Archivio per la categoria ‘Giustizia’

ECCO L’ASSALTO GIUDIZIARIO A BERLUSCONI

Pubblicato il 10 luglio, 2013 in Giustizia, Politica | No Comments »

Persecuzione giudiziaria del Cav

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE DI IERI: PROVINCIE “SALVE” E ITALIA PARALIZZATA

Pubblicato il 4 luglio, 2013 in Giustizia, Politica | No Comments »

La conferenza stampa dei ministri del governo Monti, Cancellieri e Patroni Griffi, sul riordino delle province: era il 31 ottobre 2012

Ne siamo certi: la Corte costituzionale avrà avuto le sue buone ragioni. Non per nulla molti davano per scontata la bocciatura sia della riforma delle Province contenuta nel decreto salva Italia, sia del successivo più morbido tentativo di riordino con l’accorpamento di alcuni enti. La Consulta ha ritenuto illegittimo il ricorso al decreto legge per interventi di tale portata, visto che quello strumento dovrebbe essere limitato ai casi di straordinaria necessità e urgenza.

Per avere una più completa conoscenza delle motivazioni bisognerà aspettare il deposito della sentenza. Certo, una riforma come l’abolizione delle Province, che doveva essere fatta più di 40 anni fa contestualmente alla nascita delle Regioni, non poteva essere ritenuta tanto impellente da giustificare un decreto. Anche se forse sarebbe il caso di ricordare il contesto in cui il decreto salva Italia vide la luce. C’era appunto, da salvare il Paese che in quel momento si trovava in una situazione così difficile da dover affidare il proprio destino a un governo tecnico, con la necessità di prendere nel giro di poche ore provvedimenti in grado di placare i mercati resi pazzi dalle furiose spallate della speculazione internazionale. Di più. Rimettere in carreggiata l’Italia era un passaggio cruciale per la sopravvivenza stessa della moneta unica, tanto erano drammatici i toni della lettera che il 5 agosto del 2011 arrivò all’Italia dalla Banca centrale europea.

Con suggerimenti di misure durissime da adottare immediatamente, e fra queste si citava proprio l’abolizione delle Province, sempre promessa da tutti i partiti ma mai realizzata. Alla luce dei fatti, quella riforma poteva essere o meno considerata urgente? Al di là del merito, comunque, la sentenza della Corte costituzionale conferma se ce ne fosse stato ancora il bisogno che l’Italia è un Paese in preda a una totale paralisi. Non c’è decisione che non corra il rischio di finire sotto la tagliola della Consulta, del Tar o del Consiglio di Stato. Può capitare indifferentemente alla riforma delle Province, come alla vendita di un immobile dell’Inps, o alla costruzione di un elettrodotto, oppure alla delibera di un’authority, quando non al licenziamento di un dipendente pubblico corrotto.

È successo perfino al taglio del 10 per cento degli stipendi dei magistrati, cassato dalla suprema Corte perché ledeva l’indipendenza dei giudici, Colpa di una legge scritta male, di una sciatteria burocratica, di un errore formale. Talvolta addirittura di una fantasiosa interpretazione delle norme. Una giustificazione c’è sempre. Fatto sta che non abbiamo più alcuna certezza: inutile lamentarsi del tempo biblico per fare un’opera pubblica, degli anni che necessari a risolvere un contenzioso, degli investimenti esteri sempre più impalpabili. Così non si va da nessuna parte. Ed è bene esserne tutti coscienti, giudici compresi. Sergio Rizzo, Il Corriere della Sera, 4 luglio 2013

………………Se non ci fosse la “firma” di Sergio Rizzo, autorevole fustigatore della “casta” e dei suoi privilegi insieme a GianAntonio Stella, questo commento alla sentenza di ieri della Consulta che ha di fatto annullato ogni intervento normativo sulle Provincie emanati dal Governo tra il 2011 e il 2012, potrebbe essere “”attribuito” a Berlusconi o qualche suo incaricato. E’ Berlusconi che da sempre denuncia le tante decisioni della Consulta che bloccano, annullandola,  l’attività dei governi e  del Parlamento, è Berlusconi che da sempre invoca una radicale riforma dei poteri di un organo che lungi dall’essere “tecnico” e quindi imparziale è sempre più “politico” quindi,  se non fazioso,  certamente di parte.  Ma Berlusconi è rimasto inascoltato in nome di una presunta e certa “autorevolezza” dell’organo di controllo della legittimità della Repubblica; ora che mettere in dubbio sia pure con molta cautela questa presunta e non cereta autorevolezza è un giornalista di sicura fede non berlusconiana qualcuno, lassù, in alto, sul Colle più alto che più alto non si può, prenderà atto di tale realtà e autorizzerà – proprio così: autorizzerà!- una non più rinviabile riforma costituzionale del sistema dei pesi e dei contrappesi, insieme all’altra riforma ormai ineludibile, quella della giustizia? Vedremo. g.

MACELLERIA, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 25 giugno, 2013 in Giustizia, Politica | No Comments »

C’era un solo modo per condannare Silvio Berlusconi nel processo cosiddetto Ruby: fare valere il teorema della Boccassini senza tenere conto delle risultanze processuali, in pratica cancellare le decine e decine di testimonianze che hanno affermato, in due anni di udienze, una verità assolutamente incompatibile con le accuse.

E cioè che nelle notti di Arcore non ci furono né vittime né carnefici, così come in Questura non ci furono concussi. Questo trucco era l’unica possibilità e questo è accaduto. Trenta testimoni e protagonisti della vicenda, tra i quali rispettabili parlamentari, dirigenti di questura e amici di famiglia sono stati incolpati in sentenza, cosa senza precedenti, di falsa testimonianza e dovranno risponderne in nuovi processi. Spazzate via in questo modo le prove non solo a difesa di Berlusconi ma soprattutto contrarie al teorema Boccassini, ecco spianata la strada alla condanna esemplare per il capo: sette anni più l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, esattamente la stessa pronunciata nella scena finale del film Il Caimano di Nanni Moretti, in cui si immagina l’uscita di scena di Berlusconi.
Tra questa giustizia e la finzione non c’è confine. Siamo oltre l’accanimento, la sentenza emessa ieri è macelleria giudiziaria, sia per il metodo sia per l’entità. Ricorda molto, ma davvero molto, quelle che i tribunali stalinisti e nazisti usavano per fare fuori gli oppositori: i testimoni che osavano alzare un dito in difesa del disgraziato imputato di turno venivano spazzati via come vermi, bollati come complici e mentitori, andavano puniti e rieducati. Come osi, traditore – sostenevano i giudici gerarchi – mettere in dubbio la parola dello Stato padrone? Occhio, che in galera sbatto pure te.
Così, dopo Berlusconi, tocca ai berlusconiani passare sotto il giogo di questi pazzi scatenati travestiti da giudici. I quali vogliono che tutti pieghino la testa di fronte alla loro arroganza e impunità. In trenta andranno a processo per aver testimoniato la verità, raccontato ciò che hanno visto e sentito. Addio Stato di diritto, addio a una nobile tradizione giuridica, la nostra, in base alla quale il giudizio della corte si formava esclusivamente sulle verità processuali, che se acquisite sotto giuramento e salvo prova contraria erano considerate sacre.
Quanto al presidente Berlusconi, sono certo che saprà cosa fare. Se è ancora in piedi dopo 18 anni nei quali gliene hanno fatte di ogni, non sarà certo la sentenza di ieri a farlo desistere. Per quel che vale, permettetemi di dire che se avessi non dico un indizio ma un solo dubbio che il presidente abbia molestato una donna anche una sola volta in vita non sarei qui a scrivere queste righe. Frequentando un po’ l’ambiente, e avendo conosciuto l’uomo, ho assoluta certezza del contrario. Stiamo parlando di un galantuomo, mattacchione sì, ma di gran lunga moralmente più integro dei suoi accusatori e giudici. Il che rende di maggior gusto resistere a questa porcata. E alle prossime. Alessandro Sallusti, 25 giugno 2013

LA CONDANNA DI BERLUSCONI: HANNO FATTO UN DANNO EMORME ALLE DONNE, di Ritanna Armeni

Pubblicato il 25 giugno, 2013 in Costume, Giustizia, Il territorio, Politica | No Comments »

Diciamolo subito: il punto non è quello che avverrà dopo la sentenza e la condanna di Silvio Berlusconi o quali saranno le ripercussioni sul governo e sulle larghe intese, il punto è quello che è già avvenuto, quel che le decisioni dei giudici di Milano significano per il paese oggi, un minuto dopo la lettura della sentenza.

Una sentenza non ha solo un valore in sé. Non è indirizzata solo all’imputato. Certo Silvio Berlusconi è il condannato, ma dietro quei sette anni di carcere per costrizione e prostituzione minorile, dietro quell’interdizione perpetua dai pubblici uffici c’è la condanna di un intero mondo, di un modo di vivere il proprio privato, ci sono le “Olgettine”, le cattive ragazze che ricevono doni e denaro, le feste a sfondo sessuale, i divertimenti osé, le danze scabrose. Era bello quel mondo? Era squallido sicuramente, mette tristezza, fa capire tanto sui rapporti fra il potere e il sesso. Il problema è che in uno stato di diritto, in un stato che non arroga a sé il potere di dettare la morale e il comportamento sessuale dei propri cittadini, non può essere oggetto di condanna in tribunale. Invece nel processo non ha avuto alcuna importanza il fatto che, a cominciare da Ruby, quelle ragazze abbiano negato di aver avuto rapporti sessuali. Anzi la minaccia ora è l’accusa di falsa testimonianza. Non è possibile che chi ha partecipato ai giochi e alle danze non si sia prostituita, hanno, di fatto, affermato i giudici. Non è possibile che non si sia prostituita la minorenne Karima El Mahroug che ha fatto come loro. Puttane e bugiarde. Questo sono quelle ragazze e le loro parole al processo ora sono rinviate alla procura perché le esamini ulteriormente. Perché trovi ulteriori colpe contro di loro.

Non considero delle “erinni” le donne giudici di Milano che hanno letto la sentenza, non considero una “strega” Ilda Boccassini. Non mi piace il modo in cui i tanti oppositori della sentenza oggi le apostrofano, ma hanno sicuramente fatto un danno enorme alle donne. Non solo a quelle cattive ragazze che hanno tutto il diritto di essere cattive, cattivissime e anche puttane. E che non sono considerate incapaci di intendere, ma solo furbe maliziose e bugiarde. Ma anche alle altre. A quelle che pensano di essere dalla parte giusta. Perché, come la storia e la cronaca insegnano, in uno stato etico sono le donne le prime a rimetterci, buone o cattive che siano. Sono loro che in uno stato che decide il comportamento morale si trovano a rinunciare alla loro libertà. E il fatto che in tanti e in tante oggi siano felici per la condanna di quel mondo, si sentano finalmente liberate dallo squallore, dal cattivo gusto, dall’odore di stantio che da esso emana la dice lunga non solo su chi ha pronunciato la sentenza, ma anche su quella diffusa mentalità che fa il doppio errore di giudicare immorali e quindi illegali i comportamenti diversi dai propri. Possibile che un’idea di libertà, di legalità separata dall’etica, oggi debba essere rappresentata solo dalle “cattive ragazze”? Ritanna Armeni, Il Foglio quotidiano, 25 giugno 2013

…….Tra tutti i commenti che oggi si possono leggere sui quotidiani a proposito della condanna inflitta ieri a Milano da un Tribunale composto da tre donne, abbiamo scelto,  per commentare una condanna che appare agli occhi di tutti, oltre che esagerata, molto discutibile (si può ancora in Italia discutere le sentenze o si corre il rischio di essere denunciati per lesa giustizia?) questo articolo di Ritanna Armeni. Che non è una giornalista al soldo di Berlusconi, nè sul suo libro paga, nè addomesticata in una delle cene di Arcore. Ritanna Armeni, che oggi scrive sul Foglio di Ferrara, è una giornalista di sinistra, anzi della sinistra extraparlamentare e di quella più agguerrita contro Berlusconi. Per questo la sua opinione ci sembra avere un peso maggiore dei tanti e delle tante che in queste ore si sono avvicendati nella “difesa2, spesso d’ufficio,  di Belrusconi. Anche perchè la Armeni senza giri di parole issa sul banco degli imputati, anzi delle imputate, le tre giudici che pur di condannare Berlusconi, si sono a loro volta issate sul cielo della difesa della etica e della morale pubblica, pretendendo di stabilire per legge se una donna, più donne, tante donne, possano o meno avere il diritto di fare del proprio corpo ciò che vogliono. Sia chiaro, non condividiamo del tutto le tesi della Armeni, ma ci pare che in  un Paese dove il femminismo è stata più che una moda e che in questi giorni, nel bel mezzo di un gran can can,  sta varando una legge che punisce la violenza contro le donne (e quella contro gli uomini da parte delle donne a quando?) è una sopresa che un Tribunale al di là di ogni altra questione si sia posto il problema di stabilire cosa una o più donmne possano fare nel proprio spazio personale del proprio corpo. C’è del fondamentalismo esasperato in questa sentenza, al di là delle colpe, ove davvero ci siano, dell’imputato al quale peraltro è stato riservato un trattamento al quale manca solo la condanna all’evirazione da eseguire sulla pubblica piazza con tanto di constatazione formale dell’avenuto taglio dell’arnese oggetto corpo del reato. Ovviamente a cura delle donne.g.

COME UNA SCHEGGIA IMPAZZITA, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 14 giugno, 2013 in Giustizia, Politica | No Comments »

Due colleghi di Panorama, il direttore Giorgio Mulè e Andrea Marcenaro, sono stati condannati al carcere per aver pubblicato un articolo in cui si raccontava la politicizzazione, in un clima di veleni, della procura di Palermo, quella di Ingroia per intenderci.

Quel Pm e quel giudice che hanno chiesto e concesso le manette dovrebbero leggere, per poi ingoiarlo, chiedere scusa e dimettersi, il documento con cui il Csm ha messo ieri sotto accusa il procuratore di Palermo, Francesco Messineo. C’è da rabbrividire, in confronto l’inchiesta di Panorama è stata una carezza. Messineo, secondo i colleghi del Csm è uomo debole, succube del sottoposto Ingroia che lo manovrava a suo piacimento. Si parla di fughe di notizie pilotate, di intercettazioni imbarazzanti su Messineo che Ingroia ha imboscato, di tempo speso a inseguire teoremi politici a scapito della lotta alla mafia, tanto da fare fallire la cattura del nuovo capo dei capi Matteo Messina Denaro.

È anni che noi del Giornale sosteniamo la tesi della giustizia politicizzata a Palermo (e non solo) e per questo siamo stati oggetto di ogni genere di angherie: campagne mediatiche per delegittimarci da parte della cricca di colleghi (Travaglio e soci) che ha tenuto bordone a questa sorta di associazione segreta e deviata, condanne a risarcimenti milionari e più di recente alla galera.

Ora che la verità sta venendo a galla, come la mettiamo? Qualcuno ci restituirà soldi ed onore? C’era, e c’è tuttora, uno Stato nello Stato che non si capisce a chi risponde. A Palermo, come a Milano e Napoli, le procure e i tribunali sono fuori controllo, che è altra cosa da una sana indipendenza. Molti Pm hanno goduto, e godono, di protezioni politiche e mediatiche che li hanno fatti apparire come eroi del diritto e unici paladini della Costituzione quando in realtà si tratta solo di servitori dello Stato infedeli al servizio di chi, dentro e fuori il Paese, vuole sovvertire la volontà popolare. Di loro ci mettono solo megalomania e spocchia figlie di un’impunità totale che hanno ottenuto con il ricatto e l’inganno. Pensavano di mettere le mani pure sul Quirinale, coinvolgendo Napolitano in una delle tante patacche spacciate per verità giudiziarie. Hanno esagerato e ora pagano. Spero che questo da oggi accada anche di fronte ai loro soprusi nei confronti di comuni cittadini e di chi ha osato, come noi e i colleghi di Panorama, svelare i loro altarini e criticare il loro modesto lavoro.Alessandro Sallusti, 14 giugno 2013

…….Parole coraggiose quelle di Sallusti, spiace, però, che la politica, da destra a sinistra abbia fatto finta di niente. E ciò è sufficiente a farci inquietare ancor di più. g.

25T ANNI FA MORIVA ENZO TORTORA, NESSUNO HA PAGATO PER Il CLAMOROSO ERRORE GIUDIZIARIO

Pubblicato il 15 maggio, 2013 in Giustizia | No Comments »

25 anni fa l'addio a Tortoradi Enzo Quaratino

Prima arrestato, ammanettato e così proposto all’opinione pubblica sui giornali ed in tv; condannato in primo grado; infine assolto con formula piena: sono passati 25 anni da quel 18 maggio 1988 quando morì Enzo Tortora, il popolare presentatore televisivo, la cui vicenda è divenuta simbolo, spesso tuttora evocato, dell’errore giudiziario. L’incubo, per Tortora, era finito meno di un anno prima: accusato di aver fatto parte della “Nuova Camorra Organizzata” di Raffaele Cutolo, il 15 settembre 1986 la Corte d’appello di Napoli, in un’Italia divisa tra colpevolisti e innocentisti, lo aveva assolto dall’accusa di associazione camorristica, giudicando inattendibili i pentiti che lo accusavano. La sua innocenza fu confermata definitivamente dalla Cassazione il 13 giugno 1987.

L’ inchiesta nei riguardi di Enzo Tortora cominciò nei premi mesi del 1983, quando Pasquale Barra e Giovanni Pandico, personaggi di rilievo della “Nuova Camorra Organizzata” (Nco) decisero di dissociarsi dall’ organizzazione e di collaborare con gli inquirenti. I due “pentiti” indicarono Tortora, “quello di Portobello” (popolarissima trasmissione televisiva dell’epoca, che egli conduceva) quale appartenente alla “Nco” con l’ incarico di corriere di stupefacenti. Il giornalista e presentatore televisivo fu arrestato a Roma il 17 giugno di quell’ anno, nel corso di un’ operazione diretta dalla Procura di Napoli per l’ esecuzione di 856 ordini di cattura. Tortora fu bloccato all’ alba in un albergo del centro di Roma, ma fu portato in carcere in tarda mattinata, solo quando – secondo i difensori – fotografi e cineoperatori, avvertiti, furono pronti a ritrarre l’ imputato in manette. Fin dal primo momento Tortora si disse innocente, nonostante crescesse continuamente il numero dei “pentiti” che lo accusavano.

Dopo sette mesi di detenzione in carcere, l’ imputato ottenne gli arresti domiciliari dal tribunale della libertà, quasi in coincidenza con il “pentimento” di un rapinatore, Gianni Melluso, detto “Gianni il bello”, che raccontò di consegne di stupefacenti da lui fatte a Tortora per conto del boss milanese Francis Turatello. Enzo Tortora fu eletto eurodeputato radicale il 17 giugno 1984. Il 20 luglio 1984 tornò in libertà ed annunciò che avrebbe chiesto al Parlamento europeo di concedere l’ autorizzazione a procedere nei suoi riguardi; autorizzazione che fu data il 10 dicembre. Rinviato a giudizio, il 4 febbraio 1985 Enzo Tortora comparve davanti al Tribunale di Napoli, ribadendo ai giudici la sua innocenza, in contrasto con le accuse dei “pentiti”. Il 17 settembre arrivò la sentenza di primo grado: condanna a dieci anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti. Un anno dopo, il 15 settembre 1986, la Corte di Appello di Napoli rovesciò il verdetto: Tortora fu assolto con formula piena, ed i pentiti furono giudicati non credibili. “E’ la fine di un incubo”, disse il presentatore. La prima sezione penale della Cassazione confermò definitivamente l’ innocenza del presentatore il 13 giugno 1987. Meno di un anno dopo, il 18 maggio 1988, Enzo Tortora morì per un cancro ai polmoni.  Fonte Ansa, 15 maggio 2013

…….Fu un clamoroso errore giudiziario quello che portò Enzo Tortora in carcere e poi alla morte. Nessuno ha pagato per quell’errore calmoroso, anzi i giudici che condussero le indagini, che confusero nomi e numeri telefonici, che misero alla gogna mediatica il noto poresentswtore di Portobello, hanno fatto carriera e mai, loro che usarono i “pentiti” per procesdsare Tortora, mai che si siano pentiti o che abbiano avuto parole di rimprovero per l’errore commesso e per i danni che ne derivarono a Tortora. Anche per evitare altri casi come quello di Tortora è necessaria una vera e complessiva riforma della giustizia,  la grande malata insieme alla economia del nostro Paese. Ma ci sarà mai, visto che se ne parla sempre e da parte di tutti, ma mai viene nè approntata, nè varata? E dubitiamo che l’attuale governo abbia alcuna voglia di affrontare questo spinosissimo problema del nostro Paese. g.

LETTERA APERTA DI MARCELLO VENEZIANI AI PM DI MILANO

Pubblicato il 15 maggio, 2013 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

Egregi magistrati di Milano, posso dirvi la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità, senza che mi picchiate con le vostre armi legali? Dirò semplicemente quel che vedo con i miei occhi. Ho provato vergogna per il processo Ruby. Vergogna per la Giustizia, per la Magistratura, per l’Italia.


Premetto. Sono nato e cresciuto in una cultura col forte senso dello Stato e della dignità delle istituzioni, il culto della Magistratura e il rispetto della legge. Ho tifato a suo tempo per Mani Pulite. E dall’altra parte sono stufo di vedere la politica dividersi sulle vicende private di Berlusconi, vorrei occuparmi d’altro e difatti non mi occupo quasi mai di giustizia e processi al Cavaliere.

Vorrei che tornassimo a occuparci di politica e di italiani, spero che si chiuda al più presto questa stagione balorda con i suoi protagonisti. Sulla vicenda Ruby mi sono fatto un’idea sgradevole della comitiva di cui si è circondato Berlusconi, non mi piaceva la mescolanza di luoghi e persone tra ruoli pubblici e feste private, statisti e papponi. Reputo deprimente quel gineceo sultanesco di sgallettate, arrampicatrici da spettacolo, mezze troiette, che ruotava intorno ad Arcore. Di tutto quel capitolo la cosa che reputo politicamente rilevante ed eticamente condannabile è l’elezione di Nicole Minetti a un incarico pubblico. Se serviva a ristorare la vita privata di Berlusconi sarebbe stato giusto che se ne fosse accollato lui, come per le olgettine, l’onere di stipendiarla. Noi che c’entriamo, le istituzioni che c’entrano, la politica che c’entra.
Da tutte queste premesse si capisce che non ho nessuna simpatia per quel mondo e i suoi protagonisti. Ma trovo sconcertante che fior di magistrati antimafia debbano spendere il loro tempo, i nostri soldi, la giustizia, per accertare se durante le cene ci siano stati toccamenti o meno delle suddette sgallettate; se ci sia stato puttanesimo dilettantistico o professionale nelle sullodate squinzie. Tutto per misurare il grado di coinvolgimento personale, erotico, economico dell’ex premier nella vicenda. Potrei cavarmela dicendo che c’è sempre stato il lato B del potere, in politica e non solo, se penso pure a certi nostri regnanti della grande industria che navigavano tra coca e prostituzione. In passato citai testimonianze assolutamente attendibili sulla vita privata del primo re d’Italia, del tutto analoga anzi peggiore rispetto a quella di B. Si potrebbe dire la stessa cosa del più amato presidente degli Stati Uniti, e di fior di premier, leader e sovrani di mezza Europa. La magistratura non si è mai occupata di queste puttanate. De minimis non curat praetor, dicevano i romani: e se non se ne cura la pretura, figuriamoci un tribunale. E la politica è troppo importante per interdirla nel nome delle suddette puttanate o di fatti che potremmo definire bordel-line.
Potrei aggiungere la classica argomentazione che, come è risaputo, in questo processo non c’è una parte lesa, anzi tutte le parti, eccetto l’utilizzatore finale, ci hanno guadagnato e hanno agito in piena libertà e consapevolezza. Non c’è stata costrizione né raggiro né violenza, né può esserci la prova di qualunque atto sessuale compiuto con minori. Se non ci sono testimoni e i due presunti attori negano che vi sia stato qualunque atto sessuale, a cosa vi attaccate, chi è la vittima, di che cosa stiamo parlando? In realtà stiamo parlando di un clima godereccio, di corpi procaci e anziani arrapati, di canti, cene, forse qualche palpatina, con animazione nelle braghe di qualcuno. Sociologia del malcostume, non criminalità organizzata.
Ma si può, in un Paese devastato dalla criminalità e dall’illegalità, dove i reati restano quasi tutti impuniti e i detenuti restano in attesa di giudizio svariati anni; in un Paese piegato sulla sua crisi, che patisce il crollo delle sue imprese e la disoccupazione, che sta male mentre la politica sta avvitata su se stessa in fragilissimo equilibrio; si può – dicevo – perdere giorni, mesi, anni e mettere a repentaglio il precario assetto presente per questi stupidi festini e questi più stupidi, ipotetici toccamenti; dividere un paese, mortificare una classe dirigente, spaccare la politica, rischiare di far collassare definitivamente il paese, solo per «fargliela pagare» a quello lì che odiate; che – da voi massacrato – vi attacca da mattina a sera e per difendersi mobilita un partito con milioni di votanti, a scendere in piazza in suo sostegno? Ma vi rendete conto del danno incalcolabile che state facendo all’immagine, al corpo, alla salute e all’anima di questo Paese? Avete amplificato un risvolto privato che per carità di patria e pubblica decenza avremmo dovuto abbandonare alle piccole debolezze del genere umano. È stato invece un danno prolungato nel tempo: quanto è costato a noi italiani quel braccio di ferro su queste vicende quando B. era alla guida del governo? Quante energie sono state distratte e sottratte al governo del Paese, quante risorse si sono sprecate, quanti atti sono stati compiuti per difendersi da questo castello di accuse? Avete alimentato il conflitto a fuoco tra la magistratura e la politica e siete corresponsabili, con i promotori, delle marce parlamentari davanti ai tribunali; e messo in mezzo, tra i due poteri in lotta, l’esecutivo è finito in croce. Se fossi un vostro collega magistrato mi sentirei discreditato e offeso da questi processi. Ora mi auguro che qualcuno dal vostro organo di autogoverno, dalle istituzioni, perfino da sinistra, vi dica che così si uccide la Magistratura, la Democrazia e l’Italia. Naturalmente non solo ad opera dei tribunali, diciamo nel vostro gergo: concorso in strage. Quelle arringhe e quelle perizie surreali sui toccamenti hanno fatto toccare il fondo alla Giustizia italiana.
Come vedete, non ho tirato in ballo le favole di Ruby e su Ruby a cui non do credito, non ho tirato in ballo nemmeno la magistratura politicizzata e non ho sfoderato tutte le incongruenze, i misteri, le fughe di notizie o le notizie fuggite, che ci sono state. E non ho fatto nemmeno ironia su alcune gaffe (mi limito solo a ricordare che il Marocco è più a occidente dell’Italia; la furbizia di Ruby sarebbe orientale se lei fosse davvero egiziana come Mubarak).

Mi auguro che rispondiate come vi ho scritto io, a viso aperto, esprimendo una libera e argomentata opinione con le parole e non con le pistole giudiziarie. Io ho provato a dirlo con tutta la franchezza possibile, nel rispetto delle istituzioni, per amor patrio, deprecando gli errori, rispettando gli erranti. Chiedo solo il senso della realtà, l’umile senso della realtà. La verità, vi prego, solo la verità.  Marcello Veneziani, Il Giornale, 15 maggio 2013

.……………..Concordiamo pienamente con quanto scrive Veneziani. Ma ci sarà qualcuno che gli risponderà?Se ce ne fosse uno oggi, ce ne sarebbe stato uno, almeno uno, ieri,  che si sarebbe preoccupato che vizi privati – che tutti abbiamo -  fossero confusi con pubbliche virtù – che non tutti possediamo- a danno della immagine, pubblica e di certo più importante dei vizi privati, del nostro Paese. Come dar torto, quindi,  a Berlusconi quando chiosa: povera Italia? g.

BERLUSCONI CONDANNATO A MORTE, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 14 maggio, 2013 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

Ergastolo. Non potendo chiedere quello fisico, la Boccassini ci prova con quello politico: interdizione perpetua dai pubblici uffici, oltre alla condanna a sei anni, è infatti la richiesta fatta dalla pm milanese nei confronti di Silvio Berlusconi. C’è del marcio in tutto questo, tanta è la sproporzione tra la debolezza degli indizi raccolti a sostegno del teorema accusatorio e la pena richiesta.

Ergastolo politico per due reati (concussione e sfruttamento della prostituzione) che ancora oggi restano senza vittime. Nega di esserlo Ruby («non ho mai avuto rapporti sessuali con Berlusconi»), negano i funzionari della Questura di Milano («non siamo stati condizionati o intimiditi dalla telefonata di Berlusconi la sera dell’arresto di Ruby»).

La Boccassini ieri ha definito Ruby esempio di «furbizia orientale», concentrando in questa frase l’essenza del processo: un pregiudizio geopolitico e un falso, essendo il Marocco, Paese d’origine della ragazza, a Occidente. Pregiudizi e falsi, conditi con intrusioni nelle vite degli altri da fare invidia alle peggiori dittature. Spiare, intercettare non per cercare la prova schiacciante di un reato ma per costruire il reato. Senza approdare a nulla, perché un rapporto sessuale negato dalle parti interessate non potrà mai essere dimostrato anche se avvenuto. Sulle dicerie, sulle vanterie telefoniche o sulle invidie delle amiche si possono scrivere pagine di gossip, non sentenze giudiziarie. Altrimenti mezzo Paese dovrebbe finire al gabbio.

La Boccassini è convinta, direi ossessionata, che ad Arcore si sia fatto del sesso. Non ci sono prove, semmai è stato dimostrato il contrario, ma vado oltre. Credo che anche la signora Ilda abbia fatto e magari faccia tutt’ora sesso a casa sua. Non ci interessa con chi, come e quanto. Non ci interessa se lei o i suoi partner nell’accoppiamento siano sinceri o interessati, quali siano i loro giochini erotici, se al risveglio la signora trovi o no un regalino inaspettato sul comodino, se il suo partner abbia o no commentato le sue performances con amici e colleghi, magari aggiungendo un tocco di fantasia. Ci interessa che se nessuno dei due lamenta abusi o forzature, le loro prodezze erotiche non entrino mai in un’aula di tribunale. A tutela della loro dignità e del nostro buongusto. Dalla guerra alla mafia alla caccia, senza esito, degli spermatozoi di Berlusconi: quella che si vanta di essere allieva di Falcone e Borsellino ha trascinato la giustizia al suo punto più basso e umiliante per tutti. Perché processare uno stile di vita non è l’anticamera del regime. È regime. Alessandro Sallusti, 14 maggio 2013

SENTENZA IMPRESENTABILE, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 11 maggio, 2013 in Giustizia, Politica | No Comments »

La Corte di Appello di Milano ha confermato la condanna (4 anni di carcere e 5 di interdizione dai pubblici uffici) per Silvio Berlusconi, imputato nel processo sui diritti Mediaset, cioè l’acquisto nei primi anni Duemila di diritti per film americani da proiettare nelle sale e nelle tv italiane. Al gruppo Mediaset, che all’epoca dei fatti era il primo contribuente italiano, viene imputata una presunta evasione fiscale di pochi milioni compiuta da dirigenti infedeli (beccati e licenziati in tronco all’epoca dei fatti). Berlusconi è l’unico capitano d’industria che per i giudici non poteva non sapere che cosa combinavano i suoi manager, privilegio invece concesso quando nei guai sono finite le aziende, per esempio, degli Agnelli, dei De Benedetti e di importanti banchieri.

Continua dunque il doppio binario della giustizia. Quello riservato all’ex premier prevede procedure anomale, esclusione di testimoni chiave, non rispetto dei diritti della difesa, pene sproporzionate e tempistiche regolate per interferire sulla vita politica. È lo stesso film da 18 anni, e ancora non si vede la fine. Perché così come è successo in passato ben 32 volte su 32, difficilmente una sentenza così sgangherata supererà l’esame finale della Corte di Cassazione. Da oggi quindi riprende fiato il coro giustizialista che vorrà portare questa sentenza sul piano politico per fare saltare governo e pacificazione, un tranello dal quale mi auguro Berlusconi e il Pdl stiano alla larga, affidandosi alla saggezza dei giudici superiori. Una scommessa rischiosa, ma che vale la pena affrontare pur urlando forte la propria innocenza e l’affronto subito come è nel diritto di qualsiasi cittadino che si ritiene condannato ingiustamente. Lo fece, a ragione e tra lo scherno dei più, Enzo Tortora. È capitato più di recente al ministro Saverio Romano, massacrato da un’inchiesta infamante dalla quale è uscito alla fine completamente pulito. È successo, parliamo di pochi giorni fa, all’affarista Coppola, arrestato, perseguitato e rovinato da pm impazziti per poi ritrovarsi, a distanza di anni, prosciolto per non aver commesso il fatto.

Non è vero che ciò che viene deciso in aula di giustizia è la verità a prescindere. Alcuni pozzi sono avvelenati da tempo e in queste ore c’è chi continua a inquinare l’aria. Per esempio sostenendo che Nitto Palma non è persona degna a ricoprire la carica di presidente della Commissione Giustizia della Camera. Che cosa avrebbe di indegno? Vediamo. È un ex magistrato, come il neopresidente del Senato Grasso, è un ex magistrato ed ex ministro, come la Finocchiaro, ritenuta invece abile a occupare posizioni ben più prestigiose. E allora? Una differenza c’è: non è di sinistra ed è stato eletto nelle liste di Berlusconi. Così vanno le cose, ancora oggi, in questo Paese. Alessandro Sallusti, 11 maggio 2013

LA PROCURA DI NAPOLI FA FLOP: IL GIP LA DERIDE SUL CASO BERLUSCONI-DE GREGORIO

Pubblicato il 20 marzo, 2013 in Giustizia, Politica | No Comments »

Volevano processare subito Silvio Berlusconi per una presunta compravendita di deputati all’epoca del governo Prodi, inchiesta napoletana nota come caso De Gregorio. Ma era soltanto l’ennesima bufala di una magistratura sciagurata e ieri la gip ha fermato i due pm, il solito Woodcock e l’inseparabile collega Piscitelli, che avevano chiesto il rito immediato e ventilato addirittura la possibilità di arresto istantaneo per l’ex premier. La motivazione non lascia spazio a fantasia: non ci sono prove evidenti che De Gregorio abbia votato contro Prodi per dare vantaggi a Berlusconi, tantomeno che questo sia avvenuto dietro compenso, non c’è stata alcuna corruzione.
L’inchiesta era stata gettata come una bomba post elettorale, così tanto per fare un po’ di casino, e minacciava di interferire pesantemente sulle trattative per la formazione del nuovo governo. Già sinistra – Pd in prima linea – e grillini assaporavano il piacere di votare per l’arresto di Berlusconi e inaugurare così la legislatura all’insegna del giustizialismo politico. Gli è andata buca, il presunto impresentabile Berlusconi non è un corruttore di parlamentari, resta invece impresentabile Lucia Annunziata, campione di diffamazione impunita e arrogante.

Se non è questa persecuzione giudiziaria, dite voi. Nessuna cautela, nessun controllo, parole in libertà tramutate in prove schiaccianti: questa è la nostra giustizia, e purtroppo non soltanto nei confronti di politici scomodi alla casta dei pm. Migliaia di italiani, senza mezzi per resistere e lontano dai riflettori, subiscono ogni anno trattamenti del genere: uomini, famiglie e imprese rovinate dalla sciatteria dei magistrati, che se poi si salda con l’Annunziata di turno, addio. Vai poi a spiegare all’opinione pubblica, a parenti e amici che si era trattato di un clamoroso errore dovuto a malafede e imperizia. Ci piacerebbe conoscere in merito l’opinione del neopresidente del Senato, Piero Grasso, fresco ex procuratore d’assalto. Avrà il coraggio di condannare l’ennesimo assalto al senatore Berlusconi o tacerà? Si accettano scommesse, ma io un’idea ce l’ho già: butterà a mare i suoi nuovi colleghi per difendere i vecchi. Perché? Non si sa mai. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 20 marzo 2013

…………….Abbiamo letto l’ordinanza con cui il GIP di Napoli respinge la richiesta di rito immediato per Berlusconi accusato di corruzione e di aver “comprato” l’ex senatore De Gregorio per fasr cadere il governo Prodi, dietro la quale si nacondeva il “colpaccio” dell’arresto dell’ex premier. E’ un atto di accusa alla supericialità, per non dir altro, della Proicura e dei due PM che hanno costruito un teorema senza capo nè coda e senza neppure prendersi la briga di verificare se almeno una delle cose dette da De Gregorio contro Berlusconi corrispondesse al vero. Neppure una, ha scritto il GIP, sconfessando,   sino alla derisione,  i due PM che hanno sinanco confuso le date  e addirittura frainteso il principo secondo il quale ciascun aprlamentare esercita il suo ruolo senza vincolo di mandato e operando le sue scelte secondo le  “sue” scienza e coscienza. Pco male. Ci ha pensato il GIP a rimettere le cose a posto, compreso la dimostrazione che c’è chi compike satti no n seocndo giustizia ma secondo ingiustizia. Nei confronti di Berlusconi. g.