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SALLUSTI ASSOLTO DALL’ACCUSA DI EVASIONE. POTRA’ TORNARE A “FIRMARE” IL GIORNALE

Pubblicato il 14 dicembre, 2012 in Costume, Giustizia | No Comments »

“Il reato non sussiste”. Alessandro Sallusti è innocente dell’accusa di evasione, per cui era stato arrestato e per cui il pubblico ministero Piero Basilone aveva avanzato questa mattina al termine della sua requisitoria la richiesta di sei mesi e venti giorni di carcere.

Sallusti era accusato di avere lasciato sabato scorso la casa della sua compagna Daniela Santanché, dove era stato appena portato dalla polizia per scontare agli arresti domiciliari una condanna per diffamazione.

Oggi, davanti al giudice Gaetano La Rocca, il primo a prendere la parola é stato il pubblico ministero Piero Basilone, lo stesso che sabato scorso ha disposto l’arresto di Sallusti per evasione, chiedendo e ottenendo nei suoi confronti un ordine di custodia (anche questo convertito in arresti domiciliari). Dopo la requisitoria del pm hanno parlato i legali di Sallusti, Valentina Ramella e Ignazio La Russa, che hanno chiesto l’assoluzione di Sallusti “perché il fatto non sussiste”, spiegando che la presunta evasione é stato solo un gesto simbolico di protesta. I legali hanno depositato al giudice la copia di un filmato in cui si vede chiaramente che Sallusti non aveva alcuna intenzione di darsi alla fuga, ma semplicemente di compiere un gesto simbolico di protesta contro gli arresti domiciliari disposti d’autorità e contro la sua volontá su richiesta della Procura di Milano. Sallusti aveva invece manifestato fin dall’inizio – dopo che la condanna per diffamazione era divenuta definitiva – la sua determinazione di andare ad espiare la pena in carcere come qualunque altro detenuto.

Oggi, evidentemente, il giudice La Rocca ha ritenuto impossibile condannare per evasione un arrestato che voleva a tutti i costi andare in carcere.

Sallusti, visibilmente soddisfatto ed emozionato, ha lasciato il tribunale senza rilasciare dichiarazioni ed è tornato a casa agli arresti domiciliari. La vittoria nel processo di oggi é fondamentale anche perché fa decadere automaticamente la sospensione dall’Ordine dei giornalisti che era stata notificata a Sallusti mercoledì. Da oggi Sallusti può tornare a firmare il Giornale come direttore responsabile. E la possibilità di azzerare la sua condanna per diffamazione con una grazia del presidente Napolitano torna all’ordine del giorno. Fonte ANSA, 14 dicembre 2012

.……Finalmente in un’Aula del Tribunakle di Milano si respira un pò di buon senso. Auguri Direttore e buona battaglia. g.

CHE RIDERE, BOTTE TRA I PM, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 29 novembre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Che ridere. È meraviglioso vedere, sedu­to dal divano di casa mia dove mi han­no relegato, i magistrati litigare come matti sul mio arresto. Una scena esila­rante che mi compensa ampiamente dei torti subi­ti.

Il povero procuratore di Milano, Bruti Liberati (che Dio lo abbia in gloria) pur di non mandarmi in galera l’altro ieri aveva chiesto per me gli arresti domiciliari assecondando le indicazioni del presi­dente comunista Giorgio Napolitano, del pre­mier Monti e del ministro della Giustizia Paola Se­verino, quella che passa le giornate in dotti conve­gni invece di mandare una ispezione ai giudici che hanno firmato la mia assurda condanna fon­data su motivazioni false.

I tre signori, invece di fa­re un decreto per riformare la legge (come avreb­bero potuto), volevano così evitare la vergogna mondiale del giornalista innocente al gabbio, pen­savano di chiudere la questione, complice Bruti Liberati, con i domiciliari, condendo per di più la cosa con la balla della reggia di casa Santanchè al­la quale potevano abboccare solo due gazzettieri amici delle Procure, come Poletti, della Stampa e Travaglio de il Fatto , entrambi cretini col botto.

Bene, io che non sono un giurista, già ieri avevo scritto che la decisione era illegale: non ho i requi­siti per andare ai domiciliari, e se si sostiene l’inver­so allor­a domani mattina migliaia di detenuti nel­le mie condizioni devono lasciare il carcere e tor­nare a casa, perché la giustizia o è uguale per tutti o non lo è.

Non ho i requisiti perché la sentenza su di me è roba da pazzi (delinquente abituale, socialmente pericoloso) e non lascia spazi di manovra in quan­to ho rifiutato compromessi ( servizi sociali riedu­cativi o cose simili).

I giudici che l’hanno scritta hanno osato l’inosabile perché nella loro immen­sa arroganza pensavano di avere a che fare con un punching-ball. Le prende ingiustamente e poi si inchina.Illusi.Inchinatevi voi,quando avrete fini­to di litigare.

Già, perché ieri è scoppiata la rivolta contro Bru­ti Liberati. Prima gli avvocati di Milano («liberate dal carcere tutti i nostri clienti che si trovano nelle condi­zioni di Sallusti ») poi quella, senza precedenti, dei pm di Milano che hanno minaccia­to di mandare sul tavolo del loro capo migliaia di fascico­li di persone che andrebbe­ro arrestate ma che, seguen­do la logica applicata a me, andrebbero lasciate ai domi­ciliari. In realtà a loro di quel­le persone e della giustizia non interessa nulla. È solo una guerra interna tra cor­renti e personaggi frustrati in cerca di vendette per car­riere mancate.

Eccola la no­stra magistratura mostrare il vero volto. Ed è davvero un brutto volto. Povero il giudi­ce di sorveglianza che oggi o domani dovrà sentenziare definitivamente se confer­mare i domiciliari oppure di­rottarmi in cella. Scommet­to che se ne inventerà di tut­te pur di non decidere in que­sto clima di odio e veleni e rinviare più in là possibile: il dentista, il saggio di fine an­no della figlia, un terribile mal di pancia. Perché schie­rarsi oggi, in assenza di ordi­ni politici altolocati, vuol di­re giocarsi la carriera. Che conta più della giustizia, del mio diritto di sapere una pe­na certa, di comportarsi col direttore de il Giornale allo stesso modo di quanto si sa­rebbe fatto con un anonimo cittadino. Napolitano, Mon­ti e Severino, guardate e ver­gognatevi. Il Giornale, 28 novembre 2012

.…………….Lo avevamo detto da subito che la strada era quella del decreto legge che modificasse la legge fascista sulla stampa e abolisse il carcere per i giornalisti. Dovevano farlo Monti e Severino e doveva firmarlo Napolitano, tutti e tre noti campioni di democrazie e di tutela del bene supremo dei cittadini, cioè la libertà personale. Invece tutytyi e tre hanno glissato, hanno messo la testa sotto la sabbia e si sono affidati al Parlamento che ha fatto flop. Ed ora da una parte c’è un giornalista condannato al gabbio, facendo rivoltare nella tomba i giuristi e provocando la protesta dell’Unione Europea che non può ammettere che in casa propria si violi iol diritto all’opinione, e dall’algtra una casta, quella dei magistrati, che non vuole riconoscere questo sacrosanto diritto che è proprio del momndo libero. E’ l’ennsima prova del caos in cui vive il nostro Paese, tra primarie   che si fanno (quelle del cetnrosinsitra) e che rischiano di far saltare il banco e è primarie che si annunciano e noin si fanno perchè il banco è guià saltato. Amen. g.

PAGHIAMO NOI L’AVVOCATO AI POLIZIOTTI INDAGATI (PER AVER FATTO IL LORO DOVERE)

Pubblicato il 18 novembre, 2012 in Cronaca, Giustizia, Politica | No Comments »

Un altro poliziotto è stato indagato dal­la magistratura per i tafferugli av­venuti durante i cortei di protesta a Roma.

Non è il primo e, temiamo, non sarà l’ulti­mo vista l’aria che tira.

Un’ aria fetida, alimentata oltre che dai soliti noti anche da opinionisti e giornali che tra­sudano odio verso le forze dell’ordine e simpatie giusti­ficazioniste nei confronti di giovani teppisti che scorraz­zano a volto coperto e armati di spranghe. I dati ci dicono che nel 2011 oltre 400mila tra poliziotti e carabinieri hanno rischiato la vita per di­fendere la nostra incolumità e le nostre città durante ma­nifestazioni di piazza. E che 470 di loro sono rimasti feriti in modo grave.

Lo Stato è molto generoso con i suoi dipendenti. Gli sta­tali, anche se fannulloni e in­capaci, restano tranquilla­mente al loro posto. I magi­strati quando sbagliano non rispondono in prima perso­na dei danni provocati. Non parliamo dei politici, mante­nuti come sappiamo da veri pascià. Solo poliziotti e cara­binieri sono di fatto abban­donati a loro stessi e inchio­dati a responsabilità perso­nali. Se indagati, devono an­ticipare le spese dell’avvoca­to e sperare di essere assolti per rivedere i soldi spesi chis­sà quando perché il fondo per l’assistenza legale esiste solo sulla carta. Se condan­nati, arrivederci e grazie, ze­ro rimborsi. Per gente che guadagna poco più di mille euro al mese può voler dire la rovina. Non parliamo poi delle spese mediche per esa­mi o cure specialistiche in ca­so di lesioni. Vi pare giusto tutto questo? A noi no, per cui abbiamo deciso di aprire una sottoscrizione del Gior­nal­e per pagare le spese lega­li e mediche degli uomini del­le forze dell’ordine mandati al macello nelle manifesta­zioni di piazza e poi lasciati soli da uno Stato ingiusto e ci­nico, debole con i forte e for­te con i deboli. Apriamo la sottoscrizione noi due, con mille euro a testa. Siamo sicu­ri che in tanti aderiranno an­che in tempo di crisi, ognu­no per le sue possibilità. Glie­lo dobbiamo a questi ragazzi in divisa. E se a qualcuno di loro è scappato uno sberlo­ne di troppo non ha fatto che bene. Martedì vi daremo le coordinate bancarie per di­mostrare nei fatti da che par­te stiamo tutti noi. Un grazie anticipato e buona domeni­ca. Vittorio FELTRI e Alessandro SALLUSTI, Il Giornale 18 novembre 2012

…………….Domani – 19 novembre -  ricorre l’anniversario – il 43° -  della morte  a Milano di Antonio Annarrumma, il poliziotto poco più che ventenne, assassinato durante lo sciopero generale che si celebrò appunto quel giorno,il 19 novembre 1969.  Più che uno sciopero fu la prova generale di ciò che sarebbe ancora venuto, gli anni di piombo, le brigare rosse, le vendette, i poliziotti, i magistrati, i politici, assassinati da giovani educati alla violenza da cattivi maestri che non pagarono per quel di sbagliato  che avevano insegnato. La proesta è legittima purchè non  sfoci nella violenza e nella devastazione o anche nell’assalto alle forze di polizia che difendono lo Stato che siamo noi. Nè è  tollerabile che ad avere la peggio devono essere i servitori dello Stato, che merita sempre di essere difeso al di là di chi lo rappresenti perchè, lo abiamno detto lo Stato siamo noi. Per questo aderiamo all’inziativa di Feltri e di Sallusti e invitiamo i nostri amici a fare altrettanto. Lo dobbiamo a noi stessi, alla nostra cultura legalista, ai nostri Valori e ai nostri principi che tradiremmo se non fossimo come sempre dalla parte delle forze dell’ordine. g.

LA PARTITA DELLE TOGHE NON FINISCE MAI, di Mario Sechi

Pubblicato il 27 ottobre, 2012 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

Proviamo a fare il punto della settimana: Berlusconi ha fatto il passo indietro e non si candida più a Palazzo Chigi, il tribunale di Milano ha fatto un altro passo avanti e lo condanna per Mediaset; il terremoto all’Aquila poteva essere previsto e le toghe condannano gli scienziati, il sisma del Pollino era previsto ma diventa imprevisto e nessun giudice però ha parlato, l’Ilva di Taranto è pronta a partire, ma i giudici continuano a frenare; si incoraggiano la paternità e la maternità sine die, ma con le sentenze poi si levano i figli ai genitori troppo anziani. Sono solo alcuni campi dello scibile di cui ultimamente si è occupata la nostra brillante magistratura. La situazione è sotto gli occhi di tutti: la classe politica sta cedendo il passo all’innovazione, resiste, ma la voce del barbiere è rivelatoria: «Dotto’, se ne stanno a annà. Tutti». Lo stesso non può dirsi di una casta che ci sta sopra le teste e non ha intenzione di schiodarsi: la magistratura. Ha svolto ruolo di supplenza in alcuni momenti, non necessario, poi ha scambiato la supplenza per un posto fisso. Così la magistratura è diventata il centro di gravità permanente di un Paese che di gravità ne ha poca. I magistrati, inquirenti, giudicanti, civili, penali, tutti, sono diventati nell’ordine: potere legislativo, esecutivo, costituzionale, incostituzionale, manageriale, sindacale, spettacolare, deprimente, utile, inutile, salutare, nocivo. Non esiste Paese nel quale la magistratura abbia questa dimensione abnorme. O meglio, Stati dove i magistrati sono onnipotenti esistono: sono le dittature. La giustizia amministrata dalla magistratura coincide perfettamente con i pensieri del satrapo di turno. Non c’è alcuna differenza tra la democrazia italiana e la dittatura di Bananas perché il tiranno cade, il politico viene mandato a casa, ma la magistratura in entrambi i regimi resta. I Torquemada sono utili a qualsiasi sistema politico. Il problema è che nel Belpaese è stato fatto un ulteriore salto di qualità: i procuratori da soprassalto sono legibus solutus, al di sopra della legge al di sotto di qualsiasi possibilità di applicazione delle regole democratiche al loro gioco. Il Csm, il cosiddetto organo di autogoverno delle toghe, non governa niente, ma fa da terza camera del Parlamento. Mentre tutti gli altri dipendenti pubblici hanno subìto decurtazioni di ogni sorta dello stipendio e i pensionati il cambio in corsa delle regole per il meritato riposo, magistrati che giudicano sui magistrati hanno stabilito che gli stipendi delle toghe non si toccano. Siccome devono essere «sereni nel giudicare» la Consulta altrettanto serenamente ha deciso che il loro portafogli deve essere intoccabile. Se la terza Repubblica nasce sotto l’insegna di questa casta, verrà strozzata nella culla. Serenamente. Mario Sechi, Il Tempo, 27 ottobre 2012

..…………………Bravo Sechi, ha centrato il problema. Lo stesso che questa mattina ha evidenziato il presidente Berlusconi che al TG di Canale 5 ha annunciato che “resterà in campo” dopo la sentenza di ieri perchè così non si può andare avanti ed occorre la riforma del pianeta giustizia perchè non capiti ai cittadini italiani quel che capita a lui. Il fatto è che quello che è capitato a lui è già capitato a centinaia, megliaia di persone, solo che non ne ha parlato nessuno perchè quelle persone sono “nessuno”  e di loro nessuno si occupa, nè giornali, nè opinionisti, nè politici che in vita loro non hanno mai lavorato. Come la Bindi che non ha pewrso l’occasione per insukltare Berlusconi, o Di Pietro che dimentico delle sue “colpe” ha sproloquiato sulla “verità venuta a galla” o Fini, esperto nel ratto delle Sabine (in gioventù approfittò del carcere dove era rinchiuso il segretario del fronte della gioventù di Roma per prendersi la di lui moglie, e in vecchiaiai non sa saputo far di meglio che congiungersi carbnalmente all’amante del rotondo e anzianotto Gauccci…) il quale ha da par suo, sulle parole di Berlusconi, scimmiottato su una possibile retromarcia di Berlusconi sulle decisioni politiche dell’altro ieri. Fini, che in vita sua non ha lavorato un sol giorno che sia uno, è l’ultimo a poter deridere Berusconi senza del quale egli sarebbe rimasto ancora a definire Mussolini lo statista del secolo e relegato in un angolino del retrobottega della politica senza futuro. Però..però va ribadito che Berlusconi non aveva bisogno di questa dura prova personale per capire che così non si va avanti nè da nessuna parte e che la partita con le toghe, una casta tanto forte quanto spesso cattiva, andava combattatua da tempo, a viso aperto, modificando le regole in Parlamento, eliminando il CSM perchè in nessuna parte del mondo i giudici hanno per giudici i loro colleghi. Certo non è mai troppo tardi ma non deve egli e non devono gli altri fermarsi alle parole senza far seguire i fatti. Ne va di mezzo, lo dice bene Sechi, la sopravvivenza stessa della democrazia nel nostro Paese. g.

BERLUSCONI: LA SENTENZA? UN AVVERTIMENTO MAFIOSO

Pubblicato il 27 ottobre, 2012 in Cronaca, Giustizia, Politica | No Comments »

I toni sono concitati, a volte perfino accesi nell’improvvisata riunione di famiglia che si tiene in quel di Arcore. Alla fine di una delle giornate più difficili, Berlusconi ha sì in parte metabolizzato quella che considera una vera e propria «barbarie», ma l’irritazione – termine ovviamente niente affatto appropriato e di molto edulcorato – resta tutta.

Una sentenza «incredibile», «vergognosa», «politica». Soprattutto «scontata».Ed è questo il punto. Perché – al di là di quel che racconta l’ufficialità – sono giorni che l’ex premier va dicendo in privato che «l’assedio delle procure non si è fermato» e che «andranno avanti finché non mi vedranno morto».

In una telefonata di qualche giorno fa con un ex ministro il Cavaliere è stato piuttosto chiaro: «Sono pronti a condannarmi per Mediaset, poi mi terranno sulle spine fino a gennaio con Ruby dove arriverà ovviamente un’altra condanna. Tutto già scritto, tutto secondo copione. E siccome non si accontentano mai ci sono già altre tre procure che stanno indagando su varie ed eventuali…».Con chi ha occasione di sentirlo al telefono il Cavaliere è un fiume in piena, niente a che fare con lo sfogo – comunque duro – ai microfoni di Studio Aperto. Si aspettava la condanna, certo. Ma forse non le pene accessorie (l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici) né i dieci milioni di euro da risarcire all’Agenzia delle Entrate. «Vogliono vedermi morto e neanche così sarebbero contenti», si sfoga Berlusconi in privato. «Viene voglia di andarsene, mollare tutto e lasciare un Paese così», arriva a confidare. Ma «non gli darò questa soddisfazione», aggiunge in una delle tante telefonate della giornata. Anzi, «bisogna reagire a questa barbarie», bisogna «fare qualcosa» perché «non si può rimanere inermi».

Il punto è che il Cavaliere resta convinto che si tratti di una «sentenza mafiosa», una sorta di «avvertimento». A fare due conti, infatti, l’interdizione dai pubblici uffici potrebbe diventare una vera e propria bomba ad orologeria nella prossima legislatura. La prescrizione per il processo in questione dovrebbe scattare a fine 2013 (c’è chi dice nel 2014) ed è possibile che entro quella data si riesca ad arrivare a sentenza definitiva. Definitiva e dunque esecutiva. Il che significa che se il prossimo anno Berlusconi tornerà ad essere eletto in Parlamento, nel 2014 calerà sulla sua testa la spada di Damocle dell’interdizione dai pubblici uffici nel caso in cui appello e Cassazione dovessero confermare la sentenza.

A quel punto, infatti, alla Giunta per le elezioni della Camera (o del Senato a seconda di dove siederà il Cavaliere nella prossima legislatura) verrebbe notificata la sentenza definitiva per verificare se Berlusconi ha titolo o no a sedere in Parlamento. E il tutto dovrebbe essere rimesso al voto della giunta prima e dell’aula poi. Nel 2014, insomma, il Parlamento potrebbe trovarsi a votare sulla legittimità di Berlusconi a sedere alla Camera o al Senato. Definirla una bomba ad orologeria è un eufemismo. Non solo per il Cavaliere, ma per la politica tutta perché è chiaro che difficilmente si arriverà alla cosiddetta Terza Repubblica continuando a tenere Berlusconi sulla graticola e mettendolo all’angolo sotto il profilo giudiziario.Anzi.

Esattamente il contrario. «Ho subito più di 60 procedimenti, più di mille magistrati si sono occupati di me e il mio gruppo ha avuto 188 visite della Polizia giudiziaria e della Guardia di finanza. Ci sono state 2.666 udienze in questi 18 anni e ho dovuto spendere più di 400 milioni in parcelle di avvocati e consulenti», ripete Berlusconi ai suoi interlocutori. Ed è con loro che torna ad ipotizzare di restare in prima linea, perché «se l’accerchiamento continua bisogna difendersi in qualche modo». Difficile dire come finirà. Il Giornale, 27 ottobre 2012

BERLUSCONI: E’ UNA CONDANNA POLITICA. COSI’ NON SI PUO’ ANDARE AVANTI…

Pubblicato il 26 ottobre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Silvio Berlusconi, dopo la sentenza con cui il Tribunale di Milano, per la prima volta dopo un ventennio di assedio giudiziario, è riuscito a condannarlo, amareggiato e sconfortato, si è rivolto ai suoi elettori con una lettera che qui riproduciamo. E’ una lettera assai breve ma racconta in sintesi una storia giudiziaria, anzi una tappa di questa storia,  che sa dell’incredibile. Sopratutto mette in evidenza che la giustizia in Italia è spesso usata per fini politici. Lo sa bene Berlusconi che ne è stato e  ne è  vittima, ma Berlusconi sa che egli è il primo a doversi rimproverare per non aver operato per riformarla questa giustizia quando ne ha avuto la possibilità e gli strumenti. Nel 2001 e sino al 2006 egli ha governato questo Paese con una maggioranza che poteva consentirgli di adottare i necessari provvedimenti legislativi e così dal 2008 sino al 2010. E’ vero, in Parlamento, nelle maggioranze,  c’erano ostacoli e continue imboscate da parte   di ascari pronti a sabotare i provvedimenti legislativi, specie in materia di giustizia. E’ vero! Ma è anche vero che non li si è messi alla prova e nemmeno alla porta. La conseguenza è che nè i provvedimenti, quelli seri, cioè quelli strutturali sono mai stati adottati, almeno in Consiglio dei Ministri, nè lo stesso Berlusconi ha battuto il bastone sulla scrivania licenziando gli ascari, palesi e nascosti. Se lo avesse fatto, forse quegli ascari o sarebbero venuti allo scoperto o  si sarebbero visti costretti a piegarsi alla logica della maggioranza oltre che della necessità di varare le riforme strutturali delle quali il Paese aveva bisogno, tra cui, ovviamente, quella della Giustizia. Berlusconi non lo ha fatto, adottando la politica  andreottiana del tirare a campo, neppure memore dell’insegnamento craxiano che, comunque,  tutte le volpi finiscono in pellicceria,   ma alla fine ha dovuto comunque togliersi di mezzo e cedere il passo prima ai governi tecnici che nulla hanno di liberale, e poi a tirarsi fuori, come ha fatto l’altro ieri, dinanzi alla evidente insofferenza di tanti suoi beneficiati che dopo esserlo stati dalla discesa in campo di Berlusconi ora aspirano ad esserlo dalla sua ritirata nelle retrovie. Ed ora su di lui  cade questa tegola di una sentenza che sembra scritta con l’inchiostro della fazione. E’ solo una sentenza di primo grado che dovrà passare il vaglio di un’altra corte, quella di appello, e,  nel caso,  quello della Cassazione. Ma la sua immagine ne esce comuqnue compromessa e forse tanto basta perchè quanti, anche a lui vicini, hanno traccheggiato per un suo pensionamento oggi si sentono più tranquilli per il loro personale futuro. Ma non lo sono gli italiani, i milioni di italiani che in questi anni avevano votato Berlusconi fidando nei suoi impegni elettorali, nelle sue promesse di cambiamento del Paese, nelle sue assicurazioni che i cittadini non avrebbero più subito le prepotenze di uno Stato che dopo 70 anni di democrazia non è mai diventato liberale e dove i diritti dei singoli vengono conculcati ogni giorno dalle burocrazie di ogni genere e dalle caste di ogni risma. Non lo sono ancor più oggi,  di fronte ad una condanna che lungi dal dimostrare che “la legge è uguale per tutti”, semmai dimostra che la legge è inflessibile contro chi  non si conforma alle regole delle caste. La parabola di Berlusconi nè è la tangibile prova. Per questo, nonostante le delusioni,  gli esprimiamo la nostra solidarietà. g.

ECCO LA LETTERA DI SILVIO BERLUSCONI

Cari Amici,

è una condanna politica, incredibile e intollerabile. E’ senza dubbio una sentenza politica come sono politici i tanti processi inventati a mio riguardo. Ero certo di essere assolto da una accusa totalmente fuori dalla realtà. La sentenza di oggi è la conferma di un vero e proprio accanimento giudiziario e dell’uso della giustizia a fini di lotta politica.

Ci sono molte prove della mia inocenza, due delle quali assolutamente inoppugnabili:


1) L’accusa mi vorrebbe socio di due imprenditori americani, uno dei quali io non ho mai conosciuto. Se io fossi stato socio di questi imprenditori sarebbe bastata una telefonata all’ufficio acquisti di Mediaset per far acquistare i diritti televisivi che questi due imprenditori volevano vendere, senza pagare tangenti.
2) Se fossi stato socio sarei subito venuto a conoscenza di una tangente così elevata versata ai responsabili del servizio acquisti, e non avrei potuto che provvedere al loro immediato licenziamento, visto che per quell’ufficio passavano 750 milioni di acquisti all’anno. Nessun imprenditore si sarebbe potuto comportare diversamente, permettendo di continuare a rubare ai danni della sua azienda e di se stesso.

Non c’è nessuna connessione assolutamente con la rinuncia alla corsa alla premiership nel 2013. Io e i miei avvocati ritenevamo impossibile una condanna qualsiasi in questo processo e infatti le motivazioni della condanna sono assolutamente fuori dalla realtà. Non si può andare avanti così: dobbiamo fare qualcosa. Quando non si può contare sull’imparzialità dei giudici, questo paese diventa incivile, barbaro, invivibile e cessa anche di essere una democrazia. E’ triste, ma la situazione del nostro paese oggi è così. SILVIO BERLUSCONI, 26 ottobre 2012

I PM CE L’HANNO FATTA: DOPO 19 ANNI DI ASSALTO ALLA BAIONETTA HANNO CONDANNATO BERLUSCONI

Pubblicato il 26 ottobre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Condannato. Alle 16 di oggi Silvio Berlusconi é stato dichiarato colpevole di frode fiscale dal tribunale di Milano, al termine della lunga camera di consiglio che ha tirato le somme della vicenda dei diritti comprati da Fininvest alla fine degli anni Novanta.

Silvio Berlusconi

Berlusconi é stato condannato a quattro anni di carcere, di cui tre condonati per indulto, e a tre anni di interdizione dai pubblici uffici.

Berlusconi dovrà versare immediatamente dieci milioni al fisco come risarcimento danni.Il tribunale presieduto dal giudice Edoardo d’Avossa ha accolto le tesi del pubblico ministero Fabio De Pasquale, secondo cui – pur non ricoprendo più cariche formali all’interno del gruppo da lui fondato – il Cavaliere continuava a occuparsi degli affari di famiglia. In questa veste avrebbe disposto il pagamento a prezzi gonfiati dei diritti dei film hollywoodiani da trasmettere sulle reti del Biscione. In questo modo sarebbero stati prodotti fondi neri per oltre trecento milioni di euro, approdati sui conti esteri della famiglia Berlusconi, e sarebbero stati alterati i bilanci risparmiando centinaia di milioni di tasse.</p><p>”Su quei soldi – aveva sostenuto De Pasquale nella sua requisitoria – ci sono le impronte digitali di Berlusconi”. I difensori del Cavaliere avevano ribattuto che non solo non c’era traccia di un ruolo diretto di Berlusconi nella vicenda, ma nemmeno era dimostrato che i film fossero stati pagati a prezzi effettivamente fuori mercato. Oggi il tribunale accoglie in pieno le tesi dell’accusa, con una sentenza che fa irruzione nella scena politica: è la prima volta dal lontano 1998 che il Cavaliere viene dichiarato colpevole a termine di un processo.All’ex presidente del Consiglio vengono inflitti quattro mesi di carcere in piú di quelli chiesti dalla Procura. Ma ancora piú eclatante è forse la decisione di interdire Berlusconi per cinque anni dai pubblici uffici. La pena, trattandosi di una sentenza di primo grado, non é immediatamente esecutiva. Ma se dovesse venire confermata nei gradi successivi, il Cavaliere non potrebbe avere incarichi parlamentari né di governo per tutta la durata dell’interdizione.Ovviamente, i legali di Berlusconi faranno appello. Ma sulla sentenza di oggi pesa un’incognita più ravvicinata: la decisione della Corte Costituzionale chiamata a dirimere lo scontro tra il governo e i giudici milanesi, che nell’ottobre 2010 decisero di tenere udienza nonostante Berlusconi fosse impegnato in consiglio dei ministri. Se la Consulta decidesse che in quel modo vennero violate le prerogative del premier, la sentenza di oggi potrebbe venire azzerata. Ma, nel frattempo, il colpo per Berlusconi è pesante.</p><p>Assolto invece per non avere commesso il fatto il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. Insieme a Berlusconi é stato condannato Frank Agrama, l’ex regista divenuto mediatore di diritti cinematografici, e accusato dalla Procura di essere “socio occulto” di Berlusconi.Il giudice d’Avossa sta ora leggendo in diretta le motivazioni della decisione. É una procedura straordinaria che riduce a 15 giorni i termini per le difese per ricorrere in appello.Secondo i giudici, il meccanismo di pagamento dei diritti veniva gestito totalmente all’esterno delle strutture ufficiali di Fininvest.

Il meccanismo viene , definito “un sistema di frodi ideato fin dagli anni Ottanta” finalizzato alla evasione delle tasse “nonché alla costituzione di ingenti fondi neri (…) Resta ingiustificato l aumento di prezzi nelle varie catene rilevabile dalla differenza tra il primo prezzo noto e il prezzo finale praticato alla società utente”.</p>Per gestire i fondi neri così creati “é stato creato un sistema di società offshore” la cui riconducibilitá a Berlusconi viene definita “pacifica”. I giudici motivano la loro convinzione basandosi anche sulla sentenza della Cassazione sul caso Mills, che prosciolse l’avvocato inglese per prescrizione ma attribuì al Cavaliere la paternità dei versamenti sui suoi conti.Il Giornale, 26 ottobre 2012

……………..Insomma ci hanno messo 19 anni e forse più  di accanimento giudiziario ma alla fine ce l’hanno fatta a condannare Berlusconi. Una condanna quella dei giudici di merito addirittura più pesante della richiesta  del pm, il solito Depasquale, da una ventina d’anni in servizio permanente effettivo nella caccia all’uomo Berlusconi, che aveva richiesto 3 anni e otto mesi. E per di più il Tribunale sta leggendo in Aula direttamente le motivazioni allo scopo di accorciare i tempi per l’appello e quindi tentare di evitare la possibile prescrizione di un reato consumato, se c’è stato, una 15na di anni fa. Insomma quando si tratta di Berlusconi la giustizia italina che marcia alla velocità delle lumanche per tutti, specie per i poveri cristi, ingrana la quinta e marcia alla velocità della luce. Se pur non ci fossero molti dubbi sulla sentenza emessa, basterebbe questa circostanza a gettare una luce fosca su una storia che a parer nostro fa acqua da tutte le parti. A incominciare dal fatto che il presiedente di Mediaset, Confalonieri, è stato assoloto pur essendo lui quello che firmava ma è stato condannato Berlsuconi, privo di cariche all’interno del gruppo,  in virtù di un aggiornato teorema secondo il quale lui, ma solo lui!, “non poteva non sapere”. Questo, al netto di tutte le altre peplessità politiche che restano tutte, ci fanno sentire in piena solidarieà con Berlusconi che, comunque, è innocente sino a sentenza definitiva. O anche questo principio di civiltà giuridica non vale per Berlusconi? g.

PER VENDOLA I PM DI BARI CHIEDONO 20 MESI DI CARCERE INSIEME ALLA SUA EX PUPILLA LEA COSENTINO

Pubblicato il 25 ottobre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Vendola avrebbe istigato l’allora direttore della Asl Bari, a riaprire i termini per la presentazione delle domande per accedere al concorso e far vincere il professor Paolo Sardelli. La richiesta dei pm: venti mesi di carcere

La sinistra moralizzatrice “scivola” ancora. La procura di Bari ha chiesto la condanna a un anno e 8 mesi per il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola.

Il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola

Il leader del Sel è accusato di concorso in abuso d’ufficio con riferimento al concorso da primario di chirurgia toracica all’ospedale San Paolo, vinto dal professor Paolo Sardelli.

Uno scandalo dietro l’altro, un avviso di garanzia dopo l’altro: le amministrazioni di centrosinistra vengono continuamente “pizzicate” dalla giustizia italiana, ma non si sa come mai non fioccano le dimissioni né qualcuno si azzarda nemmeno a chiederle.

L’avviso di garanzia a Zoia Veronesi, storica segretaria del leader piddì Pier Luigi accusata di truffa aggravata ai danni della Regione Emilia Romagna; le dimissioni della vicepresidente della Regione Liguria Marylin Fusco (Idv), accusata di abuso d’ufficio dell’inchiesta sulla realizzazione del porto di Ospedaletti; il rinvio a giudizio per l’ex braccio destro di Bersani, Filippo Penati, accusato di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti; i guai per Melchiorre Fidelbo, marito del presidente dei senatori democratici Anna Finocchiaro. E oggi Vendola per cui è stata chiesta la stessa condanna a 20 mesi di reclusione di carcere per l’allora direttore generale della Asl di Bari, Lea Cosentino, coimputata con le stesse accuse. L’udienza si svolge a porte chiuse davanti al gup Susanna De Felice. Il giudice scioglierà in chiusura d’udienza la riserva sull’ammissione degli ulteriori atti depositati dall’accusa. Adesso la parola alla parte civile e poi ai difensori per le arringhe.

Gli inquirenti della procura di Bari contestano al governatore pugliese di aver istigato l’allora direttore della Asl Bari a riaprire i termini per la presentazione delle domande per accedere al concorso. “Quel concorso deve vincerlo Sardelli”, avrebbe detto Cosentino agli inquirenti che la interrogavano riferendo le parole pronunciate da Vendola in occasione della selezione alla quale il medico “raccomandato” non aveva partecipato perché in lizza per un altro posto da primario presso l’ospedale “Di Venere” del capoluogo pugliese. Venuta meno la possibilità di assumere un incarico direttivo al “Di Venere”, il presidente della Regione Puglia si sarebbe attivato per assicurare a Sardelli l’assunzione quinquennale al San Paolo. Il Giornale 25 ottobre 2012

.……………Immaginiamo la faccia a metà tra il sorpreso e l’allucinato di Vendola, l’imaginifico (da non condondere conl’unico vero Imaginifico italiano che fu Gabriele D’Annunzio…) politico che nei comizi usa la poesia e nei fatti, secondo i pm, avfebbe usato la mano di ferro per favorire un concorrente in luogo di un altro. Poichè come è noto non è tanto la pena quanto il processo a scalfire l’anino dell’imputato,  è comunque un fatto che Vendola, sempre pronto a scagliarsi a testa bassa contro chiunque incappi nella giustizia senza attendere processi e sentenze, sia oggi nelle condizioni per capire quanto sia terribile la gogna prima che siano accertati  i fatti. Non sappiamo se è colpevole o innocente, sappiamo e speriamo che dopo oggi Vendola cambi il suo modo di porsi di fronte ai problemi della giustizia. g.

INFAMIE E FALSITA’ di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 24 ottobre, 2012 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

C’è qualcosa che fa peggio dell’ipotesi di finire in carcere. È prendere atto di quanto violenta, falsa e arrogante possa essere la giustizia se affidata a mani indegne.

Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti

È successo ieri, leggendo le motivazioni della sentenza, firmata da tale Aldo Grassi e tale Antonio Bevere (consigliere estensore), con cui la Cassazione mi condanna a 14 mesi di reclusione per un articolo neppure scritto da me.

Si legge che io avrei una «spiccata capacità a delinquere», mi paragona a un delinquente abituale. È una vera infamia, che non permetto neppure a un presidente di Cassazione, basata su odio ideologico e su una serie di menzogne.Mi prendo tutta la responsabilità di quello che dico e sollevo il mio editore dal risponderne in tribunale. Ve lo dico io, in faccia, signori Grassi e Bevere: avete abusato del vostro potere, la vostra sentenza è un’infamia per me e per i miei parenti. Non si gioca con la vita delle persone come se fossero cose nella vostra disponibilità senza pagare dazio. Le motivazioni della vostra sentenza sono delinquenziali, non il mio lavoro. Sono parole basate su falsi, montate per costruire teoremi che esistono solo nella vostra testa. E ve lo spiego. È falso che io abbia scritto alcunché. È falso che io abbia deliberatamente pubblicato notizie sapendole false. È falso che io mi sia rifiutato di pubblicare una smentita, nessuno me l’ha mai chiesta né inviata. È falso che sul mio giornale dell’epoca, Libero, sia stata pubblicata una campagna contro un giudice (un articolo di cronaca ripreso da La Stampa e un commento non possono in alcun modo costituire una campagna). È falso che non fosse possibile identificare chi si celava dietro lo pseudonimo Dreyfus: bastava chiederlo, non a me che come direttore sono tenuto al segreto deontologico, ma a chiunque e avreste accertato che si trattava di Renato Farina (lui stesso lo ha scritto in un suo libro). È falso che io abbia un numero di condanne per omesso controllo (7 pecuniarie in 35 anni di mestiere) superiore alla media dei giornalisti e direttori di quotidiani italiani.Delinquente, quindi, lo dite a qualcun altro. Non vi stimo, non vi rispetto, non per la condanna, ma per quelle vostre parole indegne. Vergognatevi di quello che avete fatto. E forse non sono l’unico a pensarla così. Ci sarà un motivo se il Parlamento sta lavorando per cancellare la vostra infamia e se un vostro collega, il procuratore di Milano Bruti Liberati, si rifiuta di applicare la vostra sentenza del cavolo nonostante io mi sia consegnato alle patrie galere, in sfregio a voi, rinunciando a qualsiasi pena alternativa. E adesso fate pure quello che credete, rispetto a me e alla mia storia siete un nulla. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 24 ottobre 2012

……………..Sallusti ha tutta la nostra solidarietà. La solidarietà di uomini liberi che non hanno mai esitato a dirla e a dirle quando ce n’era bisogno. E in questo caso Sallusti ha tutto il diritto di esprimere la sua opinione. Ieri la Cassazion ha pubblicato la sentenza che lo condanna, infamia fra le infamie in uno stato che si dice democratico e liberale, a 14 mesi di carcere non per aver scritto ma per “aver omesso” il controllo su un articolo non suo, come è a tutti noto perchè, oltre tutto, l’autore dello scritto lo ha pubblicamete ammesso nell’Aula più alta della democrazia in tutti i paesi del mondo, anche quelli sostanzialmente autoritari, cioè l’Aula del Parlamento. Ma era l’unico modo per mandare in galera un giornalista scomodo, aggressivo (ci ha detto stamani uno sciocco petulante, come se essere aggressivo è un reato), controcorrente. Ma che ha sempre onorato la professione giornalistica dedicandovisi con anima e passione. Ma per farlo andare in galera, ad uno che è ncensurato, e come tale meritevole delle attenutanti generiche che comportano il “beneficio” della libertà,  i giudici della Cassazione hanno affibbiato una presunta pericolosità sociale e di ciò hanno fatto il canovaccio della sentenza depositata ieri e nella quuale si leggono giudizi che sono incredibili se riferiti ad un uomo incensurato definito “tendenzialmente portato a delinquere”. Ma davvero un incensurato sul quale come ricorda Sallusti pendono 7  pene pecuniarie può essere definito tale? E’ come se a un automobilista che accumula sette contravvenzioni al codice della strada, magari per divieto di sosta, gli si attribuisce una tendenziale volontà a trasformarsi in uno dei tanti assassini di persone innocenti. Contro questa sentenza reagisce, d’impeto, e come sempre con coraggio giacchè Sallusti non conosce codardia che si annidano invece altrove, il direttore del Giornale, griando tutta la sua rabbia e la sua denuncia nei confronti di questa sentenza con un editoriale annnciato già ieri e che oggi è pubblicato dal suo giornale, ma che non ha l’oonere della centralità, essendo  stata questa riservata  all’ennesima truffa e all’ennesimo scandalo che ormai sono divenuti la piaga del nostro Paese. Ma non è a questo ennesimo scandalo  che dedica la sua attenzione il primo presidente della Cassazione che si chiama Lupo (di nome e di fatto?) il quale invece preferisce criticare aspramente Sallusti che, lui dice, non fa onore al giornalismo per il forte editoriale di oggi.  Perchè forse fa onore alla magistratura la sentenza dell’Aquila che condanna gli scienziati per non essere  stati maghi e che sta facendo ridere tutto il mondo che a sua volta deride  la Magistratura italiana che pretende che nella Commisisone Grandi rischi non siedano scienziati ma ciarlatani? g.

HANNO PERSO TUTIT LA BUSSOLA, di Mario Sechi

Pubblicato il 23 ottobre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Quando la magistratura ha levato il coperchio al pentolone in ebollizione dei soldi dati ai partiti della Regione Lazio, il commento è stato il seguente: «Siamo di fronte a una gestione caotica». Noi di mestiere facciamo i cronisti, ma dalle carte in nostro possesso emerge un quadro che conferma quello degli investigatori e, dal punto di vista politico, è incredibile. Non solo la Regione si era trasformata in un bancomat a disposizione dei partitanti, ma le pezze d’appoggio per farsi rimborsare o si sono perse o spesso non sono credibili. Il problema non riguarda solo le imprese di Francone Fiorito, noto «Batman», il quale resta in carcere con una serie di motivazioni pesantissime. Siamo davanti a una rappresentazione che passa dal tragico al comico a seconda del momento e del soggetto. E il problema non è affatto quello penale, ma il disastroso quadro politico che emerge da un pasticcio legislativo e amministrativo senza precedenti. Il finanziamento deviato si è ottenuto attraverso la legalizzazione di una pratica che qualsiasi controllo contabile serio avrebbe bocciato. Basta dare un’occhiata alle fatture esibite dai consiglieri e ai moduli presentati per il rimborso delle spese per capire che siamo lontani anni luce dal concetto di trasparenza. Mi meraviglio di come i funzionari della Regione Lazio abbiano potuto liquidare somme per centinaia di migliaia di euro senza avere un brivido sulla schiena. Lo slogan di questa storia è il seguente: «tutto è permesso». Perché sotto la voce «attività politica» può essere ricompresa ogni cosa. Non ho ancora trovato la ricevuta di un coiffeur tra le carte in mio possesso, ma se mi impegno trovo anche quella. Quando mi sono imbattuto insieme ai miei colleghi nella fattura di una gioielleria dove il sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi aveva comprato 80 fermacarte per la modica cifra di 2.500 euro a carico dei contribuenti, mi sono messo a ridere. È attività sul territorio? E da quando in qua i cadeaux sono politica? La cifra è piccola ma l’episodio è di enorme significato. Sono certo che Di Giorgi ha considerato normale fare così perché in quel Palazzo così si usa fare, ma normale non è. D’altronde questo Paese sembra aver perso la bussola: degli scienziati sono stati condannati per non aver previsto il terremoto a l’Aquila. Non avevano la sfera di cristallo. E la notizia fa il giro del mondo perché è semplicemente surreale pretendere di mettere in una sentenza ciò che è sconosciuto anche alla più raffinata delle analisi scientifiche. La scienza finisce in tribunale per non aver previsto l’imprevedibile. La politica continua a farla franca per aver provocato l’imprevedibile: il collasso del Paese. Mario Sechi, Il Tempo, 23 ottobre 2012

.…….Mica solo la bussola….e il buon senso dove lo metti? E ogni giorno ci sta una nuova….Ieri la barzelletta dei componenti della Commissione Grandi Rischi condannati a 6 anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per non aver previsto il terremoto dell’Aquila. Ci racconta il cronista che il PM in attesa della sentenza era nervoso….è ovvio, aveva chiesto 4 anni di carcere e forse (forse?!)  pensaca di averla fatta grossa e invece si sarà subito rinfrancato dopo la sentenza perchè il Giudice ci ha pensato lui a mettere una toppa affibbiando non 4 ma sei anni, due in più giusto per metterci la faccia, a scienziati che non essendo maghi non hanno previsto il terremoto. Pare che Obama e Romney, prima e dopo il loro ultimo dibattito, se la son fatta sotto dalle risate, pensando come quel tale che noi si abbiamo i nostri guai ma gli italiani…ah gli italiani ne hanno ben più grossi, anzi ne hanno uno solo …i giudici che orami si consideano un gradino, ma che dico uno, almeno una quindicina di gradini più su di Dio, tanto da pretendere di stabilire cosa uno scieinziato deve sapere e prevedere…buon Dio, diglielo tu a questi giudici che se gli scienziati fossero stati in grado di prevedere il terremoto di certo avrebbero predetto il sei all’enalotto di quella settimana e ci avrebbero fatto un bel pò di soldini per non aver più bisogno di fare i funzionari di Stato. Certo, che ci sono funzionari di Stato, non solo di Stato, anche quelli di Regioni, Provincie e Comuni che sono ladri certificati  è certametne vero, e anche gli scienziati possono essere dei ladri, come anche tanti giudici più volte sono stati presi con le mani nella marmelalta, ma che gli scienziati li possa condannare per non aver previsto un terromoto francamente fa cadere le braccia. A tutti. Meno che a Bersani, aspirante premieril quale ha candidamente dichairato: le sentenze non si commentano….Ci sa tanto che ha ragione Renzi a spernacchiarlo. g.