Archivio per la categoria ‘Politica’

SACCOMANNI, IL PASTICCIONE DELL’IMU, A CAPO DELLA BANDA BASSOTTI

Pubblicato il 23 dicembre, 2013 in Politica | No Comments »

Altro che riduzione della pressione fiscale, la verità è che il governo Letta sta preparando una vera e propria “rapina” ai danni dei risparmiatori.

Infatti, secondo i calcoli del Sole24ore, le tasse sul risparmio si preparano a un altro anno di aumenti. Tutta colpa della legge di Stabilità. Una pioggia di rincari investirà i cittadini italiani. Si comincia con l’imposta di bollo sulle comunicazioni inviate dalle banche su depositi bancari e postali e altri prodotti finanziari che salirà ulteriormente dallo 0,15% allo 0,20% (la medesima aliquota si applicherà anche all’Ivafe, che tassa le attività finanziarie detenute all’estero). Verranno rimodulate anche le rendite finanziarie: la ritenuta sui redditi di capitale passa dal 12,5% al 20%, esclusi gli investimenti in titoli di Stato. Inoltre l’imposta di bollo proporzionale sul valore delle somme depositate, tra il 2011 e il 2012, di fatto è già raddoppiata: per l’Erario le entrate sono schizzate da circa 6,7 a 13 miliardi di euro. Un conto che salirà ancora nel 2013: si potrebbe arrivare a 17,5 miliardi di euro. E poi ancora: la quota compessiva del prelievo toccherà anche il 30%. Un esempio: per un rendimento lordo di 750 euro, all’Erario ne andrebbero 225 euro. Insomma, stiamo parlando di una vera e propria patrimoniale sui risparmi e sugli investimenti.

……..E questo il regalo di Natale per gli italiani, altro che le chiacchiere di questa mattina del premier Letta che ha fatto un sogno ad occhi aperti: un 2014 più “felice” del 2013. Infatti come quelli notturni è  bastato un attimo per svegliarci dal dormiveglia in cui la voce saporifera di Letta ci aveva gettato. E’ tutto falso, meno le tasse che aumentano perchè la casta possa continuare  a gozzovigliare, se non a rubare. g.

PUNTARE TUTTO SU UNA PERSONA, di Ernesto Galli della Loggia

Pubblicato il 17 dicembre, 2013 in Politica | No Comments »

La crisi economica sta spingendo la politica italiana in una direzione molto precisa: verso un’oggettiva accelerazione del processo di personalizzazione. Soprattutto per due ragioni: perché fino ad ora tale processo – checché se ne sia detto a proposito del berlusconismo – non era ancora andato molto innanzi, ma soprattutto perché da noi più che altrove (eccezion fatta per la Grecia) la crisi economica sta prendendo il carattere di un’aspra crisi sociale. Cioè di una radicale messa in discussione dello status di milioni di persone: percepita in modo tanto più doloroso quanto più elevato era il livello precedente di garanzie e di benefici.

In una situazione del genere è naturale che si diffondano sentimenti individuali e collettivi di incertezza e di timore. Non si è più sicuri di ciò che si è e di ciò che si ha, di ciò che può riservare il futuro. Appaiono in pericolo i progetti di vita e i mezzi necessari a realizzarli (la piccola rendita finanziaria, il mutuo per la casa, l’avere un figlio, la pensione). Domina una sensazione angosciosa d’instabilità.

Sono queste le condizioni psicologiche ideali perché cresca la domanda di una guida, di un orientamento autorevole, di qualcuno che indichi la via per uscire dal tunnel. Non inganni il mare di discorsi sulla presunta ondata di antipolitica. È vero l’opposto: nei momenti di crisi come quello che attraversiamo cresce sì, e diviene fortissima, la critica alla politica, ma a quella passata (che le oligarchie intellettuali vicine al potere scambiano appunto per antipolitica tout court ), mentre invece diviene ancora più forte la richiesta di una politica nuova e diversa. Sotto la forma, per l’appunto, di una leadership all’altezza della situazione. Di qualcuno che sappia indicare soluzioni concrete ma soprattutto sia capace di suscitare un’ispirazione nuova, di infondere speranza e coraggio, di alimentare – non spaventiamoci della parola – anche una tensione morale più alta: quella che serve a restituirci l’immagine positiva di noi stessi che la crisi spesso distrugge.

La leadership in questione però – ecco il punto – può essere incarnata solo da una persona, da un individuo, non da una maggioranza parlamentare o da un’anonima organizzazione di partito: due dimensioni che in Italia si segnalano da decenni solo per la loro irrisolutezza e la loro sconfortante modestia. La personalità, invece, è sempre stata, e sempre sarà, pur nella sua inevitabile ambiguità, la risorsa ultima e maggiore della politica: proprio perché nei momenti critici, delle decisioni ultimative, è unicamente una persona, sono le sue parole e i suoi gesti, il suo volto, che hanno il potere di dare sicurezza, slancio e speranza. Nei momenti in cui molto o tutto dipende da una scelta allora solo la persona conta.

L’opinione pubblica italiana si trova oggi precisamente in questa situazione psicologica: è alla ricerca di qualcuno a cui affidare la guida del Paese, di qualcuno che mostri la volontà di assumersi questo compito, di avere la capacità e il senso del comando, l’autorevolezza necessaria. È una ricerca, un’attesa, così acute, nate da un sentimento di frustrazione e di esasperazione ormai così vasto e profondo, da rendere quasi secondarie le tradizionali differenze tra destra e sinistra, essendo chiaro che a questo punto ne va della salvezza del Paese, cioè di tutti. Dietro l’ascesa di Matteo Renzi, e a spiegare l’atmosfera elettrica che sembra accompagnarlo ovunque, c’è un tale sentimento. Così forte tuttavia – e questo è il massimo pericolo che egli corre – che alla più piccola smentita da parte dei fatti esso rischia tramutarsi in un attimo nella più grande delusione e nel più totale rigetto. Ernesto Galli Della Loggia, Il Corriere della Sera, 17 dicembre 2013

………………Nell’avvertimento finale di Galli della Loggia, riferito a Renzi, ci sembra di cogliere l’anticipazione di un giudizio nei confronti del ciarliero neo segretario del PD che i fatti confermeranno a breve. g.

E’ L’ORA DELLA GENERAZIONE DEI BRAVI RAGAZZI, di Aldo Cazzullo

Pubblicato il 13 dicembre, 2013 in Costume, Politica | No Comments »

In politica – titolano tg e giornali – è l’ora dei quarantenni. Ma, a ben vedere, è un ricambio più profondo quello che si annuncia, è un’altra generazione ancora quella che si affaccia alla vita pubblica. La generazione che si potrebbe definire dei «bravi ragazzi».

Enrico Letta non è certo un volto nuovo: nel 1998 era già ministro. Angelino Alfano ha quattro anni di meno, ma non si direbbe: le grisaglie, l’eloquio che ricorda i principi del foro siciliani, l’ormai lunga militanza politica ne fanno un veterano. Ma alle loro spalle avanzano i veri giovani, volti più freschi di quelli – da tempo entrati nella sfera mediatica – di Matteo Renzi o di Giorgia Meloni.

La nuova segreteria del Pd, scelta un po’ frettolosamente, può senz’altro essere criticata per la sua «leggerezza». Allo stesso modo, la ricerca di nuovi talenti avviata da Berlusconi non ha ancora dato i risultati attesi. Essere giovani non basta; la preparazione e l’esperienza saranno sempre requisiti fondamentali. Però sarebbe ingeneroso ridurre le novità che avanzano al solo dato anagrafico. I volti che andiamo scoprendo in questi giorni non sono semplicemente di bell’aspetto; dietro ci sono persone normali, di modi garbati, di buoni studi, insomma ragazze e ragazzi come quelli che vediamo festeggiare le lauree nelle città universitarie, cercare tra grandi difficoltà un lavoro, tentare di costruirsi una famiglia e un futuro. Non figli d’arte né del Partito. Volti in cui i nonni possono riconoscere i propri nipoti, i padri i propri figli.

È importante che le nomenklature, a sinistra come a destra, avvertano la necessità di cambiare, di avviare un rinnovamento che non sia solo di facciata ma coinvolga i comportamenti, i profili, le storie, il linguaggio. Mai il discredito della politica è stato così alto, mai il suo fascino così basso. I talenti migliori non se ne sentono attratti. Molti cittadini non ne vogliono più sapere: non a caso tutti i talk show perdono audience. I parlamentari sono visti come alieni che vivono un’altra vita e discutono di altre cose rispetto alla gente normale. In queste circostanze, investire di responsabilità giovani che hanno appena compiuto trent’anni, che hanno figli piccoli o in arrivo, significa finalmente distogliere lo sguardo dalle contrapposizioni ideologiche, e rivolgerlo a un avvenire che non sia l’eterno ritorno di cose già viste e già sentite.

Del resto, nelle aziende innovative, nelle start up , nel mondo delle nuove tecnologie è frequente (non soltanto all’estero) vedere ai posti di comando persone giovani o molto giovani. E per un ragazzo che ancora non vota, ed è tentato di non farlo mai, un trentenne al potere non è un esperimento azzardato ma un fratello maggiore che finalmente si assume le proprie responsabilità. Abituati come siamo a classi dirigenti inamovibili, distanti, talora disoneste, avvezze a cooptare figli e famigli tagliando fuori tutti gli altri, sbaglieremmo a liquidare come inadeguati i compagni di strada di Renzi – compresi quelli che non appartenevano alla sua corrente – e coloro che emergeranno dallo scouting in corso a destra. L’importante è che, oltre a sembrare e – si spera – essere «bravi ragazzi», sappiano coltivare la profondità. Il ricambio generazionale, di cui ogni Paese ha bisogno, non è mai un fatto soltanto anagrafico, non consiste nel mettere semplicemente un giovane al posto di un anziano; significa fare cose nuove o fare le cose di ieri in modo diverso. Aldo Cazzullo, Il Corriere della Sera, 13 dicembre 2013

LE BISCHERATE DI MATTEO (RENZI), di Vittorio Feltri

Pubblicato il 12 dicembre, 2013 in Politica | No Comments »

Non siamo mai stati né comunisti né opportunisti di sinistra (generica), ma confessiamo di aver fatto un po’ di tifo (moderato) per Matteo Renzi, neosegretario del Pd.

Il ragazzo non ci era simpatico, ma neppure antipatico quanto la maggior parte dei suoi sodali. Diciamo che tra coloro che non ci piacciono, era quello che ci dispiaceva di meno.

Supponevamo che egli, non essendo un prodotto di Botteghe Oscure e nemmeno un figlio del marxismo-leninismo, ma semplicemente un figlio di buona donna, rappresentasse il meglio del peggio.

E così, forse ingenuamente, ci siamo lasciati trascinare dalla speranza che il sindaco di Firenze potesse imprimere una svolta al suo partito, portandolo verso le praterie della socialdemocrazia, lontano dai pascoli prediletti dai compagni, quelli del compromesso storico e dell’euro (o neuro) comunismo.

L’eloquio sciolto del giovin signore era ed è rassicurante. In certi momenti siamo arrivati ad augurarci che Renzi fosse uno dei nostri, cioè un tipo col quale si potesse parlare e trattare senza paventare inganni. A pochi giorni dalla sua elezione a leader del Pd, temiamo già di aver sbagliato i conti, avendoli fatti senza l’oste. Oddio, qualche dubbio l’avevamo già avuto un paio di settimane orsono, quando «don» Matteo se ne uscì con una bischerata madornale. Questa: sono contrario all’amnistia e all’indulto, perché non risolvono il problema delle carceri, ma lo rinviano sine die.

Quando uno scopre l’acqua calda spacciandola per un’idea geniale bisogna diffidarne. Infatti, la maxi sanatoria proposta da madame Cancellieri, e sollecitata da Giorgio Napolitano, non è una panacea. Ma non ha alternative, dato che il sovraffollamento delle galere si combatte solo in due soli modi: primo, costruendo nuove prigioni, il che comporta l’esborso di soldi, dei quali non disponiamo né disporremo a breve termine (forse mai), quindi «salutame a soreta», nel senso di campa cavallo; secondo, depenalizzando reati che oggi sono stupidamente puniti con la detenzione. Ci sarebbe una terza via, ma è impraticabile: fare sì che gli stranieri dietro le sbarre finiscano di scontare le pene nel loro Paese anziché nel nostro. Ma chi è capace in Italia di organizzare un’operazione similmente complicata? Scartiamola.

Ecco dimostrato che il rifiuto opposto da Renzi all’amnistia e all’indulto significa non avere capito un tubo, considerato che la situazione nei nostri reclusori è ai limiti dell’umana sopportabilità e richiede interventi d’urgenza. Se lo ha intuito perfino Napolitano, che ha l’età del dattero, lo potrebbe afferrare anche il rottamatore. Invece niente, il concetto non gli entra in testa, poverino. Il che conferma che la questione anagrafica è una boiata pazzesca. Se uno è indietro di comprendonio, lo è a prescindere dalla data di nascita. Si può dire che questo sia un assioma.

Renzi, inoltre, non appena conquistata la poltrona in vetta al partito, si è distinto compiendo un’altra porcheria che grida vendetta. Ci si aspettava da lui che desse vita a una segreteria politica innovativa e in grado di ribaltare i vecchi criteri gestionali improntati alla peggiore tradizione comunista; eravamo in ansia, pieni di curiosità, desideravamo verificare l’autenticità della sua propensione a guardare al futuro.

Delusione cocente. Matteo ha nominato una dozzina di mattocchi senz’arte né parte, tra cui un certo Taddei, sedicente economista, il quale ha ribadito senza arrossire – essendo costui più rosso del fuoco – che la chiave adatta per recuperare denaro, allo scopo di distribuirne ai lavoratori in affanno, sia l’aumento della tassazione sulle case di proprietà. Altro che Imu, una bazzecola: bisogna massacrare fiscalmente chiunque abbia uno, due, tre immobili; e il ricavato sia utilizzato per fare giustizia sociale, ossia, spartire la ricchezza. La teoria si basa sul seguente principio: poiché gli immobili sono fermi per definizione, mentre la società è in movimento, occorre penalizzare l’inerte mattone e premiare gli operai che, viceversa, sono la rappresentazione fisica del moto perpetuo.

Renzi si è affrettato ad aggiungere che non candiderà alle europee – le quali si svolgeranno a maggio – né Rosy Bindi né Massimo D’Alema. Agisca come crede. Il capo è lui. Cerchi soltanto di non buttarci dalla padella nella brace. Non ci faccia rimpiangere i bei tempi andati, quando i comunisti si accontentavano di mangiare i bambini, oltre al caviale, naturalmente. Vittorio Feltri, 12 dicembre 2013

….Due oservazioni alla scoperta di FELTRI:

1. non è mai stato vero che esser giovane è garanzia di novità, o, di certa intelligenza, neanche quando, ai tempi del fascismo, si gridava “largo ai giovani”;

2. che Matteo (Renzi) fosse solo  ciarliero riferitore di luoghi comuni era chiaro da sempre, per cui è strano che Feltri, ottimo giornalista e attento osservatore degli uomini,  abbia atteso le ultime esternazioni del Renzi per accorgersene.

Ne aggiungiamo un’altra, per non farci mancare nulla: Renzi ha solo una abilità, quella di dire le cose che la gente si attende di sentire, e di venderele per nuove anche se sono ultravecchie. Dal dire al fare, ovviamente, c’è di mezzo il mare, o anche solo l’Arno. g.

NAPOLITANO: DUE CODICI E DUE COSTITUZIONI

Pubblicato il 30 novembre, 2013 in Politica | No Comments »

Colpo di Stato atto secondo. Un passo indietro. Quando Follini, dico Follini non De Gasperi, nel 2005 lasciò la maggioranza che sosteneva il governo Berlusconi per passare neppure all’opposizione ma all’appoggio esterno, il presidente della Repubblica Ciampi pretese da Berlusconi l’apertura di una crisi di governo formale, con tanto di dimissioni e successivo nuovo governo e giuramento.E si badi bene: Follini rappresentava l’ala minoritaria di un partito, l’Udc, che aveva ottenuto alle precedenti elezioni il tre per cento. Detto con rispetto, parliamo del nulla. Bene, torniamo all’oggi. A lasciare la maggioranza è un partito, Forza Italia, che oltre a valere oltre il 20 per cento, del governo Letta è stato indispensabile socio fondatore. E Napolitano che fa? Prima ci prova a far finta di niente, ma proprio niente. Poi capisce, messo alle strette da Forza Italia, di averla fatta troppo grossa e ordina a Letta un «passaggio parlamentare» per verificare la fiducia. Una scampagnata, insomma, per di più con comodo, non c’è fretta. Di dimettersi, come fu imposto a Berlusconi ai tempi di Follini, neppure se ne parla. Oltre che due codici penali, in Italia ci sono anche due Costituzioni: una valida solo per Berlusconi, l’altra per la sinistra.
Perché Napolitano vuole evitare l’apertura di una crisi è intuibile. Cito solo due motivi. Il primo: in un nuovo governo Letta sarebbe imbarazzante per tutti confermare come ministro della Giustizia la sua amica Cancellieri, occhio e orecchio del Quirinale dentro l’esecutivo. Il secondo. Come farebbe Napolitano a onorare la promessa fatta ai cinque ministri ex Pdl che in cambio del loro tradimento avrebbero mantenuto tutti il loro prestigioso posto? Già, perché nel Pd, soprattutto in quello che tra due settimane avrà Renzi segretario, non sono proprio tutti fessi. Cinque ministri erano proporzionati alla forza parlamentare del Pdl. Al nuovo partitino di Alfano, ne spetterebbero meno di un terzo, cioè uno e mezzo. Ve li vedete la Lorenzin, la Di Gerolamo e Quagliariello fare le valigie? Io credo che da «diversamente berlusconiani» diventerebbero in un batter d’occhio «diversamente lettiani» o se volete «diversamente napoletaniani». Tradotto: incavolati come bestie tradirebbero anche i loro nuovi padroni e addio nuova maggioranza.
Ecco perché Napolitano e Letta fanno i pesci in barile. Parlano d’altro. Il problema è che «l’altro» è il nuovo record assoluto di disoccupazione giovanile. Come si dice: dalla padella alla brace. Alessandro Sallusti, 29 novembre 2013

BERLUSCONI: NIENTE SARA’ PIU’ COME PRIMA

Pubblicato il 29 novembre, 2013 in Politica | No Comments »

Il cielo grigio su Roma, l’atmosfera dimessa dentro il Senato, le bandiere sventolanti in via del Plebiscito. Una giornata storica che chiude il ventennio politico che resterà nella Storia. Venti anni che nessuno può liquidare come una “storia criminale”. Silvio Berlusconi non è più senatore della Repubblica. Niente sarà come prima. Finalmente la Politica, quella tradizionale, consolidata e apparentata, ha buttato fuori, con l’aiutino della Magistratura, il Cavaliere dai palazzi istituzionali. Mai ci erano riusciti nelle urne, ce l’hanno fatta con una sentenza. La storia si ripete: come nel 1994, ci volle «Mani pulite» per mettere fine alla prima Repubblica e la gente, quella che tirava le monetine al Raphael era convinta che ci sarebbe stata una svolta, era convinta che ci sarebbe stato un futuro migliore. Allora comparve l’imprenditore di Arcore a dare speranza, lui corpo estraneo della politica, troppo diverso, troppo votato e mai sopportato. Non glielo hanno mai perdonato e ora, fatto fuori lui, finalmente in politica soltanto cavalli di razza. Peccato che la gente però oggi è alla canna del gas, non vede futuro, non ha speranza e forse non tirerebbe soltanto le monetine per salutare la fine della seconda Repubblica.. Eppure Berlusconi, nel giorno del «lutto della democrazia», nel giorno più amaro da leader politico perseguitato, giorno che di certo non dimenticherà mai, è apparso rinfrancato dalla presenza del suo popolo, al quale ha promesso il suo impegno di “missionario di verità e libertà” usando le parole dell’inno di Mameli: “siam pronti alla morte…”. E di lasciare la scena politica, malgrado la decadenza, non ci pensa proprio e se prima era nel governo delle larghe intese in nome della governabilità, da oggi ne è fuori e va avanti in nome della protesta. Continuerà a battersi da leader “extraparlamentare” come lo sono Grillo e Renzi, al quale è pronto a rovinare la festa per la vittoria delle Primarie il prossimo 8 dicembre visto che, in quello stesso giorno, festeggerà i primi mille club “Forza Silvio”. Silvio Berlusconi non getta la spugna, Forza Italia è all’opposizione e promette battaglia e vendetta per quei milioni di italiani che credono ancora nel loro leader e sperano che l’Italia possa essere un Paese libero e liberale. Per Alfano&C. i fischi della piazza, per Letta l’avviso che andare avanti con questo governo non sarà più facile. In una giornata epocale per la nostra politica, Silvio Berlusconi esce dal Parlamento ed entra definitivamente nella storia d’Italia: di lui si ricorderanno i posteri, dei senatori che hanno detto sì alla decadenza non si ricorderà nessuno. Berlusconi non molla, il berlusconismo è vivo. Finisce un’epoca. Niente sarà come prima. Sabina Biraghi, Il Tempo, 28 novembre 2013

GODETE ADESSO CHE DOMANI TOCCA A VOI

Pubblicato il 28 novembre, 2013 in Politica | No Comments »

Chiocci

Senza parole. Alle 17.43 le lancette della storia si fermano per sempre. Suona a morto la campana della democrazia. È il minuto di silenzio della libertà. Il lasciapassare definitivo alla cavalcata giudiziaria di un organo dello Stato che s’è fatto partito e che presto colpirà – perché tanto colpirà (e noi garantisti saremo lì a difendervi, ma quanto ci farà godere quel momento) – chi oggi brinda alla fine di Berlusconi. Senza parole per lo spettacolo offerto all’estero da un Paese allo sfascio. Senza parole per i vili e gli sciacalli, per chi non ha palle e dignità. Senza parole per Renzo Piano, senatore a vita sempre assente ma ricomparso per ghigliottinare il Cav. Senza parole per chi straparla di legge uguale per tutti quando per uno, è dimostrato, non esserlo stata. Senza parole. Le uniche sensate le riproduciamo da un sms di un amico, vecchio comunista, disgustato dai 195 schierati nel piazzale Loreto del Senato: «È così triste e deprimente, dopo 40 anni di militanza politica, dover prendere atto della deriva giustizialista della sinistra italiana». Senza parole pure lui. Senza più speranza tutti noi. Gian Marco Chiocci, Il Tempo, 28 novembre 2013

……………..Il Direttore de Il Tempo, quotidiano indipendente di Roma, da sempre voce dei moderati italiani senza tessere di partito, scrive oggi questo editoriale che esprime nella sua brevità e concisione lo stupore e la rabbia degli italiani dinanzi allo scempio che si è compiuto ieri al Senato con la decadenza di Berlusconi, ultimo atto di una guerra durata 20 anni e finalmente conclusasi con lo scalpo del nemico. Ma quelli che oggi esultano si guardino le spalle perchè se e quando oseranno svincolarsi dall’abbraccio mortale dell’organo dello Stato che si è fatto partito per “vendicarsi” di Berlusconi, allora e solo allora capiranno quale errore hanno commesso contribuendo vilmente ad assoggettare la politica ai  diktat extraparlamentari. g.

BERLUSCONI DECADE? NESSUNO SI ILLUDA CHE SPARISCANO I MODERATI.

Pubblicato il 27 novembre, 2013 in Politica | No Comments »

Cacciano Berlusconi e subito aumentano le tasse. Un uno-due che ha provocato l’uscita di Forza Italia dalla maggioranza.

Addio governo delle larghe intese, che se la vedano loro (sinistra, alfaniani e montiani) con la loro coscienza, con i cittadini. E non si illudano di farla franca.

Non si illudano che un voto di decadenza possa impedire a Silvio Berlusconi di essere il leader politico di milioni di italiani che sperano ancora in un Paese libero e liberale.

Non si illudano le procure di Milano e Napoli che arrestando Berlusconi (da domani è possibile, perdendo l’immunità) possa venire meno la forza del più importante partito liberale d’Europa.

Non si illuda Napolitano di poter ribaltare con oscure manovre di palazzo e patti indicibili l’esito di libere elezioni.

Non si illudano Letta e Alfano di continuare a governare come se niente fosse, come ha deciso ieri sera Napolitano: quel che resta della maggioranza e del governo è una accozzaglia, per di più litigiosa, di mediocri, miracolati e traditori incapaci di risolvere alcun problema come ben dimostra la legge di stabilità tutta tasse e niente tagli.

Non si illudano, Napolitano e Letta, di riuscire nel loro intento di vendere, in cambio della loro sopravvivenza, quel che resta del Paese a cancellerie straniere che spingono per un’Italia sottomessa ai loro interessi.

Non si illuda il ministro dell’Economia Saccomanni che via Berlusconi si possa rapinare impuniti i contribuenti con tasse palesi e occulte su un bene, la casa, che è proprietà inviolabile e sacra degli italiani.

Non si illudano Napolitano e il Pd di dire a noi che cosa è giusto e cosa è sbagliato, se si deve o no scendere in piazza: dai comunisti non accetteremo mai lezioni di libertà e democrazia.

Non si illudano Formigoni e Schifani di averla fatta franca o attenuato i loro pesanti guai giudiziari. La sinistra li sta usando come polli per poi, a missione compiuta, riconsegnarli nelle mani dei pm aguzzini.

Non si illuda Letta di salvarsi dal ciclone Renzi facendosi scudo di Napolitano ed Alfano. Il suo governo, anche per la sinistra, è un morto che cammina.

Nessuno si illuda di romperci i santissimi con la menata della stabilità. Non può esserci stabilità senza efficienza fiscale, libertà e giustizia.

Non si illuda Alfano di essere un leader.

Non si illuda Berlusconi che tutto questo sia una passeggiata. Sarà dura, ma la sua gente non lo lascerà solo.

Questo è certo.

Questo è l’editoriale con  cui Il Giornale ha commentato la decadenza del Presidente Berlusconi dalla carica di senatore a cui l’avevano eletto dieci milioni di italiani. Lo facciamo nostro perchè lo condividiamo in ogni sua parte. g.


“NAPOLITANO RICATTA”: EDITORIALE DI FUOCO DI ALESSANDRO SALLUSTI

Pubblicato il 26 novembre, 2013 in Politica | No Comments »

Alla vigilia del voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi, il Direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, attacca Napolitano con un editoriale al vetriolo. Motivo scatenante un intervent o maldestro di Napolitano a proposito della manifestazione indetta da Forza Italia a favore del proprio leader. Maldestro e sopra le riga perchè è sembrato una diffida a partecipare alla manifestazione. Di qui le invettive di Sallusti che rivendica il diritto in un paese libero e democratico a manifestare  nel rispetto della legge. Perchè, ed è appena il caso di ricordarlo,  che  qui  non siamo in Ucraina dove il potere, manco a dirlo postcomunista, ha messo in galera la leader della opposizione accusata di aver trescato con la Russia di cui l’attuale regime ucraino   è sponda.  I toni  di Sallusti  sono forti ma provocati da un intervento che Napolitano poteva e doveva risparmiarsi, cosicchè non sarebbe stato riesumato il ricordo di quando lui, staliniamo di ferro, chiudeva gli occhi sui massacri degli insorti ungheresi nelle tragiche giornate dell’ottobre del 1956 da parte dell’Armata Ross, esprimendo solidarietà non agli insorti ma ai loro massacratori.g.

Il presidente Napolitano passa alle minacce. Della grazia a Berlusconi – dice – non se ne parla neppure.

E fin qui, nulla di nuovo. Il salto di qualità arriva subito dopo. Se qualcuno vorrà manifestare contro la decadenza di Berlusconi – aggiunge l’inquilino del Quirinale – stia ben attento ai modi e alle parole. Siamo all’avvertimento, all’intimidazione. Perché, presidente, a che cosa dovremo stare attenti? Chi scenderà in piazza mercoledì e magari nei giorni successivi che cosa rischia? La galera, il fermo di polizia, la schedatura come sovversivo? Ecco, allora si accomodi fin da subito perché le dico già ora che lei è il capo di una cospirazione che sta cercando di sovvertire la volontà popolare. Lei è un vecchio inacidito e in malafede indegno di occupare la più alta carica dello Stato. Lei vuole zittire milioni di italiani come ha zittito la Procura di Palermo che aveva trovato le prove delle sue malefatte. Lei ha il pallino di zittire i cittadini che manifestano per la libertà (le ricordo che ha sulla coscienza migliaia di ungheresi trucidati dai russi con il suo consenso morale e politico). Lei per scalzare Berlusconi ha comperato prima Mario Monti con la carica di senatore a vita, facendolo pagare a noi fin che campa. Fallita la missione ci ha riprovato comperando un pezzo della dirigenza Pdl, quello più debole, compromesso e ricattabile. Ha taciuto sulle nefandezze della magistratura, ha venduto il Paese a Stati esteri, Germania in primis. Noi non ci faremo intimidire dalle sue minacce. Lei è un golpista, perché usa il suo potere al servizio della vecchia causa comunista oggi rivista e corretta in salsa lettiana. Noi scenderemo in piazza, contro la magistratura, contro la sinistra e contro di lei che rappresenta il peggio di questo Paese. Che le piaccia o no dovrà ascoltare. Come ai tempi dell’ascesa di Grillo, dirà che non ha sentito. E allora urleremo più forte. Perché noi, a differenza sua e dei suoi tristi cortigiani, siamo uomini liberi. Alessandro Sallusti, 26 novembre 2013

IUC , IMPOSTA UNICA COMUNALE, E’ IL DECIMO NOME DI UNA STESSA TASSA

Pubblicato il 26 novembre, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Se il gettito dipendesse da quante volte una tassa cambia nome, quello delle imposte sulla casa garantirebbe un record (sicuro) di entrate.
Invece non è così, nel tortuoso (e non ancora concluso) percorso della legge di Stabilità l’ormai (quasi ex) Imu, l’Imposta municipale unica, che già aveva preso il posto dell’Ici (Imposta comunale sugli immobili) stava per chiamarsi Trise (Tributo sui servizi comunali). A sua volta divisa in Tari (Tassa sui rifiuti) e Tasi (sui servizi indivisibili, che vanno dalla luce, all’arredo urbano agli stipendi della polizia municipale). Poi è comparsa nelle aule parlamentari la Tuc, il tributo unico comunale. Che evoca il nome di un biscotto un po’ salato un po’ dolce. E adesso nell’ultima (davvero?) versione si è trasformata nella Iuc, l’Imposta unica comunale. Fino al ‘92 si chiamavano in un altro modo, Invim e Ilor. Poi venne l’Isi, l’imposta straordinaria sugli immobili. Così straordinaria da trasformarsi in imposta permanente. Se li mettete in fila arriviamo a contare dieci nomi diversi, da fare invidia all’Accademia della Crusca (fiscale). Un rompicapo che aumenta la confusione. Non il gettito. Dal momento che il governo sta ancora cercando le risorse per coprire il taglio dell’Imu sulla prima casa. Durata appena un anno eppure così difficile da ribattezzare. Insomma, se non è zuppa è pan bagnato!