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L’ANNIVERSARIO NERO DEL GOVERNO TECNICO. ECCO COME MONTI CI HA AFFOSSATO, di Renato Brunetta

Pubblicato il 18 novembre, 2012 in Costume, Economia, Politica | No Comments »

È passato un anno. E per favore, lasciamo perdere le strumentalizzazioni e i luoghi comuni. Lasciamo perdere la retorica e facciamo solo i conti, con onestà intellettuale e politica.

Facciamo il bilancio di un’esperienza di governo eccezionale e di una politica economica, anch’essa eccezionale, che non abbiamo voluto noi, ma ci è stata imposta dalla Germania.

Tiriamo le somme di un riformismo forzato, massimalista e conservatore al tempo stesso, ma che ha finito per produrre più danni che benefici.
È giunto il tempo di giudicare il governo, i suoi ministri, per troppe volte apparsi più burocrati che autorevoli tecnici illuminati. Oppure personaggi in cerca di un futuro politico, che saltano da un convegno all’altro, da una dichiarazione all’altra, piuttosto che disinteressati servitori dello Stato.

Un nome per tutti: Corrado Passera, un misto di velleità, impotenza, luoghi comuni e presunzione. Con gli altri membri dell’esecutivo ostaggi, più o meno consapevolmente, dei loro ministeri, degli interessi costituiti, del gattopardismo romano. Viziati dai troppi decreti legge, dalle troppe fiduce, poste e ottenute, dal non dover rendere conto a nessuno. Garantiti solo dalla Sua persona.

Una politica economica che senza tante analisi ha sposato acriticamente un percorso di austerità che ha prodotto la recessione. Sbagliando pure i conti. Una recessione peggiore del previsto, che ha finito per far mancare gli obiettivi per cui il rigore era stato voluto. Ma questi tecnici, di Angela Merkel e di casa nostra, non studiano? Non leggono i rapporti internazionali? Non capiscono che il mondo è cambiato, e che quindi devono cambiare anche le ricette di politica economica?

Non un indicatore socio-economico, in quest’anno, ha mostrato segno positivo. Vorrà pur dire qualcosa? L’Eurozona è in recessione (-0,1%): ci può spiegare perché? Non sarebbe il caso di mettere un punto fermo, cominciare a ridiscutere quello che è stato fatto nell’Ue in questi 4 anni di crisi? Non sarebbe il caso di chiedere all’Europa se le politiche sangue, sudore e lacrime e i compiti a casa siano state e siano quelle giuste? Non è bello, non è onesto veder andare in crisi tutti i paesi tranne uno: la Germania, che migliora i conti, anche contro le sue stesse previsioni, sulla pelle di tutti gli altri. Adesso anche della Francia.

Il Suo riformismo fondamentalista e conservatore ha portato all’introduzione dell’Imu, con relativa contrazione del valore del patrimonio immobiliare degli italiani. Ha portato all’aumento della tassazione sulla proprietà, già ai massimi livelli nelle classifiche Ocse; alla riduzione della produzione nel settore delle costruzioni, fondamentale in economia; al crollo delle compravendite di immobili.

Insomma, è stato impoverito quell’oltre 80% di italiani che abitano nella loro casa. Non è giusto, professor Monti. Non è giusto.

La sua riforma delle pensioni ha creato il guaio tossico degli «esodati». Tossico perché mette insieme ingiustizie e opportunismi, producendo più costi che benefici. Forse era meglio non far nulla. Come era meglio non far nulla sul mercato del lavoro, la cui riforma sta facendo schizzare ai livelli più alti in Europa la disoccupazione giovanile, a causa del mancato rinnovo dei contratti a termine. Avevamo bisogno di più flessibilità nell’assumere, abbiamo prodotto solo un blocco. E la mitica spending review alla fine non si è concretizzata che in banali tagli lineari.

È stato un anno di consenso mediatico, ma di amarezza, impotenza e sconcerto nella gente. E di tanta retorica. La retorica per cui il governo di prima aveva portato l’Italia sull’orlo del baratro. La retorica del non riuscire a pagare gli stipendi pubblici del 2011 a causa dello spread, il grande imbroglio su cui non è stata fatta nessuna chiarezza.

Non è stato spiegato agli italiani perché tutto sia cominciato a giugno 2011 dalla vendita, da parte di Deutsche Bank, di 8 miliardi di nostri titoli di Stato. Vendita seguita da tutti gli altri operatori, meno di una ventina di banche, che fanno il bello e il cattivo tempo. Altro che mercati. Perché quell’ordine? Cosa era cambiato nella nostra economia, nella nostra politica economica, che giustificasse quella decisione da parte della principale banca tedesca? Un anno di retorica. La retorica del «Salva Italia», il Suo primo decreto, che non ha salvato proprio un bel niente. La retorica della credibilità ritrovata, dello stile di governo, del rigore, dell’agenda Monti. Un’insopportabile bolla mediatica.

E che dire del «Cresci Italia», del «Semplifica Italia», dell’«Italia Digitale» e degli altri stucchevoli slogan che appaiono come vere e proprie prese in giro? Altro che credibilità. Altro che coesione. Altro che responsabilità. Altro che legalità. Altro che visione.

Un anno di pacche sulle spalle e apparente apprezzamento in campo internazionale, salvo poi vederci isolati in India, come a Bruxelles, o additati al pubblico ludibrio a Washington. Italia sempre più sola, soprattutto in Europa. Unico contribuente netto (cioè paghiamo all’Ue più di quanto riceviamo), che non sa con chi stare. A parole (quasi da sindrome di Stoccolma) con Angela Merkel e i rigoristi, ma con tanta voglia del contrario. E il risultato di rimanere soli.

Il governo era nato con 4 fondamentali obiettivi: aumentare la credibilità dell’economia italiana sui mercati; promuovere l’azione dell’Italia in Europa, per una politica economica a carattere comunitario; ridurre il debito pubblico, con misure di carattere strutturale; lanciare una strategia di sviluppo e di crescita per il Paese. Obiettivi riassunti nel Suo discorso sulla fiducia, le cui parole d’ordine sono state: rigore, sviluppo e equità.

A un anno dall’esordio, i fatti mostrano che ha fallito su tutti i fronti. La credibilità non è aumentata, perché i rendimenti dei titoli di Stato decennali sfiorano ancora il 5%, gli spread sono in altalena, e in ogni caso continuano a dipendere dall’azione della Bce. Si ricorda, presidente Monti, il 24 luglio 2012, quando il Suo maledetto spread, il nostro maledetto spread, è schizzato a 534, praticamente allo stesso livello che il 9 novembre 2011 ha fatto cadere Berlusconi? E si ricorda le ragioni? Le voci dell’uscita della Grecia dall’euro. Non un giudizio sulla Sua politica. Non sarebbe il caso di riconoscere che i nostri fondamentali c’entrano poco o nulla?

Il ruolo dell’Italia in Europa è rimasto marginale e l’egemonia della Germania è aumentata. Il debito pubblico continua a crescere, sia in valori assoluti (+72 miliardi), sia in rapporto al Pil (+4,4%). Non è stata lanciata nessuna strategia di sviluppo, tanto che il prodotto interno lordo si è inabissato, la produzione industriale precipita, i consumi sono in picchiata e l’inflazione continua a salire, come la disoccupazione. In un anno nulla è cambiato in meglio, ma è tutto peggiorato.

L’unica cosa buona del governo Monti l’ha fatta la maggioranza, riscrivendo la legge di stabilità per il 2013, cosa mai vista nella storia repubblicana, rendendo intelligente un provvedimento banale, inutilmente cattivo con i deboli (dai malati di Sla alle vittime di guerra) e demagogico. Quello spruzzo di diminuzione dell’Irpef, che aveva proposto nel Suo disegno di legge, professor Monti, e che abbiamo rispedito al mittente, era degno di miglior causa. Un inutile e costoso specchietto per le allodole. La tanto bistrattata maggioranza dei partiti ha sostituito il governo dei tecnici, coniugando rigore, equità e sviluppo. Proprio quello che Lei, presidente, e i Suoi ministri non siete riusciti a fare in un anno di governo. Un anno che può a buon titolo considerarsi un annus horribilis. Renato Brunetta, Il Giornale 18 novembre 2012

.………………In economia, come sottolinea Brunetta,  le parole devono lasciare il posto ai numeri. E i numeri dimostrano chiaramente il fallimento del compito affidato a Monti, frettolosamente indicato e poi mdefinito, come il demiurgo capace di fare miracoli. I miracoli li fanno i Santi, a Monti era affidato, da fante,  il compito di ridurre drasticamente la spesa pubblica, follemente aumentata nel corso degli anni, complice della politica,  anche tanta alta burocrazia, nella quale lo stesso Monti può arruolarsi insieme al 99% dei suoi ministri e sottosegretari, chiamati in prima fila dopo aver tranquillamente usato nelle seconde, terze e quarte file, i vantaggi assicurati dalla politica a chi le teneva bordone. Appunto i burocrati. In questo campo, cioè nella riduzione della spesa pubblica, il compito a casa di Monti è risultato meritevole di zero. Dove invece può appuntgarsi un bel dieci sulla giacca è la pressione fiscale, aumentata in un anno, del 2,5%, portandosi a quota 44%, Cioè Monti ha usato, follemente, lo strumento della pressione fiscale per “rimettere ordine nei conti pubblici” senza rendersi conto che alzare le tasse per pagare i debiti, senza bloccare la fonte stessa dei debiti, è come il cane che si morde la coda. Infatti, non solo  il debito pubblico in uno anno è aumentato di 100 milioni, portandosi a 2000 miliardi, ma sono drasticamente diminuiti i consumi e cioà ha determinato il blocco della crescita, anzi la stagnazione della crescita, , visto che di crescita è un bel pò che in Italia non si può parlare. E allora quale è la ragione per cui benchè Monti abbia così clamoraosamente  fallito debba   essere riproposto come vogliono fare alcuni vecchissimi “giovani” della politica italiana come Casini che “indignato” grida alla luna che in 20 anni la politica italiana ha fallito (senza precisare dove egli fosse in questi 20 anni, cinque dei quali passati sullo scranno di presidente della Camera dei Deputati in virtù della sua appartenenza alla maggioranza parlamentare e governativa che ha governato il Paese dal 2001 al 2006)  e qualche giovane “vecchio” come Cordero di Montezemolo che dopo aver arraffato tanto di quel debito pubblico come manager di aziende private supportate dallo Stato si prova, all’età in cui di solito si andava in pensione prima della cura Fornero, a dettare le regole che lui per primo, nel recente passato,  mai ha rispettato per far ripartire il Paese. Insomma non è Monti la ricetta per il futuro con quella sua aria dottorale che dall’alto di una arrogante pretesa di modificare geneticamente un intero popolo ha cessato ben presto di essere faro per divenire rappresentazione  di una Italia tragicamente malinconica. E la malinconia non è il miglior viatico per l’avvenire perchè si coniuga  alla nostalgia. E l’Italia non ha bisogno  di nostalgia. Ma di speranza!



E’ UFFICIALE E OPERATIVO: IL FISCO CI SPIERA’ IL CONTO IN BANCA. NEPPURE NEI PAESI TOTALITARI E’ VIOLATO IL SEGRETO BANCARIO, AVVIENE NELL’ITALIA DI MONTI

Pubblicato il 15 novembre, 2012 in Costume, Economia | No Comments »

Il fisco ci spierà il conto E' ufficiale: ok del garante

Ci spieranno nei conti correnti. E’ arrivato anche l’ultimo via libera, quello dell’Autorità Garante per la privacy, che ha espresso l’atteso parere favorevole sullo schema del provvedimento di Attilio Befera, il Direttore dell’Agenzia delle entrate, che stabilisce le modalità con le quali gli operatori finanziari dovranno trasmettere all’Agenzia, a fini di controllo fiscale, le informazioni contabili relative ai conti correnti (ossia saldo iniziale e finale, importi totali degli accrediti e degli addebiti) e ai rapporti finanziari per la cossiddetta “comunicazione integrativa annuale”. Niente più segreti, insomma. In nome della guerra all’evasione fiscale i nostri conti in banca verranno monitorati 24 ore su 24 da “Serpico”, il cervellone elettronico incaricato di spiarci. E questi dati resteranno per sei anni in dotazione dell’Agenzia delle Entrate.

I dati – Lo schema – ricorda il Garante in una nota – tiene conto delle osservazioni e delle richieste avanzate dall’Autorità, in un precedente parere del 17 aprile 2012, finalizzate all’adozione da parte dell’Agenzia di più elevate misure di sicurezza a protezione dei dati dei contribuenti, considerata l’enorme concentrazione di informazioni presso l’Anagrafe tributaria e il potenziale di rischio difficilmente riscontrabile in un ordinario esercizio dell’attività finanziaria o bancaria. Così è stato elaborato un nuovo schema, che prevede che i dati vengano trasmessi attraverso una nuova infrastruttura, il “Sistema di interscambio” (Sid), e non più con il servizio Entratel inizialmente individuato. Il nuovo sistema consente di realizzare procedure di trasmissione totalmente automatizzate: i nostri dati verranno trasmessi “in automatico”. Banche e operatori finanziari dovranno utilizzare due sistemi alternativi di intercambio informatizzato con il Sid: o mediante un server FTP, cioè un “nodo” di colloquio con l’Agenzia, o mediante il servizio di Posta elettronica certificata (Pec), utilizzabile in caso di file di piccole e medie dimensioni.

Dati conservati per 6 anni – La predisposizione dei file da trasmettere all’Agenzia dovrà essere effettuata – sottolinea il Garante della Privacy – esclusivamente dall’operatore finanziario che non potrà avvalersi di intermediari fiscali e dovrà utilizzare meccanismi automatizzati di estrazione, composizione, compressione e cifratura. Il file cifrato dovrà essere conservato nei nodi Ftp per il tempo strettamente necessario allo scambio dei dati. Come richiesto dal Garante, il provvedimento definisce anche il periodo di conservazione dei dati: non potrà superare i 6 anni, allo scadere dei quali le informazioni saranno automaticamente cancellate. Per più di un lustro, insomma, Serpico saprà tutto di noi.

Le misure di sicurezza – Nell’esprimere parere favorevole, il Garante ha chiesto all’Agenzia di adottare alcune misure di sicurezza, prevedendo innanzitutto che il protocollo Ftp utilizzato per l’intercambio dei dati sia cifrato. L’Autorità ha, inoltre, individuato le misure e gli accorgimenti che l’Agenzia e gli operatori finanziari, chiamati a svolgere un ruolo rilevante nella messa in sicurezza del nuovo canale di trasmissione, dovranno adottare al fine di minimizzare i rischi di accessi abusivi e trattamenti non consentiti. Nel prescrivere queste misure, il Garante ha tenuto conto delle esigenze dei piccoli operatori che non riescono ad automatizzare completamente la procedura di estrazione e invio.

Le verifiche – L’Autorità, visto l’attuale stato di avanzamento della realizzazione del Sid, si è comunque riservata di verificare nel dettaglio il completamento delle funzionalità della nuova infrastruttura informatica, anche prima della messa in esercizio. Per quanto riguarda infine il provvedimento del Direttore dell’Agenzia con il quale saranno individuati i criteri per la formazione delle liste selettive dei contribuenti a maggior rischio di evasione, l’Agenzia ha dichiarato che sarà sottoposto preventivamente al Garante. La procedura di verifica preliminare dovrà comunque essere prevista per ogni ulteriore utilizzo dei dati collegato ad altre finalità (es. controlli Isee).

IL RIGORE NON E’ UNA DIVINITA’, di Marlowe

Pubblicato il 15 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Se in 23 su 27 paesi l’Unione europea scende in piazza e sciopera contro le politiche di rigore imposte da Berlino alle autorità di Bruxelles e alla Bce di Francoforte, non si può più vedere soltanto la violenza organizzata, fine a se stessa, razzista, andata in scena a Roma e Torino. Questa va isolata e soprattutto punita da una fermissima risposta dello Stato. Ma non deve far chiudere gli occhi rispetto alla faglia che si sta aprendo nel profondo nella società del nostro continente, una frattura che è sintetizzata da due dati. Il primo: nel terzo trimestre 2012 il Pil della Grecia è sceso di un altro 7,2 per cento. Atene è al quinto anno di recessione, con una perdita complessiva del 22 per cento. Un quarto della ricchezza e dei redditi delle famiglie: neppure una guerra si lascia dietro simili macerie economiche. Il secondo dato: la Germania ha collocato 3,5 miliardi di titoli di Stato a sei mesi strappando di nuovo un rendimento negativo; per l’esattezza il meno 0,011 per cento (l’asta precedente si era chiusa a meno 0,022). Questo significa che i mercati accettano di ottenere indietro meno soldi di quanti versano al Tesoro tedesco. Tra questi due estremi c’è esattamente ciò che sta accadendo all’Europa. Dove il Sud, Italia e forse Francia comprese, rischiano di distaccarsi dalla Germania, dalla Danimarca, dall’Olanda, dal Nord ricco, per scivolare in una deriva economica e soprattutto sociale senza precedenti dal 1945. Il problema non è più dei debiti pubblici e dell’austerity di bilancio. Su questo fronte il governo di Mario Monti ha fatto il suo lavoro, riducendo il deficit quasi a zero come in nessun altro paese europeo. Eppure 48 ore fa due ministri – Corrado Passera e Fabrizio Barca – hanno dovuto scappare in elicottero da una miniera di Carbonia, come gli americani in fuga da Saigon nel ‘75. E stiamo parlando della Sardegna, un’area d’Italia che non conosce l’estremismo. Un altro ministro, Elsa Fornero, non riesce più a comparire in pubblico: né a Napoli, né a Torino, la sua città. Anche qui andiamo a vedere le cifre. Tra martedì e ieri il Tesoro ha collocato Bot a 12 mesi e Btp a tre anni a tassi corrispondenti a quelli del 2010. Eppure lo spread con la Germania resta oltre i 350 punti, il doppio rispetto a giugno di un anno fa. Dov’è la razionalità in tutto ciò? Siamo sicuri che i mercati non sbaglino mai? Il governo Monti, del quale si tracciano in questi giorni molti bilanci, ha aumentato di due punti la pressione fiscale: 30 miliardi rastrellati dai portafogli di cittadini e imprese. Gli investimenti sono fermi e lo Stato non assume più. Ma il debito pubblico, che a settembre 2011 era di 1.890 miliardi, ha toccato quota duemila: è dunque aumentato di oltre cento miliardi. E stiamo parlando di cifre assolute: se raffrontiamo il debito al Pil, in discesa del 2,3 per cento, la situazione è ancora più drammatica. Di nuovo: qual è la logica? In attesa di capirlo i disoccupati passano in 12 mesi da 2,3 milioni a 2,75. Quasi mezzo milione in più senza lavoro. Premier e tecnici hanno applicato in maniera finora ragionevole i diktat provenienti da Berlino, Francoforte e Bruxelles. Ma il problema è un altro: siamo davvero certi che il totem innalzato dalla Germania e che tutti siamo obbligati a idolatrare non sia una falsa divinità? Se guardiamo al debito, la storia attuale del mondo ci dice che il Giappone ha il 280 per cento di debito pubblico sul Pil, eppure non rischia il default economico e sociale. La Spagna due anni fa aveva i conti in ordine e un debito pari a circa la metà della Germania: eppure sarà la prossima vittima. Tra questi due esempi ci sono gli Usa: nei giorni del crac Lehman Brothers, aveva un debito federale del 75 per cento. Ora ha superato il cento. Ma il Pil e i consumi sono tornati a salire; lo spettro del 1929 non si è materializzato. Soprattutto la società americana, nel 2008 sull’orlo di una crisi di nervi, è tornata alle sue normali abitudini e si è perfino riappassionata alla politica. Hollywood continua a sfornare grandi film; la Chrysler di Marchionne è risorta; e così per la verità anche i vari Gordon Gekko di Wall Street. Il caso del giorno, laggiù, non è la tenuta sociale ma le corna che (ufficialmente) hanno fatto perdere il posto al capo della Cia David Petraeus, e l’eterna guerra tra Langley e l’Fbi. As usual. Il mondo dunque gira, nel bene e nel male. È l’Europa che sta andando al contrario, ed in mezzo al frullatore ci siamo noi. La Merkel ha pensato bene di scegliere il Portogallo per ripetere ossessivamente che «ciò che è necessario va fatto». Tre anni di cure tedesche hanno già inflitto ai portoghesi una disoccupazione del 18 per cento. Dopo la prima guerra mondiale i rancori e le diseguaglianze sociali produssero un secondo conflitto globale, la follia di Hitler, le bombe atomiche americane e lo stalinismo. La seconda guerra mondiale ha generato quarant’anni di Guerra Fredda. Temiamo che i conti veri di questa crisi li tireremo tra decenni: nel frattempo spopolano comunisti e neonazisti. Un bel risultato. Marlowe, Il Tempo, 15 novembrfe 2012

…………….Già, davvero un bel risultato questo, conseguito dalla cancelliera di ferro, la signora Merkel, in combutta con le banche e i suoi sodali disseminati in tutta Europa e che in Italia ha avuto quale testa di ponte il professore prestato alla politica che ha adottato alla società italiana,  che è fatta di persone, di umanità, di storie, la stessa tencica che si applica alle macchine. E il risultato è da una parte la rivolta che germoglia ovunque e dall’altra il rifuto netto dei partiti che contano  a continuare su questa strada. PDL e PD, ciascuno con le sue ragioni, si sono dichiarati contraria d una riedizione di un govenro di tecnici che si sono mostrati o inetti o pasticcioni, e per il futuro chiedono di restituire il bastone di cxomando alla politica, senza percò che questa si sia emendata dei tanti peccati che ha sulla coscienza. A Monti e compagni resta il sostegno di chi pensa di poter usarli per le loro personali rivincite, da Casini, eterno ragazzo a Fini, che rifiutato da tutti, disperatamente tenta di legare la sua sopravvivenza a quella di Monti. Come andrà a finire no sappiamo, di certo non c’è da essere allegri e fiduciosi nel prosismo futuro. Sia noi che le generazioni più giovani. g.

E’ GUERRA IN TUTTA L’UNIONE EUROPEA…E MONTI SFILA IN PARATA

Pubblicato il 14 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Scontri tra studenti e polizia. A Torino bastonato un agente: è grave

Studenti in piazza contro i tagli del governo. A Milano vetrine delle banche rotte. A Torino gli autonomi accerchiano un poliziotto e lo prendono a bastonate. Poi occupano la sede della Provincia e issano la bandiera No Tav

Doveva essere una giornata di “normali” proteste contro il governo, con manifestazioni in tutta Italia organizzate da studenti, docenti, in contemporanea con lo sciopero generale indetto dalla Cgil. Alla fine, però, a prevalere nelle cronache non sono tanto le motivazioni alla base delle agitazioni quanto le violenze e gli scontri scatenati dalle frange più estreme degli studenti, uniti a gruppi di anarchici e centri sociali.

La solita miscela esplosiva che non perde occasione per scatenare il caos nel Paese. A Torino un gruppo di autonomi ha prima accerchiato e poi preso a bastonato un agente della polizia. Poliziotti feriti anche a Roma e Milano. In diverse città vetrine spaccate e muri imbrattati.

Torino, poliziotto accerchiato e bastonato

Un poliziotto è stato gravemente ferito dagli autonomi davanti alla sede della Provincia di corso Inghilterra a Torino. È stato accerchiato da una ventina di giovani, armati di bastoni e mazze da baseball, che lo hanno colpito alla testa spaccandogli il casco e un braccio. Il poliziotto è stato portato all’ospedale Mauriziano. Un gruppo di oltre cento persone mascherate e armate di bastoni e fumogeni ha fatto irruzione al piano nobile di Palazzo Cisterna, sede della Provincia di Torino, issando la bandiera No Tav al posto di quella europea .Hanno divelto un cancello e hanno portato via sedie e mobili, accatastandoli in strada.

Bombe carta a Padova

Due poliziotti sono rimasti feriti nel corso degli scontri a Padova, uno in modo più serio. Il primo agente ha una gamba lacerata da una bomba-carta che ha oltrepassato la tuta di servizio, l’altro ha avuto un mancamento in seguito allo scoppio di un’analogo ordigno rudimentale.

Milano, vetrine rotte in centro

Scritte e vetrine in frantumi durante il corteo degli studenti. Un gruppo di manifestanti ha danneggiato tre vetrate del Punto Enel di via Broletto e quelle della filiale Unicredit nella stessa via. Scritte anche sulla filiale Cariparma e il portone della sede Consob. Prese di mira anche le sedi di Unicredit e Intesa Sanpaolo di piazza Cordusio. Alcuni studenti sfilano a volto coperto. Lancio di petardi contro Palazzo Gonzaga, sede distaccata dell’Università Cattolica di Milano. I ragazzi protestano, si legge su uno striscione affisso sul cancello dell’edificio storico, per il “50 per cento scuole pubbliche inagibili, mentre le private non pagano l’Imu”.
Dopo essere stati respinti da due cariche della polizia all’angolo tra corso Magenta e via deTogni, una parte del corteo milanese si è allontanata in via Carducci. La polizia in tenuta antisommossa ha presidiato l’incrocio per impedire alla manifestazione di arrivare alla sede milanese del parlamento europeo a Palazzo delle Stelline. Mezzi blindati bloccano la strada. Ad avvicinarsi alla polizia, indossando caschi e con scudi di polistirolo che riportavano i titoli dei classici della letteratura,  una quarantina di studenti, che in un primo momento hanno rotto il cordone della polizia e poi sono stati respinti. I manifestanti hanno lanciato fumogeni e sampietrini tentando una seconda carica che è stata ugualmente respinta.

.…..Questa la cronaca della guerriglia che ha interessato molte città italiane, poste sotto assedio dai manifestanti. Ma non è andata meglio in tutta Europa. In Spagna, in Portrogallo, in Gracia in Polonia,  ovunque le politiche restrittive, ai limiti della persecuzione, imposte dalla Germania posthitleriana in persona dell’ex ragazza dell’Est, Angela Merkel, con la complicità dei rappresentanti delle Banche ingternazionali, in primo luogo dell’uomo qualunque per eccellenza, cioè il sig. Monti Mario, la gente, i cittadini, i lavoratori, le donne, gli studenti, i pensionati, sono scesi i piazza, arrabbiati sino alla incazzatura,  affamati, disperati, per le restrizioni sempre più vergognose dell’Unione Europea, pronti a no lasciare le piazze sino a quando non si porrà fine a questa politica che impoverisce i popoli e arricchisce i banchieri, specie quelli tedeschi. Si fa strada l’idea di un megasciopero generale in tutti i paesi dell’Unione Europea, per dare risposta forte, secca, tengibile ai governanti, che tradendo lo spirito di solidfarietà che dovrebbe essere alla base della stessa ragione d’essere dell’Unione Europea, tralasciano i motivi della politica per far emergere solo le ragioni economiche che da sole non possono cementare nessuna unità. Una forte unione di base non solo può servire a fermare le politiche scelelrate dei bancheiri e dei loro fidi, ma può servgire a realizzare quella vera unione europea vagheggiata dagli apostoli dell’Europa dei popoli e delle Nazioni, da Mazzini a DeGasperi.g.

P.S.Mentre le città italiane e quelle europee si infiammano, il premier itlaiani Monti se ne va in Algeria a celebrare la “primavera araba” che è stata l’ultima sconfitta politica ed economica  dell’Europa del trio Merkel-Sarkozy-Cameron con l’appoggio esterno del tremabondo riconfermatio presidente americano che per salvare le banche americane non ci ha pensato u attimo ad affondare la nave europea della quale non gliene frega nulla.

I GIOVANI DI CONFINDUSTRAI ALL’ATTACCO: VIA I LADRI DALLA POLITICA, BASTA CON LE TASSE

Pubblicato il 26 ottobre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Confindustria attacca: via ladri da politica

Via i ladri, gli ignoranti, gli incapaci“, chiedono i giovani di Confindustria. “Siamo disgustati dall’idea della carica pubblica come scorciatoia per arricchirsi, ci ribelliamo a questo degrado”, dice il leader degli under40 Jacopo Morelli dal palco del XXVII convegno di Capri. “Chi lavora non è più disposto a sostenere larghi strati parassitari”.

“Basta con l’umiliazione delle coscienze civili”, sottolinea Morelli nelle “tesi dei giovani” presentate al tradizionale convegno di Capri. Basta sostenere “con le proprie tasse e la propria fatica” strati parassitari “che anche adesso, mentre perdiamo duemila occupati al giorno, continuano a erodere denaro pubblico”. Servono “persone responsabili, preparate, all’altezza del compito”. “Abbiamo diritto a cambiare”. “C’é spazio per interventi drastici, senza ipocrisie”, dice Morelli, che rilancia l’appello per un varo in tempi brevi della Legge elettorale ricordando che “i tre rappresentanti dell’attuale maggioranza, già lo scorso giugno a Santa Margherita Ligure – ricorda -, ci avevano promesso di fare in un mese”. Oggi “è il 26 ottobre e di quella traccia non c’é accordo”. Per il leader dei giovani imprenditori “una classe politica che non mantiene le promesse, mentre chiede ai cittadini sacrifici continui, è indegna. Non è questo che si merita la nazione”.

Perdiamo duemila occupati al giorno“, avverte il leader dei giovani di Confindustria nelle “tesi” al tradizionale convegno di Capri. A chi si candida per governare l’Italia, aggiunge, “chiediamo cosa intenderà fare per i giovani che non hanno lavoro e non riescono a rendersi indipendenti”.

Il “peso” della pressione fiscale è “cresciuto così tanto da diventare una confisca”: quella “ufficiale toccherà nel 2012 il 45% del Pil”, l’onere sulle imprese “sarà superiore al 68%”. Il leader dei giovani imprenditori, Jacopo Morelli, chiede di “abbassarla in maniera sostanziale” avvertendo: “Il tempo della pazienza è finito”.

Il cuneo fiscale e contributivo, evidenzia ancora il presidente degli imprenditori under-40 parlando alla platea del XXVII convegno di Capri dal titolo ‘Europe under pressure’, è “tra i più elevati dell’Ocse: il 53% contro una media dell’Unione europea del 41%”. Un livello che “strangola”. Il governo, prosegue Morelli, “ha riconosciuto che gli italiani stanno dando una grande prova di responsabilità, accettando misure drastiche e impopolari. Se questo è vero, c’é un dovere morale di ridare, subito, fiducia al Paese abbassando, in maniera sostanziale, la pressione fiscale su chi lavora e sulle imprese che reinvestono”. I cittadini “non sono cavie”, aggiunge, chiedendo un’azione immediata sul fisco per ridare ossigeno all’economia reale. “La prima vera azione di politica industriale – ribadiscono i giovani imprenditori – sarebbe un abbassamento vigoroso delle tasse sui redditi da lavoro e d’impresa. Ci pare di assistere, invece, all’applicazione ostinata di teorie e ricette da laboratorio, politiche dimostratesi inefficaci, dimenticando che l’economia é una scienza interpretativa e che quindi può essere imprecisa e imprevedibile”. Nelle loro tesi, i giovani imprenditori sottolineano che il taglio dell’Irpef “anche se è un inizio” rischia di essere “vanificato” dall’aumento dell’Iva. Tornano a “condannare l’evasione fiscale” che “va contrastata con ogni mezzo”. E chiedono anche di “lasciare ai redditi bassi più soldi in busta paga, per rilanciare la domanda interna”.

“I colpi della recessione sono arrivati nella carne viva del tessuto produttivo: la base industriale si è contratta del 20%. Anche noi contiamo, forse per la prima volta, i ‘caduti sul campo’”. Morelli punta il dito sulla “poca crescita” ed “il molto rigore”. E “se chiudono le imprese dei giovani, il Paese brucia il futuro, le speranze, il dinamismo”: bisogna “creare nuove occasioni di lavoro, dare ossigeno alle imprese”. Fonte ANSA, 26 ottobre 2012

.…………..Intanto la Commissione Affari Regionali deklla Cametra ha bocciato senza appello il decretolegge di Monti che riduceva i vosti della politica, eliminava i vitalizi, tagliava i benefit infiniti a favore della casta della politica. Che farà Monti? Lo ritirerà o pporrà la fiducia? E’ aperta la scommessa ma chiunque dovesse putare sul “rigore” di Monti sull’abbattimewnto dei costi della poltiica è destinato a perderla. g.

ECCCO UN GIOVANE CHE NON FA LO SCHIZZINOSO, E’ IL FIGLIO DELLA MINISTRA CANCELLIERI CVHE INCASSA 3 MILIONI DI BUONUSCITA PER 14 MESI DI LAVOROE TROVA SUBITO UN ALTRO LAVORO…ALLA TELECOM!

Pubblicato il 23 ottobre, 2012 in Economia, Gossip, Politica | No Comments »

Giorgio Meletti per il “Fatto quotidiano

Il manager Piergiorgio Peluso, figlio del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, ha incassato 3,6 milioni di euro di buonuscita dal gruppo assicurativo Fonsai, dopo esserne stato direttore generale per 14 mesi. Nella generosa distribuzione di prebende che le società italiane sono abituate a perpetuare – a dispetto della crisi – ai loro top manager, la vicenda di Peluso ha tutti i requisiti per battere ogni record.

Piergiorgio Peluso di  UnicreditPiergiorgio Peluso di UnicreditStando ai dettagli pubblicati ieri dal sito Repubblica.it, confermati da fonti Fonsai all’Ansa, Peluso è riuscito infatti a farsi pagare una liquidazione pari a tre annualità di stipendio – normalmente assegnata ai manager mandati via – a fronte di dimissioni volontarie. Assumendo l’incarico di direttore generale, nel maggio 2011, Peluso aveva ottenuto una clausola contrattuale con la quale gli veniva riconosciuta la sontuosa buonuscita anche in caso di dimissioni volontarie se fosse intervenuto un passaggio di mano del controllo della Fonsai.

anna maria Cancellierianna maria Cancellieri Il gruppo assicurativo, storicamente in mano alla famiglia Ligresti, è passato sotto il controllo della Unipol nel corso dell’estate. A luglio Peluso ha fatto scattare la clausola e se n’è andato. non è stato disoccupato a lungo. Subito dopo è stato assunto da Telecom Italia come direttore finanziario.

Prima di andare a Fonsai, Peluso era a Unicredit, responsabile dei rapporti con le grandi aziende. In quella veste si era occupato di far sottoscrivere alla banca di piazza Cordusio un aumento di capitale della Fonsai, di cui Unicredit è azionista con il 7 per cento del capitale. Un investimento di 170 milioni di euro per la sottoscrizione di titoli che oggi valgono 20 milioni.

Fonsai versava infatti in pessime acque da anni. E curiosamente sono oggi gli stessi Ligresti, che lo assunsero, ad accusare Peluso di aver giocato sporco: secondo le loro accuse è stato lui a evidenziare, poco dopo l’insediamento, una situazione talmente critica da richiedere un nuovo pesante aumento di capitale.

I Ligresti, che non erano in grado di ricapitalizzare la compagnia di assicurazioni, accusano in sostanza Peluso di aver forzato la situazione per rendere inevitabile un passaggio di mano della compagnia. I fatti sono noti. Essendo la Fonsai pesantemente indebitata con il sistema bancario, in particolare con Mediobanca, proprio negli uffici che furono di Enrico Cuccia è maturato il progetto di far salvare la compagnia dall’Unipol. il piano, nato attorno a Capodanno, è adesso in dirittura d’arrivo.Stando alle accuse dei Ligresti, Peluso si sarebbe dimostrato molto furbo, o quantomeno lungimirante. L’interpretazione più favorevole al manager è invece che egli si sia dimostrato un sentimentale. il contratto firmato da Peluso come direttore generale Fonsai dimostra che il figlio del ministro dell’Interno tutto voleva fuorchè lavorare per azionisti diversi dal costruttore di Paternò. Solo questo desiderio può spiegare la determinazione con cui ha strappato la clausola secondo la quale, in caso di cambio dell’azionista di controllo, egli non avrebbe potuto sopportare il trauma, e si riservava quindi di andarsene sdegnato con tanto di risarcimento milionario.

...Ditelo all’altra ministra di Monti, la Fornero, che un giovane c’è che nion fa lo schizzinoso, il rampollo della Ministra Cancellieri che da giovane prestava la voce a Tina Pica….

IL COSTRUTTORE PISCITELLI RIVELA A REPUBBLICA UNA STORIA DI TANGENTI E DI AFFARI CHE COINVOLGE LA CASTA, TUTTA!

Pubblicato il 21 ottobre, 2012 in Economia, Giustizia, Politica | Commenti disabilitati

Parla Francesco Piscicelli: “Balducci imponeva tutto, se parla lui viene giù tutta la seconda Repubblica e pure mezzo Vaticano. 

Dall’ex rudere recuperato, i fari interrati che segnano il percorso fra gli ulivi, la piscina di fronte alla camera da letto, si vede l’Isola di Giannutri. A nord la Costa Concordia spanciata di fronte al porto del Giglio. Sul terrapieno in ghiaia, seicento metri sopra il mare, ci sono i resti dell’elicottero con cui Francesco Maria De Vito Piscicelli, il padrone del rudere riattato a resort, portava l’anziana madre a pranzo sulla spiaggia di Ansedonia. Gliel’hanno bruciato 1 alle otto di sera del primo ottobre. L’attentato dopo cinque minacce. Il 29 febbraio scorso l’avevano aggredito in due, scesi dallo scooter mentre Piscicelli camminava telefonando ai Parioli, a Roma. Poi gli hanno spedito in villa all’Argentario tre proiettili, avvolti in un giornale. E l’hanno bloccato mentre saliva in auto lungo la mulattiera sterrata che porta al resort sul Promontorio: “Perché continui a parlare, perché vuoi mettere in crisi il sistema che ti ha sfamato?”, gli hanno sibilato scoprendo sotto il maglione le beretta parabellum. “Fermati o facciamo fuori te e la tua famiglia”. Le sue denunce sono tutte alla caserma dei carabinieri di Orbetello.

Francesco Maria De Vito Piscicelli, due mesi di carcere, undici giorni ai domiciliari, è l’imprenditore edile consegnato all’opinione pubblica, “per sempre”, dall’intercettazione telefonica in cui ride con il cognato del terremoto dell’Aquila, discorrendo con lui dei nuovi lavori che porterà la futura ricostruzione. Francesco Piscicelli, 50 anni, napoletano alto borghese, vicino ad Alleanza nazionale, è stato uno dei quindici costruttori scelti dalla cricca della Ferratella per lavorare al soldo della Protezione civile di Bertolaso. È diventato un collaboratore di giustizia. In otto interrogatori, assistito dall’avvocato Giampietro Anello, ha consegnato alla Procura di Roma il racconto della corruzione pubblica italiana dal 2000 al 2010. Giovedì scorso, ha accettato di parlare con “Repubblica”.

AUDIO Le telefonate Piscicelli-Anemone 4

“Il sistema Protezione civile, la deroga assoluta per ogni appalto pubblico, inizia con il Giubileo del Duemila, l’incontro fra il sindaco di Roma Francesco Rutelli, il provveditore alle Opere pubbliche del Lazio Angelo Balducci e il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Nelle intenzioni pubbliche si doveva creare una macchina che riuscisse a costruire opere in un paese in cui la burocrazia e i veti bloccano tutto, ma nel corso delle stagioni le missioni diventano un sistema di arricchimento personale. Famelico, sfruttato a sinistra e a destra. L’ho visto con i miei occhi, l’ho vissuto dall’interno: una montagna di denaro pubblico per dieci stagioni è stata messa a bilancio per realizzare auditorium, stadi, caserme, svincoli e  e in percentuale è stata trasferita a parlamentari, ministri, sottosegretari, magistrati contabili, funzionari della Protezione civile, alti dirigenti delle Opere pubbliche. Nessuna istituzione, nessun partito, tutto ad personam”.

Lei è accusato di corruzione, Piscicelli. Insieme ai costruttori fiorentini della Btp per l’appalto della scuola dei marescialli e dei brigadieri a Firenze.
“Io ho pagato solo per lavorare, se non lo facevo chiudevo l’azienda che avevo ereditato da mio padre e che sempre ha lavorato con lo Stato. A Firenze ho fatto da intermediario tra il gruppo presieduto da Riccardo Fusi e l’ingegner Angelo Balducci, il grande capo del mattone pubblico italiano. Quelli della Btp, provinciali, rozzi, non riuscivano ad arrivare a Balducci perché il direttore dell’edilizia di Stato, Celestino Lops, li ostacolava, favoriva la Astaldi. Con una telefonata organizzai l’incontro, rimasero stupefatti. Sono stato io a presentare Denis Verdini, coordinatore del Pdl, a Balducci. Fusi trattava Verdini come fosse il suo straccio e usava la banca di Verdini come il suo bancomat”.

Lei ha pagato Balducci per far entrare nell’appalto Marescialli la Btp?
“Ho fatto da intermediario ottenendo da Fusi, in cambio, un prestito da 700 mila euro”.
Quando ha versato tangenti in proprio, Piscicelli? Denaro suo per opere sue.
“Lavoro con Balducci dal 2004. Nei primi cinque anni ho partecipato a trecento bandi pubblici per ottenere due lavori: la scuola di polizia di Nettuno e la caserma della guardia di finanza di Oristano. Per i Mondiali di nuoto di Roma, quelli del 2009, ho partecipato alle cinque gare pubbliche, ho speso 700 mila euro in progettazione e ho vinto Valco San Paolo: avevo preparato un progetto unico in Europa, con luci a soffitto lunghe sessanta metri, e firmato un ribasso del 16,5 per cento. I cinque appalti erano tutti assegnati prima dell’apertura delle buste. Nelle gare bandite dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici, e in particolare quelle della Protezione civile, non c’era notaio, non c’erano vincoli. Tutto nella discrezione del presidente Balducci: poteva assegnare ottanta punti al progetto che voleva spingere. Mi obbligò a chiedere un disegno anche al professor Giampaolo Imbrighi, suo caro amico. Mi costò 50 mila euro. Voleva che partecipassi per forza alla gara per lo stadio del tennis: un finto concorrente della Cosport di Murino e Anemone, destinati alla vittoria. Sulla carta erano gare europee, ma tutti gli appalti erano pilotati da Balducci, il Consiglio superiore ratificava silenzioso”.

Lei chi pagò e quanto?
“Per le piscine di San Paolo, 14 milioni di base d’asta, ho versato tre tangenti. Me ne avevano chieste quattro. Il collettore di denaro per conto della squadra di Balducci, l’ingegner Enrico Bentivoglio, dopo la mia vittoria volle 50 mila euro, il 3 per cento. “Sai, c’è bisogno di accontentare molte persone”. Ventimila furono per la funzionaria Maria Pia Forleo, “ci eravamo sbagliati, serve di più″. Mi spiegavano tutto, si fidavano di me. Poi subentrò Claudio Rinaldi, nuovo commissario ai Mondiali. E  senza ritegno pretese 100 mila euro. Glie li portai all’Hotel de Russie, in via del Babuino. All’interno di un sacchetto di una boutique romana. Mi feci accompagnare dal ragioniere, ha visto tutto. Rinaldi mi disse: “Questo è un acconto, al collaudo mi devi dà dù piotte e mezzo”.
Duecentocinquanta, queste non le ho pagate”.

Lei ha ottenuto l’appalto per una struttura, Valco San Paolo, bandita per 14 milioni, costata 34 e dopo trentanove mesi chiusa e con un pilone fratturato.
“Mi sono disinteressato del destino della piscina. Io ho visto solo nove milioni, altri otto e mezzo me li hanno truffati quelli della Ferratella, i ragazzi di Balducci. Il pilone è solo un assestamento, ma tutta l’opera è stata una corsa folla. Abbiamo dovuto rifare i progetti dell’architetto Renato Papagni, un amico del presidente della Federazione nuoto Paolo Barelli. Carta straccia, un copia e incolla fatto male, le ipotesi di rimozione terra redatte senza criterio. Per dieci mesi abbiamo lavorato 24 ore al giorno e ho dovuto chiedere l’intervento della segretaria particolare di Alemanno per farmi pagare il milione e mezzo di stato di avanzamento lavori. Il Comune di Roma è un casino pazzesco, venirne fuori è stato un miracolo. Durante i lavori, poi, mi si è messo contro il presidente Barelli, il senatore del Pdl. Era furioso perché avrebbe voluto far lavorare aziende vicine in almeno due lotti, Balducci non gli diede nulla. Per ritorsione, ci bocciò il tetto in acciaio e ce lo impose in cemento armato. Diceva che con i vapori caldi delle piscine l’acciaio si sarebbe corroso. Abbiamo dovuto stravolgere il progetto, rifare i calcoli, sovradimensionare i pilastri, comprare altro ferro per armarli. Costi e ritardi. E poi Barelli ci obbligò a lavorare con le aziende specializzate che indicava, costavano il 30 per cento in più. Se non ubbidivamo, minacciava il blocco dei lavori. Mandava avanti il suo ragioniere, Maurizio Colaiacomo. Gli impianti di filtraggio, per dire, li ha fatti tutti la Culligan, a prezzi fuori mercato”.

Al Comune di Roma solo confusione?
“Della Giovampaola mi chiese di portare l’imprenditore fiorentino Valerio Carducci dal sindaco Alemanno. L’appalto per il nuovo palazzo Istat. Non se n’è fatto nulla”.

Angelo Balducci imponeva i suoi uomini?
“Lui imponeva tutto, era il dominus. Non avido, ma corrotto mentalmente, un affascinante gesuita innamorato del potere. In cinque mesi di carcere sono andati a trovarlo settanta parlamentari, una processione. Se parla viene giù tutta la Prima Repubblica e pure mezzo Vaticano. Balducci voleva accontentare tutti, e soprattutto la classe politica. A me ha imposto la ditta che doveva fare gli scavi archeologici, quella per lo sminamento. E pure tre tecnici tra cui lo strutturista Fabio Frasca, figlio di una dirigente del ministero delle Infrastrutture. Frasca ha sbagliato i calcoli per Valco San Paolo, ha preso una normativa vecchia”.

Il rapporto tra Balducci e Anemone?
“Diego Anemone non esiste. È un ex falegname inventato dal capo. Quando scoprite un’impresa di Diego Anemone in un appalto pubblico, vuol dire che sta lavorando direttamente Angelo Balducci. Faceva cassa così, mettendo Anemone dovunque. E affidandogli la gestione del denaro da destinare ai politici”.

Che significa, Piscicelli?
“A Natale, Pasqua e Ferragosto la classe politica italiana batte cassa. Un assedio,  spegnevo il telefonino. Ascolti. Mi chiama Anemone, mi dice che devo versare 150 mila euro, siamo alla vigilia delle feste natalizie. Balducci conferma: “Sì, devi farlo, servono ai parlamentari”. Anemone insiste perché vada da lui, ha l’ufficio in una traversa di via Nomentana. Stanze di pessimo gusto. Spinge una porta scorrevole e  alla vista si rivela un tavolo lungo due metri e quaranta, largo uno. Sopra, un covone di banconote. Quasi tutti tagli da cinquecento. Milioni di euro, mai visto nulla di simile. Con i miei 150 mila nella giacca mi sono sentito un morto di fame, me ne sono tenuti cinquemila. Anemone ha comprato la casa al Colosseo dell’ex ministro Claudio Scajola con un po’ del denaro prelevato da quel tavolo”.

Continua a girarci intorno: parla di tangenti e di politici. Che cosa ha detto ai magistrati?
“Tutto quello che so, che ho visto, che posso certificare. Ho fatto il nome di otto politici di primo piano che hanno preso soldi e servizi dal sistema Balducci”.

E chi sono?
“Non vorrei violare il segreto istruttorio”.

Fino a prova contraria il corruttore è lei.
“Otto dicembre 2007, l’Immacolata, le racconto. Sono con mia moglie e mia figlia al ristorante Nino di via Borgognona: arriva una telefonata, è Mauro Della Giovampaola, funzionario della Protezione civile. “Devi venire alla Ferratella, immediatamente”. Era sbrigativo Della Giovampaola, lasciai la mia famiglia sul flan di spinaci. Gli uffici erano chiusi, ma lui aveva le chiavi. Mi disse categorico: “Devi dirmi che ribasso hai fatto per l’Auditorium di Firenze”. Chiesi perché. “Così vuole il capo”. Se lo diceva Balducci si ubbidiva. Chiamai i miei soci fiorentini, Fusi e Di Nardo, li obbligai a rivelarmelo. Telefonai a Mauro, comunicai il ribasso e gli chiesi perché era necessario. Mi disse: “L’appalto dell’Auditorium deve andare al costruttore Cerasi, lo vuole Veltroni”.
Emiliano Cerasi con la Sac e Bruno Ciolfi con l’Igt presero l’Auditorium. Il 17 febbraio 2010, chiamato in causa da un’intercettazione tra l’architetto Casamonti e il costruttore Di Nardo, Walter Veltroni assicurò: “Come ha già detto il sindaco Domenici, non ho mai esercitato alcun tipo di pressione né su di lui né su altri per qualsivoglia gara”.

Piscicelli, lei partecipò al bando per la realizzazione dell’Auditorium di Isernia, costi lievitati da 5 a 55 milioni, segnalato in rosso dall’Authority dei contratti pubblici.
“A Isernia avevo vinto. Ricordo il giorno in cui, nel teatro di via della Ferratella, si stavano aprendo le buste. Trentun dicembre 2007, le gare truccate si indicono l’ultimo dell’anno, quando gli altri non ci sono. Chiama al telefono il funzionario Bentivoglio. Salgo al piano, mi dice: “Hai fatto un progetto bellissimo, l’appalto è tuo”. Torno in teatro, l’atmosfera è già cambiata. Commissari che si chiamano da parte. Il presidente del concorso dichiara il vincitore: è un’associazione temporanea di imprese guidata dalla molisana Rocco Lupo. Sono secondo. Cerco Bentivoglio, è pallido, ha paura. Riesce a dirmi: “Bertolaso ha chiamato Balducci, Di Pietro ha imposto Lupo, mi dispiace”".

Già chiamato in causa sull’Auditorium di Isernia, Di Pietro il 4 giugno 2010 rispose: “Non sono stato sponsor dell’opera, non so neppure se poi l’abbiano davvero costruita”.

Chi è Guido Bertolaso, un capro espiatorio?
“E’ un megalomane con il complesso di far del bene. Per le responsabilità che ha avuto, la fama che si è creato, non avrebbe mai dovuto vendersi per 50 mila euro. Quella era la sua tariffa: 50 mila euro, per volta. Suo cognato, Francesco Piermarini, con i soldi pubblici destinati al G8 si comprò una barca, “Il lumacone”, per la pesca d’altura con  l’abbattitore per il pesce crudo”.

A Carlo Malinconico ha pagato le vacanze all’Hotel Pellicano di Porto Ercole.
“E’ un uomo di Balducci. Da sottosegretario della presidenza del Consiglio del governo Prodi ha firmato qualsiasi progetto il capo gli portasse, qualsiasi missione, qualsiasi deroga. A occhi chiusi. Balducci nel 2006 mi chiese di occuparmi di lui: “Ci serve come il pane, dobbiamo curarlo in tutto e per tutto”, mi disse durante un aperitivo in piazza San Silvestro. Malinconico voleva uno dei rustici che stavo ristrutturando qui all’Argentario, gli piaceva la vecchia Villa Feltrinelli. Lo accompagnai due volte, ma in cuor mio sapevo che non gli avrei mai regalato un immobile da un milione e due. Per fortuna aveva fretta, l’estate stava arrivando e allora Balducci mi chiese di ospitarlo a spese mie al Pellicano. Malinconico e la sua compagna dal 2006 al 2007ci hanno fatto sei vacanze. Milleottocento a notte, colazione esclusa. Ho pagato fino a quando il figlio del magistrato Toro non ci rivelò che la procura di Firenze stava indagando sulla cricca. “Chiudi il conto, chiudi il conto”. Raggiunsi il Pellicano, saldai 25.600 euro e dissi a Roberto Sciò, il titolare: “D’ora in avanti Malinconico si paga il soggiorno”. Quando la direzione dell’albergo glie lo comunicò, il sottosegretario andò su tutte le furie. Preparò la valigia il pomeriggio stesso e lasciò l’Argentario millantando una nuova nomina. Gli ho chiesto indietro il denaro, mi ha fatto rispondere dagli avvocati: “Piuttosto li do in beneficenza”. Facile fare beneficenza con i soldi miei. Il governo Monti continua a dare incarichi a Malinconico, l’ultimo è arrivato dal ministro Passera”.

Lei ha denunciato anche il magistrato della Corte dei Conti Antonello Colosimo, già capo di gabinetto del ministro dell’Agricoltura Catania.
“Credevo fosse un amico, mi ha taglieggiato dal 2004 al 2008. Ha sempre preteso una tangente, a volte anche del 15%, su tutti i lavori pubblici che facevo e questo perché è stato lui a presentarmi Angelo Balducci. Per anni gli ho pagato auto, autista, l’affitto dell’ufficio in via Margutta. Quando ho smesso mi ha scatenato contro la  finanza. Nel 1992 la politica chiedeva agli imprenditori soldi, ma dava benefici. Oggi la politica, e alcuni funzionari potenti, ti chiedono soldi per non farti male. Alla Ferratella c’è un’impiegata che solo per mandare tre righe di giustificazioni della spesa in Banca d’Italia chiede a ogni imprenditore una tangente di 1.000 euro. Tre righe digitate al computer, mille euro”.

Quanti imprenditori hanno lavorato con la banda Balducci.
“Eravamo in quindici, affidabili. Oggi tra gli emergenti c’è il romano Paolo Marziali, quello che ha realizzato il polo natatorio di Ostia”.

Che resta della banda Balducci?
“Lui lavora ancora, governa ancora. Non credo si salverà dai tre processi che ha in corso, ma fin qui non ha aperto bocca. È tornato a vivere a Roma, in via Appia Pignatelli, e i suoi uomini, Rinaldi, Bentivoglio, Zini, la Forleo, sono ancora al loro posto. Ai magistrati ho raccontato di nuovi funzionari corrotti fin qui non sfiorati”.

E degli otto politici di primo piano, che ha detto?
“Che prendevano soldi, tanti soldi. Non credo, quando tutto diventerà pubblico, e accadrà presto, potranno continuare a far politica. Io ho pagato un milione di tangenti e adesso sono con il culo per terra”.

Venerdì sera l’avvocato Giampiero Anello ha confermato che tutto ciò che l’imprenditore Piscicelli, suo assistito, ha detto in questa intervista è già stato riferito ai magistrati della Procura di Roma. Repubblica, (20 ottobre 2012)

LA STANGATA DI FINE ANNO: RISCHIO DI AUMENTO DELL’IMU

Pubblicato il 21 ottobre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Un conto sono le parole del premier Mario Monti, che continua a ostentare ottimismo, un conto sono i conti che affligono gli italiani.

Il premier Mario Monti

Un conto sono le linee programmattiche del governo, che continua a sperare nella ripresa, un conto sono i fattivi rincari che, settimana dopo settimana, si abbattono come una tagliola sugli stipendi dei contribuenti. Tra tasse sempre più soffocanti, contrazione dei consumi e redditi esigui si preannuncia un Natale davvero magro. Anche perché gli italiani si troveranno a dover pagare la stangata di fine anno. L’ennesimo sacrificio chiesto dal governo dei tecnici per una ripresa che stenta ancora ad arrivare.

Dati alla mano, non ci sono soltanto gli ulteriori aumenti di Imu e Iva e le nuove regole su deduzioni e detrazioni a impensierire gli italiani. Alle nuove uscite che, fino a qualche mese fa, non erano ancora state inserite nei bilanci famigliari, bisogna infatti aggiungere i rincari sulle tariffe e l’avanzata all’insù della pressione fiscale che hanno, di fatto, abbattuto la propensione al risparmio (ora ai minimi dal 1999). Il risultato? Il potere di acquisto è crollato a -4,1% (altro dato negativo), mentre l’inflazione avanza e i salari restano, tanto per cambiare, al palo. Insomma, una situazione a tinte fosche a cui va ad aggiungersi lo spettro di un ennesimo rincaro sull’Imu. Secondo il Sole 24 Ore (leggi l’articolo), infatti, gli enti locali starebbero valutando un ritocco all’insù delle aliquote. Per farlo hanno tempo fino al 31 ottobre. A causarlo la decisione del ministero dell’Economia di modificare ex post il gettito dell’Ici assegnato a ogni Comune nel 2010. “Il taglio inaspettato – spiega il Sole – arriva a quindici giorni dal termine (già pluri-prorogato) per chiudere i preventivi 2012 e costringe i sindaci a rifare un’altra volta i conti e trovare risorse per raggiungere il pareggio di bilancio”. Uno “scherzetto” che tocca circa 1.200 Comuni.

Il problema è che gli italiani non dovranno affrontare soltanto il rincaro dell’imposta sulla casa. Si scorgono, infatti, segni “più″ su tutte le voci che riguardano le abitazioni. Dal primo di ottobre la luce è aumentata dell’1,4%, mentre il gas dell’1,1%. E ancora: a bilancio vanno poi messi i rifiuti, l’acqua e i trasporti urbani. Il costo della vita continua ad aumentare. Secondo il Codacons, dai primi di settembre è schizzato su di almeno mille euro. E l’aumento dell’Iva voluto dal governo Monti non farà che peggiorare la situazione: nel 2014 l’aliquota agevolata passerà dal 10 all’11%, quella ordinaria dal 21 al 22%. Il risultato? Il carrello della spesa costerà mediamente tra i 310 e i 380 euro in più.

Comke se non bastasse, la legge di stabilità da poco varata dal Consiglio dei ministri prevede nuove regole su deduzioni e detrazioni. Come spiega il Corriere della Sera (leggi l’articolo), “l’introduzione, per i redditi superiori ai 15mila euro, della franchigia di 250 euro e di uno sconto fiscale massimo di 570 euro per alcune detrazioni farà incassare allo Stato 1,9 miliardi solo per il 2013″. Soldini che, però, vengono erosi dai risparmi delle famiglie italiane. Anche perché il taglio di detrazioni e deduzioni andrà a colpire anche i redditi del 2012 e, quindi, quelle spese su cui si considerava un certo “risparmio” fiscale. Andrea Indini, Il Giornale, 21 ottobre 2012

SPREMUTI COME LIMONI DA MONTI E COMPAGNI CHE MANDANO I NOSTRO SOLDI AI CARAIBI…PER SVILUPPARLI.

Pubblicato il 15 ottobre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Il governo ci spreme di tasse  poi manda milioni ai Caraibi

Zeppo com’è di esimi cattedratici, banchieri e avvocati il governo sa bene che pacta sunt servanda. È  un rispetto, diciamo così, a geometria variabile. Perché se si tratta di fregarsene dello Statuto dei contribuenti e perciò di  fregarli  con la retroattività del taglio delle detrazioni fiscali si può venir meno ai patti, se invece c’è da finanziare lo sviluppo dei Caraibi il Governo paga pronta cassa. A spulciare nella manovra – scusi ministro Grilli, ma va chiamata così perché i saldi sono tutt’altro che invariati: sono un aggravio di tasse spaventoso – si scoprono impieghi del pubblico denaro insospettabili, magari dovuti, ma inopportuni in questo momento di lacrime e sangue. La denuncia dei redditi dispersi è l’articolo 8 della legge di stabilità titolato: «Finanziamento di esigenze indifferibili».

Uno si aspetta di trovarci i soldi per le volanti di Polizia e Carabinieri, i quattrini per i terremotati dell’Emilia e dell’Aquila. Macché: lì ci sono miliardi che vengono spesi per onorare gli impegni internazionali. Che sono sì voci annuali dovute in forza ai trattati, ma che forse il governo – visto che sta prelevando altri 12 miliardi dalle tasche degli italiani – poteva accantonare per un anno per arrivare al (fittizio) pareggio di bilancio che è il totem di Monti. E invece no. Ecco l’elenco  -  parziale – di dove vanno a finire i nostri soldi.  Un miliardo e 84 milioni alla Banca Mondiale per la International Development Association, 319 milioni e spiccioli li diamo al Fondo Africano di Sviluppo, a quello Asiatico 127 milioni e mezzo, 4 milioni e 753 mila euro li versiamo al Fondo speciale per lo sviluppo della Banca per lo sviluppo dei Caraibi. Testuale: è uno sviluppo al quadrato! Per i Caraibi: per noi solo recessione.

Ma dentro questo articolo c’è un altro regalo. Mentre il governo stanga i nostri agricoltori rivalutando forzosamente del 15% i redditi dominicali, quelli sui quali pagano le tasse ed è una misura ancora più esosa e astrusa degli studi di settore,  concede 58 milioni di euro al Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo. Quando –  tanto per dirne una – l’Europa ci dovrebbe ridare proprio sull’agricoltura sei miliardi perché abbiamo versato più contributi di quanti ne abbiamo ricevuti.  Ma chiederli indietro pare brutto perché dobbiamo fare bella figura all’estero, che è un altra fissa del nostro primo ministro: «La credibilità è tutto». E anche su questo ci sarebbe da eccepire. Per esempio: lo Stato ha un debituccio di 40 milioni con le nostre Ong e sui fondi per la lotta all’Aids siamo morosi per 260 milioni e il Global Found minaccia di cacciarci sputtanandoci. Dunque anche in fatto di aiuti internazionali non sempre rispettiamo i patti. Ma certo non si poteva lasciare orfano di fondi il povero ministro Riccardi che un mesetto fa ha tenuto a Milano una messa cantata sulla cooperazione internazionale. Peccato che proprio i cooperanti contestino il ministro –  basta leggersi le note dell’Amref impegnata in Africa o quelle di Actionaid –  e sospettino che i nostri aiuti proprio disinteressati non sono. Servono  alle nostre industrie per accreditarsi e fare affari. Insomma è una solidarietà pelosa, ma così fan tutti. Non però quando tosano i contribuenti. Anche perché ci aspettava che essendo entrati nel sistema europeo a queste cose pensasse Bruxelles e magari la Bce. Neanche per sogno: paghiamo di tasca. Per aiutare – com’è giusto –  i poveri del mondo, anche se stanghiamo i nostri. Il ritocchino dell’Iva colpisce anche quelli che sono così poveri da non dover nulla al fisco. O quelli che sono così malmessi da dover ricorrere all’aiuto di qualche cooperativa sociale che d’ora in avanti verserà l’Iva al 10 e poi all’11% sulle proprie prestazioni assistenziali, dal 4% attuale. Però ai Caraibi quei miliardi, di vecchie care lire,   non si potevano negare.

Si ha la sensazione  che la legge di stabilità di Monti sia   come le vecchie finanziarie democristiane dove si infilavano alla chetichella favori, vantaggi, riposizionamenti. Perché a leggerla bene questa manovra ha una serie infinita di sorprese. La prima è la stabilizzazione dell’aumento delle accise sui carburanti che da temporanee diventano definitive. Le Ferrovie però possono continuare a succhiare soldi dandoci in cambio treni regionali sporchi, brutti e cattivi e che arrivano sistematicamente in ritardo. All’articolo 8 ci sono infatti 800 milioni per le Fs e 300 milioni per l’Anas oltre a 790 milioni in tre anni per la Tav Torino-Lione. Oppure ci sono 199 milioni per la Regione Campania che si vede ripianare a piè di lista alcuni buchi lasciati dalla giunta Bassolino. In coerenza con il riordino e la stretta sulla finanza locale!  Ma ci sono anche altre chicche. Come i 58 milioni e 131 mila euro che l’Italia versa – sia pure in tre rate –  «per la partecipazione alla spesa per la ristrutturazione del Quartiere Generale del Consiglio atlantico a Bruxelles». Quando si dice la spending review! di Carlo Cambi, Libero, 15 ottobre 2012

…………….Pensano allo sviluppo dei Caraibi e se ne fottono dello sviluppo italiano. Regalano soldi a destra e a manca ma li sottraggono agli italiani, sempre gli stessi, imponendo tassazioni di ogni genere, riducendo le esenzioni fioscali, fissando un tetto per le detrazioni, tassando anche le pensioni di guerra e il sopprassoldo dei decorati di guerra, i pochi sopravissuti rimasti. Ma questo Monti, con la fissa della credibilità, non si vergonga neanche un pò con suoi 32 mila euro al mese di vitalizi? g.

DIMINUISCE L’IRPEF, AUMENTA L’IVA: CHI VINCE E CHI PERDE.

Pubblicato il 11 ottobre, 2012 in Economia | No Comments »

A conti fatti, tra l’aumento dei consumi e gli sconti fiscali, la riduzione della pressione fiscale rischia di risolversi in un saldo negativo nelle tasche dei contribuenti. L’impatto delle nuove aliquote

Iva irpef

LE NUOVE ALIQUOTE DI IVA E IRPEF:

Reddito imponibile Aliquota Irpef (lorda)
fino a 15.000 22% [23%]
22% [23%] del reddito
da 15.001 a 28.000 26% [27%] 3.300 [3.450] + 26% [27%] sulla parte oltre i 15.000
da 28.001 a 55.000 38% 6.680 [6.960] + 38% sulla parte oltre i 28.000
da 55.001 a 75.000 41% 16.940 [17.220] + 41% sulla parte oltre i 55.000
oltre 75.000 43% 25.140 [25.420] + 43% sulla parte oltre i 75.000

Il taglio dell’Irpef di un punto percentuale sui primi due scaglioni di reddito e l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% e dal 10 all’11%”, secondo quanto presentato nella Legge di stabilità, ha sollevato molte polemiche tra le fila dei consumatori, dei commercianti e delle piccole imprese: rischia di diventare una manovra boomerang.

A conti fatti, i benefici che abbassano l’imposta sui redditi – e che comunque non supereranno i 280 euro annui – vengono erosi dall’aumento dell’Iva che scatterebbe a luglio e che produrrà un notevole aumento dei prezzi, anche se il ministro Vittorio Grilli ha annunciato che farà di tutto per scongiurare la crescita del balzello. Inoltre, come segnala la CGIA di Mestre, la stangata andrà a colpire anche gli 8 milioni di contribuenti italiani incapienti (pari al 20% circa del totale dei contribuenti), che oggi si ritrovano nella cosiddetta “no tax area” e che pertanto non beneficeranno di alcuna riduzione Irpef.

Numerose associazioni  tracciano un quadro fosco e quantificano l’impatto dell’aumento dell’IVA sulla spesa delle famiglie.
Confcommercio. Con le misure sull’Iva il calo dei consumi nel 2013 sarà dello 0,9% e ancor peggio andrà nel 2014, sostiene infatti l’ufficio studi dell’ente. Si chiama “difetto capitale” della manovra”, perché ridurrà il valore, in termini di potere d’acquisto, di tutti i risparmi attualmente detenuti dalle famiglie.
Codacons. L’aumento dell’Iva significa una stangata media, su base annua, considerando la famiglia media Istat da 2,4 componenti, pari a 273 euro: 176 euro per l’Iva dal 21 al 22% e 97 euro per l’Iva dal 10 all’11%”. Ovviamente, ha spiegato il Codacons, la stangata sarà ben maggiore per le famiglie più numerose: 324 euro per una famiglia di 3 persone, 432 per 4 componenti.
Coldiretti. L’aumento dell’Iva porterà un rincaro di 500 milioni di euro nella spesa delle famiglie.
Confesercenti. “Una inaccettabile mazzata da 1,5 miliardi di euro mascherata da taglio della pressione fiscale”.
CGIA di Mestre. Saranno penalizzati soprattutto i meno abbienti, mentre i  vantaggi economici maggiori riguarderanno i redditi da 30.000 euro. Ecco i conti realizzati dall’Associazione Artigiani Piccole Imprese Mestre applicati alla tipologia del contribuente senza famigliari a carico, nell’ipotesi che in entrambi gli anni presi in esame (2013, 2014) i consumi e i livelli di reddito rimangano gli stessi del 2012.

CONTRIBUENTE SENZA FAMIGLIARI A CARICO (valori in €)

da VIRGILIO, 11 ottobre 2012