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LE TURBOLENZE POLITICHE NON INFLUENZANO I MERCATI. PAROLA DI “MOODY’S”

Pubblicato il 13 dicembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Per mesi ci hanno detto che l’incertezza politica pesava sui mercati. Ora per Moody’s conta poco chi andrà al governo: l’importante è che restino le riforme

Per mesi ci hanno detto che rating, spread e mercati andavano male per “le incertezze politiche” dell’Italia.

Il logo di Moody’s alla sede di New York dell’agenzia di rating

Prima il governo Berlusconi non faceva abbastanza per assicurare l’affidabilità creditizia del Paese, poi nemmeno le riforme di Monti hanno avuto gli effetti sperati, a guardare l’andamento altalenante del differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi.

Ora Moody’s fa retrofront: “Le turbolenze politiche non influenzano i mercati e hanno conseguenze limitate”. Per l’agenzia di rating conta poco chi andrà a Palazzo Chigi a febbraio. Purché mantenga “le riforme strutturali e il consolidamento di bilancio” messi in atto dai tecnici. “Ci aspettiamo che il prossimo governo mantenga gli elementi chiave della legge di stabilità“. Fonte ANSA, 13 dicembre 2012

………………Nemmeno poche ore fa,  tutta la galassia dei profeti italiani, da Bersani a Casini, da Fini al presidente diConfindustria, tutti a scaricare sulla decisione, sempre tardiva, del PDL di “scaricare” Monti la responsabilità della risalita dello spread,  negli ultimi giorni. Solo Monti che forse era a conoscenza della imminente discesa in campo dell’Agenzia di rating internazionale, sia pure con il solito linguaggio ermetico che gli è congeniale, si è smarcato da questa interpretazione di comodo della crisi dei mercati. Ora giunge la dichiarazione di Moody’s che fa strame delle sciocchezze in libertà dei varti Bersani, Fini e Casini, accumunati non solo dall’odio verso Berlusocni – che ha tante colpe! – ma anche dalla profonmda ignmoranza delle leggi del mercato finanziario che non conosce la lingua dei politici ma solo quella degli affari. g.

GLI SPRECHI DEL PARLAMENTO EUROPEO HANNO NULLA A CHE FARE CON LA PACE

Pubblicato il 12 dicembre, 2012 in Economia, Politica estera | No Comments »

Duecento milioni di euro all’anno buttati al vento. Da decenni. Un miliardo e quattrocento milioni di euro che la nostra generazione pagherà dal 2014 al 2020 e che verranno ancora una volta inseriti nel bilancio comunitario nonostante sobrietà, rigore e tagli.

Benvenuti a Bruxelles, ma anche a Strasburgo. Perché in tempi di crisi economica, l’anomalia della doppia sede del Parlamento Europeo è un tema che grida vendetta. E che continua a gravare inesorabilmente sulle tasche dei contribuenti europei. Carovane di politici che da Bruxelles partono per Strasburgo.

Una volta al mese, i 754 deputati, insieme agli assistenti, ai funzionari e ai faldoni, viaggiano alla volta della città dell’Alsazia e si trasferiscono lì per quattro giorni per svolgere la seduta plenaria. In un anno più di cinque mila persone percorrono i 450 chilometri che ci sono tra le due città, chi con un volo charter, chi con un pullman, chi con più di un treno, visto che non ci sono linee ferroviarie ad alta velocità e che solo sei capitali europee, tra cui Parigi, hanno un collegamento diretto con Strasburgo.

Gli unici a felicitarsi della transumanza sono i gestori dei ristoranti e degli hotel che in quel periodo fanno letteralmente lievitare i prezzi di beni e servizi perché tanto pagano i cittadini – ché la comunità servirà pur a qualcosa. Durante la sessione plenaria, i prezzi delle stanze di albergo a Strasburgo lievitano quasi del 100%, per non parlare di quelli di bar e ristorazione. L’argomento non è nuovo ed è stato più volte affrontato dai membri dell’istituzione. Lo scorso 23 ottobre, il 75% dei parlamentari europei ha votato per un ritorno a un’unica sede, fissando la deadline al giugno 2013.

Insomma, quasi tutti sono concordi: quello che il Parlamento stesso ha definito travelling circus (circo itinerante) deve finire. Peccato siano anni che viene emessa questa sentenza, senza però che il Consiglio Europeo faccia nulla. Cosa c’entra il Consiglio? C’entra eccome. Perché per eliminare una delle sedi del Parlamento Ue, bisogna modificare il Trattato di Lisbona, e per fare ciò è necessaria la decisione unanime del Consiglio, appunto.

Solo che tra i membri c’è la Francia, che ha più volte annunciato che porrebbe il veto. Alla nazione di Hollande non andrebbe giù di perdere il flusso turistico-commerciale di Strasburgo. Basti citare un esempio a prova dell’ostracismo d’Oltralpe. Quando il 9 marzo 2012 il Parlamento Ue voto a favore dell’accorpamento e svolgimento di due delle dodici sessioni plenarie nella stessa settimana del mese di ottobre, la Francia si appellò alla Corte di Giustizia Europea. Non stupisce dunque che si areni sempre tutto. Nonostante le reiterate richieste trasversali dei membri del Parlamento e nonostante il volere dei cittadini.

Una petizione lanciata dall’allora commissario per gli Affari Interni, Cecilia Malmström, e poi rilanciata da due parlamentari europei (Edward McMillan-Scott e Alexander Alvaro) dal nome SingleSeat e favorevole alla sede unica di Bruxelles è stata firmata da circa un milione e duecentomila cittadini europei.

Le sessioni plenarie, tra costi per viaggi, staff e altre voci, gravano circa 200 milioni euro all’anno. Se il Parlamento avesse una sola sede operativa, il risparmio sarebbe enorme. Senza parlare poi dell’inquinamento atmosferico e delle emissioni di anidride carbonica prodotte, contro le quali l’Ue è in prima linea nel porre limiti agli stati membri salvo poi razzolare male. Infatti, secondo il rapporto del Parlamento Ue, se ci fosse solo una sede si risparmierebbero 19mila tonnellate di CO2 all’anno emesse nell’atmosfera.

Nel 1989, il Parlamento adottò una risoluzione nella quale veniva dichiarato che l’assenza di una singola sede porta a far sì che l’elettorato europeo trovi difficoltà a identificarsi con il Parlamento Europeo. Insomma, la preoccupazione che l’Ue fosse un oggetto politico non identificato era ben presente già 30 anni fa. Da allora a oggi non è cambiato nulla, se non che sono aumentate e affiorate decine e decine di agenzie e di uffici dispersi tra tre diverse città, perché una parte degli uffici amministrative hanno sede in Lussemburgo. Non c’è due senza tre, insomma.

L’ultimo emendamento approvato dal Parlamento Ue con 432 voti a favore, 218 contrari e 29 astensioni, sostiene che l’UE, nel contesto delle politiche di austerità in corso, debba dimostrare responsabilità e prendere misure concrete immediate per stabilire una sede unica per il Parlamento. Al momento, sembra che l’austerità non collimi con questo progetto. Se a ciò si aggiunge che la sede del Parlamento Ue di Strasburgo è costata quasi 500 milioni di euro ed è praticamente vuota nove mesi l’anno e che tra i progetti dello stesso Parlamento c’è quello della Casa della storia europea, un museo in costruzione a Bruxelles nel quale verrà mostrata la storia del dopoguerra e che costerà 50 milioni di euro (sarà completato nel 2015), ecco che il rigore lascia spazio alla crescita. Della spesa, però. 12 dicembre 2012

.…………….Le caste, di ogni dove, vivono alla grande alle spalle dei popoli. L’Unione Europea che autorizzò i bombardamenti di Belgrado sotto i quali morirono bambini,  donne e anziani, è stata insignita del Premio Nobel per la Pace dopo aver fatto la guerra con i missili e le bombe prima e con le rappresaglie economiche dopo, cioè ora, contro i paesi più deboli, come la Grecia, o meno solidali come noi, l’Italia. Questa satessa Unione Eurpea, menre affama i popoli, spende e spande per meglio godere dei privilegi acocrfdati alla casta, non solo quella politica, sopratutto l’altra, la peggiore, cioè quella burocratica. C’è chi ha scrftto chese  il comunismo è morto,  alla sua morte è sopravissuta la burocrazia, riferendosi a qeula sovietica.  Evidentemente non conosce quella asserragliata nei polverosi e spesso deserti saloni dei palazzi di Bruxelles  e di Strasburgo da dove amministrrano ormai non più la crescita ma la morte per inedia dei popoli europei. Talvolta, purtroppo, con l’aiuto di qualche maldestro professorone italiano, tanto saccente quanto refgrettario alle critiche. Parliamo di Monti, di altri sennò? g.

DAGOSPIA RIVELA UN PIANO PER METTERE L’ITALIA NELLE MANI DEI BANCHIERI

Pubblicato il 7 dicembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Nei bar puzzolenti della City dove si ritrovano i trader con le bretelle rosse, non si percepisce la paura dell’Apocalisse per la discesa in campo di Mister Berlusconi e per l’eventuale fine del Governo Monti.

MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpegMARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpeg

Questo secondo evento era già stato previsto da alcune settimane, e gli analisti più intelligenti quando parlavano del Professore di Varese, lo definivano con le parole di Oscar Wilde: “un bicchiere di talento in un mare di ambizioni”.

HOLLANDE MONTI MOAVERO GRILLI A BRUXELLESHOLLANDE MONTI MOAVERO GRILLI A BRUXELLES

Che il premier italiano avesse il fiato corto ed esaurito tutte le cartucce è parso più chiaro che mai durante la conferenza stampa di ieri sera dove Monti aveva stampata sul viso un’aristocratica desolazione.

A confermare la parentesi del suo Governo e la precarietà del sistema-Italia ci aveva pensato il pallido Vittorio Grilli quando il 14 novembre era volato a Londra per una serata di beneficienza e si era attovagliato con il gotha della finanza italiana d’oltre Manica.
La cena era strettamente privata e intorno al tavolo c’erano tutti i personaggi che contano nelle banche e nei fondi italiani e stranieri che operano nella City desiderosi di saperne di più sullo stato di salute della Penisola e sulle intenzioni del Governo.

DRAGHI E MERKELDRAGHI E MERKEL

Tra i presenti c’era pure Davide Serra, il gestore del fondo Algebris che in quei giorni si era esposto con parole e quattrini per sostenere la candidatura del suo amico di Firenze, Matteuccio Renzi.

A Grilli piacque molto il clima familiare e riservato di quell’incontro ed è questa la ragione per cui non si sottrasse alle domande neanche quando gli fu chiesto se il Governo avesse intenzione di chiedere lo stato di crisi alla “troika” composta dagli uomini in grigio di Ue, Fondo Monetario e Bce.

CHRISTINE LAGARDE FOTOCHRISTINE LAGARDE FOTO

La risposta di Grilli fu chiara e limpida: “probabilmente – disse il pallido ministro – chiederemo lo stato di crisi prima di aprile”.

Alle orecchie del pubblico attento, sofisticato e informato queste parole, pronunciate con flemma tipicamente inglese, non sono calate come una bomba e come l’inizio di una tragedia, bensì come una sorta di rassicurazione a conferma che un piano esiste veramente se i mercati internazionali dovessero decidere di picchiare duro sull’instabilità della politica italiana.

Bersani MontiBersani Monti

I giornali italiani, piu’ attenti alle vicende personali di Grilli e alle sue telefonate con Ponzellini, non hanno dato grande rilievo a questa importante affermazione del numero Uno del tesoro che Dagospia nella sua infinita miseria ha raccolto non soltanto nei bar puzzolenti della City, ma anche da un partecipante alla cena caritatevole. E c’è da chiedersi a questo punto perché gli ospiti della serata, che si è svolta il 14 novembre, siano usciti dal convivio senza comunque attaccarsi ai monitor per mandare un segnale a Monti e alle forze politiche che fino a ieri lo hanno sostenuto.

DRAGHI-NAPOLITANODRAGHI-NAPOLITANO

Secondo le indiscrezioni raccolte, la richiesta dello stato di crisi e l’intervento eventuale della “troika” prima delle elezioni di primavera, permetterebbe all’attuale Governo di negoziare e di definire direttamente le condizioni che l’Italia sarebbe tenuta a rispettare negli anni a venire. E ciò dovrebbe valere indipendentemente da chi vada al Governo. In pratica, il piano messo a punto da Napolitano e dal Professore di Varese sarebbe quello di creare le condizioni per cui chiunque arrivi a Palazzo Chigi a marzo o ad aprile (si chiami Monti oppure Bersani) si trovi con i giochi già fatti e non possa che allinearsi alla cintura di sicurezza rappresentata dai dettami dei tre uomini in grigio della “troika”.

mario DRAGHI E MONTImario DRAGHI E MONTI

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di fantaeconomia, mentre per altri il piattino di un’Italia a sovranità limitata sarebbe servito a dovere senza la possibilità di uscire dal gioco stretto delle istituzioni internazionali come la BCE che il 5 agosto dell’anno scorso inviò la famosa lettera provocando la caduta del Cavaliere impenitente.

Il preludio allo scenario della “troika” che sbarca in Italia si vedrà a gennaio quando i tecnici del Fondo Monetario sbarcheranno a Roma per analizzare il sistema finanziario del Paese.

PIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARIPIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARI

Qualcuno come il boccoluto Giuseppe Mussari, presidente dell’Abi, ha già capito che non sarà una visita di cortesia e ha rilasciato una dichiarazione di guerra dai toni preoccupati che suona così: “se questo è un percorso per inventarsi un nuovo cataclisma, abbiamo tempo per prepararci”.

L’ex-capo di MontePaschi parla a nome dell’Abi, l’Associazione dei banchieri, e teme che l’arrivo dei tecnici del Fondo Monetario consenta di ficcare il naso dentro le banche e la loro enorme mole di crediti deteriorati.

Da parte sua Grilli non sembra in preda al panico per la svolta politica e per una crisi dei mercati che potrebbe flagellare il nostro Paese. E lo dimostrano gli incontri di cui parla oggi il quotidiano “MF” che sono stati avviati al Tesoro alla fine di novembre e continueranno nei prossimi giorni con gli esponenti delle roccaforti finanziarie internazionali.

VITTORIO GRILLIVITTORIO GRILLI

Al ministero di Grilli chiamano questi incontri “brown bag lunch meeting” (pasti veloci da consumare in compagnia) e i primi sono già avvenuti con il capo economista per l’Europa di Barclays, e con una giovane donna, Silvia Ardagna (39 anni originaria di Caserta), che oltre ad insegnare ad Harvard ha la carica di senior economist ed executive director nella banca d’affari Goldman Sachs. L’agenda di Grilli prevede che il prossimo 21 dicembre incontrerà Robert Chote, uno dei più stretti collaboratori del Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne.

DAVIDE SERRADAVIDE SERRA

Non è previsto invece alcun incontro con Davide Serra, e qui ritorniamo alla serata del 14 novembre con il gotha della finanza italiana quando tutti i partecipanti hanno notato come il ministro si tenesse lontano dal finanziere delle Cayman che si è speso tanto per il sindaco di Firenze.

Molti nella City hanno spiegato che la diffidenza di Grilli nasce dalla vicinanza molto intima tra l’uomo di Algebris e Corradino Passera. Addirittura c’è chi nei bar puzzolenti del Tamigi giura che ad accendere il fuoco sacro di Serra per il sindaco di Firenze sia stato proprio il ministro ex-banchiere che ieri, con una gaffe apparentemente innocente, ha messo sul tavolo di un futuro governo a guida Bersani la sua fiche per una poltrona ministeriale.

Corrado PasseraCorrado Passera

Adesso è inutile tornare a chiedersi se la sparata di Passera contro Berlusconi sia stata concertata anche grazie alla sua amicizia con Davide Serra, conosciuto dai tempi in cui il Corradino banchiere investiva quattrini di BancaIntesa nei fondi Algebris. Ed è una perdita di tempo capire se il finanziere di Genova e il sindaco fiorentino sono diventati amici per merito di Corradino Passera.

Più interessante è scoprire quali saranno i passi finali del Governo Monti e del suo ministro del Tesoro. Il Professore di Varese non vuole che la sua parentesi di artista dell’austerity si chiuda in un modo banale. Ma è difficile immaginare che voglia passare alla storia non solo per l’inchiostro nero del rigore, ma anche creando le condizioni per un lasciapassare alla “troika” che ha già previsto di mettere sotto tutela il nostro Paese. Fonte:DAGOSPIA, 7 dicembre 2012

NEL 2013 LA PRESSIONE FISCALE SALIRA’ AL TETTO RECORD DEL 45,8%.

Pubblicato il 6 dicembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Pressione fiscale alle stelle. La stima fatta dall’ufficio studi di Confcommercio raggiungerà, nel 2012, quota 45,2%, a fronte della stima del governo del 44,7%, per arrivare fino al 45,8% nel 2013.

La pressione fiscale, “arrivata alla soglia record del 55%, calcolando anche il sommerso, è a livelli insostenibili e insopportabili” afferma il presidente Confcommercio Carlo Sangalli. La congiuntura economica negativa avrà effetti, inevitabilmente, sui consumi delle prossime festività: “E’ un record negativo che diventa insopportabile – ha sottolineato Sangalli -. L’effetto recessivo non risparmierà nemmeno il Natale. Ogni famiglia spenderà per consumi il 13,2% in meno del 2011″.

Per la quasi totalità degli italiani (il 95,4% degli italiani) il prossimo “sarà un Natale dimesso”. E il 13,7% non farà regali (l’anno passato il dato era all’11%). Fortunatamente la depressione non ha preso il sopravvento: l’86,3% degli italiani ha ammesso che farà regali. Anzi, qualcuno, si è già mosso per tempo: il 13,2% ha fatto acquisti già nella prima metà di novembre. E per risparmiare si utilizza di più internet (acquisti online aumentati dal 13% al 28%). Complessivamente si spenderà di meno: il budget di spesa rispetto al Natale precedente sarà inferiore per il 51,4% degli intervistati, uguale per il 46,9%, superiore solo per l’1,7%. Gli italiani spenderanno fino a 300 euro nell’89,5%. La spesa media pro capite per i regali di Natale sarà comunque di 164 euro.

Capitolo tasse. L’Imu per il 2012 vede triplicare le entrate per lo Stato rispetto all’Ici, passando da 9 a 28 miliardi: se si confronta questa cifra con i dati del governo che stimano, con le aliquote provvisorie, il gettito in circa 21 miliardi, sono disponibili 7 miliardi in più. Confcommercio chiede di utilizzare questo maggior gettito dell’imu, stimabile da 3 (nell’ipotesi minima di 24 miliardi) a 7 miliardi per ridurre le tasse. “Il maggior gettito imu, il tesoretto deve essere restituito alle famiglie” ha sottolineato il presidente di Confcommercio, indicando come “può essere l’occasione per alimentare subito il fondo taglia-tasse, riducendo quelle delle imprese, o per derubricare definitivamente il paventato incremento dell’Iva”.

……Mentre questi dati girano sul web, si incrociano le notizie sulla imminente crisi del governo tecnico e sul ritorno di Berlusconi sulla scena. Si vada al voto e si restyiuisca alla politicva il ruolo che le spetta, confinando i cosiddetti tecnici che in in questo anno hanno combinato pastyicci senza risolvere nessun problema al loro ruolo, al più di consulenti, ma senza soldi e prebende. g.

PIL TAGLIATO E CONSUMI IN PRECIPITOSO CALO: SERVE UNA NUOVA MANOVRA. E LORO, IL GOVERNO DEGLI INCAPACI, SE LA RIDONO. TANTO CI SONO LE TASSE DA AUMENTARE….

Pubblicato il 27 novembre, 2012 in Economia, Il territorio, Politica | No Comments »

L’Italia potrebbe avere bisogno di una nuova manovra e si trova a fare i conti con il maggior calo dei consumi dalla seconda guerra mondiale. A lanciare l’allarme è l’Ocse che ha tagliato l’outlook per il nostro Paese. Le previsioni dell’Organizzazione di Parigi sono più pessimiste di quelle del governo. Secondo l’Ocse, il Pil nel 2013 calerà dell’1%, contro la flessione dello 0,4% stimata in precedenza. Per il prossimo anno l’esecutivo ha previsto invece una contrazione pari ad appena lo 0,2%. L’Organizzazione parigina ha inoltre rivisto al ribasso le stime per il 2012, con il Pil che e’ ora previsto in calo del 2,2%, contro la flessione dell’1,7% stimata lo scorso maggio. Il deficit dovrebbe scendere al 3% del Pil quest’anno e al 2,9% nel 2013. L’esecutivo nella Nota di aggiornamento al Def aveva invece stimato un indebitamento netto pari al 2,6% quest’anno e all’1,6 il prossimo. Alla luce della nuova previsione l’Italia, sottolinea l’Ocse, potrebbe avere bisogno di una nuova stretta fiscale nel 2014 per rispettare l’obiettivo di una riduzione del debito al 119,9% del Pil nel 2015. Ma per il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, una nuova manovra non è necessaria. “Se hanno messo dei condizionali – ha osservato il ministro – dovrei guardare con attenzione quello che dicono però ritengo che, così come vediamo nei nostri scenari, è chiaro che noi abbiamo un bilancio in pareggio anche nel 2014″. Secondo l’Organizzazione di Parigi, inoltre, le misure di austerità varate dal governo Monti hanno causato il maggior calo dei consumi registrato dal secondo conflitto mondiale. “Il consolidamento fiscale, pari quest’anno a quasi il 3%, ha indebolito la domanda interna, e i consumi privati sono scesi al tasso maggiore dalla Seconda Guerra Mondiale”, afferma l’Ocse che tuttavia esprime fiducia nel cammino di risanamento tracciato dall’esecutvio. Le riforme varate dal governo Monti, in particolare quella del mercato del lavoro, spiega l’Ocse, riusciranno a sollevare l’Italia da una decade di stagnazione economica e l’esecutivo che gli succederà dovrà proseguire sulla stessa linea di riforme strutturali e consolidamento fiscale. “Una marcia indietro – aggiunge l’organizzazione – danneggerebbe sia la fiducia dei mercati che la crescita”. L’Ocse vede nero sul fronte del lavoro. Il tasso di disoccupazione in Italia, stimato al 10,6% nel 2012, è destinato a salire all’11,4% nel 2013 e all’11,8% nel 2014. Il tasso di disoccupazione nell’Eurozona e’ invece previsto all’11,1% quest’anno, all’11,9% nel 2013 e al 12% nel 2014. Segnali poco incoraggianti arrivano anche dalla Banca d’Italia: il reddito reale delle famiglie italiane subirà quest’anno “una diminuzione anche piu’ marcata di quella, del 2,5%, avutasi in occasione della recessione del 2009″. Il Tempo, 27 novembre 2012

BUON NATALE DA MONTI: TREDICESIME AZZERATE, PER TUTTI, MENO CHE PER LA CASTA

Pubblicato il 25 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Ultima rata Imu, mutui e bolli prosciugano il 90% della mensilità straordinaria. Consumi ridotti ai minimi

Roma Tredicesime all’osso, consumi in calo e risparmi che se ne vanno in tasse. Il secondo e ultimo Natale del governo tecnico non promette nulla di buono.

Non c’è uno dei classici indicatori pre festività che salvi queste ultime settimane dell’anno. La prima brutta notizia di ieri è un calcolo realizzato dall’Adusbef sulle tredicesime, che sono in calo ancora una volta.

Il monte delle gratifiche, stima l’associazione consumeristica, passa da 35 miliardi a 34,5. meno 1,4%. Il problema è che quello che resta dell’assegno di dicembre, difficilmente potrà essere utilizzato per i regali. Il 90,7% della tredicesima (31,3 miliardi) secondo l’associazione sarà mangiato da Imu, l’imposta introdotta dal governo di Mario Monti, dalle altre tasse, dai mutui e dai bolli. Sotto l’albero (o magari nel conto in banca, per chi aveva già messo in conto un Natale sobrio) resta un 9,3% della gratifica. «Perlomeno il governo eviti almeno l’Iva», ha commentato l’Adusbef. Richiesta impossibile da realizzare. La legge di stabilità ha salvato per il momento l’aliquota agevolata che resterà al 10%, ma quella ordinaria, che si applica alla maggioranza di beni e servizi, aumenterà al 22%. In ogni caso solo da luglio. Quindi, almeno da questo punto di vista, le feste sono salve.
Un problema di sostanza, ma anche psicologico. I consumatori sono pessimisti, ha certificato ieri Confcommercio. Quasi sette italiani su dieci, infatti, ritengono che il Natale 2012 risentirà fortemente della grave crisi economica in atto. E la quota di quelli che non faranno regali, quest’anno crescerà dall’11,8% del 2011 al 13,7%. Resta comunque elevata, spiegano i commercianti, la quota di italiani che farà regali: l’86,3%. «Sarà un Natale sobrio», ha commentato il presidente della confederazione, Carlo Sangalli dichiarandosi comunque fiducioso «nella resistenza delle famiglie italiane, che è certamente una grandissima risorsa».

Gli unici consumi che sembrano non risentire della crisi, e questa volta il dato è di Coldiretti, sono i prodotti alimentari nazionali. In alcuni settori, rilancia il Codacons, i cali degli acquisti natalizi raggiungeranno il 20 per cento. Per evitarlo, propone il presidente dell’associazione Carlo Rienzi, si potrebbe istituire il 14 dicembre un «black friday», cioè un giorno di super sconti, come nei paesi anglosassoni.
In realtà, servirebbe una svolta. L’agenda del prossimo esecutivo hanno provato a scriverla ieri a Milano i presidenti di Confindustria e di Confcommercio, accomunati anche dal forte richiamo alla stesura di una nuova legge elettorale. «Spero che il prossimo governo possa governare con una base parlamentare solida e senza i tanti vincoli che purtroppo quello in carica ha avuto», ha detto Giorgio Squinzi. Le priorità? «Eliminare l’abuso di diritto fiscale che rappresenta un cappio al collo per le imprese», ha precisato ricordando che tra le tasse più inique sicuramente c’è l’Irap che contribuisce «a far salire al 50% il carico fiscale che le imprese pagano in Italia».

Il problema, tuttavia, non risiede solo nella difficoltà di realizzare una vera semplificazione della macchina burocratica e un conseguente taglio dei costi della pubblica amministrazione, ma nell’ottenere – di pari passo – un’automatica diminuzione del carico fiscale. «Nella spending review – ricorda il numero uno di Viale dell’Astronomia – Monti ci aveva promesso che l’Iva non sarebbe stata toccata, dopo quattro ore si è rimangiato la parola».
Quella spada di Damocle (l’incremento di un altro punto dal 21 al 22% nel prossimo luglio, ndr) spaventa Sangalli. Occorre che il prossimo governo abbia «consapevolezza che i consumi valgono l’80% del Pil e perciò bisogna derubricare anche l’aumento dell’Iva, una doccia gelata sui consumi». Proprio nel momento in cui dovrebbe iniziare la ripresa. Il Giornale, 25 novembre 2012

LA CUCCAGNA E L’INFERNO DELLE TASSE

Pubblicato il 22 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Mentre i partiti continuano a disertare i problemi reali giocando sopra e sotto i banchi parlamentari per ritagliarsi regole elettorali ad uso e consumo della loro magra sopravvivenza, ma facendo credere di farlo in nome della «governabilità», i contribuenti pagano in questi giorni i loro cosiddetti anticipi d’imposta. E passano allo Stato, più o meno, fra Irpef e seconda rata dell’Imu-ex Ici, la tredicesima che debbono ancora riscuotere. Di cui una volta riuscivano a salvare qualcosa destinandola alle spese straordinarie della famiglia, compresi – per chi se li poteva permettere – gli acquisti per le feste di fine anno. Quelle alle quali si stanno preparando, poveretti, i commercianti con gli addobbi natalizi, se sono riusciti a tenere ancora aperti i loro negozi, sperando di attirare la clientela. Il Fisco tuttavia ci assicura, dati alla mano, per quanto risalenti agli anni scorsi, prima dei salassi imposti dalla crisi economica e finanziaria in corso, che più di quattro milioni di contribuenti, pari ad oltre il 20% del totale, effettuano spese «non coerenti» con i redditi che dichiarano, molte volte persino vicini allo zero. E si prepara con il redditometro a fare le pulci ai furbi e a intensificare la caccia agli evasori. Speriamo naturalmente che lo faccia nella direzione giusta, senza scambiare per furbo chi non lo è, e continuare a lasciarsi scappare gli evasori. Quelli veri. Che sono tanti e continueranno ad esserlo, allegri e sfrontati tra di noi, che paghiamo le tasse e simili, al posto loro. Da questa storia, diciamo pure da questa cuccagna per chi non paga, o da questo inferno per chi paga tutto e di più, non importa se per onestà convinta, e naturalmente lodevole, o per l’impossibilità materiale di evadere, percependo solo redditi più o meno fissi con trattenute alla fonte, si potrà uscire davvero solo in un modo. Dando ai contribuenti la convenienza di stanare loro direttamente gli evasori con la deducibilità di tutte le spese documentate. Un metodo che i nostri partiti e governi, tutti, politici e tecnici, si ostinano invece a scartare, o addirittura a contrastare, come ha dimostrato la sconcertante stretta alle deduzioni nella legge ex finanziaria, oggi di «stabilità», in votazioni di fiducia alla Camera. Francesco Damato, Il Tempo, 22 novembre 2012

……………….Abbiamo sentito ieri sera nella gtrasmisisone di VESPA le rassicurazioni del capo dell’Agenzia per le Engrate, Befer (assomiglia tanto, purtroppo, a Himmler, il capo delle SS hitleriane che varrebbe la pena camiasse aspetto…) sujl nuovo “redditest” che entrerà in funzione a gennaio. Assicura Befera che il fisco non vuole essere persecutorio, che gli scostamenti tra reddito ed uscite sino al 20% sono fisiologiche, etc, etc, ma chi si fida? Specie se il fisco e per esso il govenro si rifiuta di fare ciò che il buion senso (e l’America) dovrebbero consigliare di fare: indurre i contribuenti ad essere i primi agenti del fisco attrraverso la deduzione dalle tasse di tutte le spese, magari in pecentuali defferenziate, sicche da trovare ragioni per pretendere che nessuno pagvhi o ricevi in nero. Ma clome rleva Damato chissà perchè qauersta norma di buon senso non trova spazio nella legislazione italiana al posto di tante parolone contro l’evasione che ammonta a 120 miliardi di euro. Chissà perchè!??g.

IL REGALO DI MONTI ( E DEI PARTITI) AGLI ITALIANI: IN UN ANNO 35 MILIARDI DI TASSE IN PIU’

Pubblicato il 21 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Per Confesercenti, quest’anno ogni famiglia pagherà 1450 euro in più rispetto all’anno scorso. Italia fanalino di coda in Ue anche per le tasse sulle imprese: sono il 68,3% dei profitti

Nel 2012 pagheremo 35 miliardi in più rispetto all’anno scorso. Su ogni famiglia peseranno quindi 1450 euro a famiglia in più per effetto delle tre manovre approvate nell’ultimo anno e la pressione fiscale toccherà il 44,7% del pil (2,2 punti rispetto al 2011).

Secondo Confesercenti, l’Italia è al terzo posto tra i 27 paesi Ue per la pressione fiscale. Tasse più alte ci sono solo in Danimarca e Svezia. Rispetto alla media europea sono 5 punti in più: in pratica 10 euro al giorno per famiglia in più rispetto ai nostri vicini di casa.

E peggio andrà nel 2013, quando la pressione fiscale raggiungerà il 45,3% del Pil: 9 miliardi in più rispetto al 2012 (44 miliardi in più dell’anno scorso). E cioè altri 380 euro per famiglia. A pesare sono soprattutto le imposte locali: fra il 2000 e il 2011 il prelievo di regioni, province e comuni è aumentato del 41% rispetto al 34% a quelle dello Stato. La possibilità di aumentare le aliquote per gli enti locali fa pensare che nei prossimi anni questo divario aumenti.

Pmi e lavoratori dipendenti, tra l’altro, scontano Irap, Irpef e addizionali locali: per loro l’aumento sarà di 1,5 punti quest’anno e, progressivamente, di 2,5 punti fino al 2018.  L’aumento dell’Iva, poi, farà cadere consumi e fatturato. Senza contare che molte aziende preferiscono non modificare i prezzi per non disincentivare ulteriormente gli acquisti.

Alle imposte, inoltre, vanno aggiunti i costi per burocrazia e contabilità. Specie per le piccole e medie imprese che spendono ogni anno 26 miliardi di euro. L’Italia, del resto, è il fanalino di coda in Europa per carico fiscale sulle aziende. A dirlo stavolta è la Banca Mondiale, secondo cui la pressione fiscale è del 68,3% dei profitti, rispetto a una media europea del 42,6% e mondiale del 44,7%. A livello mondiale non va meglio: l’Italia è al 131esimo posto su 185 Paesi interessati dall’indagine. Il Giornale, 21 novembre 2012

.…..Eppure Monti si vanta di essere ben visto dagli italiani. Non sa quanto…lo prenderebbero volentieri a calci in quel posto dove non batte mai il sole.

COME SI FA A VIVERE CON QUESTE PENSIONI?

Pubblicato il 20 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Inps, più della metà dei pensionati prende sotto i mille euro

Secondo il bilancio sociale Inps, sono 7,2 milioni le persone che prendono sotto i mille euro. Il 17% dei pensionati può contare su un reddito sotto i 500 euro

Oltre metà dei pensionati ha una pensione sotto i 1000 euro al mese. Il dato emerge dal bilancio sociale Inps e riguarda 7,2 milioni di persone.

Il 17% dei pensionati può contare su un reddito sotto 500 euro, il 35% tra 500 e 1000 euro. Il 24% ha assegni tra 1000 e 1500 euro, il 2,9% oltre i 3000. Le pensioni sotto 1000 euro sono il 77%.

Nel 2011 la spesa per le pensioni (inclusi gli assegni di accompagnamento per gli invalidi civili) è ammontata a 194,4 miliardi, in aumento dell’1,7% rispetto al 2010. La spesa previdenziale è aumentata del 2,5% a 169,8 miliardi mentre per le sole pensioni di vecchiaia e anzianità la spasa è stata pari a 131,543 miliardi (+3,6%).

Se invece del reddito complessivo si guarda alla singola pensione  l’importo medio è di 780 euro con grandi differenze tra quelle previdenziali (870 euro) e quelle assistenziali (406 euro).

“In totale quasi 4 milioni di lavoratori hanno percepito un ammortizzatore nel 2011″, segnala l’Inps spiegando che “se la cassa integrazione ha coinvolto in tutto più di 1,4 milioni di lavoratori, la mobilità ne ha interessati oltre 236mila, la disoccupazione nel suo complesso (agricola, non agricola e a requisiti ridotti) più di 2 milioni”.

“Se si tiene conto che i lavoratori dipendenti iscritti all’Inps nel 2011 sono stati quasi 13 milioni «ne deriva – si legge nel bilancio – che quasi un terzo dei lavoratori sono stati interessati nello stesso anno da qualche forma di ammortizzatore sociale”.

Infine, per quanto riguarda il lavoro in nero, nel 2011 l’inps ha condotto 73.722 ispezioni che hanno permesso di individuare 45.036 lavoratori completamente in nero e di accertare più di 981 milioni di euro di omissioni contributive e sanzioni.  Il Giornale, 20 novembre 2012

…………….Ce lo dica Monti come si fa a vivere con pensioni di questo importo. Invece di concionare un giorno si e l’altro pure sul come è bello, bravo, intelligente, il suo governo, ci spieghi come fanno a vivere i pensionati sui quali pesano le tasse indirette come su tutti gli altri, specie i rincari annunciati delle tariffe elettriche e del gas, proprio mentre arriva il generale inverno che se sconfisse Napoleone con i pensionati può far di peggio sui pensionati per i quali l’inverno è il nemico peggiore e dai cui rigori ci si difende cioprendosi e riscaldandosi. Ma colme fanno a coprirsi e a riscaldarsi i pensionati co n le pensioni al minmo con cui devono far fronte alle esigenze mininme gioornaliere e a pagare le tasse ad uno Stato sempre più esoso che non ci pensa minimamente a ridurre le spese  ad incominciare da queklle della politica che, noniostante le chiacchiere da cxrtile del premier Monti, sono rimaste oggi quelle che rano un anno fa.  Intanto si avvicina a grandi passi l’election day: i partiti che aspirano ad ottenre il voto degli italiani oper governarli devono dimostrare con i fatti che la vollontà di cambiare non è semplice  enuciazione ma reale obiettivo di governo. Dati i precedenti è difficile che riescano ad essere credibili, ma che almeno ci provino. g

CON IL NUOVO REDDITOMETRO PIU’ TASSE FINO A 9MILA EURO

Pubblicato il 19 novembre, 2012 in Costume, Economia, Politica | No Comments »

Il nuovo redditometro entrerà in vigore il primo gennaio 2013. La settimana prossima, martedì per l’esattezza, sul sito dell’Agenzia delle entrate sarà disponibile il programma con cui  ciascun contribuente potrà verificare se le tasse che paga e il reddito dichiarato sono «congrui». Vale a dire se sono in linea con il tenore di vita che ha. In attesa di fare la verifica c’è però una certezza: col nuovo «redditest» pagheremo più tasse. Come del resto ci hanno abituato da un anno a questa parte i Professori al governo. A fare il calcolo è stato l’ufficio studi della Cgia di Mestre che ha stimato gli effetti sulle tasche dei contribuenti dei nuovi meccanismi di calcolo presuntivo dei redditi. Identici per tutti, si tratti di lavoratori autonomi, dipendenti o pensionati.

Ebbene, le conseguenze rischiano di essere molto pesanti: con un maggior reddito stimato dal fisco pari a 10.000 euro, se il contribuente raggiunge un accordo con l’Agenzia delle entrate che gli sconta il reddito imponibile del 5%, tra maggiori imposte e sanzioni ridotte dovrà versare tra i 4.250  e i 5.640 euro. Se al contrario non accetta la proposta degli «sceriffi» di Befera e fa ricorso alla Commissione tributaria rischia una sanzione quasi doppia. Nel malaugurato caso in cui, alla fine dei due gradi di giudizio previsti per il contenzioso tributario dovesse perdere, sarà costretto a versare all’Erario e  se alla fine dei due gradi di giudizio dovesse malauguratamente perdere , il contribuente sarà chiamato a versare all’Erario tra i 6.815 e gli 8.906 euro.  Dunque sui 10.000 euro di «maggior reddito» presuntivamente accertato dall’Amministrazione finanziaria il contribuente potrebbe essere costretto a pagarne quasi 9.000 fra imposte e multe.

Le simulazioni, sottolinea l’ufficio studi del’associazione artigiani mestrini, sono state fatte su tre fasce di reddito lordo annuo: 20.000, 40.000 e 80.000 euro. Al di sotto dell’ultima soglia, fanno presente dalla Cgia, si trova il 98%  dei contribuenti italiani. Quindi non è per nulla un caso di scuola.

La nuova versione del redditometro ha affinato un meccanismo in base al quale l’Agenzia delle entrate ha la possibilità di ricostruire a tavolino i redditi degli italiani, autonomi o dipendenti che siano, sulla base delle spese che ciascuno di noi ha effettuato. Nel caso in cui il reddito presunto, ricalcolato cioé dagli sceriffi del Fisco anche in base a  serie di indici fissati a priori,  superi di almeno il 20%  quello dichiarato,  il contribuente verrà convocato e dovrà giustificare lo scostamento fra le spese effettuate e il reddito dichiarato. Con una precisazione: non tutte le spiegazioni saranno ritenute ammissibili dall’amministrazione finanziaria.  «La normativa – spiega  il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi  – limita la possibilità di dimostrare che le spese realizzate dal contribuente siano avvenute con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta». Per capire quali siano le spiegazioni accette e quali no non resta che aspettare qualche giorno. A poco vale ricordare che lo «Spesometro» ha carattere presuntivo. «Al contribuente – puntualizza Bortolussi – dovrebbe essere consentito di discutere anche su come sono state conteggiate le maggiori richieste avanzate dal fisco». LIBERO, 19 novembre 2012

.….Ecco cosa ci aspetta, uno Stato di polizia fiscale che ci costringerà a pagare anche quando abbiamo ragione per timore di pagare il doppio, proprio come avviene per le multe stradali: se ricorri al Prefetto contro u na mula e il Prefetto ti dà tgorto sulla scortta dello stesso ente che ti ha multato, paghi il doppio. Un modo piratesco per sconsigleire di ricorrere contro lo stato esoso e spesso “malavitoso”. E’ lo Stato che piace al signor Monti che se ne è andato a predicare sulle poche virtù  civiche degli italiani negli stati arabi dove come è noto la libertà pesonale, la democrazia, il rispetto delle persone è al massimo grado e dove comanda chi viene eletto dai cittadini ….sic, doppio, e triplo sic. g.