Archivio per la categoria ‘Giustizia’

CASA DI MONTECARLO: IL GIP NON HA ARCHVIATO L’INCHIESTA

Pubblicato il 2 marzo, 2011 in Giustizia, Politica | No Comments »

Il gip Figliolia prende tempo: si è riservato se accettare la richiesta della procura, che vuole l’archiviazione per il presidente della Camera e l’ex tesoriere Pontone, oppure accogliere il ricorso degli esponenti della Destra che chiedono il rinvio a giudizio per truffa aggravata. La decisione entro 15 giorni. Ma i querelanti annunciano già un ricorso in sede civile

Roma – La vicenda Montecarlo non è chiusa. Su Gianfranco Fini pende ancora il giudizio del tribunale di Roma che potrebbe rinviarlo a giudizio per truffa aggravata insieme all’ex tesoriere di An Francesco Pontone. Il gip del tribunale di Roma, Carlo Figliolia, ha scelto di non archiviare immediatamente ma sì è riservato di decidere sulla vendita della casa di Alleanza nazionale a Montecarlo.

Il procuratore aggiunto Pier Filippo Laviani ha sollecitato ancora la posizione della procura. L’avvocato Mara Ebano, che assiste i due esponenti della Destra che con la loro denuncia hanno dato il via all’inchiesta, il consigliere regionale Roberto Buonasorte e Marco Di Andrea, ha spiegato: “La decisione arriverà entro le prossime settimane”. Nell’inchiesta sono indagati sia il presidente della Camera sia l’ex tesoriere di An. All’attenzione del giudice, nella scorsa udienza del 2 febbraio, è stata depositata una videoregistrazione dell’intervista rilasciata al Tg1 e trasmessa il 28 gennaio scorso, dall’immobiliarista residente a Montecarlo Luciano Garzelli. “Ma sono tante le testimonianze e le carte che spiegano cosa è successo e perché” ha detto Buonasorte.

i Giancarlo Tulliani e sua sorella Elisabetta, la compagna di Fini, si sono interessati direttamente della ristrutturazione dell’immobile di Boulevard Princesse Charlotte. Il penalista Giuseppe Consolo, che insieme con Francesco Compagna, difende Fini, ha spiegato: “Il rappresentante della procura ha spiegato le ragioni per cui questa vicenda va archiviata”.

L’avvocato Di Andrea ha invece sottolineato: “Il nostro impegno andrà avanti comunque. Lo stesso procuratore Laviani ha detto oggi, secondo noi, che c’è spazio per iniziative al tribunale civile”. Buonasorte ha poi spiegato: “Tulliani andava almeno ascoltato. E invece è tutto rimasto nel dubbio a nostro parere. Il dato certo è che Fini pensava di risolvere la cosa in 24 ore e invece siamo ancora qui a discutere di questa vicenda”. Fonte Il Giornale, 2 marzo 2011

L’ITALIA PIANGE LA PICCOLA YARA E SI DOMANDA: CHI HA SBAGLIATO

Pubblicato il 27 febbraio, 2011 in Cronaca, Giustizia | No Comments »

Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa a Bergamo Ci aveva abituato a riconoscerla con quel ferretto dei denti che non riusciva a guastare la sua straordinaria carica di travolgente simpatia. Ne andava fiera Yara, perché non aveva complessi: era una ragazzina pura, entusiasta della vita, della ginnastica che praticava a livello agonistico. E nelle foto pubblicate e trasmesse per 93 giorni quell’apparecchio odontoiatrico è stato incredibilmente un suo muto messaggio per salutare un mondo che l’ha maltrattata: ed è stato l’elemento che l’ha fatta subito identificare. Del suo corpo, ritrovato ieri pomeriggio in località Madone di Chignolo di Isola, dieci chilometri da Brembate Sopra, rimaneva infatti ben poco. Quei resti erano, però, coperti dall’abbbigliamento segnalato il giorno della scomparsa: il 26 novembre del 2010. Giorno di un calendario maledetto: il 26 agosto, tre mesi prima, era toccato a Sarah Scazzi far perdere per sempre le sue tracce dalla vita. Il corpo di Yara Gambirasio, 13 anni, è stato trovato da un passante che si trovava sul posto per provare un modellino di aeroplano telecomandato. Il cadavere era supino e, secondo alcuni soccorritori, dava l’impressione di un’estrema fragilità: particolare ritenuto importante, questo, per stabilire se sia stato abbandonato lì recentemente o nei momenti successivi al sequestro. A Chignolo di Isola sono arrivati anche gli Ert, gli Esperti ricerca tracce, reparto che dipende direttamente dalla Direzione centrale anticrimine. Il nucleo specializzato della Polizia Scientifica è già intervenuto, tra l’altro, nell’omicidio del piccolo Tommaso Onofri, il bimbo rapito e ucciso a Casalbaroncolo.

La notizia ai genitori di Yara è stata data dal questore di Bergamo Vincenzo Ricciardi. Tra i primi a raggiungere casa Gambirasio il sindaco di Brembate Sopra, Diego Locatelli (che ha annunciato il lutto cittadino) e il parroco, don Corinno Storti. Quest’ultimo ha subito commentato: «Impossibile che il cadave stesse lì da tempo, ci siamo passati in molti…». E, in effetti, non è il solo a pensarlo. Luca Aresu, un giovane di Madone che ha partecipato tra novembre e dicembre alle ricerche con alcuni amici, esclude che il corpo sia rimasto lì per tre mesi: «È una zona dove sono andato spesso a correre e che ho attraversato anche con il mio setter almeno un paio di volte. L’avremmo trovata sicuramente. Tanta altra gente è passata di lì con i cani». E intanto i genitori di Yara, Fulvio e Maura, restano chiusi in casa nel loro silenzio. In quel composto dolore, lontano dalle telecamente, che li ha caratterizzati sin dall’inizio. Il sindaco e il parroco sono tra i pochi ad aver varcato la loro soglia per portare un po’ di conforto. Don Corinno Scotti racconta che «sono distrutti.

La mamma è disperata, mi ha chiesto perché il Signore permetta queste cose e io le ho risposto che questo è solo frutto della cattiveria umana. Il padre invece mi ha fatto coraggio e mi ha detto: “Don Corinno non devi piangere”». Domani, nelle ore in cui gli esperti inizieranno l’autopsia, il parroco celebrerà una messa per ricordare la 13enne. Intanto, sul luogo dove è stato ritrovato il corpo è iniziato un vero pellegrinaggio di curiosi che scattano foto, filmano. Alcuni sono accorsi con l’intera famiglia. Mentre per le strade di Brembate si soffre. Il paese è in lutto. Chiuso nel dolore. Solo sul web si può «ascoltare» lo strazio per la tragedia. Su Facebook la rabbia: «Dateci l’assassino». Sul muro del gruppo «Yara Gambirasio», duemila iscritti, Gina Pina alle 18,50 ha scritto: «Pena di morte a chi uccide gli angeli». Il Tempo, 27 febbraio 2011


LO SCANDALO DELLA SANITA’ IN PUGLIA: VENDOLA VIENE PROSCIOLTO MA I GIUDICI SI SPACCANO

Pubblicato il 26 febbraio, 2011 in Giustizia, Il territorio | No Comments »

di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica

Coincidenze. Con una tempistica calibrata al millesimo di secondo, ieri il gip barese Sergio Di Paola ha accolto la richiesta di archiviazione per il governatore pugliese Nichi Vendola, che era indagato – come anche il suo capo di Gabinetto Francesco Manna – per concussione in concorso per alcune nomine di direttori di Asl pugliesi. Coincidenze provvidenziali. Eppure la decisione del gip si è fatta attendere un bel po’, visto che la richiesta della procura porta la data del 26 marzo 2010. Ed è arrivata proprio ieri, coincidenza, a ruota dell’ordinanza con la quale un altro gip di Bari, Giuseppe De Benedictis, ha accolto parzialmente la richiesta della procura di custodia cautelare in carcere per il senatore del Pd ed ex assessore alla Sanità Alberto Tedesco (l’ordinanza è già a Palazzo Madama), per il suo braccio destro Mario Malcangi (arrestato due giorni fa), per il caposcorta di Vendola e per tre tra imprenditori e manager sanitari, spediti ai domiciliari.

La curiosa conseguenza temporale delle due decisioni colpisce proprio perché, nell’ordinanza con cui si chiede l’arresto di Tedesco, il gip De Benedictis non riserva giudizi lusinghieri nemmeno per i vertici dell’amministrazione regionale. E rimarca, soprattutto, come per lo stesso episodio per cui i pm avevano chiesto l’archiviazione per il governatore, ora i sostituti baresi chiedevano l’arresto di Tedesco i domiciliari per il dirigente sanitario Guido Scoditti (tornato ieri in libertà). Strana incongruenza che suona come una stoccata ai pm, come un colpo per Vendola, ma anche come una sorta di rottura interna al palazzo di giustizia di Bari. Crepa resa più evidente dall’accoglimento immediatamente successivo, da parte dell’altro gip, di quella richiesta di archiviazione, decisione che invece sposa la tesi «difensivista» dei magistrati, accogliendo l’assenza di «fatti penalmente rilevanti» non solo per Vendola e per il suo capo di gabinetto, ma persino per Tedesco, proprio esaminando un episodio per il quale il gip De Benedictis, invece, ritiene evidenti e gravi gli indizi di colpevolezza per Tedesco, anche se stavolta non per concussione ma per abuso d’ufficio (reato che non giustifica, annota il gip, l’arresto). Insomma, sullo stesso fatto prima i pm – e poi i due gip – hanno dato letture diverse a seconda degli indagati e dei reati contestati.

Al di là dell’apparente schizofrenia giudiziaria, ieri Vendola ha incassato con sollevata soddisfazione la sua archiviazione, distribuendo in conferenza stampa copie fresche di stampa della decisione, prendendo le distanze dal suo ex assessore Tedesco che pure fu lui a nominare e a difendere a spada tratta persino quando il conflitto d’interessi del responsabile della sanità pugliese, i cui figli lavorano nel settore delle protesi, era di pubblico dominio. Chiusa la parentesi giudiziaria, Nichi non si fa carico nemmeno delle responsabilità politiche per quello che il gip definisce «un consolidato sistema di malaffare incancrenito nel “sottosistema” della sanità regionale». Lui era il presidente della Giunta, ma l’unico errore che ammette «è di non aver avviato un rinnovamento più radicale».

Eppure, se non penalmente rilevante, l’operato del governatore viene stigmatizzato proprio nell’ordinanza d’arresto per Tedesco. Lì Vendola viene citato più volte, come si diceva, nel capo d’imputazione di Tedesco sulla cui valutazione giuridica pm e gip baresi sembrano non avere le stesse convinzioni. Ossia sulla sostituzione, del 2008, di un direttore sanitario (Franco Sanapo) sgradito all’ex assessore, con uno (Umberto Caracciolo) a lui più gradito, alla Asl di Lecce. Il gip scrive, per esempio, che «questa volontà del Tedesco emerge anzitutto dalla conversazione del 5 agosto 2008 in cui Tedesco parlava di tale suo pio desiderio con il capo di gabinetto del governatore Vendola, ricevendo l’approvazione del Manna (che, evidentemente, non poteva dargliela a titolo esclusivamente personale) a bloccare illegittimamente in regime di prorogatio a Nardò il Sanapo». E più avanti, ancora, il giudice riserva un’altra stoccata a Nichi, commentando un’altra conversazione tra l’ex assessore Tedesco e il capo di gabinetto di Vendola, incentrata su nomi e nomine. Un’intercettazione che, secondo il gip, «costituisce un dato irrecusabile circa la consapevolezza dei responsabili politici – di tutti i responsabili politici – di operare per fini di spartizione politica e/o correntizia». Un sistema, si legge ancora nell’ordinanza, che «non risulta circoscritto a singoli esponenti della maggioranza di centrosinistra ma assurge a logica di strategia politica, al fine di acquisire consenso e rendere stabile la maggioranza di governo». E nel caso di questa sostituzione alla Asl Tedesco, secondo la procura, «curava i suoi interessi personali e economici», mentre Vendola aderiva ai desiderata del suo assessore per «criteri di spoil system». Criteri legittimi ma, secondo il gip, «del tutto avulsi da esigenze di corretta gestione amministrativa dell’Asl di Lecce», come proverebbe una intercettazione tra il presidente e l’assessore, in cui Vendola spiega: «Hai presente che a noi quelli ci hanno chiesto quattro cose tra cui anche Lecce, uno loro al posto di Sanapo». Vendola ieri ha rivendicato la decisione di rimuovere il manager, negando però moventi di bassa politica. Cosa che aveva fatto anche a luglio 2009, quando venne interrogato dal pm Digeronimo, sostenendo – scrive il gip «contrariamente a quanto emerso dalle intercettazioni che non vi era stata alcuna intromissione del Tedesco». Dichiarazioni che il giudice ribadisce, poi, essere «inverosimili». Fonte: IL GIORNALE, 26 FEBBRAIO 2011

PUGLIA, SCANDALO SANITA’: TRUFFE, TEGLI E SPRECHI, SGOMINATA BANDA DEL PD

Pubblicato il 25 febbraio, 2011 in Cronaca, Giustizia, Il territorio | No Comments »

Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

Manette a chi ha allungato le mani sul business-sanità. L’indecorosa fine del «sistema Pd» in Puglia, ma anche una brutale censura per tutto il centrosinistra nella regione pugliese, sono sancite dal gip di Bari. Che ieri ha chiesto l’arresto dell’ex assessore regionale alla sanità, Alberto Tedesco, subito promosso senatore del Partito democratico ai primi sentori di una rovinosa inchiesta in suo danno. E in danno del suo partito, oltre che dell’ex capo di gabinetto, Mario Malcangi, del direttore generale della Asl di Lecce e di imprenditori vari, spediti ai domiciliari a margine di un procedimento sulla malagestione della sanità (nomine di manager, appalti, concorsi, appoggi elettorali, etc) ricco di intercettazioni e approfondimenti anche nei confronti dell’attività del sindaco di Bari Michele Emiliano e del governatore («inindagabile» per sua stessa definizione, eppure ancora indagato nonostante la richiesta di archiviazione della procura) Nichi Vendola, il cui poliziotto caposcorta è finito ai domiciliari.

Le misure di custodia cautelare potevano essere molte di più, ma il gip Giuseppe De Benedictis ha rigettato una quindicina di richieste cautelari avanzate dai pm Desirée Di Geronimo, Marcello Quercia e Francesco Bretone. Le accuse di questo nuovo tsunami giudiziario, parallelo al filone intrapreso intercettando Giampaolo Tarantini (quello del caso D’Addario), «già in rapporti di partnership con Giuseppe Tedesco, figlio di Alberto» vanno dalla turbativa d’asta alla corruzione, dalla concussione all’abuso d’ufficio, fino alla frode in pubbliche forniture. Tra gli indagati anche il genero di Tedesco, Elio Rubino, e il capogruppo regionale del Pd Antonio Decaro, accusato d’aver «interferito presso Tedesco al fine di ottenere il suo autorevole intervento al fine di aiutare un candidato che si era presentato al concorso» all’Arpa. E anche se il gip ha «tagliato» il reato dell’associazione per delinquere, lo ha fatto in modo poco lusinghiero, confermando che l’indagine «ha portato alla luce l’esistenza di un collaudato sistema criminale, stabilmente radicato nei vertici politico-amministrativi della Sanità regionale. Un sistema incentrato su logiche affaristiche e clientelari».
EMILIANO E IL «SOTTOSISTEMA» Il gip rimarca «l’importanza strategica duplice (sia economica che politica)» dell’assessorato di Tedesco, utilizzando una telefonata tra lo stesso ex assessore e il sindaco di Bari, Michele Emiliano, all’epoca segretario regionale del Pd. I due, nel 2008, parlano delle voci che indicavano un cambio in vista, con la nomina da parte di Vendola del manager Lea Cosentino (indagata in un altro procedimento) al posto di Tedesco, e intravedono un tentativo di sottrarre al Pd quel posto strategico. Tedesco: «No questa cosa lui (Vendola, ndr) se l’è completamente rimangiata». Emiliano: «Ma niente! Secondo me questa è un’operazione tutta politica, perché lui dice io, in questa maniera mi impadronisco del sottosistema e, ovviamente, nelle prossime elezioni, l’assessorato anziché stare in mano al Pd sta in mano a me».
CONFLITTO «NOTO AI VERTICI»
Tedesco venne «processato» dall’opposizione in un consiglio regionale incentrato sul suo conflitto d’interessi, ma Vendola lo confermò comunque nell’incarico. Eppure, scrive il gip, «gli interessi personali e familiari del Tedesco nel settore della sanità pubblica erano ben conosciuti dagli stessi vertici della regione Puglia che non erano tuttavia mai intervenuti per recidere tali cointeressenze». Solo con l’interrogazione, ironizza il gip, i «vertici» «improvvisamente» si «rendevano conto» di tale «incredibile situazione». Ipotizzando di sostituire l’assessore con un’altra persona «peraltro scelta esclusivamente in base alla sua fedeltà nei confronti del governatore». I DUE PESI DEL GOVERNATORE Vendola dovrebbe leggersi la nota del gip (pagina 128). Lì, relativamente alla sostituzione del direttore sanitario della Asl di Lecce, Franco Sanapo, voluta da Tedesco tramite appunto il direttore generale Scoditti e con il placet di Vendola, il giudice ricorda che il governatore per quell’episodio è stato indagato, e che la procura ne ha chiesto l’archiviazione (allo stato, dopo mesi, non ancora concessa da un altro gip) ritenendo quella rimozione «illegittima ma non criminosa». Ma il gip rimarca come alla luce proprio della richiesta (tradotta in ordinanza per gli altri) suoi coindagati, «una medesima condotta di più persone è stata valutata in modo diametralmente opposto sulla base di una valutazione psicologica diversa operata dalla procura».
NICHI «AD PERSONAM»Un’intercettazione tra Vendola e Tedesco, insiste il gip, sottolinea «la prassi politica dello spoil system che era di fatto talmente imperante nella sanità regionale da indurre il governatore Vendola, pur di sostenere alla nomina di direttore generale un suo protetto, addirittura a pretendere il cambiamento della legge per superare con una nuova legge ad usum delphini, gli ostacoli che la norma frapponeva alla nomina». Tedesco:«Quello non ha i requisiti (…)». Vendola: «Oh madonna santa, porca miseria, la legge non la possiamo modificare?».
IL PIZZINO PER IL CONCORSO Nel favorire per un concorso all’Arpa il candidato legato al consigliere Pd Decaro, Tedesco si autodefinisce «uomo dei pizzini», parla col presidente della commissione esaminatrice dell’Arpa, Marco De Nicolò, e gli consegna un biglietto col nome del candidato, Sabino Annoscia. Una microspia registra: Tedesco: «Sono diventato l’uomo dei pizzini». De Nicolò: «Mi hai portato… ah, i pizzini, ah». T: «Sì, siccome al telefono nessuno vuole parlare più (…) poi leggiti con calma questa cosa». Più avanti, ancora Tedesco implorerà il direttore per far vincere il candidato, che aveva ottenuto un punteggio basso alla prima prova. Alle rimostranze di De Nicolò («Ci vuole un miracolo») Tedesco taglia corto: «Bisogna farlo (…) trova la maniera, ti prego».
IL SENATORE E LA FAMIGLIA
Il gip è certo: anche se Tedesco non è più assessore, quale senatore, può a tutt’oggi esercitare sul tessuto politico e amministrativo, sia a livello locale che nazionale, le medesime condotte illecite realizzate nel tempo in cui era ai vertici della sanità regionale». Rapporti stabili con politici locali, imprenditori della sanità, funzionari Asl. Da oggi Tedesco può esercitare ancora meglio il suo potere locale «forte del prestigio munus publicum di senatore», carica «idonea a garantire, in via strumentale, la prosecuzione degli affari illeciti nel campo delle gestione sanitaria da parte del gruppo di potere». C’è poi la circostanza definita «dirimente» dal gip «che i figli e altri congiunti del senatore Tedesco erano e sono tuttora imprenditori nel mondo della sanità regionale, per cui basterebbe solo questo elemento a dimostrare, oggi, il persistente interesse dell’indagato alle vicende vitali di questo vitale settore». Fonte:Il Giornale, 25 febbraio 2011

IL GIUSTIZIALISTA SAVIANO HA IL PADRE ALLA SBARRA (PER STORIE DI TANGENTI)

Pubblicato il 24 febbraio, 2011 in Cronaca, Giustizia | No Comments »

Gian Marco Chiocci – Luca Rocca

L’imbarazzo dell’autore di Gomorra. Roberto Saviano, neo-icona della sinistra italiana, per qualcuno addirittura il suo prossimo leader, purtroppo per lui è alle prese coi guai giudiziari di suo padre, Luigi, medico di base alla Asl di Napoli, sotto processo per un storia di prestazioni inesistenti, prescrizioni e ricette fasulle, rimborsi non dovuti.
I fatti risalgono al periodo 2000-2004, ma il 19 maggio prossimo il tribunale di Santa Maria Capua Vetere (presidente Raffaello Magi, l’estensore della sentenza Spartacus al clan dei casalesi) dovrà decidere se accorpare al procedimento riguardante il papà dello scrittore un secondo filone, nel quale vengono contestati reati che sarebbero stati commessi fino al 2006 e che vede alla sbarra gli stesi imputati per gli stessi reati. Luigi Saviano è imputato, insieme ad altri medici e professionisti, con l’accusa di truffa, ricettazione, corruzione e concussione ai danni dell’Asl. La vicenda, là dove si parla del ruolo dei medici di base, viene così descritta dalla procura che si è battuta per il rinvio a giudizio del genitore dell’illustre figlio e di altri coindagati: «Avevano il ruolo di stilare ricette riportanti prescrizioni fittizie di esami di laboratorio, con l’inserimento di nominativi, corrispondenti a propri ignari assistiti (che non hanno riconosciuto le prescrizioni loro attribuite) su ricettari loro assegnati». L’aggravante sta nel danno patrimoniale, «di rilevante quantità», subito dalle aziende sanitarie locali che, sempre secondo i pubblici ministeri campani, «hanno provveduto alla liquidazione di quanto richiesto». Nelle carte in mano ai magistrati si parla anche dell’esistenza di un vero e proprio «mercato di notevoli dimensioni, ad oggetto la falsificazione e la spedizione di ricette mediche che vengono scambiate con assoluta semplicità da persone che non tengono minimamente conto dei gravi danni arrecati all’Erario».
Nelle contestazioni mosse a Luigi Saviano, nero su bianco si parla del «suo ruolo in seno all’organizzazione, in particolare quello di assicurare ai gestori di tali centri un ingiusto profitto derivante da una serie cospicua di ricette riportanti prescrizioni fittizie di analisi cliniche». Su 54 pazienti interrogati «solo 9 hanno asserito di aver eseguito le diagnostiche loro prescritte, il dato è significativo per dimostrare l’intera percentuale (85 per cento) di incidenza delle false prescrizioni redatte da Saviano Luigi e portate in liquidazione» in centri riconducibili a un altro indagato. I pm hanno ascoltato anche le pazienti del «nonno di Gomorra», che hanno negato di aver mai fatto gli esami clinici che invece risultano realizzati a loro nome.
Un primo esempio. Gli accertamenti ormonali e gli esami allergici di Carmela A. non sarebbero mai stati eseguiti. La stessa donna rivela che «nel 2002 non mi sono nemmeno recata a Caserta per effettuare né prestazioni specialistiche». C’è poi Rosario A. e il suo presunto problema al ginocchio: «Io godo di buona salute in genere – dice il primo – non soffro di particolari patologie per cui debba sottopormi con frequenza a cure o ad indagini diagnostiche». Una seconda donna, Vincenza C., smentisce di aver mai effettuato «indagini ormonali» nel 2002: «Confermo che il mio medico di base è il dottor Saviano Luigi – dice a verbale -, nel corso del 2002 non solo non sono andata a Caserta per fare prestazioni specialistiche» ma «non ho effettuato alcun prelievo di sangue negli ultimi 4 anni in alcun centro della Campania». Nel 2006 l’allora legale di Saviano padre, Marina Di Siena, aveva commentato così l’iscrizione del suo assistito nel registro degli indagati: «Il dottor Saviano è stato in realtà vittima di una truffa, per un episodio che risale a un periodo a cavallo fra il terzo e il quarto trimestre del 2004». Secondo la tesi difensiva, insomma, il padre di Roberto sarebbe una parte lesa di altrui raggiri, essendo all’oscuro di tutto perché ricoverato in un ospedale di Napoli dov’era in cura per problemi infettivi. La parola passa ora al tribunale, anche se il processo sembra destinato a finire in prescrizione. Giuridica, non medica. Il Giornale, 24 febbraio 2011

INCHIESTA SANITA’ IN PUGLIA: ARRESTATO UN UOMO DELLA SCORTA DI VENDOLA

Pubblicato il 24 febbraio, 2011 in Giustizia, Il territorio | No Comments »

Chiesto il carcere per Tedesco, ex assessore regionale

Arresti sono stati eseguiti stamani nell’ambito di una delle inchieste sulla gestione della sanità in Puglia. Oltre alla richiesta d’arresto in carcere emessa nei confronti del senatore del Pd, Alberto Tedesco, ex assessore regionale alla Sanità della Puglia, in carcere su disposizione della magistratura barese è finito Mario Malcangi collaboratore di Tedesco. A quanto si è appreso, altre quattro persone sono finite agli arresti domiciliari nell’ambito della stessa inchiesta, tra cui un componente della scorta del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.

ANCHE DG ASL LECCE E IMPRENDITORI - Gli arresti eseguiti dai carabinieri rientrano – a quanto si è saputo – in una indagine della procura sulle nomine di medici e dirigenti Asl. Oltre all’arresto in carcere per Mario Malcangi, di 52 anni di Corato, capo, all’epoca dei fatti, della segreteria politica di Alberto Tedesco, sono stati disposti gli arresti domiciliari per Paolo Albanese, di 51 anni, di Terlizzi (Bari), componente della scorta del presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. Arresti domiciliari, inoltre, per Guido Scodizzi, di 68 anni, di Lecce, direttore generale della Asl salentina. Gli arresti domiciliari sono stati decisi inoltre anche per gli imprenditori di Bisceglie Digo Rana, di 52 anni e Giovanni Garofoli, di 66 anni. Misure interdittive, inoltre, sono state disposte per Alessandro Calasso, di 63 anni, di Bari, direttore sanitario della Asl barese e Antonio Acquaviva di 55 anni, medico oculista, la cui nomina al’ospedale di Terlizzi, secondo l’accusa, sarebbe stata favorita da Alberto Tedesco. Gli arrestati e Alberto Tedesco la cui richiesta di arresto dovrà essere esaminata ora dalla giunta alle autorizzazioni a procedere del Senato, sono indagati a vario titolo per concussione, corruzione e frode in pubbliche forniture. Fonte: ANSA, 24 febbraio 2011

MILANO DABBENE, di Annalena Benini

Pubblicato il 22 febbraio, 2011 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

Milano dabbene

Possibile che anche la coppia Pisapia ceda al mattone facile? Casa in centro e fidanzato ubriaco

In un video della campagna elettorale milanese pescato su YouTube, Giuliano Pisapia, candidato sindaco di Milano, afferma che chi ne ha bisogno ha diritto di occupare una casa (“vera e propria legittima difesa”). Forse si riferiva alle case in centro a Milano del Pio Albergo Trivulzio, che dovrebbero essere assegnate ai bisognosi: in una di queste vive da ventidue anni la fidanzata giornalista di Pisapia (non a sua insaputa), e paga uno di quegli affitti che fanno venir voglia ai bisognosi, ma anche ai non particolarmente bisognosi titolari di mutuo qualunque o di affitto standard, di prendere i forconi e fare la rivoluzione, o almeno di scendere in piazza per la dignità della pigione. Abbiamo chiaramente stomaci possenti e sopportiamo di tutto, ma i super borghesi della questione morale con i mattoni privilegiati e rubacchiati in nome del circuito dei divini mondani fanno arrabbiare. Vale per tutti, naturalmente: pidielle, carlefracci che dicono di non farcela quasi più a pagare l’affitto (non è un imperativo categorico vivere in via della Spiga), attrici, dirigenti, politologi, assessori alla Casa, presidenti di squadre di calcio. Possibile che non si riesca a resistere al beneficio furbetto e miserabile, all’appartamento low cost, al rubacchiamento di metri quadri, e anzi ci si lamenti di aver dovuto ristrutturare il bagno e di essersi sobbarcati la messa a norma dell’impianto elettrico?

Nel caso della compagna di Giuliano Pisapia, il quale tra l’altro fonda la sua corsa a sindaco di Milano sulla moralizzazione e sul problema della casa, sarebbe gentile spiegare quando esattamente è stata scritta la lettera di disdetta di quell’affitto immeritato. Quando il fidanzato ha deciso di candidarsi? Quando ha vinto le primarie? Tre giorni fa? “Non accetto che si getti fango sul mio affetto più caro per colpire me”, ha detto Pisapia. Ma non è fango, sono cinquecento euro di affitto al mese (a Roma si può trovare una stanza a S. Lorenzo, con un po’ di fortuna, forse un monolocale a Prati Fiscali), ed è l’ossessione di tutti: gli annunci, l’uso foresteria, i contratti transitori, e un’ora ad andare e un’ora a tornare perché un po’ fuori costa meno. Se non Pisapia, chi? Lui è il difensore degli oppressi, indignato per le ingiustizie sociali ma non per il privilegio tangibile della sua compagna, possibile futura first lady della città (anche lei indignata, ma sul genere casa piena e fidanzato ubriaco, e secondo l’allora sindaco di Milano Paolo Pillitteri abbastanza pressante nel chiedere il beneficio immobiliare). Sulla pagina facebook di Pisapia, che ieri presentava il suo libro: “Cambiare Milano si può”, lui ha scritto che “l’attenzione dedicata alla mia compagna è evidentemente un tentativo di farmi desistere, il segno della debolezza di chi ha male amministrato la città negli ultimi vent’anni”. Lo so che è difficile da credere, ma nessuno mi ha mai inseguito per strada proponendomi attici a piazza di Spagna a trecento euro al mese come prova di cattiva amministrazione. Se alla fidanzata di Pisapia è successo, ha avuto più di vent’anni per autoindignarsi, ma sono passati invano. Fonte: IL FOGLIO, 22 FEBBRAIO 2011

………….Proprio stamattina è decaduto il consiglio di amministrazione del Pio Albergo Trivulzio, l’ente benefico (sic) milanese al centro dello scandalo degli alloggi fittati a prezzo d’amicizia a potenti di ogni colore e di ogni specie, e di ogni mestiere, come la fidanzata dell’on. Pisapia, giornalista in spe di Repubblica, quotidiano che sputa sentenze ogni mattina che Dio manda sulla terra e che ovviamente fa finta di nulla quando di mezzo c’è una sua stella e il di lei fidanzato, candidato della sinistra a sfidare la sindaca Moratti la prossima primavera per il Comune di Milano. Se ricordate, fu proprio il Pio Albero Trivulzio a dare il via alla stagione di tangentopoli con l’arresto del presidente dell’epoca, Mario Chiesa, che fu trovato con i soldi di una tangente nascosti nelle mutande. Sono passati 17 anni da allora ma pare che,  come i cani, a Milano si perdono i peli ma non i vizi. g.

CASO RUBY: LA PROCURA DI MILANO IGNORA LE ACCUSE DELLA RAGAZZA CONTRO RONALDO E TANTI ALTRI. PERCHE’? di Alessandro Sallsuti

Pubblicato il 20 febbraio, 2011 in Giustizia, Gossip | No Comments »

L’ultima novità che esce dalla bocca di Ruby riguarda un altro personag­gio famoso, il calciatore Cristiano Ronaldo. La ragazza, in uno dei tanti interrogatori, sostiene di avere fatto sesso con lui quando era ancora mi­norenne, che il fuoriclasse del pallo­ne sapeva della sua età, che per la prestazione ricevette in cambio 4.000 euro in contanti. Il racconto è ricco di particolari: date, orari, luo­ghi, fino al numero esatto di una sui­te di un grande albergo. Cristiano Ro­naldo, vero o falso dovrebbe essere un processo ad accertarlo, non è l’unico maggiorenne che la ragazza coinvolge nelle sue peripezie sessuali. Ci sono imprenditori, manager del­lo spettacolo, anonimi ragazzi maggiorenni e si­gnori attempati.

Tutti avrebbero commesso lo stesso reato contestato a Silvio Berlusconi: sfrut­tamento della prostituzione minorile. Eppure il premier è l’unico a essere stato prima indagato e poi rinviato a giudizio con rito immediato, nono­stante sia il solo tra questi signori con il quale la stessa Ruby nega di avere avuto rapporti sessuali. A questo punto una considerazione viene spon­tanea. Se un giudice indaga perché ritiene che Ti­zio abbia ricevuto tangenti da Caio, e interrogato Tizio dice: da Caio no, ma certamente sì da Sem­pronio, che fa la magistratura? Il buon senso, ma anche la legge che impone l’obbligatorietà del­l’azione penale, dice che quantomeno il pm deve estendere le sue indagini anche a Sempronio. Non risulta che ciò sia successo per il caso di Ruby. Non c’è traccia che la Boccassini abbia sguinzagliato i suoi segugi dentro la vita privata di Ronaldo, che abbia messo sotto controllo i tele­foni di tutti i calciatori del Real Madrid per carpi­re confidenze e segreti. Non risulta che analoga operazione sia stata fatta dalla Procura di Milano nei confronti degli altri maggiorenni che negli an­ni hanno avuto contatti fisici con la ragazza. A naso, tutto ciò costituisce reato da parte dei procuratori di Milano. Non vedo come possa esse­re che per la stessa ipotesi accusatoria due cittadi­ni siano trattati diversamente.

Con l’aggravante che nel caso di Ronaldo la confessione della ragaz­za è chiara e circostanziata, in quello di Berlusco­ni non c’è. Questa, a mio avviso, è la prova che alla Boccas­sini non interessa accertare eventuali reati sul cor­po di Ruby. Alla pm interessa solo il corpo, anzi la testa, di Berlusconi. Altrimenti avrebbe dovuto procedere contro tutti gli uomini, Ronaldo com­preso, indicati dalla giovane. Coprendosi di ridi­colo in Italia e nel mondo intero. Perché è chiaro che è la ragazza ad aver avvicinato spontanea­mente e a volte con l’inganno persone che a suo avviso avrebbero potuto aiutarla. Ed è certo che avere rapporti sessuali, anche con minorenni consenzienti se hanno già compiuto 16 anni, non è reato. Noi non sappiamo se la storia di Ronaldo sia vera. È certo che Ruby l’ha raccontata e che è agli atti. Ed è sicuro che non interessa alla Boccassini né alle donne scese in piazza domenica scorsa. Perché se uno non è Silvio Berlusconi, o non gravi­ta nella sua orbita, con le donne minorenni può farci quello che meglio crede. Che in fondo sono affari suoi. Il Giornale, 20 febbraio 2011

IL CONSIGLIO DEI MINISTRI VARA LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA:MEGLIO TARDI CHE MAI!

Pubblicato il 18 febbraio, 2011 in Giustizia, Politica | No Comments »

Il governo  questa mattina ha approvato all’unanimità la relazione del ministro della Giustizia Angelino Alfano. Un Consiglio dei ministri straordinario sarà convocato nei prossimi giorni per l’approvazione definitiva della riforma costituzionale della giustizia. Un comitato formato da ministri ed esperti si riunirà per approfondire i contenuti del testo del ddl.

Le lineee guida della riforma Nel Cdm di oggi Alfano ha illustrato le “linee guida” della riforma che il Consiglio ha poi approvate all’unanimità. La riforma prevede un ddl costituzionale per separare le carriere di giudici e pm, per dividere in due il Csm e per dare più poteri al ministro della Giustizia. Non saranno poi escluse anche misure sulla responsabilità civile dei magistrati e anche sulle intercettazioni.

LA POTENZA DI FUOCO DEI GIUDICI

Pubblicato il 16 febbraio, 2011 in Giustizia, Politica | No Comments »

Bettino Craxi Impressiona la potenza giudiziaria di fuoco della Procura di Milano, rimasta intatta, se non aumentata, rispetto al biennio 1992-93, quando con Bettino Craxi venne abbattuta la prima Repubblica, schiacciata sotto le inchieste enfaticamente chiamate «Mani pulite». La rapidità con la quale il giudice delle indagini preliminari Cristina Di Censo ha accolto la richiesta di processo immediato a Silvio Berlusconi per concussione e prostituzione minorile ricorda un po’ il lavoro del giudice Italo Ghitti, all’epoca appunto di Mani Pulite.

Anche allora per un bel po’ non ci furono richieste dei pubblici ministeri che non fossero accolte da lui. Egli arrivò persino a suggerire per iscritto come modificare un’istanza invasiva dell’accusa per poterla accettare. L’appunto fu poi scoperto in una ispezione ministeriale ma non destò stupore, o scandalo, più di tanto né sui giornaloni né al Consiglio Superiore della Magistratura. Dove, nel frattempo, quel giudice era approdato come esponente togato, eletto cioè dai suoi colleghi. Costretto infine ad occuparsene, il Consiglio naturalmente lo assolse nel 1999. In quegli anni bui era difficile, diciamo pure impossibile, trovare nel tribunale di Milano qualche magistrato capace di contrastare o solo di dissentire da quella macchina schiacciasassi che era diventata la Procura. La povera Tiziana Parenti ci provò tanto inutilmente che alla fine preferì cambiare mestiere. Per quanto inquietanti e temibili, le analogie rispetto a quel periodo finiscono tuttavia qui per nostra fortuna, e per sfortuna -spero- delle tifoserie politiche della Procura ambrosiana e degli uffici limitrofi. Dove peraltro la carriera unica, come in tutti i palazzi di giustizia italiani, consente a pubblici ministeri e a giudici una frequentazione o assonanza sconosciute o persino vietate in paesi di consolidata democrazia. Erano inglesi, per esempio, quei magistrati che ormai molti anni fa vennero in missione a Roma ed espressero la loro meraviglia scoprendo che pubblici ministeri e giudici potessero prendere lo stesso ascensore.

A raccontare l’episodio sul Corriere della Sera fu il giudice italiano che li accompagnava nella visita: il buon Rosario Priore, poco gradito alla corporazione giudiziaria da quando si mostrò favorevole alla separazione delle carriere, ritenendola perfettamente compatibile con l’autonomia e l’indipendenza della magistratura garantite dalla Costituzione. Diversamente da quel terribile biennio della fine della cosiddetta Prima Repubblica, e a dispetto delle piazze riempite non più tardi di domenica scorsa dalle avversarie e dagli avversari del Cavaliere, l’area moderata e liberale del Paese non è più sguarnita come una tendopoli. Da Lega, del cui sostegno l’allora capo della Procura di Milano Francesco Saverio Borrelli si compiacque pubblicamente, prima che anche il Carroccio venisse lambito dalle inchieste e dai processi sul finanziamento illegale della politica, non sventola più i cappi in Parlamento. E sostiene lealmente Berlusconi, pur non condividendo il modo in cui egli trascorre, diciamo così, il suo tempo libero fra le lenzuola. La stampa garantista è più numerosa e coraggiosa. Anche dai giornaloni allora allineati alla Procura ambrosiana si levano adesso voci discordi e preoccupate. Ma, soprattutto, il partito e l’elettorato di Berlusconi non sono paragonabili ai partiti e agli elettorati divisi e sbandati dei Craxi, Forlani, Martinazzoli e altri di quell’epoca sfortunata.

Nei suoi diciassette anni di azione politica il Cavaliere è riuscito a creare attorno a sè, pur con tutti i limiti organizzativi di Forza Italia e poi del Pdl, quello che il direttore Mario Sechi qui, sul Tempo, chiama giustamente “blocco sociale”. Nel quale è difficile che un coltello giudiziario con manico politico, o viceversa, come preferite, possa affondare come nel burro. La sorpresa che la sinistra post-comunista e i suoi alleati di complemento si ritrovarono fra i piedi nelle elezioni anticipate del 1994, con la vittoria di Berlusconi, potrà essere questa volta ancora più grande e, per essi, rovinosa di allora. Francesco Damato, Il Tempo, 16 febbraio 2011


Francesco Damato