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LA BANDA BASSOTTI C0LPISCE ANCORA, di Mario Sechi

Pubblicato il 19 aprile, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

È confermato: la Lega è dentro la trama di un romanzo spionistico. Dopo l’oro e i diamanti di Goldfinger-Belsito credevamo di aver visto tutto, e invece… oplà! anche la giornata di ieri ci regala fatti memorabili. Eccoli in serie e cominciate a prendere il calmante: 1. nei documenti sequestrati sull’acquisto di gemme e lingotti compaiono le firme dei parlamentari leghisti Piergiorgio Stiffoni e Rosy Mauro; 2. nella Lega sono al tutti contro tutti e lo prova uno scoop di «Panorama» che rivela l’esistenza di un dossier leghista contro Bobo Maroni, l’unico candidato possibile al posto di Umberto Bossi; 3. Rosy Mauro annuncia a Matrix che non esclude di passare con Beppe Grillo. Che grande spettacolo di nobiltà d’animo. Todos caballeros.
La grana padana si è trasformata in guerra padana. Bruttissima vicenda. Perché è diventata la metafora del nostro sistema politico: una storia di bassa lega dove una specie di «Banda Bossotti» si adoperava per fregare tutti e tutto: potere, soldi, privilegi. È un minestrone rancido, indigeribile per qualsiasi cittadino che tira a campare e deve pagare.
Le lotte fratricide sono da sempre uno degli ingredienti del menù della politica, ma devo ammettere che quella leghista è affascinante per il suo lato trash, il cattivo gusto, il pressappochismo, l’assoluta imperizia, la diffusa ignoranza e la comica irresponsabilità con cui si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Un ex ministro dell’Interno – il titolare del Viminale, uno degli uomini più potenti del Paese per la carica che riveste – viene spiato da alcuni esponenti del suo partito. L’uomo che dispone della polizia finisce per essere dossierato dai suoi compagni d’avventura. Metter su un’operazione di intelligence senza avere un briciolo d’intelligenza non è facile. E infatti i leghisti spioni sono finiti come l’Emmental, pieni di buchi dai quali è uscito di tutto. Il cerchio magico s’è trasformato in circo magico, il figlio di Bossi è diventato una trota in salmì dimettendosi da tutto e forse anche da se stesso, Rosy Mauro è in mutazione perenne, un personaggio tragico che fa la parte del capro espiatorio ma più la cronaca va avanti e più il sospetto che abbia qualche colpa da espiare si materializza. E poi c’è un tal Stiffoni sul quale vale spendere qualche riga: interpellato l’altro ieri dal nostro giornale il senatore aveva negato qualsiasi tipo di relazione con la storia dei lingotti e dei diamanti. Ma ieri abbiamo scoperto che la sua firma compare in un ordine d’acquisto di preziosi fatto dal tesoriere della Lega Belsito. Perbacco, questo qualcosa cambia. Torniamo indietro di 48 ore. Desidero che i lettori si facciano un’idea precisa dei fatti, non voglio far loro perdere niente di questa prelibata portata del menù della nostra politica. Riporto l’istruttivo botta e risposta pubblicato su Il Tempo di ieri con il nostro capo del servizio politico, Alberto Di Majo.
Domanda:«Dicono che lei avrebbe preso alcuni diamanti e lingotti d’oro».
Risposta: «Si, come no, li ho sotto il mio letto».
Di fronte a una risposta così secca il cronista che fa? Prende atto. Stiffoni è granitico nelle sue affermazioni e noi registriamo e riportiamo il virgolettato. «Finalmente uno tosto» chiosiamo io e Di Majo in riunione.
Nella serata di ieri, quello che appariva tosto, si smoscia. E la sua versione dei fatti cambia. Scompare il letto. Compaiono i diamanti. Leggete un po’ cosa dice Stiffoni dopo la diffusione della notizia che c’è la sua firma su un ordine d’acquisto: «In questi anni ho avuto la possibilità di risparmiare del denaro che, d’accordo con i miei familiari, è stato oggetto di investimenti nello scorso mese per proteggerlo dalle fluttuazioni negative dei mercati». Benissimo, tutto regolare, ottimo investimento, da manuale del risparmiatore. Ma non poteva dirci la verità l’altro ieri, caro onorevole Stiffoni? Cosa le costava mettere in chiaro la vicenda da subito? Era così difficile di fronte alle domande di un giornalista informare i lettori – e soprattutto i suoi elettori – delle sue scelte e dire che aveva preso tale decisione? Non mi pare – da quel che lei dice – ci sia nulla da nascondere, semmai da chiarire subito per fugare tutti i dubbi e affermare la sua posizione chiara e non compromessa. E invece no, lei ci ha raccontato una non verità. E ha fatto male. Perché non c’era alcun motivo per essere reticente di fronte alla stampa che fa il suo mestiere e a milioni di votanti del Carroccio che non meritano di essere presi in giro. Né dal fondatore della Lega, Umberto Bossi, né da uno Stiffoni qualunque.
Andiamo avanti. Dove? Alla soluzione politica del problema. La diga ha ceduto, il fiume con i suoi detriti precipita a valle e mi chiedo quanto ancora dobbiamo aspettare per vedere due o tre decisioni serie da parte del Parlamento. I politici di professione pensano che prima o poi quest’ondata di rigetto verso tutto ciò che è preceduto dalla parola «partito» passi e tutto andrà bene madama la marchesa. No, grave errore. Qui abbiamo un sismografo piuttosto attendibile: le lettere e i messaggi dei lettori. Non c’è n’è uno solo che difenda lo status quo. Ci sono invece tante persone ragionevoli, cittadini moderati, che desiderano una reazione credibile, uno scatto, un cambio di passo, un gesto che dia un senso di rinnovamento vero del sistema politico. A giudicare dal tenore di quello che mi scrivono, ancora non è arrivato niente di convincente.
Il governo dei tecnici sta facendo da parafulmine a una situazione di decadimento molto grave. Per questo non ci sono e non ci saranno alternative all’esecutivo di Mario Monti. Serve a «far passa’ a nuttata» ai partiti e poi si vedrà cosa esce dalle urne. Uno tsunami. Non perché sia contro il cambiamento, anzi, ma perché all’orizzonte non vedo nessuna forza politica in grado di assicurare la discontinuità e nello stesso tempo l’equilibrio istituzionale per traghettare la nostra scassata nazione dalla Seconda alla Terza Repubblica. Sarebbe compito dei leader di questi partiti trovare un accordo decente e darci regole nuove con cui votare, scegliere chi deve governarci e assicurare un minimo di stabilità. Ma fanno melina e di lavoro effettivo in Parlamento ne è rimasto poco: sei mesi al massimo, poi sarà tempo di propaganda.
La trattativa sulla nuova legge elettorale – passaggio fondamentale – è in stallo. Tra i guastatori è comparso pure Romano Prodi, al quale la bozza proporzionalista alla tedesca proposta da Alfano, Bersani e Casini non piace. E invece il prof si sbaglia, è un buon compromesso perché le attuali coalizioni sono andate in frantumi e riproporre la grande ammucchiata dell’Ulivo come sogna Prodi è impossibile. O meglio, fattibile, perfino vincente, ma poi assolutamente incapace di governare un Paese con il terzo debito pubblico del mondo e la recessione in corso. Io non ho dimenticato i tempi in cui il governo Prodi era appeso ai voti del senatore sudamericano Pallaro o ai generosi contributi dei senatori a vita. È finita anche quell’avventura progressista come doveva finire: male. E per favore, non concedeteci il bis. Si andrà avanti così, le inchieste sul malcostume politico continureanno. Gli italiani batteranno i pugni sul tavolo, rideranno e guarderanno il calendario in attesa di voltare pagina e arrivare al 2013. Poi si voterà e nel circo del Parlamento ci sarà un’attrazione in più: un Grillo parlante con i suoi grillini. Buona fortuna. Mario Sechi, Il Tempo, 19 aprile 2012

.……Il fatto è che di banda bassotti non c’è solo la Lega, peraltro autotrasformatosi in una specie di banda risolini, ma ci sono le bande che si possono intitolare a tutti i partiti, nessuno escluso. Tutti hanno usato il denaro pubblico per scopi diversi da quelli per cui erano stati dati, tutti hanno violato la legge, tutti hanno investito ii denari dei contribuenti per fini diversi, spesso addirittura malavitosi come dimostra il caso della Lega. In attesa che qualche PM si distragga dallo sport che più piace a certa magistratura -  occuparsi di fatti vecchi di 50/60 anni o  infilarsi sotto le lenzuola di questo o di quello – e si decida ad aprire un fascicolo a carico di tutti i partiti con l’ipotesi di reato che può andare dalla truffa aggravata al peculato, siano gli stessi partiti a fare un mea culpa collettivo, e a darsi una regolata. BASTA CON I FINANZIAMENTI PUBBLICI, RESTITUISCANO CIO’ CHE RIMANE DI QUELLO PRESO E CHE DETENGONO SENZA TITOLO, E, INFINE, MA NON SECONDARIO, SI CONVINCANO CHE CON MONTI NON SI VA DA NESSUNA PARTE E CHE LA CRESCITA SENZA CONSUMI E’ INIMMAGINABILE, COME SA QUALSIASI STUDENTE AL PRIMO ANNO DI ECONOMIA, E CHE PER INCENTIVARE I CONSUMI E QUINDI FAVORIRE LA CRESCITA LE “IDEE” DI PASSERA SONO ACQUA FRESCA, MENTRE, INVECE, OCCORRE RIDURRE LA PRESSIONE FISCALE, RESTITUIRE FIDUCIA AGLI IMPRENDITORI, AI RISPARMIATORI E AI CONSUMATORI. COME? PER QUESTO SONO LAUTAMENTE PAGATI I PARLAMENTARI…PER TROVARE I RIMEDI E GLI STRUMENTI NECESSARI. ALTRIMENTI CHE SE NE VADANO AL PIU’ PRESTO A CASA. g.

EX ONPI: L’ENTE E’ STATO SOPPRESSO DAL 1977 MA AI PENSIONATI L’INPS TRATTIENE ANCOR OGGI 1 CENTESIMO PER UN TOTALE DI CIRCA 3 MILIARDI. DOVE VANNO A FINIRE QUESTI SOLDI’

Pubblicato il 13 aprile, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

I pensionati Inps pagano sulla pensione una trattenuta di 1 centesimo, indicato come “contributo ex Onpi”. È solo un centesimo di euro, diciamo che non duole, ma la cosa strana è che l’Onpi, Opera Nazionale Pensionati Italiani, è un ente soppresso nel 1977. Era nato nel 1948 e il contributo di 20 lire prelevato ai pensionati serviva a gestire alcune case di riposo sparse sul territorio nazionale. Quando l’ente fu sciolto si decise di mantenere la trattenuta sulle pensioni e girare l’importo alle regioni in proporzione al numero dei pensionati Inps residenti.

Dagli anni ’90 questo contributo è sparito dai bilanci delle regioni, ma l’Inps continua a prelevare un centesimo per 13 mensilità l’anno. In totale parliamo di 3 milioni di euro, una bella cifra che l’Inps attualmente trasferisce allo Stato.
Dove vanno questi soldi, prima o poi ce lo spiegherà il ministero dell’Economia. A domanda ci hanno riferito che sono coinvolti 3 uffici della Ragioneria, e il rebus non è semplice da risolvere, richiede tempo. Aspettiamo una risposta, con la speranza, o l’illusione di scoprire che questi soldi vengano investiti in qualche servizio a favore dei pensionati. Fonte Il CORRIERE DELLA SERA, 13 APRILE 2012

.…intanto il gabelliere Mario Monti ha deciso una nuova tassa sulla benzina: 5 centesimo a litro per finanziare la Protezione Civile. Complimenti al nuovo Re Giovanni e ai suoi sceriffi di Nottingham per la fantasia che sa di antico. g

ESODATI: L’ERRORE DELLA FORNERO COSTERA’ ALLO STATO FINO A 15 MILIARDI

Pubblicato il 3 aprile, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Il ministro deve trovare un paracadute per quei lavoratori senza impiego, ammortizzatori e pensione: ma costerà una fortuna

Esodati, l'errore della Fornero ci costerà fino a 15 miliardi

La strada si fa sempre più complessa per cercare una soluzione per gli esodati, i lavoratori rimasti a casa in attesa della pensione dopo aver trovato un accordo economico con le aziende e che ora, dopo la riforma di Elsa Fornero, quella pensione l’hanno vista allontanarsi di anni. Il governo è al lavoro per trovare una via d’uscita, ma l’incognita sono i costi: secondo le stime potrebbero sfiorare i tre miliardi l’anno per un massimo di cinque anni. Un totale di 15 miliardi. Un vero e proprio tesoro.

350mila persone – Il nuovo ammortizzatore sarebbe una sorta di indennità di mobilità transitoria che accompagnerà gli esodati alal pensione, un esercito composto da circa 350mila persone. L’errore della Fornerno, insomma, rischia di costarci caro. Elsa ora deve trovare il modo di offrire un paracadute a quelle persone che hanno firmato accordi in buona fede, con le vecchie regole, e che a causa della riforma della previdenza si troveranno nei prossimi anni senza lavoro, senza ammortizzatori e senza soluzioni. Oggi, mercoledì 3 aprile, è prevista una riunione tecnica tra ministero del Lavoro, Inps e Ragioneria dello Stato per verificare i numeri, ma per trovare una soluzione – ha spiegato sempre la Fornero – c’è tempo fino al 30 giugno.

.……Insomma il ministro incautamente definita “di ferro” e innalzata sugli altari per via della sua competenza ha varato un provvedimento ignorando l’esistenza di 350 mila persone firmatarie di accordi con le proprie aziende sottoscritti in base alle leggi vigenti. Eppure sarebbe bastato un piccolo “inventario” attraverso gli uffici periferici del ministero per avere contezza della situazione e agire in maniera tale da assicurare il rispetto degli accordi ed evitare il salasso per i conti pubblici che si prospetta a legittima salvaguardia di questi 350 mila ex dipendenti. Una dilettante allo sbaraglio. g

IL VERO PERICOLO PER MONTI VIENE DALLE TASSE , di Mario Sechi

Pubblicato il 2 aprile, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Il premier italiano Mario Monti al Consiglio europeo di Bruxelles Ho sempre pensato che il pericolo per il governo Monti viene dal Fisco e dalla leggerezza con cui l’esecutivo tratta la materia delle tasse. Quando è stata varata la ricetta «brussellese» per riequilibrare i conti e raffreddare lo spread, il premier doveva immaginare che l’aumento della pressione fiscale avrebbe prodotto recessione – fatto incontestabile – ma anche un clima di strisciante conflitto sociale. I problemi che Monti trova sulla sua scrivania al rientro dal viaggio in Cina, fanno emergere incertezza, disorganizzazione e confusione istituzionale. La scelta di Monti di mantenere il gravoso interim del ministero dell’Economia, il ruolo incerto di Corrado Passera al ministero dello Sviluppo (parla da ministro del Tesoro, ma non lo è), i molti mesi trascorsi senza un direttore generale in via XX Settembre, sono granelli di sabbia che alla fine sono finiti nell’ingranaggio del governo. La nuova tassa sulla casa, l’Imu, è un rebus e l’allarme lanciato dai Centri di assistenza fiscale è l’ultimo di una lunga serie. Non si sa ancora come pagare l’acconto (la prima rata è prevista per il 16 giugno), i criteri di imposizione ballano, i Comuni vivono l’arrivo dell’imposta nella più totale incertezza, tanto che l’assessore al Bilancio del Campidoglio, Carmine Lamanda, ieri ha sentito il bisogno di inviare una «nota di solidarietà ai Caf». Dal Caf al caos il passo è breve. Al posto di Monti seguirei la faccenda con attenzione, è una bomba a orologeria ed è meglio che il premier la disinneschi prima che esploda sotto la sua poltrona di Palazzo Chigi. Le élite tecnocratiche con il Fisco hanno un rapporto ragionieristico. L’importante è più o meno far quadrare l’ultimo numero della partita doppia, quello in fondo a destra. Ma la storia fiscale ci dimostra che le gabelle sono l’essenza della politica e dunque vanno maneggiate con cura. La spremuta fiscale doveva essere accompagnata da una comunicazione istituzionale adeguata e da una serie di provvedimenti diversi da quelli che abbiamo visto finora in campo. Non si possono torchiare i contribuenti onesti senza mai far vedere loro un orizzonte diverso dal tassa e spendi dell’amministrazione dello Stato. Conosco l’obiezione: «Da qualche parte bisognava pur cominciare». Benissimo, mettiamoci al posto di chi governa. Il piano di Monti era questo: si fa prima il Salva-Europa e poi il Cresci-Italia. Cosa è successo? Il Salva-Europa ha funzionato, ma il Cresci-Italia è poco più di una dichiarazione d’intenti. Sul primo, Monti ha potuto agire rapidamente grazie alla straordinarietà della situazione, alla leva del fattore «paura» e al senso di responsabilità mostrato da quasi tutti i partiti e dagli italiani. Ma sul secondo punto del piano è stato incerto, ha rallentato, ha offerto il fianco alla mediazione neocorporativa e alla fine ha portato a casa un risultato insufficiente. Dovrebbe essere una lezione, ma vedo che si ripete l’errore. Cosa c’è ancora da fare? La riforma del lavoro, in fretta. Ma ancor più importante è una rivoluzione fiscale equa e seria. I tecnici non servono a dirci che «c’è la recessione» (la tocchiamo con mano), ma devono indicare la via d’uscita. Mario Sechi, Il Tempo, 2 aprile 2012

…………………Ogni giorno che passa il direttore del più autorevole ed indipendente dei quotidiani di ispirazione moderata del nostro Paese si accorge che il governo dei tecnici si è rivelato una bufala. Le ragioni sono quelle illustrate oggi da Sechi nell’editoriale che è ritornato alle dimensioni “normali”, segno che le parole inutili sono state bandite per far posto all’essenziale. E l’essenziale è che sino a quanso si è trattato di fare ciò che viene più facile, cioè tassare e tartassare il ceto medio, cioè tutti perchè non esiste più nè la borghesia, nè il proletariato, tutto è andato liscio come l’olio (per i tartassatori, meno per i tartassati) ma quando si è trattato di procedere sulla strada più importante, cioè quella delle ripresa economica del Paese perchè uscisse dalla crisi e dalla recessione, i tecnici, con in testa Monti, si sono rivelati un bluff, anzi la brutta, bruttissima copia di “quelli di prima”. Due esempi. Monti  un giorno dice agli italiani:attenti! la crisi è ancora lontana dall’essere superata e perciò dovete continuare a soffrire; il giorno dopo, per esempio ieri, Monti dice agli asiatici: sono venuto a dirvi che ormai l’Italia è fuori dalla crisi, si è consolidata e quindi…. Una plateale contraddizine che magari qualcuno potrà spiegare richiamando l’ottimismo berlusconiano. Invece no. E’ solo pressapochismo allo stato puro, altro che non voler tirare a campare. Secondo esempio. Ieri nel corso di una trasmisisone televisiva, il sottosegretario al Lavoro, tale Polillo, incalzato da un gruppo di “esodati”, vittime due volte della brutale riforma pensionistica del duo Monti-Fornero, oltre che rivolgersi in maniera sprezzante e maleducata ad una delle sue interlocutrici (una donna, trattata con un vergognoso: lei può essere arrabiata quanto vuole….), ad un certo punto, a corto di argomentazioni oltre che con  incomprensibili balbettii già sentiti in altre trasmisisoni, Polillo, invece di fornire notizie sulle misure che il governo intende adottare per risolvere il problema creato dalla riforma ,  se ne è uscito con una dichiarazione scioccante: gli accordi sottoscritti dagli “esodati” sono nulli per cui basta rivogersi ad un giudice…. . Stamattina il Ministero del lavoro, di cui Polillo è sottosegretario, ha diramato un altrettanto scioccante comunicato: se Polillo ha una ricetta la dica. Ma Polillo non è il sottosegretario al Lavoro e prima di parlare o sproloquiare non era meglio che ne avsse parlato con il ministro, intuitivamente ispiratrice dell’irridente comuniato che smentisce Polillo? Bastano questi due esempi per consentirci di dire che sulla media distanza è stato facile accorgersi che i grandi economisti non sono altro che dilettanti allo sbaraglio. g.

DALLE TASSE “BELLE” ALLE “TASSE “ROZZE” SENZA NESSUNA RIFORMA DEL SISTEMA FISCALE

Pubblicato il 1 aprile, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Il premier Mario Monti Monti prepara l’Armageddon fiscale e innova i dizionari di Scienza delle Finanze. Siamo passati dalla celebrazione delle «tasse belle», così come le definiva lo scomparso ministro dell’Economia del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, all’esternazione autobiografica di SuperMario sugli aumenti fiscali, qualificati «rozzi» ma necessari, a suo dire, per non farci fare la fine della Grecia. È l’ultimo capitolo del racconto di un’Italia che dalle gabelle è divisa tra «Guelfi e Ghibellini», metafora usata ieri da Attilio Befera, direttore generale dell’Agenzia delle Entrate. È in atto uno scontro, alimentato dalla politica a corto di consenso e dall’antipolitica senza idee, sul tema dell’evasione. È una piaga enorme che va combattuta, fonte di ingiustizie, disparità, ma è anche un terreno minato. Monti ha gli strumenti per stanare furboni e furbetti, ma credo che a questo punto sia ora di dare agli italiani onesti un Fisco dal volto umano. Ci sono ipocrisie che vanno smascherate e comode «parole d’ordine» della politica che nascondono l’assenza di alternative a una ricetta economica recessiva. Il linguaggio, come sempre, è la cartina di tornasole di una certa «visione del mondo», di un modo di essere e di agire. Quando il presidente del Consiglio dice che per fare la lotta all’evasione «non serve il consenso» perché quello delle parti interessate «non ci sarà mai», tradisce una visione parziale (e distorta) del problema. L’evasione non è tutta uguale, la natura e la qualità dell’attore e del fatto non sono un dettaglio. Faccio un esempio concreto: sono forse uguali l’evasore totale, la grande azienda dedita all’elusione e il piccolo-medio imprenditore che nasconde una quota di utili al Fisco per ragioni di sopravvivenza? Penso di no. Perché l’evasore totale non darà mai il suo consenso e cercherà di stare sommerso finchè potrà, l’elusore ha un livello di sofisticazione e mezzi tali per cui la dissuasione è solo un problema di chiarezza di norme e controlli, l’evasore per necessità ha invece bisogno di una riforma fiscale che lo aiuti a pagare senza rischiare la chiusura. È su quest’ultima fascia, enorme, che lo Stato può ottenere il consenso dando prova di voler aiutare le imprese a emergere, trattando i contribuenti come parte attiva e preziosa e non come avversario. Quando il ministro dello Sviluppo Corrado Passera evoca una «sanzione sociale» contro gli evasori, può strappare un titolo di giornale, ma se vuole alimentare un civile e maturo dibattito pubblico, occorre qualche slogan in meno e due o tre riflessioni in più. È meglio un sistema punitivo, che alimenta l’odio sociale, o è più saggio creare un clima positivo, un sistema fiscale che premia il contribuente virtuoso? L’Agenzia delle Entrate dispone di raffinati strumenti di controllo, inimmaginabili fino a poco tempo fa. Il monitoraggio dei dati può essere pervasivo al punto da creare seri interrogativi sui suoi limiti, come sottolineato dal Garante della Privacy, Francesco Pizzetti, nella sua ultima relazione. Puoi sapere tutto delle abitudini del prossimo, ma è davvero lungimirante spaccare di fatto la società italiana tra quelli che hanno il prelievo diretto in busta paga (i dipendenti) e il sistema delle imprese grandi e piccole che sostituiscono lo Stato come esattore? Bisogna stare attenti ad appiccicare etichette e bollini, specialmente in Italia. In un Paese dove i furbi abbondano e vivono alle spalle di pochi fessi, la catalogazione della società in buoni e cattivi rischia di diventare un boomerang. Mai pensato di dare un’occhiata a quanti nei ministeri incassano lo stipendio pubblico e contemporaneamente esercitano altre attività in nero? Ai fini statistici sono contribuenti buoni, ma in realtà spesso sono cattivi due volte. Conosco economisti di chiara fama che potrebbero fornire interessanti valutazioni in merito. Il doppiolavorismo senza tassazione non è episodico, è un altro aspetto poco esplorato dell’evasione. Con il manicheismo non si va da nessuna parte, anzi in molti casi si ottiene il brillante risultato di dare un bollino da virtuoso a chi di giorno paga le tasse su un lavoro che non svolge bene e di notte froda il Fisco con la vera attività prevalente. È un esempio tra tanti, potrei continuare all’infinito e Passera, avendo fatto banca al più alto livello, sa bene di cosa scrivo. Il Fisco è materia incandescente, nitroglicerina. Se qualcuno non ne è convinto, può fare un salto in libreria e comprare «For Good and Evil. L’influsso della tassazione sulla storia dell’umanità» di Charles Adams, un libro edito da Liberilibri che merita una certa attenzione. Nel presentarlo, Aldo Canovari, fondatore della casa editrice, fa risuonare un memento di rara efficacia e fa notare come i cittadini di una nazione si dividono in due categorie fondamentali: «I Consumatori di tasse (tax consumers) e i Pagatori di tasse (tax payers). I primi rappresentano una minoranza composta dai parlamentari, consiglieri regionali e loro clientele, alti burocrati, vertici degli organi istituzionali, amministratori di aziende e agenzie pubbliche e para-pubbliche, di società partecipate. Il loro numero può essere stimato in un ordine di grandezza di 500.000 individui (circa l’1% dei contribuenti)». L’Italia, mi dispiace, è infestata dai Consumatori di tasse. Questi ultimi, associati agli evasori incalliti, rappresentano la piaga del nostro Paese, ma per curarla occorre che i Consumatori di tasse (cioè un pezzo importante della classe politica e non solo) si mettano al servizio del pubblico e non nella posizione dei serviti dal pubblico. Monti si è finora dimostrato un abile negoziatore con i partiti e un uomo rispettato dalla comunità internazionale, ma questo potrebbe non bastargli se non apre subito una stagione riformatrice sul Fisco. Per almeno due motivi: rinnovare il patto di convivenza tra italiani e agire sulla crescita prima che sia troppo tardi. Quando il premier dice di assumersi la responsabilità di «aumenti fiscali rozzi» dimostra coraggio, ma se fa il paragone tra l’Italia e la Grecia sbaglia, mostra la sua appartenenza alla scuola dogmatica «berlinese», la cui ricetta ha portato la Germania a crescere, ma il resto d’Europa alla recessione. Di questa politica, il caso drammatico di Atene è un paradigma. La Grecia non sarebbe dovuta entrare nell’Euro, ammise di aver falsificato i bilanci e nessuno, né a Francoforte né a Bruxelles, si pose il problema della permanenza nell’Eurozona di uno Stato spendi, trucca e spandi. Anzi, la politica suicida negli anni seguenti è stata incoraggiata perché nel porto del Pireo ormeggiavano le navi-pirata della finanza agli anabolizzanti e sul Partenone s’aggiravano i procacciatori di contratti militari per la difesa tedesca e francese. Atene è carnefice e vittima, ha subito un esproprio di sovranità inimmaginabile per l’Italia che è di certo un gigante debole, ma resta pur sempre la terza economia d’Europa con un livello di benessere che ora – sottolineo, ora – si sta erodendo per effetto della recessione, dell’assenza di produzione di ricchezza e posti di lavoro, mentre il debito sale a causa del crollo del Pil. Fare i blitz a Cortina, Roma, Courmayeur e Firenze ha una sua logica di marketing e comunicazione. Mette tutti di fronte a un fatto: lo Stato ha cominciato a macinare i dati antievasione, a fare controlli incrociati e passare al setaccio il territorio. Per quelli che sul «tanto non succede niente» ci marciavano, è una sveglia salutare. Per quelli che soffiano al contribuente onesto agevolazioni in base al reddito a cui non hanno diritto, è il gong che dovrebbe consigliare di finirla. Ma il rovescio della medaglia è da tenere in seria considerazione: fare impresa in Italia è molto difficile, la burocrazia è un drago vorace e se i controlli vengono accompagnati da un sentimento punitivo e da liste di proscrizione, se al rigore del bilancio e al controllo dell’Erario non si accompagna la riforma delle tasse, avremo solo un micidiale effetto: la depressione da pressione fiscale. Mario Sechi, Il Tempo, 1 aprile 2012

……………Un altro lungo editoriale di Mario Sechi, lucido e chiaro: si è passati dalle tasse “belle” del defunto Padoa Schioppa alle tasse “rozze” di Monti, senza che nessuno dei due, l’uno ministro dell’economia di Prodi, l’altro ministro dell’economia di se stesso, abbiano posto mano alla più urgente delle rfiorme strutturali del nostro Paese, quella del sistema fiscale. Quello in atto sta trasfornando il nostro Paese in uno stato di polizia dove i “consumatori di tasse” come li definisce Monti, citando un libro in materia, si accaniscomo contro i “pagatori di tasse” con una violenza senza pari con il semplice scopo di assicurarsi in eterno la loro sudditanza e a se stessi l’eterno bengodi in cui vivono da veri e propri satrapi. Monti, esercitando squallidamente un vero e proprio ricatto psicologico nei confronti degli italiani, evoca lo spettro della Grecia per indurre gli italiani, quasi una sessantina di milioni di persone e subire in silenzio una economia di guerra, dove l’iunica cosa che ancora non è stata priospettata è la tessera annonaria, come quella che era in uso durante la guerra in Italia, durante la geurra fredda nelle economie socialiste, o ancora oggi nei Paesi dove ancora i popoli sono assoggettati al reganiano impero del male, cioè il comunismo, come la Cina  da dove, vergognosamente, Monti ha annunciato che se vogliamo che la Cina divenga nostro partner economico dobbiamo acconsentire alla sua riforma del lavoro che prevede una sorta di libertà di licenziamento che giustappunto ci avvicinerebbe alla Cina dove i bambini di sei o sette anni lavorano dodici ore algiorno per una ciotola di riso, dove la settimana lavorativa è di 100 ore lavorative, dove centinaia d milioni di persone lavorano come schiavi per consentire alla nomenklatura comunista  di vivere nei paradisiaci quartieri chiusi dove invece regnano  il lusso e l’abbondanza. Ecco quel che ci prospetta per l’avvenire il signor Monti, per noi e per i nostri figli, per assicurare ai boiardi di stato di continuare a vivere nel lusso e nell’agiatezza, loro e i loro figli, come i figli di Monti che si sono assicurati un prospero avvenire nelle organizzaizoni bancarie internazionali. Grandi sono le responsabilità della politica, di ogni colore, per aver prima acconsentito al suo commissariamento e dopo allo strangolamento della società italiana per mano di una burocrazia feroce e cieca che organizza improbabili blitz sul Ponte Vecchio di Firenze e intanto cristallizza la riforma del sistema fiscale che riequilibri lo sbilanciamento del sistema che perseguita i consumatori onesti – per forza!- e non modifica le regole che consentono  agli imprenditori furbetti – non tutti, ma tanti – di apparire più poveri dei pensionati grazie alle regole in atto. Rutto il resto è noia, direbbe Califano. g.

IL GOVERNO DICA COME USCIAMO DALLA RECESSIONE, di Mario Sechi

Pubblicato il 31 marzo, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Soldi Guardavo un incredibile servizio della Bbc sulla città greca di Perama: il sessanta per cento della popolazione è senza lavoro, gran parte delle famiglie vive di carità per avere cibo e assistenza medica. Se la ricetta del risanamento dell’Europa è questa, tanti auguri. Da tempo rifletto sul caso della Grecia, per me rappresenta un drammatico spartiacque, una deviazione pericolosa nella storia del Vecchio Continente, il segnale che abbiamo imboccato una via (quasi) senza ritorno. Quando a Bruxelles e Francoforte è stato deciso il piano di rientro dal debito di Atene, ho capito che l’Europa ha innescato una reazione a catena dagli esiti incontrollabili. E contagiosi. Osservate quel che sta accadendo in Spagna: il problema numero uno è la disoccupazione (e non il debito) e la Commissione europea si ostina a proporre una ricetta di rigore che produrrà altra recessione. Basta leggere le tabelle che il settimanale The Economist pubblica all’ultima pagina per rendersi conto della natura del problema. Pil e occupazione sono la sfida. Recessione, disoccupazione e alta pressione fiscale sono il veleno che sta uccidendo l’Europa. E per queste ragioni la ricetta teutonica dell’austerità non funziona. Il Portogallo si trova in una situazione analoga se non peggiore e l’Italia – nonostante il buon avvio del governo Monti – rischia grosso perché sul fronte della crescita nulla finora è stato fatto. Abbiamo un tessuto imprenditoriale straordinario, fortemente reattivo, ma senza più credito da parte del sistema bancario. La produzione industriale è crollata, i prezzi al consumo stanno salendo, il tasso di disoccupazione (in particolare tra i giovani e le donne) sta per varcare la soglia del dieci per cento. Sono questi i numeri che bisogna guardare e lasciar perdere – prima che sia troppo tardi – il dogma del pareggio di bilancio, la corda alla quale rischiamo di impiccarci. La nostra pressione fiscale è troppo alta e l’evasione un cancro. Non è possibile che solo l’uno per cento degli italiani dichiari più di centomila euro l’anno di reddito. È una grande truffa che deve finire. Quando Sergio Marchionne anticipa un mese di marzo catastrofico per la Fiat (meno quaranta per cento) c’è da mettersi a pensare perché l’auto è ancora un pezzo fondamentale del nostro Pil. Quando i suicidi di imprenditori e lavoratori senza paga non sono più episodici, vuol dire che stiamo per arrivare a un punto di non ritorno. Quel che mi colpisce è un diffuso sentimento di rassegnazione, misto alla protesta rabbiosa e confusa. Non fa parte della storia di questo Paese lasciarsi andare alla vertigine e i ministri (l’ultimo della serie è Corrado Passera) non devono dare interviste inutili per raccontarci che c’è la recessione. Questo lo sappiamo, stare al governo vuol dire dirci come ne usciamo. Mario Sechi, Il Tempo, 31 marzo 2012

.…….Nè Monti da Pechino deve pontificare sul fatto che una sua lettera al Corriere della Sera ha calmato le acque agitate dei partiti dopo una sua stupida dichiarazione sul fatto che il suo govenro gode di più alta considerazione rispetto ai partiti, che poi sono quelli che gli consentono di governare a colpi di decreti legge che sinora hanno solo provocato una impennata delle tasse che sta strangolando gli italiani, quelli che vivono con 15 mila euro l’anno, non certo quelli che ricevono stipendi da nababbi quali non se ne conoscono nel mondo conosciuto. Dice bene Sechi che sinora nulla ha fatto Monti per la crescita e limitandosi solo  ad annunciare la volonta del governo di dedicarsi alla crescita che  è retorica a buon mercato. Un misuratore della crescita sono i consumi. Ieri sera, venerdì, alle 18,30/19,oo  all’Auchan di Modugno, le casse erano spaventosamente vuote e poca era la gente che circolava tra gli scaffali. Segnale inequivocabile che la gente non spende perchè non ha i soldi da spendere e quindi blocca i consuni e quindi vuol dire che non c’è crescita. Ma cosa ne può sapere Monti delle cose spicciole che caratterizzano   la vita di tutti i giorni di milioni di persone’? E nulla ne  sanno quelli che hanno fra le mani il destino di milioni di uomni e donne che si sentono dire: dovete – dovete! -  fare i sacrifici per i futuro dei vostri figli. Certo, ma intanto i nostri figli rischiano di dover vivere di elemosina, come nella vicina Grecia, come sta per accadere in Spagna, come rischia che accada in Portogallo in Irlanda, sinanche in Olanda. Insomma la ricetta degli eurobanchieri ai cui incautamente è stato affidato il vecchio continente non funziona, o meglio funziona solo per le banche e i suoi derivati e, ovviamente le caste, vecchie e nuove. Tra i “nuovi”  cè anche il ministro Passera, ex banchiere, il quale chiede una sanzione sociale per chi evade le tasse. Ci piacerbbe sapere cosa propone. Una croce rossa indelebilmente marchiata sul viso, o il braccialetto sonoro i cui esemplari destinati ai detenuti collocali agi arresti domiciliari e costati un mare di soldi (chissà chi era il costruttore…) sono rimasti inoperosi, o chissà cos’altro ancora? Pensare di affidarsi all’azzeramento dell’evasione fiscale per dare il via alla crescita economica è come aspetttare che l’uva passa cada dal cielo. L’evasione fiscale, come qualsiasi altra attività umana ancorchè deprecabile, non si riduce a zero con la bacchetta magica, nè con i blitz a Cortina o quelliodierini  al Ponte Vecchio di Firenze, tra lo stupore  e forse lo sgomento dei turisti,   nè con gli anatemi stregonistici e sopratutto non la si combatte strangolando cittadini e imprenditori con una valanga di tasse da far paura,  che il governo Monti ha incentivato oltre ogni misura nel senso che non ha preso alcuna misura per bloccarle o ridurle. Per esempio le tasse sulla benzina che costituiscono uno spiegabile motivo per cui le vendite delle auto rischiano di essere ridotte del 40% come denuncia l’ad della Fiat, senza dimenticare il posto d’onore che hanno le tariffe assicurative gestite da un vero e proprio cartello di imprese che operano in un sistema monopolistico criminale. Ecco il punto. Questo govreno, frutto di una alchimistica alleanza tra forze di diversa, talvolta alternativa ispirazione, lungi dall’essere lo strumento per il risanamento dell’economia italiana, ci sembra che sia lo strumento più adatto per protrarre nel tempo una situazione di crisi permanente il cui esito finale ci atterrisce. g.

EFFETTO MONTI: STANGATA ANCHE SULLE BOLLETTE, AUMENTA LUCE E GAS.

Pubblicato il 30 marzo, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Non bastavano le tasse, i rincari di gas e luce di inizio anno e quelli della benzina i cui prezzi crescono vertiginosamente. Come riferisce l’Autorità per l’energia nuovi, pesanti, aumenti arriverano a partire dal primo aprile per le bollette.

Così l’elettricità toccherà il +5,8% e dal primo maggio gli italiani si troveranno sui bollettini un ulteriore +4% dovuto all’incentivazione per le rinnovabili e assimilabili. Questo significa che nell’anno le famiglie pagheranno in media 27 euro in più. Come spiega il presidente Guido Bortoni, l’Autorità ha deciso di posticipare i contributi per gli incentivi per “dare un segnale, chiaro e concreto. Il tempo di un mese potrà servire ai decisori delle politiche energetiche per operare le migliori scelte con modalità sopportabili per i cittadini e alle imprese, alle quali si sta già chiedendo uno sforzo titanico vista la congiuntura economica”.

Stessa storia per il gas, seppure con percentuali minori: l’incremento per il trimestre aprile-giugno sarà dell’1,8% per un aggravio annuo di 22 euro. In totale le famiglie italiane arriveranno a pagare 50 euro annuali. 30 MARZO 2012

…..E intanto la casta, vecchia e nuova, giocherella con i suoi profit, privilegi, vantaggi e benefici, di ogni genere. Mentre infuria la polemica sull’incredibile mantenimento da parte degli ex presidenti della Camera e Senato delle loro attribuzioni – uffici, staff, macchine, etc, etc- che non ha paragoni in nessuna aprte del mondo (dove il giorno dopo la cessazione dagli incarchi , tutti, anche il presidnete degli USA, torna ad essere un comune cittadino),  si apprende che i deputati ricevono anche un chilo e mezzo di colla all’anno, forse per attaccare i francobolli. Se non fossimo dinanzi a milioni di italiani che muoiono letteralmente di fame, queste notizie ci farebbero sorridere e ci limiteremmo a dire che una risata li seppellirà.  Invece ora ci fanno incazzare e ci fanno domandare quanto ancora dobbiamo attendere perchè questa bengodi abbia termine, In un modo o nell’altro. Nell’altro sarebbe meglio. g.

L’EFFETTO MONTI: ROGHI UMANI, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 30 marzo, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Lo chiamano «effetto Monti» per definire una sorta di nuovo miracolo italiano. Che esiste solo nella fantasia di giornali sdraiati a zerbino sul governo dei tecnici.

Lavoratori strozzati dal fisco

Anzi. Lo spread risale, la Borsa riscende e purtroppo cresce la disperazione di molta gente. Ieri un altro rogo umano, il secondo in due giorni: un operaio disoccupato si è dato fuoco a Verona. La paura di disturbare il manovratore, tutto preso in banchetti con potenti nostrani e internazionali, rende questi disperati soli anche nella disperazione. Non un membro del governo che se ne faccia carico, neppure qualcuno di destra, centro o sinistra che li strumentalizzi mettendoli sul conto del governo o di chicchessia. Semplicemente non esistono, sfigati fino alla fine come direbbe un noto sottosegretario.

Molti di questi disoccupati,artigiani e piccoli imprenditori sull’orlo dell’abisso in questi giorni ci stanno scrivendo, chi per sfogarsi e chi per chiedere aiuto. Quando si arriva a confessarsi a un giornale significa che nessuno di chi avrebbe dovuto ha saputo o voluto ascoltarti. E chi, se non la politica, i sindacati, le associazioni di categoria dovrebbero farlo?

Già, ma la politica ci ha convinto che non è più degna di esistere, i sindacati ci vogliono fare credere che il problema della gente sia l’articolo 18, le associazioni di categoria non hanno il coraggio di portare allo scoperto, se è il caso in piazza, i loro iscritti, cioè quella maggioranza silenziosa che ha sempre mandato avanti il Paese e che adesso non ce la fa più.

Riforme subito e meno tasse. Questo serve, tanto lo spread, come ormai ampiamente dimostrato, non legge il Corriere della Sera o La Repubblica : va per gli affari suoi e colpisce quando vuole. Corrado Passera ieri ha messo le mani avanti:sarà recessione tutto l’anno.Non è certo colpa sua, ma da un ministro del suo peso non ci si aspetta l’oroscopo, si esigono soluzioni. E forse anche qualche gesto o parola di incoraggiamento, perché la solitudine è davvero una brutta malattia, e pure contagiosa. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 30 marzo 2012

……………..Sì, ma Sallusti talloni il PDL che sostenendo il governo che provoca questi effetti ne diviene complice e corresponsabile. g.

I 7 BALZELLI CHE ALLEGGERISCONO LE TASCHE DEGLI ITALIANI. NEL 2012 UNA STANGATA DA 1133 EURO A FAMIGLIA

Pubblicato il 29 marzo, 2012 in Economia, Il territorio, Politica | No Comments »

manovra famiglia
Sette i peccati capitali, sette i Re di Roma, sette le meraviglie del mondo… e sette i balzelli che alleggeriscono le tasche degli italiani nel 2012

La classifica è stilata da Adusbef e Federconsumatori, che parlano di “imponente aumento della tassazione” e quantificano l’aumento delle tasse che colpirà le famiglie nel 2012: 1.133 euro.
Tra i balzelli c’è una ‘new entry’: l’Imu, che guida la classifica dei rincari. Ci si dovrà fare i conti a giugno prossimo. Seguono le addizionali regionali e comunali che già hanno pesato sulle buste paga di marzo. Poi la ’spada di Damocle’ del possibile aumento dell’Iva che scatterà a settembre, a meno che, come il Governo ha più volte promesso, non si trovino risorse alternative.
Tra imposte, rincari, bolli, vecchie e nuove tasse, le famiglie italiane sono sempre meno in grado di affrontare il conto altissimo della crisi economica. Il 75% dei cittadini infatti – secondo un sondaggio di CareerBuilder (società specializzata in ricerca di lavoro) – accusa: quando arriva la busta paga, il 27 del mese, ha già finito i soldi dell’assegno precedente.
La crescita del Paese inizia l’anno con il segno “meno” davanti ( -0,5%, dati Istat) e nella situazione attuale sperare in un aumento dei consumi appare quanto mai illusorio. A questo proposito è bene ricordare che se il prodotto interno lordo continua a diminuire, anchi il rapporto con il debito (sul cui parametro si basano gli impegni del Paese con l’Europa) è destinato a peggiorare.

La top seven degli esborsi
  1. Aumenti Iva (da 9/2012) 270 euro/anno
  2. Aumenti Imu prima casa 405 euro/anno
  3. Accise benzina 120 euro/anno
  4. Accise reg. benzina (calcolo base nazionale) 16 euro/anno
  5. Bollo deposito fino a 50.000 euro 47 euro/anno
  6. Addizionale Regionale e Comunale 245 euro/anno
  7. Bollo sui depositi bancari e postali 30 euro/anno

TOTALE 1.133 euro/anno

LA CRISI: NON ARRIVANO A FINE MESE DUE FAMIGLIE SU TRE

Pubblicato il 29 marzo, 2012 in Economia | No Comments »

Rapporto Eurispes, è allarme sociale. Mutui, almeno 500mila famiglie non riescono ad onorarlo. Povertà ‘in giacca e cravatta’: lavoratori alla Caritas

Non arrivano a fine mese due famiglie su tre
liberoquotidiano.it

Solo un terzo delle famiglie italiane arriva ‘tranquillamente’ a fine mese. Almeno 500mila famiglie hanno difficoltà ad onorare i mutui per la casa. Aumenta il credito al consumo dettato dalla necessità e cresce la povertà ‘in giacca e cravatta’, cioè quella dei lavoratori costretti a usufruire di mense e dormitori per i poveri. E’ il quadro che emerge dal rapporto dell’Eurispes e dell’Istituto San Pio V di Roma in cui si evidenzia che “il ceto medio si trova a subire non più la sindrome della quarta settimana, ma quella della terza settimana”.

Allarme sociale – Secondo l’indagine ormai le famiglie, per far quadrare i conti, per pagare le rate per il mutuo, per far fronte alle spese di affitto, luce, gas e riscaldamento sono costrette ad un difficile gioco d’equilibrio. A ciò si aggiunge l’impressionante aumento del prezzo dei carburanti, arrivato alla soglia di due euro per litro. Poco più di un terzo delle famiglie italiane riesce ad arrivare con serenità alla fine del mese”. In parallelo, l’aumento del credito al consumo nel nostro Paese non è dovuto ad un dinamismo economico, ma solo dettato dalla necessità. Un italiano su quattro ricorre al credito al consumo per poter arrivare alla fine del mese. L’ammontare del credito al consumo, concesso da banche e società finanziarie, registra volumi considerevoli: quasi 94 miliardi di euro nel 2008. Dal 2002 al 2011 il credito al consumo in Italia è cresciuto complessivamente di più del 100%. L’incremento maggiore è stato registrato nelle regioni insulari e meridionali (rispettivamente del 107,7% e 105,5%).

Allarme mutui -
C’è poi il capitolo mutui. Anche in Italia è allarme per l’insolvenza di quelli per la casa. Infatti il numero dei contratti non onorati è in aumento. Il debito complessivo in sofferenza ha superato i 12 miliardi di euro e le famiglie coinvolte sono almeno 500.000. E si tratta di un trend in crescita. Come ricordato in queste ultime settimane anche dalla Caritas, aumenta la povertà definita dell’Eurispes in “giacca e cravatta”, quella che colpisce i ceti medi in difficoltà. Cresce la schiera dei working poors, ossia quei lavoratori che, pur percependo uno stipendio, la sera, non avendo la possibilità di una casa nella quale rientrare, chiedono ospitalità nei dormitori pubblici.

Sindrome della terza settimana – Alla povertà di lungo periodo si va sempre più affiancando una povertà circoscritta a eventi temporanei (diminuzione del salario e/o del potere di acquisto, fuoriuscita ed espulsione dal mercato del lavoro, variazioni nel reddito da pensione o da sussidio, matrimonio, separazione e/o divorzio, malattia o decesso della persona di riferimento economico all’interno della famiglia, ecc.), eventi riferibili a fattori intermittenti e temporanei di vita. Un ceto medio, insomma, conclude il rapporto, “che si trova a subire non più la sindrome della quarta settimana, ma quella della terza settimana”. LIBERO, 29 marzo 2012