubblicamente. Francamente ci domandiamo perchè altrettanto spiegamento di mezzi e di uomini non vengono messi in campo per scoprire dov’è finita la bambina di  Brembate e tanti altri bambini scomparsi. Domanda retorica. Quei bambini e quelle scomparse sono….ordinaria amministrazone, mentre sputtanare il presidente del Consiglio val bene spendere tanti quattrini. Ecco perchè la vera colpa di Berlusconi è di non aver fatto la riforma della giustizia in tutti questi anni. Non per lui ma per le casse dello Stato. g.

E’ IL CANONE RAI LA TASSA PIU’ ODIATA DAGLI ITALIANI

Pubblicato il 20 gennaio, 2011 in Cronaca, Economia | No Comments »

E’ il canone Rai la tassa più odiata

E' il canone Rai la tassa più odiataLe imposte “più indigeste” per i contribuenti italiani sono: il canone rai (per il 47,3%), il bollo auto (14,5%), l’Ici (12,7%), la tassa sulla nettezza urbana (12,1%) e l’Irpef (11,6%). E’ quanto emerge dalla ricerca Censis-Commercialisti, realizzata su un campione di 1.000 contribuenti, sul rapporto degli italiani con il sistema fiscale.

La grande maggioranza degli italiani giudica elevato il carico fiscale. La pensa così l’81% dei contribuenti. La ricerca mostra che per il 36% degli italiani il Fisco è “ingiusto”.

Per sei italiani su 10 l’evasione fiscale negli ultimi tre anni è aumentata. Per il 44,4% degli intervistati, rileva la ricerca, l’evasione è “il principale problema del fisco”.