Archivio per la categoria ‘Politica estera’

STATI UNITI: L’ITALOAMERICANO RICK SANTORUM SPARIGLIA LA CORSA ALLA PRESIDENZA NEL PARTITO REPUBBLICANO

Pubblicato il 8 febbraio, 2012 in Politica estera | No Comments »

Rick Santorum

Rick Santorum

Rick Santorum fa la tripletta. Terremoto politico all’interno del partito repubblicano che a sorpresa vede riaprirsi la lotta per la nomination. Rick Santorum, l’ex parlamentare della Pennsylvania, si aggiudica Missouri, Minnesota e Colorado battendo Mitt Romney, sinora lanciatissimo verso le presidenziali.

Tutti gli osservatori fanno notare come questa pazza corsa tutta interna al Grand Old Party non smetta di sorprendere. Solo la settimana scorsa l’ex Governatore del Massachusetts sembrava aver ipotecato la sfida contro Obama trionfando senza incertezza in Nevada. Ma oggi e’ tutta un’altra storia: tanto che alcuni commentatori della Cnn, citando un noto detto riferito alla Sin City, oggi affermano ironico: ”Quello che e’ successo a Las Vegas e’ rimasto a Las Vegas”.

Ieri sera era in programma una tornata elettorale in tre stati, ribattezzata mini-super Tuesday. Di fatto si trattava di una sorta di prova generale del famoso supermartedi’ del prossimo 6 marzo. Quel giorno andranno al voto ben 10 stati e saranno aggiudicati 476 delegati. Stasera si e’ votato in tre stati ed erano in gioco 76 delegati. Lo staff di Romney aveva gia’ messo le mani avanti, ricordando che non si puo’ vincere ovunque. Ricordava che lo stesso John McCain, 4 anni fa, perse in ben 19 stati. Ma stasera e’ diverso: a far male al front-runner e’ la dimensione della sconfitta, sinora netta. Proprio nel Minnesota, 4 anni fa, Romney sconfisse McCain. Ma all’epoca lui era il candidato ‘estremista’ che si batteva con ‘il moderato’. Stavolta le parti si sono invertite. E Santorum, il candidato italoamericano ha avuto la meglio.

…………..Almeno in America c’è un italiano che si fa onore. E’ difficile che possa conquistare la nomination repubblicana alle presidenziali di novembre, ma non possiamo non fargli i nostri auguri.

NEANCHE UN EURO PER LE STRAGI DEI NAZISTI

Pubblicato il 4 febbraio, 2012 in Giustizia, Politica estera | No Comments »

La Germania della signora Merkel ha ottenuto di non risarcire le vittime delle stragi compiute dai nazisti in Italia durante la Seconda guerra mondiale. La Corte internazionale dell’Aia ha infatti annullato, su ricorso tedesco, le sentenze di condanna emesse dai tribunali militari italiani già rese definitive dalla nostra Cassazione.

Strage nazista

Non siamo esperti diritto internazionale, ma ci chiediamo in base a quale legge o norma si possa lasciare impunita la barbarie di aver sparato su civili inermi, la maggior parte dei quali anziani, donne e bambini.

Ma ridurre la questione a un fatto di malagiustizia sarebbe riduttivo.

La Corte dell’Aia è di fatto un organo politico, come tutti quelli dell’Onu di cui è diramazione. L’Onu è nata per essere un super governo del mondo, da subito si è dimostrata essere il centro di tutti gli intrighi, le malefatte e le arroganze dei padroni del momento, un carrozzone più pericoloso che inutile. In quel consesso arrogante i voti non si contano, si pesano. E la Germania ha fatto pesare il suo ritrovato ruolo di leader d’Europa. Vuole rimuovere, dimenticare di essere stata nazista, e questo non è un male. Ma non può pretendere di farlo sulla pelle di altri, perché altrimenti si pone sullo stesso piano di forza, supponenza e violenza dei gerarchi al servizio di Hitler.

La Merkel ha preteso questa sentenza per l’onore della Germania, non le mancavano certo gli spiccioli per risarcire gli eredi delle vittime delle stragi. Ora serve che qualcuno difenda il nostro di onore, la memoria degli italiani morti innocenti.

Che triste questo Occidente che si sta riempiendo la bocca con i diritti degli uomini e poi calpesta per interesse e ossequio politico i princìpi più elementari. Ho letto che il ministro degli Esteri Terzi ha intenzione di non fare cadere la questione. Ci contiamo, e la sua soluzione può essere solo una. Cioè che la Germania, può ancora farlo, esegua spontaneamente quanto stabilito dalle sentenze dei tribunali italiani. Altrimenti dovremmo dimostrare alla Merkel che non siamo il Paese degli Schettino. I modi non mancano. Alessandro Sallsuti, Il Giornale 4 febbraio 2012

La sentenza della Corte dell’Aia richiama alla memoria la decisione del Brasile che non ha voluto restituire all’Italia il pluriomiciuda Cesare Battisti che negli anni 70 seminò sangue e terrore in nome dei suoi idelai che nonerano diversi da queli dei nazisti. Ora è la Corte dell’Aia, Alta corte di giustizia, o,  piuttosto,  di ingiustizia, che ha disconosciuto le sentenze dei tribunali  italiani che avevnao condannato la Germania (della Merkel)  a risarcire i danni alle vittime delle stragi naziste compiute in Italiua durante l’ultimo scorcio della seconda guerra mondiale. Ignobile il comportamento del Brasile, scandaloso quello della Corte dell’Aia. Sulla vicenda Battisti ontervfenne aq suo tempo Napolitano m a di recente Battisti è tornato a sproloquiare sulla cancellazione degli anni di piombo dalla coscxienza nazionale per poter egli, l’assassino, ritoranre libero in Italia a sghignazzare sulle vititme e sui  loro familiari che avevano creduto nella “giustizia”; sul caso dell’Aia il miniostro degli Esteri assicura che non si tralascierà nulla per ottenere dalla Germania i risarcimenti negati dall’Aia proprio su ricorso della Germania. Se  non si trattasse di una tragedia, ci sarebbe da ridere su questa Italia che blatera e nel frattempo subisce. A proposito, e il “miglior genero che un tedesco possa desiderare” cioè Monti perch ènon ha rilasciato una qualche dichiarazione su questa vicenda che non può essere confinata nelle competenze del ministro degli esteri ma coivolge tutto il governo   e quindi anche lui? O forse per Monti si tratta di una cosa monotona  di cui non occuparsi? g

SARKOZY: RIDI PAGLIACCIO, GLI USA TI DECLASSANO E LA RIELEZINE ALL’ELISEO E’ ORMAI UN MIRAGGIO

Pubblicato il 14 gennaio, 2012 in Economia, Politica estera | No Comments »

Sarkozy Ridi pagliaccio, gli Usa ti declassano La tua  rielezione all'Eliseo sempre più lontana

Il declassamento della Francia ad opera di Standard & Poors rischia di essere un colpo fatale per Sarkozy che pure fino a qualche mese fa faceva il baldanzoso. Il presidente francese a questo punto vede sfumare la rielezione alla presidenza del Paese. I sondaggi lo davano già in svantaggio nei confronti del candidato socialista Hollande ma Sarkò usava il mantenimento della Tripla A come un’arma con cui difendersi dalle critiche degli avversari. Ora che questa arma non c’è più, il presidente francese è rimasto senza difese. L’opposizione dopo la notizia del declassamento è partita all’attacco. “Un record di deficit e debito, lassismo di  bilancio per preservare gli interessi di pochi: è questa la politica di Nicolas Sarkozy – ha affermato la socialista Marisol Touraine a Le Monde – è la Francia che viene sanzionata e il presidente ne è ora direttamente responsabile”. Più duro il presidente del gruppo socialista al Senato, Francois Rebsamen “La presidenza di Sarkozy “è stata una presidenza di degrado della Francia, degrado finanziario, sociale e morale”.Libero, 14 gennaio 2012

L’UNGHERIA SOTTO ATTACCO DELL’U.E., PROPRIO COME BERLUSCONI

Pubblicato il 8 gennaio, 2012 in Politica estera | No Comments »

Il premier ungherese Orban sotto attacco perché vuole cambiare la Costituzione. Ma è l’Europa il vero regime illiberale: è un’unione monetaria ma vuole dettare legge in ogni campo e in tutti i Paesi

Chi ha paura di Viktor Orban? Chi aveva paura di Silvio Berlusconi? Chi ha paura dei vescovi cattolici? Chi ha paura che le nazioni, i popoli, i costumi, le culture, le idee, le fedi d’Europa sopravvivano e anzi vivano in modo non folcloristico, come pegno di sovranità, come elemento di diversità e di ricchezza?

Il premier ungherese Viktor Orban

Il premier ungherese Viktor Orban

Il premier ungherese ha cambiato la Costituzione e apertamente rivendicato la necessità di nuove regole, di un nuovo regime politico. Non ha attaccato le libertà civili, non ha violato la sovranità delle Camere di una Repubblica parlamentare, al contrario l’ha fatta funzionare in modo aperto e radicale; non ha abolito la libertà di stampa o di culto, non ha espropriato la proprietà individuale, non ha annullato la funzione giudicante, non ha messo in mora i partiti; ha reso la Banca centrale magiara che batte una moneta nazionale responsabile di fronte al Parlamento, meno vicina a una logica sovranazionale di mercato, come accadeva in Europa ancora vent’anni fa senza strepito e senza scandalo.

Si può criticare, attaccare, Orban, e si può diffidare di lui. Ma non esistono un potere e una ideologia che gli corrisponda, sul piano europeo e mondiale, che abbiano titoli per impedire il libero esercizio della democrazia ungherese. Forzare la situazione verso una crisi, ieri in Italia oggi in Ungheria, è diverso da un richiamo ai valori universali, è il tentativo di strangolare un meccanismo decisionale democratico in nome di qualcosa di oscuro, di non normato, di non convalidato da alcuna legittimità, e cioè un potere burocratico, tecnocratico, che vuole ordinare la storia senza avere la chiave per farlo. Berlusconi aveva cambiato la costituzione materiale italiana, cambiando la natura politica del regime nel senso del sistema maggioritario, un processo di uscita dal modo di funzionare dellavecchia repubblica dei partiti assai meno impegnativo della svolta ungherese ma altrettanto allarmante per le eurocrazie. È durato di più di quanto prevedibilmente durerà l’esperimento di Orban e della sua maggioranza di due terzi, ma anche a lui sono toccati la delegittimazione, la corrosione sistematica da parte di un fronte interno saldato a un fronte esterno, l’aggressione giudiziaria, la gogna intellettuale e morale, infine lo scherno a un passo dalla cacciata.

Quanto ai vescovi cattolici, e allo stesso papato, c’è una lunga storia di delegittimazione giuridica e civile dello spazio pubblico della religione che parte dal Parlamento europeo e dall’Onu: anche qui si vede all’opera l’intolleranza paragiacobina di un’ideologia dottrinaria, confusa ma possente e mobilitante, in nome della difesa arcigna e intollerante di ogni aspetto della secolarizzazione del costume, dello spirito e dell’etica familiare e matrimoniale, per non parlare della biopolitica e della questione dell’aborto e del maltrattamento della vita umana dalla nascita alla morte. Non c’è bisogno di essere seguaci del partito di Orban o di Berlusconi o di Ratzinger per capire che l’Europa e in genere i poteri sovranazionali, tra i quali le organizzazioni che dominano i mercati finanziari, si stanno da anni allargando oltre i limiti del consentito, da un punto di vista liberale.L’Europa della moneta è in crisi, ma vuole dettare legge in tutti i campi nel momento stesso in cui non riesce a governare la sua vera ragion d’essere, che è un mercato unico, un regime di cooperazione e concorrenza ben regolato, una disciplina di bilancio comune che sia capace di sostenere l’uno e l’altra. Gli stessi che hanno considerato criminale l’interventismo politico e militare degli occidentali a contrasto del terrorismo binladenista e delle sanguinarie tendenze jihadiste che pervadono la umma islamica, ora invocano l’ingerenza politica e correzionale per dannare con iperboliche e false accuse di populismo e fascismo, o di oscurantismo, ogni elemento della storia europea e globale non riconducibile al pensiero unico corrente.

Io credo che i diversissimi tra loro Orban e Berlusconi non siano vittime di complotti, e che la chiesa cattolica sa difendersi benissimo da sé, e non voglio cambiare le carte in tavola, non voglio impedire il libero esercizio della critica e della lotta politica. Ma la strategia di schiacciamento del diverso è il primo nucleo di un regime, quello sì illiberale, che nessun popolo europeo, nessuna nazione e nessuna democrazia di mercato hanno mai nemmeno lontanamente immaginato.

Burocrazie e media non possono prendere il posto delle sovranità e delle libertà che fanno parte della nostra storia comune. Giuliano Ferrara, Il Giornale, 8 gennaio 2012

NON SONO GLI INGLESI A ESSERE STRANI, SIAMO TUTTI EUROSCETTICI. L’EUROPA HA RIBALTATO I CANONI DELLA DEMOCRAZIA LIBERALE

Pubblicato il 23 novembre, 2011 in Economia, Politica estera | No Comments »

Per tutta la mia vita, i problemi sono sempre venuti dal continente, mentre tutte le soluzioni sono arrivate dal mondo anglosassone”, dichiarò Margaret Thatcher a un congresso del suo partito sul futuro dell’Europa. E non fu certo l’ultima occasione in cui la Lady di ferro esprimeva un’opinione largamente condivisa e sostenuta dalla maggior parte del popolo britannico. Fin dall’epoca di quell’altra collerica, la regina Elisabetta I, i pragmatici inglesi hanno forgiato la propria peculiarità in contrasto con i continentali. L’Inghilterra ha mantenuto e sviluppato in modo indipendente, fino all’era moderna, le sue istituzioni medievali: la Common law, il Parlamento, la monarchia, i vescovi.

Le rivoluzioni inglesi del 1640 e del 1689, come pure la rivoluzione americana, che ne ha raccolto l’eredità, sono state combattute all’insegna di vecchi princìpi – “Religione, libertà e proprietà” – mentre la rivoluzione francese, con “Libertà, uguaglianza e fraternità”, e quella russa, con “Pace, pane e terra”, aspiravano a qualcosa di nuovo. Per gli anglosassoni la proprietà è sacrosanta. La tassazione senza rappresentanza è un ladrocinio, così come l’incarcerazione senza un processo con giuria equivale al furto di quello che Locke definiva la proprietà fondamentale di ogni inglese: il suo corpo. Come a dire, per parafrasare J. S. Mill in “Sulla Libertà”: “Fate pure quello che volete, purché non spaventiate i cavalli”.

La tradizione continentale è fatta di diritti (concessi da chi?, strappati da chi?) da valutare in un futuro giorno del giudizio. Edmund Burke, il grande padre della politica britannica e americana, era convinto – alla pari di ogni inglese – che “un diritto privo di contesto è un torto”. Nel Parlamento di Westminster, Burke sosteneva l’appello alla base della rivoluzione americana – “Nessuna tassazione senza rappresentanza”; aveva promosso l’attacco contro l’imperialismo britannico in India e, fin dall’inizio, aveva intravisto un gulag nel tentativo della Rivoluzione francese di partire dall’anno zero, perché la mancanza di un contesto storico organico rende l’uomo primitivo, non progressista. Per citare le parole di Burke, “al limitare dei boschi della loro accademia vedo la forca”.

Burke ha ispirato il Partito conservatore di David Cameron, nonché Keynes, Beveridge e Lloyd George nella concezione dello stato assistenziale. L’euroscetticismo non contraddistingue soltanto le 81 nuove leve tra i conservatori del Parlamento inglese che hanno votato per un referendum immediato sull’adesione all’Unione europea, ma anche – e da sempre – Cameron, il suo cancelliere dello Scacchiere George Osborne, il ministro dell’Istruzione Michael Gove e il ministro degli Esteri William Hague. Ora il 49 per cento dell’elettorato britannico, cioè un inglese su due,  vuole uscire completamente dall’Unione europea. Perché? Basta guardare alla storia, e al contesto. A Bruxelles c’è un esecutivo non eletto che tassa e spende senza i voti dei rappresentanti eletti di Strasburgo o Westminster.

Nigel Farage, il deputato euroscettico che ha detto a Strasburgo: “Nessuno di voi è stato eletto”, al di là delle sfumature appartiene allo stesso popolo di Cameron, che venerdì ha provato – senza successo – a mettersi d’accordo con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, sulla modifica dei trattati europei e su un’armonizzazione fiscale.

C’è un sistema giuridico straniero che ribalta le decisioni di giurie e corti nazionali, come pure la legislazione di parlamenti interni, in questioni quali la sicurezza, il welfare e il bilancio della nazione. C’è una congiura che – per usare le parole di Osborne – “spara una pallottola al cuore” dell’industria che da 330 anni rappresenta la spina dorsale del Regno Unito: la City. E c’è qui, al nostro fianco, una nuova valuta fallita, perché i suoi fantasiosi fondatori avevano fatalmente immaginato un altro anno zero.  Richard Newbury, FOGLIO QUOTIDIANO, 23 NOVEMBRE 2011

CONFERMATO: E’ TRIONFO DEI POPOLARI IN SPAGNA

Pubblicato il 21 novembre, 2011 in Politica estera | No Comments »

I conservatori del Partito popolare di Mariano Rajoy hanno conquistato la maggioranza assoluta del parlamento di Madrid. Il Pp ha ottenuto il 44,5 per cento dei voti, conquistando 186 seggi, 32 più del 2008 e tre più del suo massimo storico nel 2000.

I socialisti si sono fermati al 28,6 per cento dei voti, conquistando 110 seggi, 59 in meno del 2008. Stanotte Rajoy ha dichiarato che “il popolo ha deciso per il cambiamento” in maniera inequivocabile. Al neo primo ministro, che assumerà il potere il prossimo 13 dicembre, spetta il difficile compito di guidare il paese fuori dalla crisi economica.

Il candidato socialista, Alfredo Perez Rubacalba, ha ammesso la sconfitta. “I cittadini hanno deciso che i socialisti devono passare a guidare l’opposizione”, ha affermato, chiedendo poi la
convocazione di un congresso starordinario del partito.

Il nuovo Parlamento spagnolo presenta importanti cambiamenti ed è più frammentato, con sette gruppi paralmentari e un gruppo misto di cui fanno parte sei formazioni. L’estrema sinistra di Izquierda Unita approfitta del crollo socialista, passando da due a 11 deputati.

E infine va registrato il successo di Amaiur, la sinistra radicale indipendentista dei paesi baschi, entra in parlamento con 6/7 deputati, mentre perdono un seggio i nazionalisti baschi moderati di Pmv e cresce anche il piccolo partito centrista Upyd di Rosa Diez, con 3/4 seggi invece di 1. ANSA, 21 novembre 2011

SPAGNA, EXIT POLL: IL PARTITO POPOLARE VINCE CON IL 43,5%, I SOCIALISTI RAGGIUNGONO APPENA IL 30%

Pubblicato il 20 novembre, 2011 in Politica estera | No Comments »

Spagna, Exit poll: Pp vince col 43,5%, socialisti al 30%

Il conservatore Partido Popular ha vinto le elezioni politiche spagnole con il 43,5% dei voti contro il 30% del partito Socialista: questo il risultato degli exit poll diffusi da Radio Nacional, che darebbe al partito di Mariano Rajoy la maggioranza assoluta (tra 181 e 185 seggi su 350). Il Pp si confermerebbe in tal modo sui livelli del 2000, quando José Maria Aznar ottenne la sua seconda vittoria; per il Psoe invece si tratterebbe del peggior risultato elettorale dal 1977 ad oggi, il che aprirebbe verosimilmente una corsa alla leadership di Alfredo Perez Rubalcaba. Per quello che riguarda le altre forze politiche, i nazionalisti conservatori catalani di CiU otterrebbero fra i 13 e i 15 seggi, il Partito Nazionalista Basco fra 4 e 5 seggi e i radicali indipendentisti (“abertzale”) di Amaiur fra i 6 e 7 seggi. Il dato definitivo relativo all’affluenza dovrebbe aggirarsi attorno al 70%, circa cinque punti in meno rispetto al 2008. ANSA, 21 NOVEMBRE 2011

SARKOZY VORREBBE VENIRE IN ITALIA COSI’ COME E’ ANDATO IN LIBIA: RESTI A CASA PERCHE’ LA FRANCIA STA MESSA PEGGIO DI NOI

Pubblicato il 14 novembre, 2011 in Politica estera | No Comments »

Sarkò festeggia la caduta del Cav Resti a casa: sta peggio di noi

Se davvero si presentasse insieme alla Merkel  a Roma per dar prova di sostegno al non ancora nato governo Monti, come minaccia di fare in telefonate inopportune al Quirinale, a Nicolas  Sarkozy bisognerebbe organizzare una bella accoglienza a fischi e pernacchie, e se si sforzano, magari preparandosi per tempo a differenza di quanto hanno fatto in occasione delle dimissioni del Cav, anche i militanti del Pdl in sonno potrebbero farcela a mettere su un bel gruppo di manifestanti contro il Napoleone dei poveri. Se non altro per ricordargli  che da domani potremmo essere noi a ridere, di lui e dei suoi titoli di Stato, noi a ricordargli che ha venduto la Libia all’emiro del Qatar e ai suoi amici fondamentalisti islamici, noi a dire esplicitamente che sappiamo chi è il capo di Stato europeo che ha ordinato l’esecuzione infame di Gheddafi per evitare che, sconfitto, parlasse, noi infine a vederlo fra quelli messi fuori dalla porta dalla Germania neo annessionista. Veniamo ora alla realtà politica francese. Scandali, sondaggi a picco, una campagna elettorale difficilissima, la sconfitta  a opera del candidato socialista più che possibile. Nicolas Sarkozy ostenta euforia e dal punto di vista della comunicazione fa bene, ma anche l’ultimo sondaggio, diffuso da Liberation, rivela che il 75 per cento del campione interrogato giudica «per niente efficace» quel che il presidente ha fatto per contrastare i numeri di un’economia malata, con la Borsa malata, al pari di quelle di tutta Europa. A rischiare di più sono le grandi banche transalpine che hanno fatto incetta di titoli tossici e fanno fatica a rimanere in piedi. La verità è che Sarkozy sta cercando di pilotare l’Europa e il fondo salvastati in loro soccorso, ma non è affatto detto che ci riesca. Ride delle difficoltà altrui Sarkò? Bene, con un’intervista al giornale online Mediapart, un uomo d’affari, Dupuy Dauby, accusa Sarkozy di essere il «commesso viaggiatore di lusso» di quell’imprenditore e finanziere di successo che è Vincent Bolloré. Dauby indica la Libia,  il Togo, il Camerun e altri Paesi.  Sarkozy avrebbe ricattato i dittatori africani facendo loro fra un viaggio e l’altro  questo discorso: «O date gli appalti al mio amico Bolloré o la Francia vi molla al vostro incerto destino». Bolloré è una potenza anche da noi in Italia. È vicepresidente di Generali e consigliere di Mediobanca. Ora si scopre che avrebbe avvelenato anche la politica estera di Parigi, almeno stando alle accuse.La magistratura tiene Sarkò sotto accusa in numerose vicende oscure, su tutte la «saga» che ha come  protagonista Liliane Bettencourt, l’ereditiera dell’Oreal e la donna più ricca di Francia. La Bettencourt avrebbe finanziato illegalmente la campagna elettorale di Sarkozy nel 2007, facendogli arrivare 150mila euro attraverso il ministro del lavoro Erich Woerth. La magistratura ha una gola profonda d’eccezione: l’ex contabile della Bettencourt, Claire T., che ha raccontato in modo molto dettagliato quel che sarebbe avvenuto. E Claire T. ha spiegato i rapporti ambigui fra il presidente e la Bettencourt anche ai francesi, che hanno letto le rivelazioni su Mediapart.Si agita per noi Sarkò?  Bene, le cose in Francia vanno male e per lui ancora peggio. Il debito pubblico, da cifre Eurostat, è di 1947 miliardi di euro contro i 1900 italiani e i 2500 tedeschi. La disoccupazione è del 9,8%, e si calcola che superi il 10% nel prossimo anno. Lo sviluppo registra già da due trimestri una crescita negativa, – 0,6%. Alcune grandi banche francesi sono a rischio fallimento, per aver speculato troppo sul debito greco, parliamo di 56 miliardi di euro. All’incirca 180 mila giovani ogni anno  si ritirano dalle scuole e non si sa dove vadano. Il 53% dei francesi, infine, è contro l’euro. Vogliono venire a dirci come si governa l’Italia, lui e la Merkel?  Quanti vertici straordinari hanno fatto  negli ultimi mesi?  Quanti risultati hanno portato quei vertici? Nessuno. Su ognuno dei punti cruciali della crisi, i due vertici dell’ “asse” dissentono: la natura e l’ampiezza del fondo salva-stati, il ruolo della Bce come prestatore di ultima istanza, il destino della Grecia, la ricapitalizzazione della banche. Non c’è un solo fronte che li trovi d’accordo. Stia attento l’aspirante secondo Napoleone, all’Eliseo di sicuro fino a maggio prossimo.   Il vero problema, spiegano nei corridoi della Commissione europea, è che fra i parenti poveri da lasciare sul pianerottolo, secondo il presunto piano franco-tedesco, fra poco potrebbe esserci proprio la  Francia. di Maria Giovanna Maglie, Libero, 14 novembre 2011

SIRIA, OGGI UCCISI ALMENO ALTRI 36 CIVILI

Pubblicato il 28 ottobre, 2011 in Politica, Politica estera | No Comments »

BEIRUT – E’ di 36 civili siriani uccisi il nuovo bilancio della repressione odierna compiuta dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad. Lo riferisce la Commissione generale per la rivoluzione in Siria, una delle piattaforme di attivisti anti-regime, citata dalle tv panarabe al Jazira e al Arabiya. Le fonti precisano che 17 delle 36 vittime sono cadute a Homs, terza città siriana, epicentro della rivolta in corso da marzo scorso. ANSA, 28 OTTOBRE 2011

……………..ONU, NATO, CAMERON, SARKOZY, OBAMA, PACIFISTI E COMUNISTI DI TUTTO IL MONDO, SE CI SIETE (A DIFENDERE LA VITA DEI VILI E A ESPORTARE LA DEMOCRAZIA -ANCHE – IN SIRIA) BATTETE UN COLPO…..

UCRAINA, IULIA TIMOSHENKO CONDANNATA IN UN PROCESSO FARSA A SETTE ANNI DI CARCERE

Pubblicato il 11 ottobre, 2011 in Politica estera | No Comments »

Iulia Timoshenko condannata a sette anniKIEV – Iulia Timoshenko è stata condannata a sette anni di reclusione. E’ la sentenza del tribunale di Kiev.

Dopo la condanna, Iulia Timoshenko ha annunciato che ricorrera’ alla corte di giustizia europea. L’ex lady di ferro e’ stata condannata a sette anni, tanti quanti richiesti dell’accusa per abuso di potere per i contratti siglati con la Russia nel 2009, quando era premier.

Alla lettura della sentenza, la Timoshenko ha spesso interrotto il giudice denunciando una condanna politica. Appreso della condanna a sette anni ha detto che continuerà “a lottare” per una Ucraina “libera e senza dittatura” e che si appellerà alla giustizia europea.

Iulia Timoshenko ha abusato del suo potere nel siglare i contratti per le forniture di gas russo nel 2009. Lo ha affermato il giudice Rodion Kireiev durante la seduta odierna del processo a carico della ex premier e attuale leader dell’opposizione ucraina.

Migliaia di sostenitori della Timoshenko hanno manifestato davanti al tribunale distrettuale di Pechersk, a Kiev, alla presenza di centinaia di agenti in tenuta antisommossa.

La leader dell’opposizione ucraina ha affermato in tribunale che la sentenza a suo carico è stata “pronunciata dal presidente (ucraino Viktor) Ianukovich” piuttosto che dal magistrato. Timoshenko, che è stata riconosciuta dal giudice colpevole di abuso di potere, ha dichiarato che “la sentenza non è stata pronunciata dal giudice Rodion Kireiev, ma dal presidente Ianukovich. Questa sentenza – ha poi aggiunto – non cambierà nulla nella mia vita né nella mia lotta”.

Durante una pausa del processo a suo carico, Iulia Timoshenko ha detto che “nessuno riuscirà a diffamare” il suo “buon nome”. “Nessuno – ha detto la Timoshenko -, in Ucraina o in qualunque altro luogo del mondo, crede nei crimini che sono stati enunciati qui. Per questo, né Ianukovich (il presidente ucraino Viktor) né Kireiev (il giudice Rodion) riusciranno a diffamare il mio buon nome”. L’ex lady di ferro ha quindi detto che “continuerà a lavorare per il bene dell’Ucraina” e ha definito quella odierna una “sentenza fabbricata” da Ianukovich. L’intesa tra Kiev e Mosca, che nel 2009 mise fine a una guerra del gas di due settimane che aveva lasciato al freddo mezza Europa, secondo l’accusa fu imposta alla società energetica statale Naftogaz dall’ex premier senza il consenso del governo da lei guidato. Inoltre, il prezzo concordato, 450 dollari ogni mille metri cubi,sarebbe stato svantaggioso.

L’eroina della Rivoluzione arancione filo-occidentale del 2004 è accusata di aver imposto alla società statale energetica Naftogaz un accordo con il colosso russo Gazprom per le importazioni di gas nel 2009, senza il parere del governo da lei guidato. Secondo l’accusa, il prezzo concordato, 450 dollari ogni 1000 metri cubi, sarebbe stato svantaggioso per l’Ucraina, con un danno finora di 130 milioni di euro. ‘Iulia’ si è però sempre detta innocente e ha definito quello a suo carico un “processo farsa” orchestrato dal presidente ucraino Viktor Ianukovich per sbarazzarsi di lei in vista delle elezioni parlamentari del prossimo anno e delle presidenziali del 2015. Il processo è iniziato il 24 giugno scorso e la Timoshenko è in carcere da più di due mesi per aver assunto un atteggiamento irriverente nei confronti della corte e i testimoni. ANSA, 11 ottobre 2011

…..Tutto cambia in questo mondo meno che i comunisti i quali cambiamo nome ma restano gli stessi di sempre. Quelli ucraini hanno rispolverato il sistema dei gulag sovietici e per liberarsi della portabandiera della lotta contro la dittatura, l’ex premier Iulia Timoshenko,  le hanno imbastito un processo farsa per “abuso di potere” a favore della ex Unione Sovietica, la Russia di Putin ( grande protettore dell’attuale ras postcomunista ucraino,  Ianukovich) che a sua volta ha smentito di essere stata favorita dalla Timoshenko per la fornitura di gas. E’ insomma il classico sistema dei comunisti, comunque si chiamino dopo la caduta del Muro, da sempre e di sempre, quello di mettere in galera, quando non possono ammazzarli, gli avversari politici. Del resto non è quello che si tenta di fare in Italia a danno di Berlusconi perseguitato da centinaia di procedimenti giudiziari, decine di processi, spiato sin nelle mutande per costringerlo ad andarsene nonostante abbia ottenuto la maggioranza dei voti degli italiani? Non cederà Berlusconi, come non cederà la pasionaria ucraina alla quale testimoniamo la nostra solidarietà di viscerali e non pentiti anticomunisti. g.