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VITTORIO FELTRI: BERLUSCONI PER FARCELA DEVE CREDERCI E DEVONO CREDERGLI GLI ITALIANI

Pubblicato il 13 gennaio, 2013 in Politica | No Comments »

Preso atto con rassegnazione, e un fitto dolore di ventre, che al di là dei contenuti espressi – sempre discutibili – Silvio Berlusconi giovedì scorso ha dominato la scena nel capannone-studio televisivo di Servizio pubblico, i suoi detrattori ne minimizzano il successo attribuendolo a un uso eccessivo di populismo.

Vocabolo, questo, talmente di moda (sostitutivo di qualunquismo, ormai dismesso) da essere il più frequente negli articoli della Repubblica.
L’accusa di populismo viene rivolta non soltanto al Cavaliere, ma anche a Michele Santoro. Insomma, è tutto un populismo dilagante che, stando ai commentatori di punta, determinerà l’esito delle elezioni. Come fosse una scoperta che qualsiasi campagna elettorale trascuri le questioni tecniche, economiche e politiche, basandosi quasi esclusivamente sul lato sportivo. I confronti tra candidati, oggi quanto ieri, sono match: vincono i picchiatori, gli spiritosi, gli svelti di riflessi, i paraculi.
Su questo terreno il leader del Pdl è imbattibile. E pensare che l’impianto della trasmissione santoriana era simile a quello di un processo: mancavano giusto le toghe, ma il resto c’era tutto. C’erano alcune ragazze pm con il compito di lavorare ai fianchi l’imputato; il procuratore generale, Marco Travaglio, uno che sa il fatto suo, incaricato di rifilargli la stoccata decisiva; Santoro nel ruolo di presidente del tribunale. La fortuna del reo è stata di non avere un avvocato difensore e di essersi quindi dovuto arrangiare da sé. Si è arrangiato benissimo. Anzi, il fatto di essere solo contro tutti lo ha esaltato, gasato, eccitato. Cosicché ha recuperato la carica per non soccombere e, al momento opportuno, la lucidità per colpire, come si dice, in «contropiede», ottenendo l’assoluzione dai giudici supremi: i telespettatori. Ovvio, non è stato un vero e proprio processo politico né una tribuna elettorale, ma un torneo. E nei tornei, inclusi quelli mediatici, prevale – ripeto – il personaggio più accorto, astuto, rapido.
Chi si stupisce, chi si rammarica per l’esiguo spessore culturale della serata, chi si deprime per la vittoria di Berlusconi è un ingenuo e un disinformato: l’uomo davanti alle telecamere è un mattatore dai tempi che furono. Non avere valutato questo dato certo è imperdonabile. Come lo è avere pensato che il berlusconismo fosse tramontato perché nell’ultimo anno brillava sui giornali l’astro morente di Mario Monti. Figuriamoci. Il 50 per cento degli italiani non erano, non sono e non saranno mai di sinistra. Se offri loro un tetto di centrodestra, lo accettano con sollievo.
Fino a giovedì erano persuasi che il tetto Berlusconi fosse crollato; quando invece hanno constatato che era ancora intatto, sono corsi lì sotto a ripararsi. Ciò non significa che il Pdl sgominerà alle urne il Pd, quanto piuttosto che Pier Luigi Bersani, se vorrà entrare a Palazzo Chigi, dovrà sudare sette camicie, e forse non basterà. Le gioiose macchine da guerra esistono soltanto nella fantasia dei progressisti. Gli anticomunisti non si definiscono più anticomunisti, ma ci sono ancora, in carne e ossa, e avendo identificato in Berlusconi un vivo e non un morto gli andranno appresso sino al seggio.
Se tutti i potenziali berluscones risponderanno alla chiamata, per i progressisti saranno guai. L’esordio in campagna elettorale del vecchio leader Pdl è stato eccellente. Ma chi bene incomincia non è a metà dell’opera: è appena all’inizio. Ora l’ex premier dovrà stare attento a non commettere i soliti errori (per debolezza e/o generosità) nella compilazione delle liste. La scelta dei candidati è un’attività delicata: conviene non abbandonarsi alla seduzione della gnocca o alle coccole degli adulatori o dei signorsì. Qui, caro Silvio, serve uno sforzo per resistere a tentazioni molto umane, ma anche molto pericolose, come già ha sperimentato in un recente passato. L’occhio vuole la sua parte, d’accordo, ma non c’è mica solo l’occhio: il cervello, tanto per dire, ha le sue pretese.
Poi c’è il programma. Inutile scrivere il libro dei sogni senza precisare con quali risorse realizzarli. Lei, presidente, dice: abolisco l’Imu sulla prima casa e sostituisco il minore gettito tassando gli alcolici e i tabacchi. La prego: in questo caso non sarei rovinato solamente io, ma anche i produttori di vino (che in Italia sono autentiche colonne) e i Monopoli. Bisogna che il testo programmatico da esibire agli elettori sia breve e comprensibile: più numeri che parole, altrimenti sembrerà la consueta buffonata acchiappavoti. Non ci casca più nessuno.
Infine, avere trionfato a Servizio pubblico e riguadagnato consensi non è sufficiente. È necessario che lei si misuri in un faccia a faccia sia con Bersani sia con Monti. Due belle puntatone televisive, di un’ora e mezzo ciascuna, durante le quali si gioca il tutto per tutto. Vedo già la scena, assai solleticante. Il bocconiano che tiene una lezione per dimostrare che salvare l’Italia impoverendo gli italiani è una buona azione; lei che sciorina una serie di facezie per inchiodarlo al ridicolo e che propone due o tre cose urgenti da fare per sfamare gli affamati, la quale non è un’idea nuova, ma nemmeno peregrina. Bersani che si arrampica sui proverbi piacentini per sostenere che le tasse educano il popolo a perseguire il bene comune (dei tedeschi); lei che replica proponendo di detassare l’assunzione dei giovani per incentivare l’occupazione. Roba semplice che, però, non può rimanere lettera morta.

Per convincere è indispensabile essere convinti. Lei lo è? Se sì, vada avanti a testa bassa. Il traguardo è lontano, però raggiungibile. Nota conclusiva: avranno il coraggio Monti e Bersani di affrontarla in campo aperto? Insista. Se rifiutano, peggio per loro. Se accettano, ancor peggio per loro.  Vittorio Feltri, 13 gennaio 2013

SGOMINATO IL CLAN SANTORO, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 12 gennaio, 2013 in Politica | No Comments »

Di ritorno dagli esclusivi alberghi delle Maldive, Michele Santoro si immerge nelle povertà italiane con Giulia Innocenzi e Luisella Costamagna a fare da vallette e belle statuine felici di recitare la parte a memoria manco fossero alla recita scolastica.

Molti di voi hanno visto, quindi risparmio i dettagli. Stiamo sul succo. Da una parte Michele Santoro e ciò che rappresenta, cioè quei rivoluzionari a parole inchiodati, un po’ per necessità un po’ per convinzione, al peggior conservatorismo. Dall’altra Silvio Berlusconi, un presunto conservatore che ha la rivoluzione nel sangue e che vorrebbe rivoltare l’Italia, e forse il mondo, come un calzino. Uno, Berlusconi, a spiegare perché e come cambiare la Costituzione per rendere finalmente governabile questo Paese. Gli altri, in primis Travaglio, a rivangare le solite ragazze del Bunga Bunga e rinfacciare un sostegno a Monti da loro stessi auspicato, implorato e benedetto all’epoca dei fatti.
Perché, se la memoria non mi inganna, a tentare di scongiurare l’insediamento di Monti con sostegno bipartisan, non furono Santoro né Travaglio, ma solo i giornali di centrodestra. Saremo anche un po’ così così, come sostengono i soloni, ma ci era evidente che si trattava di un trappolone per liberarsi di Berlusconi e del centrodestra in modo definitivo.
Berlusconi ieri sera aveva già vinto ancora prima di entrare in studio, fosse solo per l’attesa suscitata nel pubblico. Una volta nell’arena si è dimostrato che non poteva esserci partita. Persino Travaglio ha fatto la figura dello scolaretto impreparato. Non è questione di pagelle. È che la demagogia della banda Santoro, punta di diamante dell’antiberlusconismo militante, si è dissolta al cospetto di Berlusconi. Il quale avrà anche le sue colpe, ma non teme il confronto e parla alla gente invece che ai giornalisti.
Se la speranza di qualcuno era di veder dare il ko al Cavaliere, l’operazione è fallita, anzi credo nell’effetto contrario. Ma l’unica volta che Santoro è uscito dal suo programma con le ossa rotte è anche la prima che vince davvero, perché dopo tanto giornalismo-fiction finalmente ha provato l’ebbrezza di giocare una partita non truccata in partenza. Il Giornale, 12 gennaio 2013

C’E’ IL TERZO INCOMODO

Pubblicato il 11 gennaio, 2013 in Politica | No Comments »

Mai come questa volta, è condivisibile il D’Alema-pensiero espresso nella trasmissione di Lilli Gruber: «I termini reali della competizione elettorale sono che se non vince Bersani, vince Berlusconi. Con la stessa sicumera il presidente del Copasir ha aggiunto che il Cav non è finito. «Penso che sarà sconfitto. Non sottovaluto il rischio di questa sua, spero, ultima battaglia, ma mette in scena sempre la stessa storia».
Una speranza, perché ieri sera il Cavaliere, nel tanto atteso duello, quasi in punta di fioretto, con Santoro, non è apparso affatto all’ultima battaglia. Anzi. Tra camomilla e Zelig iniziale, Berlusconi ha risposto punto per punto al presentatore che ha fatto di tutto per irritarlo senza riuscirci. Neanche Travaglio ha colto l’impresa. E così anche nella fossa dei leoni il Cavaliere è riuscito a conquistare audience, a sostenere il miglior confronto televisivo fra le decine già viste, ha parlato a quel 50% di elettori che non votano solleticandoli sulle tasse imposte dal governo Monti.
E nel giorno in cui il presidente della Bce, Mario Draghi ha avvertito l’Europa di non cantare vittoria perché siamo ancora economicamente deboli, ha sottolineato che i mutui in Italia pesano mentre in Europa continuano a calare e ha ricordato che servono riforme strutturali per continuare nel risanamento, Monti e Bersani si sono sfidati a distanza ancora una volta sull’economia. Il segretario del Pd ha riproposto il suo cavallo di battaglia, la patrimoniale sugli immobili fino a un milione e mezzo «catastale», eliminando però l’Imu per chi paga fino a 500 euro. Ma della famigerata riforma del catasto non c’è menzione. Monti ha risposto ancora una volta attaccando il sindacato.

Pier Luigi e Super Mario devono convincersi che il duello non è più a due. C’è il terzo incomodo. Silvio Berlusconi. Sarina Biraghi, Il Tempo, 11 gennaio 2012

.……Due considerazioni. La prima. Questo editoriale, il primo se togliamo quello di saluto, del nuovo direttore de Il Tempo conferma che il quotidiano romano, da sempre voce dei moderati e primo giornale della Capitale, è davvero ritornato ad essere quotidiano libero e obiettivo, non lo era più con Sechi, il vecchio direttore che si è guuadagno il laticlavio di senatore. La seconda. Che conferma la prima e cioè che il Tempo, obiettivamente, rileva ciò che la stampa orientata a sinistra nnon  rileva e cioè che la partita del 24 e 25 febbraio non ha solo due concorrenti ma tre, e il terzo è il centro destra, cioè Berlusconi che, piaccia o non piaccia,  stando ai sondaggi e, come correttamente rileva il direttore de Il Tempo,  anche alla luce del confronto televesivo ieri sera da Santoro dove ha tenuto testa a Travaglio e ha fatto 9 milioni di spettatori, non è “terzo” dietro Monti ma l’alternativa, unica a Bersani e al PD. Di qui al 24 febbraio ci sono 40 giorni, quelli veri di campagna elettorale, e  i risultati veri diranno quanto ciò sia vero. g.

NIENTE FERMA SOGNI E TENACIA

Pubblicato il 10 gennaio, 2013 in Costume, Politica | No Comments »

Questa scelta aziendale è la conferma che i giovani, anche in un momento così difficile, devono lottare e non smettere di sognare. Senza fare del vetero femminismo, è la dimostrazione che le donne possono centrare obiettivi, raggiungere traguardi ambiziosi, fare la storia, conquistare un premio Nobel come ha fatto Rita Levi Montalcini, esempio e faro per l’universo rosa.
Dirigere un quotidiano significa guidare e lavorare in piena sintonia con la redazione, significa fare un giornalismo serio, coraggioso e soprattutto rispettoso. È questo il mio impegno da direttore per non deludere chi ha creduto in me, per non tradire i lettori che da oltre mezzo secolo seguono e amano questo giornale, per conquistare la fiducia e l’affetto dei nuovi che apprezzeranno i fatti che racconteremo e soprattutto per come li racconteremo. Per rispettare l’identità di un giornale moderato ma non conformista, per farsi rispettare dai lettori, il vero patrimonio del quotidiano, vogliamo essere osservatori e testimoni, obiettivi, della politica, raccontarla, spiegarla, criticarla quando sbaglia, esaltarla quando fa bene.
Non sarà facile sotto il vento di una campagna elettorale, sempre più agguerrita, sotto la tempesta della crisi dell’economia e del mondo della comunicazione, ma questo faremo ogni giorno.

Ieri Monti, Bersani e Berlusconi si sono avvicendati tra radio e tv ripetendo i soliti slogan elettorali, proponendo inciuci più o meno mascherati da alleanze, ma senza chiarire o spiegare il loro vero programma elettorale. Ecco, cominciamo da qui: proveremo a farci dire cosa i candidati, premier o no, pensano di fare veramente per il nostro Paese e per gli italiani. Sarina Biraghi, nuovo direttore de Il Tempo di Roma.

.……………..Al  posto del direttore Sechi, dimessosi per candidarsi al Senato  nella lista blindata di Monti, l’editore del più antico giornale dei romani, fondato da un mitico giornalista, Renato Angiolillo, liberale e galantuomo, ha nominato una giornalista, Sarina Biraghi. Il neo direttore nel suo primo editoriale . come potete leggere, si è impegnata, nel solco della tradizione del giornale, ad essere attento osservatore delle cose della politica ma altrettanto obiettivo nel raccontarla. Così non è stato nella ultima fase del direttore Sechi il quale improvvisamente si è trasformato  da direttore di un giornale  obiettivo  in acceso sastenitore dell’uomo delle Banche, che non è proprio il modello dei lettori de Il Tempo. Lo stesso Sechi,  da qualche giorno si è anche trasformato in candidato nella lista Monti al Senato, lista e posto blindato che aprirà a Sechi le porte del Senato, grazie ad una legge, il Porcellum, che lo stesso Sechi ha aspramente criticato. Non ci sembra che sia un modello di correttezza e anche di obiettività chi ha innalzato la bandiera della lotta ai privilegi  per poi piegarsi a questi. Ci auguriamo che Il Tempo, sotto la diresione del nuovo direttore, riacquisti obiettività coniugata ad autorevolezza. g.

IL PRINCIPE, I CANI FEDELI E I CANDIDATI, di Marcello Veneziani

Pubblicato il 10 gennaio, 2013 in Cultura, Politica | No Comments »

Quest’anno nato nel segno dell’antipolitica celebra un compleanno speciale della politica. È infatti l’anno in cui vide la luce, cinquecento anni fa, Il Principe, anzi l’unico principe italiano che abbia conquistato il mondo. Dico Il Principe di Niccolò Machiavelli, l’opera politica più grande e più letta nel mondo e negli Usa, amata da Mao Tse Tung, esaltata da Gramsci e Mussolini, che ne curò il preludio (altre due prefazioni scrissero poi Craxi e Berlusconi). Di quel capolavoro e del suo geniale autore si sono scritte le peggiori cose; ma lui descriveva, non prescriveva, la cinica ragion di Stato. Faceva i conti con la natura umana, senza illusioni. Sapeva, come Sant’Agostino, che non si nasce buoni e pii ma egoisti e crudelucci e poi, magari col tempo e l’educazione, si può diventare meno cattivi.

Di quell’opera vorrei ricordare solo un particolare. Fu dedicata al Principe del tempo, un Lorenzo de’ Medici, da non confondersi col Magnifico. E fu donata da Messer Niccolò a lui, insieme con due cani da caccia. Si racconta che il sovrano abbia apprezzato solo i cani da caccia. Oggi li avrebbe messi nella lista bloccata. Dopo cinquecento anni le cose non sono cambiate. I principi non leggono, non capiscono i capolavori e non accettano saggi consigli, preferiscono i cani fedeli e i servili adulatori. L’unica consolazione è che mezzo millennio dopo non ricordiamo nulla di quel principe né dei suoi segugi, ma celebriamo l’opera di Machiavelli. Alla lunga, l’intelligenza vince sul potere e le idee oscurano i latrati. 10 gennaio 2013

FINI E CASINI: DUE CONTORNI, MAI UN PRIMO

Pubblicato il 8 gennaio, 2013 in Politica | No Comments »

Per una vita, e per una repubblica, Fini e Casini soffrirono il ruolo di paggetti a fianco a Berlusconi. Non sopportavano di essere secondi e terzi, inchiodati dalle loro personalità e dalla consistenza dei loro partiti. Subirono l’Ego straripante di Berlusconi, loro che avevano pensato – come il gatto e la volpe – d’intortarlo, lui ricco ma sprovveduto di politica. Poi Casini, dopo aver remato contro per un po’, si ammutinò e si mise in proprio. Fini restò ancora accucciato, ma poi avuto l’osso, la presidenza della Camera, cominciò ad abbaiare. E anziché aspettare il suo turno, che sarebbe venuto proprio adesso, di guidare il centrodestra, sbroccò e fece sbroccare pure il Cav. Fini e Casini godettero del tifo di giornali e potentati, ma non cavarono un ragno dal buco, al più trascinarono nel gorgo della dissoluzione tutto il centrodestra.

Ora i due levrieri si sono di nuovo accucciati ai piedi del nuovo Tutore, il prof. Monti, e come allora pensano di intortarlo, spremendolo e poi buttandolo via. Ma quando si è passata una vita a seguire qualcuno – Forlani o Almirante/Tatarella, e poi insieme Berlusconi – la seconda vita è la ripetizione farsesca della prima. A sessant’anni suonati o incipienti si ritrovano l’uno senza più il capiente ombrello democristiano e centrista come riparo, l’altro senza i voti e la popolarità ma con l’odio della destra, riassunti nel ruolo di body-guard di Monti, a sua volta segugio di altre sovranità. L’eterna pubertà di Pierfurbo e Gianfalso; una vita da insalate di contorno. Marcello Veneziani, 8 gennaio 2013

ALLA U.E. NON PIACE L’IMU

Pubblicato il 8 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Le nuove tasse sulla proprietà “non hanno un impatto sulle disuguaglianze in Estonia e Italia” ed è previsto che determinino “un leggero aumento della povertà in Italia”. Lo scrive nel suo rapporto sull’occupazione e gli sviluppi sociali la Commissione Ue, con riferimento alla reintroduzione dell’Imu sulla prima casa nel 2012. Secondo il rapporto, anche se la nuova tassa comprende alcuni aspetti di equità, altri potrebbero essere “ulteriormente migliorati per aumentarne la progressività“. In particolare, la Commissione cita l’aggiornamento dei valori catastali, le deduzioni non legate alla capacità dei contribuenti a pagare le imposte sul reddito, una definizione di residenza principale e secondaria.

Eliminare l’Imu sui bassi redditi per concentrarla sui grandi patrimoni. Una proposta, quella di Stefano Fassina, che, per il responsabile economico del Pd, garantirebbe “maggiore equità al prelievo fiscale”. Spiega Fassina a Radio Anch’io, su Radio Uno: “Dobbiamo essere seri. Sembra che siamo tornati in una situazione normale, ma non è così. C’è un peso insostenibile delle tasse soprattutto per coloro che sono in regola con i pagamenti”. “Il redditometro – aggiunge – può essere uno strumento importante, ma si concentra sulla piccola evasione. Servono accordi interanazionali per la grande evasione. Per quanto riguarda l’Imu, va eliminata per le classi medie e i redditi bassi, per concentrarla sui grandi patrimoni”.

“Quando si dice che Monti ha solo anticipato l’introduzione dell’Imu si dice una bugia”, dice Giulio Tremonti rilanciando la sua proposta: “Una cosa concreta che può essere fatta immediatamente dai cittadini è un ricorso gratuito contro l’Imu sulla propria abitazione”. L’ex ministro dell’Economia, ora leader di ‘Lista Lavoro e Liberta”, dai microfoni di Radio Ies per ‘Dalle 10 alle 12′, rileva che “per prima cosa, l’introduzione dell’Imu doveva avvenire nel 2014, secondariamente era prevista per legge a invarianza di gettito, ovvero dalle tasche dei cittadini non doveva uscire un euro”. “La nostra Imu non prevedeva una rivalutazione catastale così violenta e lasciava comunque fuori la prima casa. L’impatto bestiale dell’Imu – ribadisce – sta nel fatto che colpisce la prima casa, distrugge il mercato immobiliare e i valori degli immobili, lasciando il debito fiscale immutato. L’Imu è, pertanto, una creatura di Monti”. Foglio quotidiano, 8 gennaio 2013

IL REDDITOMETRO DEL DOTTOR STRANAMORE, di Piero Ostellino

Pubblicato il 8 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

S e non servirà al Fisco per scovare redditi non denunciati, il nuovo redditometro pare, comunque, utile a far capire agli italiani da chi siamo amministrati e governati. Chi le paga ora sa che le sue tasse servono (anche) a mantenere una burocrazia che della propria funzione ha un’idea feudale. La democrazia liberale si sostanzia (anche) nella «società dei consumi». Ma la società che vuole chi governa è composta da famiglie che: vivono in case popolari; mangiano poco e male; comprano un capo d’abbigliamento ogni venti, trent’anni; viaggiano su un fac-simile della Trabant (l’auto dell’ex Germania comunista). Il redditometro, infatti, insegna che: a) la nostra burocrazia non è quella della «società dei consumi», ma è (ancora) quella del regime economicamente autarchico e politicamente autoritario sconfitto nel ‘45; b) il regime ideale di chi governa è una via di mezzo fra autoritarismo e totalitarismo. Sotto il profilo amministrativo, i burocrati che hanno pensato e redatto il redditometro offrono di sé ? spiace dirlo ? l’immagine di una di queste tre tipologie (se non di tutte e tre assieme): 1) sono dei «dottor Stranamore», paranoidi e mitomani; 2) sono ex poliziotti dell’Ovra (la polizia politica fascista) che non si sono accorti che «credono, ubbidiscono, combattono», come facevano sotto il Duce, ora contro la democrazia liberale e il benessere ; 3) sono ex funzionari della Stasi (la polizia politica della defunta Germania comunista), prestati a Monti, per riconoscenza, dalla signora Merkel, che non sapeva come impiegarli nella ricca Germania democratica. Leggere per credere. Nel redditometro sono finiti: le spese per mangiare, abitare, vestirsi, per le bollette di luce e gas, per il veterinario ? se si ha un animale domestico, anch’esso catalogato come simbolo di ricchezza ? per la riparazione degli elettrodomestici; per la biancheria ? l’italiano che paga le tasse dovrà cambiare le mutande solo una volta al mese per non incorrere nel sospetto di evasione? ? le pentole, le borse, il barbiere, il parrucchiere, i giornali e le riviste, l’abbonamento alla pay-tv, le piante e i fiori. Per la burocrazia e chi ci governa, l’italiano che legge fa evidentemente correre loro il rischio di comportarsi da cittadino, invece che da suddito…Le voci di spesa sono oltre cento; 55 le tipologie familiari. Il Fisco monitorerà le spese che dovrebbe sostenere una delle famiglie tipo. Non si tiene conto che quelle spese potrebbero essere pagate con i risparmi accumulati o dagli aiuti, nel caso dei figli, dei genitori. Spetta, inoltre, al contribuente provare di non essere un evasore. L’inversione dell’onere della prova ributta l’Italia ai primordi del Diritto. Che dire? La morale, culturale e politica, che se ne può trarre è semplice: con l’instaurazione dello Stato di polizia fiscale ? che, in realtà, indagando sugli stili delle persone, entra nelle loro vite ? l’Italia è scivolata nello Stato di polizia tipico dei totalitarismi del XX secolo. Ministro dell’Economia Vittorio Grilli, prima di firmare questa sconcezza, non sarebbe stato meglio pensarci su? Presidente del Consiglio Mario Monti, questa Italia pauperista e illiberale nella quale vuole farci vivere sarebbe il Paese che ha recuperato credibilità internazionale? Andiamo. Piero Ostellino, Il Corriere della Sera, 7 gennaio 2013

.……………..Questo articolo di Piero Ostellino, liberale al di sopra di ogni sospetto, è stato pubblicato dal Corriere della Sera e la sua lettura ha fatto andare in til il direttore della Agenzia delle Entrate, quel tal Beferqa che guadagna 650 mila eruo l’anno,l qualciodsa ccome 50 mila euro al mese più tredicesima, quanto non ne guadagnja neppure il presidnete degli Stati Uniti che si ferma ad “appena” 300 mila dollari, più o meno 250 mila euro all’anno. Ebbene i, signor Befera, con una lunga lettera oggi pubblicata dal Corriere, irride e deride con toni sarcastici e al limite dell’unsulto a Piero Ostellino a cui manca poco che dica che non capisce un c…o. Tanto che il direttore del Corriere che ha commentato la lettera di Befera, che si è lamentato per non essere stato paragonatgo alle SS naziste, con queste parole: Caro Befera, il Corriere e Ostellino rispettano il suo lavoro. Lei è stato difeso da questo giornale in più di una occasione. Le critiche, anche dure, in democrazia sono legittime. Se il tasso di suscettibilità che traspare dalla sua lunga lettera è misura della serenità e dell’equilibrio con cui l’Agenzia che autorevolmente presiede opera sul territorio e dialoga con i contribuenti, c’è di che preoccuparsi. (f. de b.). Se sinache il modertatissimo de Bortoli arriva a dirsi preoccupato della mancanza di serenità e di equilibrio del direttore Befera e dei suoi collaboratori, cosa debbono temere i semplici contribuenti italiani dalle diavolorie da stato di polizia inventate da Befera che, tra l’altro, è un controllore che non si sa da chi sia controllato. g.

LE TASSE DI MONTI DALLA BOCCONI A BOCCHINO, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 7 gennaio, 2013 in Politica | No Comments »

Dalla Bocconi a Bocchino il passo non è breve ma Monti è riuscito a farlo. Dal numero due (in tutto sono in tre) del Fli, partito alleato al quale Monti affida il suo (e nostro) futuro, il premier ha imparato velocemente a mentire e a tradire le parole date.

Ieri, a Sky Tg24, il premier ha detto infatti le seguenti cose. L’Imu? Va ripensata. Il nuovo aumento dell’Iva da lui deciso per luglio? Va congelato. L’Irpef? Si può abbassare. Il rigore? Non è più un dogma. Pensare che solo tre giorni fa il professore bocchiniano sbeffeggiava Berlusconi e minacciava gli italiani: se si tocca l’Imu – diceva – andiamo a rotoli, si torna subito a votare entro un anno e i cittadini dovranno pagarla doppia.

Che cosa sia successo in questi tre giorni da fare cambiare radicalmente idea al tecnico dei tecnici è un mistero. Ma forse no, forse Monti ieri mattina ha letto il Corriere della Sera e La Repubblica e gli ha preso un colpo. Sul primo campeggiava un sondaggio che vedeva la sua ammucchiata Monticarlo buon ultima nelle intenzioni di voto degli italiani, dietro anche Grillo e doppiata da Berlusconi. Sul secondo quotidiano, il fondatore e amico Eugenio Scalfari gli dava il benservito in modo chiaro e irrevocabile.

Abbandonato dagli elettori e dai salotti della sinistra chic, Monti sta cercando di correre ai ripari. Ma ormai è tardi e la sua avventura politica rischia ora di finire ancora prima del via. Ha capito che la sua amica Merkel poco può fare per aiutarlo, che i suoi amici banchieri internazionali a comando muovono lo spread ma non i voti, che i fedeli ascoltano (forse) i cardinali su princìpi di fede ma non in fatto di tasse.

E allora via con la retromarcia. Ha scherzato, il professore, a spremerci come dei limoni. Ma questa volta spero nessuno ci caschi. Monti ha mentito a Napolitano quando, dopo aver intascato il vitalizio (24mila euro al mese) di senatore a vita, giurò che non sarebbe mai sceso in politica. Ha mentito a Pdl e Pd ai quali ha chiesto aiuto in cambio di neutralità. E ora sta mentendo agli italiani, ai quali chiede voti da portare all’indomani delle elezioni in omaggio alla Merkel. Per continuare nella sua opera di affossatore di famiglie e imprese. Delle lacrime di coccodrillo non sappiamo che farcene. Alessandro Sallusti, 7 gennaio 2012

L’IMU E’ INCOSTITUZIONALE: ECCO PERCHE’ E COME RIAVERLA

Pubblicato il 6 gennaio, 2013 in Economia, Politica | No Comments »

Roma L’Imu è incostituzionale. E i contribuenti potranno chiederne il rimborso al servizio tributi del proprio Comune.

L’idea shock è dell’ex ministro Giulio Tremonti, che nel corso della trasmissione In Onda, su La 7, condotta da Nicola Porro e Luca Telese, spiega: «L’Imu viola la Costituzione per la rivalutazione di colpo e di imperio delle rendite catastali a cui è incardinata, che peraltro non coincidono necessariamente con il valore degli immobili». Questo fa dell’imposta una sorta di «patrimoniale permanente», peraltro inflitta in un periodo di gravissima crisi. «Il debito di imposta – spiega Tremonti – resta negli anni invariato mentre i valori immobiliari precipitano, creando uno scollamento dai principi costituzionali di capacità contributiva e di eguaglianza tra i cittadini. Si crea di fatto una discriminazione tra chi, godendo di alti redditi, potrà conservare la proprietà dell’immobile e chi, non avendo redditi sufficienti per pagare l’Imu, sarà costretto a venderlo. In questo modo l’Imu va in direzione radicalmente opposta alla carta costituzionale: non favorisce l’accesso alla proprietà dell’abitazione e non tutela il risparmio», diventando addirittura un’«imposta contro il patrimonio. Disumana per le famiglie e suicida per l’economia, che resta bloccata».

Una ribellione? «No, una semplice valutazione di costituzionalità», minimizza Tremonti. Secondo cui l’Imu contravviene ad almeno tre articoli della Costituzione: il numero 3 (quello che celebra l’uguaglianza tra cittadini), il 47 (sia nella parte che «incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme» sia in quella che «favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione») e il 53 («tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva»). Il rimborso dell’Imu può essere richiesto da un cittadino singolo o in class action (i moduli sono scaricabili dal sito del movimento di Tremonti, www.listalavoroliberta.it, che durante la trasmissione è andato in tilt per l’enorme numero di accessi: oltre 10mila le richieste); se il Comune non risponde entro 90 giorni si può fare ricorso alla Commissione tributaria provinciale, che se ritiene ammissibile un ricorso può trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale per costringere quest’ultima a esprimersi. «Basta che la Consulta dia ragione a un ricorrente per rendere il rimborso alla portata di tutti», dice Tremonti prefigurando uno scenario a suo modo rivoluzionario.

Naturalmente sullo sfondo c’è la figura di Mario Monti, sulla quale Tremonti va giù duro: «L’Imu era stata introdotta dal governo Berlusconi, ma a partire dal 2014, a invarianza di gettito, senza toccare la prima casa e senza rivalutazione della rendita catastale. Una cosa ben diversa dall’Imu di Monti. Il quale quando dice che l’Imu è un frutto malvagio ereditato dice il falso. E facendo della moralità la sua bandiera politica, ciò è immorale». Tremonti stuzzica Monti e la sua formazione-matrioska («sviti Monti ed esce Casini, lo sviti ed esce Fini, lo sviti ed esce Montezemolo…»), si bea della sua sovraesposizione mediatica («più va in tv meglio è per noi»), irride la sua credibilità internazionale («è apprezzato perché fa gli interessi degli altri Paesi») e fingendo un lapsus definisce la sua l’«agenda Merkel». Andrea Cuomo, 6 gennaio 2013