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STANOTTE AUMENTATA L’IVA: MONTI E I SUOI BOYS CI FREGANO ANCORA

Pubblicato il 10 ottobre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Tasse, furto con destrezza  ci danno 21 euro al mese ce ne tolgono molti di più

Ecco servita l’ultima  beffa del governo Monti, l’ultimo capolavoro a base di tasse. Il colpo di scena arriva arriva nel cuore della notte, nel corso della conferenza stampa del governo che ha illustrato nel dettaglio tutte le misure approvate con la legge di stabilità. Ecco l’ultima beffa targata Monti: l’Iva aumenterà di un punto in compenso saranno ridotte di un punto le aliquote Irpref per i redditi più bassi. I prof ci hanno  fregato ancora. Il “contentino” dato agli italiani è la riduzione dell’Irpef sui redditi bassi (dal 23% al 22% per le fasce di reddito più basse e dal 27% al 26% per i redditi dai 15 ai 28mila euro ). Ma non serve essere dei professori plurilaureati per fare due conti e scoprire che il risparmio per la riduzione delle aliquote si traduce in soli 21,5 euro al mese, una cifra più bassa rispetto a quanto sborseremo per l’aumento dell’Iva. Non è possibile fare calcoli precisi perché l’aumento dipende, ovviamente, dal bene che si acquista ma, partendo dai dati Istat sui consumi medi di una famiglia italiana, risulta che il rincaro è pari a 23,1 euro al mese. Quasi due euro in più rispetto al risparmio legato al taglio dell’Irpef . Dal luglio 2013 ci troveremo davanti a un aumento dell’Iva che si tradurrà in un ulteriore aumento dei prezzi. (l’aliquota passerà dall 10 all’11% e dal 21 al 22%) e avrà inevitabilmente conseguenze sui consumi degli italiani (già fortemente in calo a causa della crisi) e anche sui risparmi. Altro effetto collaterale dell’aumento dell’Iva sarà l’aumento del “nero”, il dilagare dell’evasione fiscale che pure il governo Monti intende combattere con ogni mezzo.

La tassa che esce dalla porta entra dalla finestra Insomma, se da una parte il governo dà lo zuccherino del taglo dell’Irpef, dall’altra ci rifila la mazzata dell’aumento del’Iva. Che è molto più pesante e amara dello zuccherino. Lo scambio fatto dal governo non è nemmeno alla pari. Confesercenti denuncia che “l’aumento delle due aliquote Iva dovrebbe generare un gettito di circa 6,5 miliardi di euro; un dato ben superiore al costo della riduzione delle due aliquote Irpef, che è intorno ai 5 miliardi”. “In sostanza se, da un lato, le famiglie potrebbero beneficiare in media di circa 200 euro dal taglio Irpef dall’altro, a parità di consumi, dovranno sborsarne circa 264 in più in virtù dell’aumento Iva”. Uno  scambio ineguale che, denuncia Confindustria, si trasformerà in una  perdita per quegli strati sociali più poveri che già ora sono esenti dall’Irpef: “per loro la prospettiva è una sola, ovvero pagare per intero l’aumento dell’Iva”

I consumatori e Confesercenti La decisione di abbassare di (un punto) l’Irpef sui redditi più bassi è solo una foglia di fico perché a fronte di un aumento dei prezzi dei beni, ci sarà un risparmio minimo per gli italiani. L’austerità «non è un circolo vizioso, la disciplina di bilancio paga e conviene perché ci ha consentito di non dover rincorrere di continuo la congiuntura. Con le decisioni di stanotte in questo brevissimo  consiglio dei ministri abbiamo voluto dare il chiaro segnale che quando ci sono segni di stabilizzazione ci si può permettere qualche sollievo», dice Mario Monti. Un sollievo «che non è una modifica di rotta». Ma i consumatori sono già sul piede di guerra: “La riduzione di un punto dell’Irpef e dall’altra parte l’aumento dell’Iva è una presa in giro dei consumatori ai quali il Governo, fino a ieri, aveva promesso che avrebbe fatto di tutto, fino all’ultimo, per scongiurare questo aumento, visto il crollo dei consumi”. Così il Codacons commenta le novità introdotte dalla legge di stabilità. “Diventa ancora più una beffa ed un tradimento – aggiunge l’associazione – l’aumento di un punto dell’Iva a fronte della riduzione dell’Irpef, che dimostra come le risorse per non aumentare l’Iva evidentemente ci sono”.  Durissimo il commento di Confersercenti: “Lo scambio tra taglio delle aliquote Irpef e aumento dell’aliquota Iva non è un favore alle famiglie. Anzi, è un’altra inaccettabile mazzatà da circa 1,5 miliardi di euro mascherata da taglio della pressione fiscale”.

.……………Questa è la risposta di Monti alla proposta di Berlusconi!

L’ULTIMA DI MONTI: ABBASSARE LE BUSTE PAGA

Pubblicato il 19 settembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

L'ultima mazzata di Monti: abbassare le buste paga

Buste paga più leggere se il professor Monti dovesse decidere di mettere in pratica l’invito dell’ex numero uno della Bce, Jean Claude Trichet, che nel 2008 invitava i governi nazionali a «evitare» di ancorare i salari all’inflazione per il rischio di «innescare una spirale salari-prezzi con ricadute negative sull’occupazione e sulla competitività».  Prima il «Corriere», poi altre testate hanno cominciato a ventilare l’ipotesi che il governo italiano si stia muovendo in tale direzione. Monti sa bene che sganciare i salari dagli adeguamenti vorrebbe dire tagliare di colpo una fetta di busta paga. Se non si trovasse il modo di legare le retribuzioni alla produttività lo stipendio di un operaio o di un dipendente pubblico perderebbe tra il 5 e il 9% del suo valore. Da Roma fanno sapere che sul tavolo del presidente del Consiglio non c’è alcun fascicolo che prevede il disancoramento dei salari dall’aumento del costo della vita. C’è però un fascicolo intitolato «produttività». Per la prima settimana di ottobre il premier Monti attende una proposta congiunta sindacati-aziende che miri a invertire il trend del differenziale costo del lavoro-produzione. da Libero, 19 settembre 2012

…………Se fosse vero, sarebbe l’ultima canagliata di un governo di incapaci, un atto di vera e propria  delinquenza allo stato puro. g.

LE TASSE NON SVANISCONO CON MANDRAKE, di Mario Sechi

Pubblicato il 17 settembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

La campagna elettorale è cominciata nel peggiore dei modi. A Reggio Emilia Bersani ha proposto una ricetta economica archeologica, confusa tra attacchi alla finanza e proposte il cui risultato è una maggiore spesa pubblica. Il Cavaliere in crociera invece è tornato a scodellare la solita minestra: abbassiamo le tasse. Lo dice dal 1994, l’esito finale è che il suo ultimo governo aveva una pressione fiscale più alta di quella di due tassatori come Prodi e Visco. Abolire l’Imu? Bello. E poi? Sarebbe interessante capire come Berlusconi intende coprire il minor gettito di 21 miliardi di euro e il mancato incasso ai Comuni, alla canna del gas, che devono erogare servizi per i cittadini.
La questione fiscale in Italia è il tema centrale, ma per proporre soluzioni occorre essere credibili. La storia dei governi precedenti ci racconta una campagna elettorale piena di promesse non mantenute e premesse tradite. Raccontare agli italiani che si vogliono abbassare le tasse è più che legittimo, è giusto, ma significa anche proporre non lo slogan di un minuto ma una riforma fiscale dove si sposta il peso delle tasse dal lavoro alla ricchezza improduttiva e si dichiara una lotta senza quartiere all’evasione, avendo però prima ridotto le aliquote. Cioè s’introducono gradualmente nel sistema tributario elementi che fanno parte della politica anglosassone. Vorrei ricordare agli smemorati del centrodestra che l’Imu era un progetto leghista, che la sua anticipazione è stata votata dal Pdl, che tutti i provvedimenti del governo Monti sono stati condivisi dal partito di Berlusconi. Uso le stesse parole del Cav di qualche settimana fa: non si rigira la frittata.
Occorre serietà, la delega in bianco è finita. L’Italia continua ad avere duemila miliardi di debito: non l’hanno tagliato né Berlusconi né Prodi e non poteva certo farlo Monti in un anno. Ai Mandrake della sinistra e della destra vorrei ricordare che il Prof. è stato chiamato al capezzale di una Repubblica sull’orlo del crac. Nell’autunno scorso si è rischiato di non pagare gli stipendi alla pubblica amministrazione. Un paio di numeri: siamo in recessione per quest’anno e anche per il 2013, il Pil è in picchiata, la produzione industriale è la peggiore d’Europa, il tasso di disoccupazione è vicino a sfondare l’11% e l’inflazione ha cominciato a salire per effetto del rialzo dei prezzi dei carburanti. Siamo un Paese privo di materie prime, importiamo energia, la politica industriale è inesistente, rischiamo di perdere la produzione d’acciaio e quella automobilistica per scarsa competitività e follia dei tribunali, la nostra giustizia civile è la più lenta del mondo, kafkiana. Agli elettori bisogna illustrare tagli, spese e coperture. Tutto il resto è propaganda. E alla fine la paghiamo noi. Mario Sechi, Il Tempo, 17 settembre 2012

…………A parte qualche difesa d’ufficio del Mandrake di turno, cioè Monti, il resto è tutto giusto. La promessa che dovrebbe essere fatta e mantenuta è quella di una immediata ed efficace riforma fiscale che consenta ad un tempo la riduzione delle tasse e la reale lotta all’evasione fiscale. g

PRESSIONE FISCALE AL 55%: E’ QUESTA LA CIVILTA’ DI MONTI?

Pubblicato il 8 settembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Pressione fiscale al 55%: ecco la civiltà di Monti

Una “guerra di civiltà“, l’ha definita Mario Monti. La battaglia contro gli evasori fiscali è una delle priorità del governo, forse perché se vinta porterebbe nelle casse (vuote) dello stato cifre mai viste. Basta considerare che l’economia sommersa nel nostro paese è stata calcolata in 418 miliardi di euro mentre la fuga dal fisco equivarrebbe a un tesoretto monstre di 181 miliardi. Sei manovre corpose, per intenderci. Logico che occorra usare ogni arma possibile, compreso, per esempio, un sistema di “identikit” dell’evasore messo a punto dal Ministero delle Finanze. “Non chiamateli più furbetti”, aveva tuonato dal palco del meeting di Cl il professore, ammonendo i tg Rai a cambiare registro. I fenomeni di evasione fiscale, ha ricordato alla Fiera del Levante Monti, “minano alla radice la fiducia di ciascuno verso il vicino e il lontano”. Giusto anche questo.

Le colpe dello Stato – Ma c’è un però. Pressione fiscale reale al 55%, debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese di 90 miliardi (e nel frattempo di aziende ne sono morte 146mila nel solo primo trimestre del 2012), bollette energetiche sempre più care (gli imprenditori italiani pagano l’elettricità 10 miliardi in più rispetto ai concorrenti dell’Unione europea), prezzi dei trasporti alle stelle (da quelli pubblici, treni e tram, alla benzina schizzata oltre 2 euro col 60% dovuto a tasse, Iva e accise), Iva al 21% con effetti recessivi e impatto devastante sul costo della vita, nuove tasse come l’Imu su prima e seconda casa (e magari con il barbatrucco di una rivalutazione del mattone per aumentare l’imponibile), inasprimento di Irpef e Tarsu, imposte sul fumo, riforma durissima delle pensioni con autentica truffa per gli esodati (che secondo l’Inps sarebbero 390mila). Tutti elementi, sintetizzati in poche righe, che avvalorano un’altra tesi: lo Stato, di cui il governo Monti è da 9 mesi mente e braccio, sta facendo di tutto per minare alla radice la fiducia di ciascun cittadino e contribuente nei confronti non del vicino e del lontano, ma dello Stato stesso.

Fiducia spezzata – Il problema di quanto lo Stato chiede e di quanto dà in cambio è nodo fondamentale nei rapporti con il cittadino. Eppure per Monti e i professori sembra rappresentare un dettaglio, una sfumatura nel grande processo di rivoluzione “etica” del sistema Nazione. Persino il numero uno dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera ha ammesso che bisogna “cambiare il fisco, semplificare le regole”, renderlo in altre parole più umano. Anche perché il rischio è quello di creare una generazione (quella futura, oltre ad ampie fasce di quelle presenti) scettica nei confronti della Pubblica amministrazione se non addirittura ostile a Equitalia ed Erario, anti-tasse per cultura e per spirito di sopravvivenza. Quaranta e passa suicidi di imprenditori, artigiani e dipendenti in questa prima metà di 2012, duemila persone che nello stesso periodo sono ricorse a gruppi di sostegno, ascolto e supporto psicologico contro la crisi, un livello di disoccupazione al 10,5% (mai così male dal 1999) con un giovane su tre senza lavoro. E’ da questi numeri, non dai proclami, che bisogna partire per tracciare lo stato di salute dell’Italia attuale. Un’Italia per molti versi incivile, che non ha bisogno di guerre di civiltà ma di maggiore equità. Monti a Bari ha preferito rivaleggiare con l’amico Mario Draghi, ha rivendicato l’importanza dei sacrifici imposti, si è di fatto autoproclamato salvatore d’Italia e d’Europa. L’Italia e l’Europa forse si salveranno, spread permettendo. Il prezzo sarà quello di aver perso la fiducia di molti italiani. Da LIBERO, 8 settembre 2012

.………….Monti, a Bari, dove ha gigioneggiato e come al solito marameldeggiato sugli assenti, ha dimenticato di dire che l’unica battaglia che ha ignorato di fare sul terreno delle tasse è quella contro la casta che continua a saccheggiare le casse dello Stato. Ma lui se ne infischia perchè prima di accettare di fare il Robin Hood alla rovescia per conto della più scalcagnata classe dirigente del mondo, s’è assicurato un vitalizio di 25 mila euro al mese che si aggiungono ai circa 35 mila che già percepiva di pensione.  Dall’alto di queste cifre può lui discettare di civiltà parlando delle tasse che impone ai cittadini italiani? g.

E’ RECORD DI DISOCCUPATI E CAROVITA: ECCO I “FALLI-MONTI” DEL GOVERNO TECNICO

Pubblicato il 3 settembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Dietrofront sui beveraggi.

The freddi, bibite annacquate all’arancia rossa e frizzanti non saranno tassate. Ormai va così: il governo tecnico si barcamena tra decreti ritirati e un’economia in recessione. Non c’è un dato economico in positivo, falli-Monti (copyright Maroni) non sa più che pesci prendere, i conti non tornano e stiamo molto peggio di un anno fa. Crollano Pil, consumi, occupazione e crollano mercati floridi come l’immobiliare che per tigna tiene (almeno a Roma) i prezzi alti. Ma, mistero, aumentano i giorni di sciopero: più 55 per cento in 5 anni! (aerei esclusi). Mancano i soldi e anche la voglia di lavorare. Altro che riforma Monti. Dicevamo dell’economia. Mentre il premier fa capire di aver preso l’ennesimo abbaglio sanitario con i frizzanti (nel decretone di mercoledì potrebbe sopravvivere solo la norma contro le ludopatie che mette limiti alle presenze delle sale da giochi) ieri sono arrivati dati Istat da brivido. In cinque anni gli occupati under 35 sono diminuiti di 1.457.000 unità, con una riduzione del 20 per cento. Nel secondo trimestre di quest’anno i lavoratori tra 15 e 34 anni sono così scesi a 5.876.000 unità, mentre erano 7.333.000 unità nello stesso periodo del 2007. Un periodaccio. Il debito pubblico sfiora i 2.000 miliardi e ha vanificato gli effetti dell’Imu e dell’aumento delle accise. Per non parlare dei consumi, ormai i supermercati campano solo con le offerte. Tra l’altro, Coldiretti denuncia un aumento «ingiustificato» del 40 per cento del prezzo dei mangimi (soprattutto mais e farina di soia) che metterebbe a repentaglio la produzione futura di latte e carne.Ma è il surplus di spesa che gli italiani dovranno affrontare da settembre che terrorizza il contabile, il potere d’acquisto diventa irrisorio, mentre fare un pieno alla macchina diventa roba da ricchi. Ieri l’ennesimo appello-minaccia da parte delle associazioni dei consumatori che propongono per il 19 la giornata dello sciopero della spesa. Tutto fa brodo. «Questa politica economica non riesce a dare risposte positive alla crisi che attraversa il paese» fanno sapere da Adusbef e Federconsumatori. Calcoli alla mano, l’aumento dei prezzi, delle tariffe e delle tasse porteranno a far spendere alle famiglie un surplus di 2.333 euro annui, una settimana ai tropici. La spesa maggiore per l’acquisto di alimenti sarà di 392 euro; per le bollette è previsto un incremento di 308 euro; mentre i costi energetici, tra carburanti e riscaldamento, registreranno aumenti vertiginosi (+471 euro). Senza dimenticare le tassazioni, l’Imu, l’addizionali Irpef e il carico economico per mandare un figlio a scuola. «C’è da rimpiangere il governo Berlusconi – fa notare Maroni – Soprattutto per quanto riguarda la gestione della crisi economica. Peggio di così è impossibile. Ci sono i dati a dirlo, dalla disoccupazione all’aumento del debito, l’aumento della pressione fiscale e l’inflazione. Monti ha fallito, prima va a casa, meglio è». Il Giornale, 3 settembre 2012

IN ITALIA LE TASSE SUI CARBURANTI SONO LE PIU’ ALTE D’EUROPA….

Pubblicato il 1 settembre, 2012 in Cronaca, Economia | No Comments »

“In Italia le tasse sui carburanti solo le più alte d’Europa”.

A certificarlo è l’Ufficio studi della Cgia di Mestre che ha messo a confronto il prezzo alla pompa e il peso della tassazione della benzina e del gasolio per autotrazione dei Paesi appartenenti all’area dell’euro.

“È vero che abbiamo ancora un sistema distributivo troppo parcellizzato ed un numero di stazioni di servizio self service al di sotto della media europea, tuttavia è indubbio che registriamo il prezzo delcarburante più caro d’Europa perché il peso delle tasse ha raggiunto in Italia un livello record non riscontrabile altrove. In buona sostanza, quando facciamo il pieno alla nostra autovettura a guadagnarci di più non sono le compagnie petrolifere o i gestori delle aree di servizio, bensì lo Stato”, ha lamentato il segretario della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi.

Secondo lo studio, su ogni litro di benzina verde il peso delle tasse raggiunto in Italia è di 1,033 euro, pari al 58,1% del prezzo alla pompa. In termini assoluti, vengono dopo l’Italia l’Olanda, con 1,016 euro di imposte su ogni litro, e la Grecia, con 1,008 euro/litro.

“Tenuto conto che il 90% delle nostre merci viaggia su strada non è da escludere che nel prossimoautunno ci ritroveremo con un aumento significativo dei prezzi dei principali beni di consumo”, ha denunciato Bortolussi, secondo cui l’aumento del gasolio avvenuto in queste ultime settimane “è un vero e proprio salasso che sta mettendo in ginocchio tantissimi autotrasportatori italiani”. Fonte ANSA, 1° settembre 2012

..…Ecco una notizia bomba, l’Italia è prima in Europa, ma solo per le tasse, specie sui carburanti. Sarà contento Monti che potrà andarne fiero la prossima volta che incontrerà il “suo” Capo, cioè la cancelliera di ferro Angela Merkel a cui potrà esibire il “primato” come prova dell’impegno serio suo e dei suoi ministri nella operazione strangolamento degli italiani. D’altra parte a lui, cioè a Monti, poco importa che la benzina costi sempre di più, tanto lui viaggia in aereo, gratis e con prima colazione anche quella pagata. g.

I PROFESSORI DEL GOVERNO CI FANNO FARE LA FINE DELLAGRECIA, di Vittorio Feltri

Pubblicato il 26 agosto, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Continuano a dirci che non siamo la Grecia, ma ci comportiamo come se lo fossimo.

La quale Grecia, un paio di mesi orsono, circa, nel pieno della buriana finanziaria che l’aveva stroncata, invece di abbassare la spesa pubblica, assunse 70mila statali, condannandosi a morte. Ecco, noi venerdì, grazie al governo Monti, abbiamo fatto la stessa identica cosa. Tagliare? Risparmiare? Non se ne parla neanche. Il Consiglio dei ministri, mescolando (per non dire imbrogliando) le carte, è riuscito nell’impresa di porre le basi per caricare sul groppone della pubblica amministrazione 50mila persone, cui sarà elargito regolare stipendio finché saranno in vita.

Bell’affare. Non proprio bello come quello greco, ma poco ci manca. Ne abbiamo dato notizia ieri con grande stupore nostro e, immaginiamo, del lettore che da anni sente predicare: purtroppo gli organici statali sono pletorici e andrebbero ridimensionati. Ora, anche uno sciocco sa che si può ridimensionare aggiungendo o togliendo. Dato che il governo italiano è costituito da professori coltissimi e intelligentissimi, ha pensato di annettere grasso al corpaccione già obeso della scuola e dell’università. Anziché ridurre il numero esorbitante dei docenti (e dei dirigenti) che campano di cattiva istruzione (tra le più scalcinate d’Europa), lo ha aumentato di (ripetiamo) 50mila soggetti.Se vi pare una buona idea… Confessiamo: siamo basiti e anche leggermente disgustati. È assurdo pensare che l’Italia sia in grado di salvarsi imitando (nel peggio) la Grecia. Ma tant’è. Ci tocca anche questa. Le statistiche dimostrano, comparando i nostri organici con quelli di altri Paesi più efficienti, che abbiamo più insegnanti rispetto agli altri europei e allora, non volendo rinunciare a questo deprimente primato, non ci lasciamo sfuggire l’occasione per reclutare nuovi maestri e nuovi professori, visto che qui, nella Penisola, nascono più docenti che discenti.

Da notare che scuola e università da noi costano più che altrove anche per altri motivi: nei vari istituti nazionali vi è un numero pazzesco di bidelli (superiore a quello dei carabinieri), i quali però da tempo non fanno i bidelli come una volta, cioè pulendo le aule, perché ciò non è dignitoso. Quindi che fanno? Guardano, sorvegliano, osservano che tutto sia in ordine. Alle pulizie provvedono aziende esterne ovviamente non gratis. Capito l’antifona? I tecnici della spending review, quelli che abbiamo messo lì affinché i conti pubblici venissero risanati, rilanciassero l’economia e favorissero la crescita, non trovano nulla di più intelligente che immettere personale in un settore dove ce n’è già troppo.E chi paga? Inutile dirlo: noi, attraverso il versamento delle tasse più alte del mondo, altro record di cui non c’è mica tanto da menar vanto. Ci si domanda: perché? E la risposta è una sola: è cominciata la campagna elettorale (che si basa sull’intramontabile principio del do ut des) e, probabilmente, i signori bocconiani e affini sperano che i neoassunti, per gratitudine, ricambieranno la cortesia di aver ricevuto un posto votando coloro che glielo hanno dato. Serve del pelo; il vizio non si è mai perso. Vittorio Feltri, Il Giornale, 26 agosto 2012

DOPO NOVE ORE DI CONSIGLIO DEI MINISTRI, TANTE CHIACCHIERE E NESSUNA COSA SERIA: CHE FINE HA FATTO LA RIDUZIONE DELLE TASSE, PROMESSA DA PASSERA E DALLA FORNERO?

Pubblicato il 25 agosto, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Quando se ne è uscito da Palazzo Chigi e i giornalisti l’hanno preso d’assalto, il ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera si è subito affrettato a rassicurare le telecamere: “Con Vittorio Grilli abbiamo sempre trovato soluzioni per investimenti e spese che potevano creare crescita”.

Il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera

Perché Passera si sia preso il disturbo di smentire le voci sullo scontro col numero due del tesoro, è sin troppo chiaro. Le tensioni, durante il Consiglio dei ministri fiume di ieri, non sono certo mancate. A vincere – ancora una volta – è stato il premier Mario Monti che ha fatto piazza pulita delle proposte, lanciate in settimana al Meeting di Comunione e Liberazione, sia dal titolare dello Sviluppo economico sia dal ministro del Welfare Elsa Fornero. Nelle misure del governo non c’è infatti alcuna traccia della riduzione delle tasse.

Basta dare un’occhiata ai fiumi di inchiostro vergati dall’esecutivo al termine del vertice che apre la “fase due” per il rilancio del sistema Italia. O meglio, come fa notare una fonte governativa a Repubblica (leggi l’articolo), basta dare un’occhiata a quello che manca: “Forse sono politicamente più importanti le cose che non sono state scritte rispetto a quelle che ci sono”. Che fine ha fatto la promessa di ridurre le tasse? Il capitolo è pressocché assente. Eppure prima Passera, poi la Fornero avevavo assicurato, davanti alla platea ciellina di Rimini, che si sarebbero impegnati in tal senso. Se infatti il ministro del Welfare aveva anticipato che, in occasione del Consiglio dei ministri, avrebbe chiesto di “abbassare le tasse sul lavoro a parità di gettito”, Passera aveva proposto di utilizzare i proventi della lotta all’evasione per abbattere le tasse dei redditi più bassi. Abbiamo uno dei livelli di tassazione più alti del mondo – diceva Passera al Meeting – è una zavorra che dobbiamo correggere, bisogna trovare le risorse per il welfare e per ridurre le tasse ai cittadini onesti e alle imprese”. Che dire, poi, della proposta del viceministro alle Infrastrutture Mario Ciaccia di “sterilizzare l’Iva per i cantieri delle opere pubbliche”? Niente da fare.

Insomma, l’esecutivo che ha contribuito pesantemente a portare la pressione fiscale a livelli record (secondo la Confcommercio ha, infatti, toccato il 55%) non ha alcuna intenzione di mettere mano alle tasse. “La congiuntura economica internazionale sta peggiorando”, ha spiegato Grilli snocciolando i dati macro economici dei Paesi extra Ue. D’altra parte, persino la Germania è costretta a tirare i remi in barca. Per il momento il governo è al lavoro per riuscire a “cancellare definitivamente l’aumento dell’Iva” che, inizialmente, era previsto per ottobre. Secondo fonti vicine al dicastero di via XX Settembre, infatti, Grilli vorrebbe muoversi azionando due leve: da una parte la spending review per abbattere la spesa pubblica, dall’altra la lotta all’evasione per “aumentare la base imponibile”. Ma di ridurre le tasse ancora non se ne parla. Andrea Indini, Il Giornale, 25 agosto 2012

..…………….Lo “statista” Monti, così promosso da Buffalo Bill, cioè Bonanni, ancora una volta ha preso per i  fondelli tutti quanti. Aveva convocato il Consiglio dei Ministri per “passare” alla fase 2 (ma la fase uno chi l’ha vista, ad eccezione delle tasse?) ma dopo nove ore (un record, strillano i giornali allineati al regime9 di chiacchiere di fatti c0oncreti ne sono usciti pochi, forse nessuno. Del resto è la caratteristica di Monti che  10 mesi fa si proclamò salvatore della Patria e sopratutto dello spread e che dieci mesi dopo ha strangolato gli italiani con una valanga di tasse, vecchi e nuove, mentre lo spread viaggia costantemente a livelli di guardia (oggi, mentre scriviamo, è a quaota 436…), annunicare un giorno una cosa e il giorno dopo farne un’altra. Questa volta aveva annunciato di “vedere una luce in fondo al tunnel” e ieri, forse ancora intontito dal buio del tunnel che collega l’Italia alla sua amata Svizzera, della luce s’è persa traccia e di conseguenza di riduzione delle tasse non se parla più. Più che uno statista questo Mponti ci sembra uno strillone di giornali che annuncia i titoli imparati a memoria senza conoscere i dettagli. g.

GLI UOMINI CHE (NON) FECERO L’IMPRESA A 1 EURO, di Mario Sechi

Pubblicato il 23 agosto, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Aprire una società a responsabilità limitata con un euro di capitale. Bene. Bravi. Bis. E poi? Il governo prepara mirabolanti annunci sulla crescita. I tecnici sono passati dal peggiorismo (strumentale al loro arrivo) all’ottimismo senza realismo (anch’esso utile alla causa del provvisorio che in Italia diventa permanente). E dunque ecco improvvisamente che l’Italia esce dal tunnel e la crescita inizia a lievitare come la torta della nonna. Ho il sospetto che in consiglio dei ministri non sappiano come si costituisce e avvia un’azienda. Perché la domanda (e poi?) ha una risposta micidiale dalla realtà che tanti imprenditori vivono tutti i giorni.

E poi? i soci dell’impresa con un euro di capitale vanno in banca. Hanno sottobraccio un buon business plan, pensano di avere un mercato, il prodotto è interessante. Toc toc! Permesso? «Si accomodino, prego». Vorremmo chiedere un finanziamento e una linea di credito. «Siamo una banca, è il nostro mestiere. Che capitale ha la società?». Un euro. «Un euro?». Sa, c’è la nuova legge… «Ah, che sbadato. Avete beni personali da dare in garanzia?». No, siamo giovani, iniziamo adesso, abbiamo un’idea, crediamo nel futuro… «Il vostro progetto è ottimo, ma non concediamo credito a una società con un euro di capitale, nessuna garanzia e un mercato da scoprire. Mi dispiace, provate con qualche altra banca». Ne abbiamo già girate cinque…. «Arrivederci, e in bocca al lupo».

E poi? Nessuno finanzia l’idea. Oppure si parte, con i risparmi di famiglia, l’aiuto di un amico, ma la concorrenza è spietata, il mercato globale. E poi? Finisce il carburante, il denaro. E poi? Si chiude la baracca. Dove l’economia funziona, la selezione naturale la fa il mercato, in Italia ancor prima di aprire l’attività è la banca che ti sega le gambe. Sei povero? Resti povero perché ci sono i soldi per i ricchi ma non per i poveri con buone idee. E se ce la fai a tirar su la serranda, ci pensa il fisco a spegnere i sogni di gloria.

E poi? «Toc toc! Permesso?».

Sì, chi è?

«Siamo di Equitalia…». Mario Sechi, Il Tempo, 23 agosto 2012

……Il sarcasmo di Sechi nel deridere la burletta di Monti, quella dell’impresa costitita con un solo euro di capitale, è la fotografia della immensa str…ta fatta dai partiti allorchè si sono affidati a  Monti. Per dirla tutta, riprendendo una recetne battuta riportata dalla stampa, avrebbero fatto meglio ad afidarsi al mago Otelma. Di certo non avrebbe fatto peggio di Monti invocando gli spiriti e facendoci sorridere. Perchè il riso, almeno quello, fa buon sangue. g.

I PALLONI GONFIATI DEL 1929 E QUELLI DI OGGI, di Mario Sechi

Pubblicato il 27 luglio, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Ancora una volta, consiglio la lettura de «Il Grande Crollo» di John Kenneth Galbraith, il racconto della crisi del 1929 e del crac di Wall Street. Ecco un passaggio illuminante: “Cose che in altri momenti restavano nascoste da una pesante facciata di dignità erano ora messe a nudo, perché il panico aveva fatto dileguare quella facciata d’improvviso, in modo quasi osceno. Raramente ci è concesso uno sguardo oltre quella barriera; nella nostra società l’equivalente delle mura del Cremlino è il pallone gonfiato. Lo studioso di storia sociale deve essere sempre attento alle occasioni che gli si presentano, e ce ne sono state poche come il 1929″. Chiudete gli occhi, non pensate al 1929 ma al 2012 e ai mesi che verranno. Sono sicuro che li vedete anche voi, i palloni gonfiati.

Quelli che abitano il Palazzo mi sembrano sempre più dei marziani. La crisi galoppa, la finanza sta spolpando quel che resta della sovranità degli Stati, l’economia reale dell’Europa dà segni lampanti di crac ma i partitanti sono concentrati sulle elezioni anticipate, cioè sul come far finta di staccare la spina a Monti sapendo che non ci sono alternative al professore. Si possono usare tutte le formule alchemiche, ma i fatti sono più forti di qualsiasi visione: l’Italia ha votato un Patto di bilancio europeo che prevede l’abbattimento del rapporto debito/pil al 60%, ha vincolato per l’eternità i governi al pareggio di bilancio e ha la pressione fiscale più alta del mondo. Un sistema dei partiti in caduta libera, in grave crisi di credibilità, senza leader che abbiano l’autorevolezza per convincere gli italiani che la vita a debito è finita, in queste condizioni dovrebbe fare altro. Per esempio pensare alla Fiat che potrebbe decidere di spostare all’estero la sua produzione e chiudere i conti con un Paese che non ha una politica industriale, come ha spiegato bene sul Sole 24Ore l’altro ieri l’ingegner Carlo De Benedetti. Oppure potrebbe dare una mano al ministro dello Sviluppo Passera che è molto loquace, ci parla del futuro ma è a corto di idee sul presente in cui vive. Invece no, l’agenda parlamentare è satura di imperdibili discussioni sul voto anticipato e improbabilissime riforme presidenzialiste. Avanti così, l’iceberg è all’orizzonte. Ancora una volta, consiglio la lettura de «Il Grande Crollo» di John Kenneth Galbraith, il racconto della crisi del 1929 e del crac di Wall Street. Ecco un passaggio illuminante: «Nell’autunno del 1929 gli americani più potenti si rivelarono, per un attimo, esseri umani. Come la maggioranza degli uomini il più delle volte, fecero cose molto stupide. In genere, quanto maggiore era la fame di onniscienza prima goduta, quanto più serena la precedente idiozia, tanto più grande fu la stupidità ora messa in luce. Cose che in altri momenti restavano nascoste da una pesante facciata di dignità erano ora messe a nudo, perché il panico aveva fatto dileguare quella facciata d’improvviso, in modo quasi osceno. Raramente ci è concesso uno sguardo oltre quella barriera; nella nostra società l’equivalente delle mura del Cremlino è il pallone gonfiato. Lo studioso di storia sociale deve essere sempre attento alle occasioni che gli si presentano, e ce ne sono state poche come il 1929». Chiudete gli occhi, non pensate al 1929 ma al 2012 e ai mesi che verranno. Sono sicuro che li vedete anche voi, i palloni gonfiati. Sono quelli che si perdono in polemiche da quattro soldi (solitamente i loro) mentre nel mondo accadono cose che scombinano le nostre vite. Mi ha colpito il presidente onorario di Citigroup, Sandy Weill, che ieri ha detto chiaramente che bisogna separare l’ investment banking dal banking. Chi specula con la finanza fa un mestiere diverso da chi prende i depositi e poi li impiega per le imprese e le famiglie. Sono attività inconciliabili. E anche in Italia sono confuse e pericolose, intrecciate e tossiche. Servono la speculazione, non l’economia reale. Le mega banche vanno smontate. Se ne occupa qualcuno in Parlamento? O vogliamo andare avanti sognando le elezioni anticipate con l’orchestrina che suona sul ponte del Titanic? Mario Sechi, Il Tempo, 27 luglio 2012