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FUNERALE ANTICIPATO? BERLUSCONI FA ANCORA PAURA, di Vittorio Feltri

Pubblicato il 7 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Tanto stupore e tanto scalpore per il ritorno, spesso annunciato, di Silvio Berlusconi. All’evento, ieri, ha dedicato l’articolo di fondo addirittura il Corriere della Sera con la penna del direttore, Ferruccio de Bortoli.

Il quale, se mi è consentito sintetizzarne brutalmente il pensiero, sconsiglia il Cavaliere dal rimettere il piede in campo, perché ciò impedirebbe al Pdl di emanciparsi dal fondatore e di riprendersi i consensi degli elettori moderati (si fa per dire), ancora numerosi ma indisponibili a seguire il deludente ex premier.

Il Corriere fra l’altro dà per scontata la vittoria di Pier Luigi Bersani alle prossime politiche, dalla cui parte si schiera- legittimamente – senza mezzi termini, esattamente come fece nel 2006, quando appoggiò Romano Prodi impegnato nello scontro con Berlusconi. Mi domando: se il risultato delle venture consultazioni è segnato (trionfo del centrosinistra senza centro), che importanza ha se a guidare il centrodestra sia Berlusconi o un altro, magari Angelino Alfano?

Evidentemente il discorso di de Bortoli tradisce un’inquietudine se non una preoccupazione. Questa: non sarà che quel diavolaccio di Arcore, mille volte dato per finito, si accinga con un colpo di reni a rendere la vita difficile al segretario del Pd, costringendolo a fare gli straordinari per spuntarla? D’altronde, anche sei anni or sono, in piena campagna elettorale, il Cavaliere era dato per spacciato (aveva un distacco di 10 punti dall’avversario), ma negli ultimi giorni rimontò, perdendo di un soffio.

Se non fosse questo ricordo a turbare il pensiero del direttore del Corriere , non si comprenderebbe perché lo storico quotidiano milanese dovrebbe caldeggiare l’uscita di scena – per amor di patria -dell’uomo che detiene il record di permanenza a Palazzo Chigi. Se questi fa paura ai progressisti, non può essere considerato (con­traddittoriamente) finito, bensì ancora in grado di riservare sorprese. In effetti, per quanto Berlusconi da alcuni mesi sia stato tormentato dai dubbi ( vado, resto; primarie sì, primarie no; fiducia ad Alfano oppu­re mica tanto?) è ancora una minaccia per il Pd, nonostante Bersani muoia dalla voglia di sfidarlo.

D’accordo che i sondaggi sono da prendere con le pinze, tuttavia non bisogna trascurarli: non ce n’è uno che indichi l’esistenza di un personaggio emergente alternativo a Silvio, cioè più idoneo di lui a riconquistare i consensi dei cittadini delusi dalla politica e, presentemente, intenzionati a incrementare l’astensionismo. Non svelo alcun mistero se dico che, stando a recenti studi demoscopici, un Pdl ripulito e rivitaminizzato, sotto la guida del vecchio leader è valutato dal 22 al 25 per cento: una percentuale insufficiente per governare, però bastevole a formare un’opposizione forte e pronta – se la legislatura sarà tribolata – a diventare maggioranza in caso di elezioni anticipate.

Il piano di Berlusconi si basa su questi elementi, suppongo, e non pare campato in aria. Merita un tentativo di attuazione, posto che gli alleati di Bersani non sono affidabili: il Sel di Nichi Vendola fa venire i brividi, l’Udc sista prosciugando (un giorno è sul melo, un altro è sul pero), i montezemoliani ci sono ma non si vedono.

Insomma, a primarie archiviate, il Pd da solo mostra di non garantire la governabilità. Quindi la partita è tutta da giocare. Prima di fare il funerale al Pdl, occorre ucciderlo. Vittorio Feltri, 7 dicembre 2012

.…….E’ così. Se Berlusconi è morto e sepolto perchè mai da De Bortoli a Tarquinio, direttore de L’Avvenire, dalla  Dandini al solito Saviano  ai giornaloni inglesi che grondano preoccupazione per noi mentre se ne impipano dei guai grossi di Sua Maestà brittanica, dovrebbero spendere fiumi di inchiostro per attaccarlo? Qualcosa non quadra e ciò che non quadra lo racocnta bene Feltri il quale sottolinea come al momento non c’è nessuno che nel centrodestra abbia lo stesso appeal elettorale  di Berlusconi. Certo anche questo è colpa di Berlusconi che ha ammesso al suo seguito tanti asini ma si dà il caso che qualcuno che asino no  era,  che pure c’era,  ha preferito altre strade che portano  lontano dal centrodestra e sopratutto lontano dalla gente comune, dal mondo dei moderati, del ceto medio del quale proprio oggi il Censis ha certificato la morte. Quel che resta di quel mondo, dopo la cura da cavallo inflittagli da mr. Monti (di certo prefisce essere chiamato all’inglese in attesa che anche da quelle aprti qualcuno gli riconosca le grandi doti di economista e lo faccia baronetto perchè possa insignirsi del titolo di sir), è sfiduciato, sull’orlo di una crisi di nervi, incapace di reagire. Chissà, forse  il ritorno di Berlusconi può fungere da stimolo e da reagente, capace di recuperargli la volontà di risalire la china. Che  sia questo timore  la vera ragione della rabbiosa reazione degli asini di sinistra contro il ritorno di Berlusconi? g.

DAGOSPIA RIVELA UN PIANO PER METTERE L’ITALIA NELLE MANI DEI BANCHIERI

Pubblicato il 7 dicembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Nei bar puzzolenti della City dove si ritrovano i trader con le bretelle rosse, non si percepisce la paura dell’Apocalisse per la discesa in campo di Mister Berlusconi e per l’eventuale fine del Governo Monti.

MARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpegMARIO MONTI E VITTORIO GRILLI jpeg

Questo secondo evento era già stato previsto da alcune settimane, e gli analisti più intelligenti quando parlavano del Professore di Varese, lo definivano con le parole di Oscar Wilde: “un bicchiere di talento in un mare di ambizioni”.

HOLLANDE MONTI MOAVERO GRILLI A BRUXELLESHOLLANDE MONTI MOAVERO GRILLI A BRUXELLES

Che il premier italiano avesse il fiato corto ed esaurito tutte le cartucce è parso più chiaro che mai durante la conferenza stampa di ieri sera dove Monti aveva stampata sul viso un’aristocratica desolazione.

A confermare la parentesi del suo Governo e la precarietà del sistema-Italia ci aveva pensato il pallido Vittorio Grilli quando il 14 novembre era volato a Londra per una serata di beneficienza e si era attovagliato con il gotha della finanza italiana d’oltre Manica.
La cena era strettamente privata e intorno al tavolo c’erano tutti i personaggi che contano nelle banche e nei fondi italiani e stranieri che operano nella City desiderosi di saperne di più sullo stato di salute della Penisola e sulle intenzioni del Governo.

DRAGHI E MERKELDRAGHI E MERKEL

Tra i presenti c’era pure Davide Serra, il gestore del fondo Algebris che in quei giorni si era esposto con parole e quattrini per sostenere la candidatura del suo amico di Firenze, Matteuccio Renzi.

A Grilli piacque molto il clima familiare e riservato di quell’incontro ed è questa la ragione per cui non si sottrasse alle domande neanche quando gli fu chiesto se il Governo avesse intenzione di chiedere lo stato di crisi alla “troika” composta dagli uomini in grigio di Ue, Fondo Monetario e Bce.

CHRISTINE LAGARDE FOTOCHRISTINE LAGARDE FOTO

La risposta di Grilli fu chiara e limpida: “probabilmente – disse il pallido ministro – chiederemo lo stato di crisi prima di aprile”.

Alle orecchie del pubblico attento, sofisticato e informato queste parole, pronunciate con flemma tipicamente inglese, non sono calate come una bomba e come l’inizio di una tragedia, bensì come una sorta di rassicurazione a conferma che un piano esiste veramente se i mercati internazionali dovessero decidere di picchiare duro sull’instabilità della politica italiana.

Bersani MontiBersani Monti

I giornali italiani, piu’ attenti alle vicende personali di Grilli e alle sue telefonate con Ponzellini, non hanno dato grande rilievo a questa importante affermazione del numero Uno del tesoro che Dagospia nella sua infinita miseria ha raccolto non soltanto nei bar puzzolenti della City, ma anche da un partecipante alla cena caritatevole. E c’è da chiedersi a questo punto perché gli ospiti della serata, che si è svolta il 14 novembre, siano usciti dal convivio senza comunque attaccarsi ai monitor per mandare un segnale a Monti e alle forze politiche che fino a ieri lo hanno sostenuto.

DRAGHI-NAPOLITANODRAGHI-NAPOLITANO

Secondo le indiscrezioni raccolte, la richiesta dello stato di crisi e l’intervento eventuale della “troika” prima delle elezioni di primavera, permetterebbe all’attuale Governo di negoziare e di definire direttamente le condizioni che l’Italia sarebbe tenuta a rispettare negli anni a venire. E ciò dovrebbe valere indipendentemente da chi vada al Governo. In pratica, il piano messo a punto da Napolitano e dal Professore di Varese sarebbe quello di creare le condizioni per cui chiunque arrivi a Palazzo Chigi a marzo o ad aprile (si chiami Monti oppure Bersani) si trovi con i giochi già fatti e non possa che allinearsi alla cintura di sicurezza rappresentata dai dettami dei tre uomini in grigio della “troika”.

mario DRAGHI E MONTImario DRAGHI E MONTI

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di fantaeconomia, mentre per altri il piattino di un’Italia a sovranità limitata sarebbe servito a dovere senza la possibilità di uscire dal gioco stretto delle istituzioni internazionali come la BCE che il 5 agosto dell’anno scorso inviò la famosa lettera provocando la caduta del Cavaliere impenitente.

Il preludio allo scenario della “troika” che sbarca in Italia si vedrà a gennaio quando i tecnici del Fondo Monetario sbarcheranno a Roma per analizzare il sistema finanziario del Paese.

PIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARIPIERLUIGI BERSANI GIUSEPPE MUSSARI

Qualcuno come il boccoluto Giuseppe Mussari, presidente dell’Abi, ha già capito che non sarà una visita di cortesia e ha rilasciato una dichiarazione di guerra dai toni preoccupati che suona così: “se questo è un percorso per inventarsi un nuovo cataclisma, abbiamo tempo per prepararci”.

L’ex-capo di MontePaschi parla a nome dell’Abi, l’Associazione dei banchieri, e teme che l’arrivo dei tecnici del Fondo Monetario consenta di ficcare il naso dentro le banche e la loro enorme mole di crediti deteriorati.

Da parte sua Grilli non sembra in preda al panico per la svolta politica e per una crisi dei mercati che potrebbe flagellare il nostro Paese. E lo dimostrano gli incontri di cui parla oggi il quotidiano “MF” che sono stati avviati al Tesoro alla fine di novembre e continueranno nei prossimi giorni con gli esponenti delle roccaforti finanziarie internazionali.

VITTORIO GRILLIVITTORIO GRILLI

Al ministero di Grilli chiamano questi incontri “brown bag lunch meeting” (pasti veloci da consumare in compagnia) e i primi sono già avvenuti con il capo economista per l’Europa di Barclays, e con una giovane donna, Silvia Ardagna (39 anni originaria di Caserta), che oltre ad insegnare ad Harvard ha la carica di senior economist ed executive director nella banca d’affari Goldman Sachs. L’agenda di Grilli prevede che il prossimo 21 dicembre incontrerà Robert Chote, uno dei più stretti collaboratori del Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne.

DAVIDE SERRADAVIDE SERRA

Non è previsto invece alcun incontro con Davide Serra, e qui ritorniamo alla serata del 14 novembre con il gotha della finanza italiana quando tutti i partecipanti hanno notato come il ministro si tenesse lontano dal finanziere delle Cayman che si è speso tanto per il sindaco di Firenze.

Molti nella City hanno spiegato che la diffidenza di Grilli nasce dalla vicinanza molto intima tra l’uomo di Algebris e Corradino Passera. Addirittura c’è chi nei bar puzzolenti del Tamigi giura che ad accendere il fuoco sacro di Serra per il sindaco di Firenze sia stato proprio il ministro ex-banchiere che ieri, con una gaffe apparentemente innocente, ha messo sul tavolo di un futuro governo a guida Bersani la sua fiche per una poltrona ministeriale.

Corrado PasseraCorrado Passera

Adesso è inutile tornare a chiedersi se la sparata di Passera contro Berlusconi sia stata concertata anche grazie alla sua amicizia con Davide Serra, conosciuto dai tempi in cui il Corradino banchiere investiva quattrini di BancaIntesa nei fondi Algebris. Ed è una perdita di tempo capire se il finanziere di Genova e il sindaco fiorentino sono diventati amici per merito di Corradino Passera.

Più interessante è scoprire quali saranno i passi finali del Governo Monti e del suo ministro del Tesoro. Il Professore di Varese non vuole che la sua parentesi di artista dell’austerity si chiuda in un modo banale. Ma è difficile immaginare che voglia passare alla storia non solo per l’inchiostro nero del rigore, ma anche creando le condizioni per un lasciapassare alla “troika” che ha già previsto di mettere sotto tutela il nostro Paese. Fonte:DAGOSPIA, 7 dicembre 2012

BERLUSCONI RILANCIA IL PDL: POSSIAMO ARRIVARE AL 30%

Pubblicato il 7 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

La palla di neve che in pochi minuti si trasfor­ma in una devastante slavina è l’sms che Gasparri in­via a Letta quando sono ormai le dieci di sera di un mercole­dì convulso.

Silvio Berlusconi e Mario Monti a Montecitorio

Nelle ricostruzio­ni del vertice di qualche ora prima uscite sulle agenzie, si parla infatti di un Berlusconi pronto al passo indietro, det­taglio che il Cavaliere non prende affatto bene. A cena a Palazzo Grazioli ci sono Alfa­no, Verdini, Brunetta e Ghedi­ni ed è davanti a loro che l’ex premier non si tiene più. Pren­de carta e penna e scrive di get­to un comunicato durissimo nonostante qualche ritocco del sempre prudente Letta. Il senso è chiaro: me lo chiedo­no in tanti e sono pronto a tor­nare.
Berlusconi, dunque, tira dritto. E lo fa in maniera così netta che Alfano non ha esita­zioni nel mettergli a disposi­zione i suoi comitati per le pri­marie (che ovviamente – e co­me era largamente prevedibi­le – non si terranno). Ed è sem­pre in quella cena che il Cava­liere decide che è arrivato il momento di affondare i colpi contro il governo Monti. Un antipasto della campagna elettorale ormai alle porte, ma soprattutto una risposta ad un esecutivo che «non man­tiene gli impegni presi». Il provvedimento sulla incandi­dabilità dei condannati lo ab­biamo appoggiato anche noi ma- è il senso del ragionamen­to di Berlusconi – nel pacchet­to c’era anche la responsabili­tà civile dei magistrati e il ddl sulle intercettazioni. Di tutti e due nulla di fatto. Così arriva l’ordine di scuderia: prima al Senato e poi alla Camera il Pdl non partecipa al voto di fidu­cia. Per dare «un segnale». Una presa di distanza netta dal governo con una richiesta chiara:fare l ’election day ,pos­sibilmente a febbraio. Questo dirà stamattina Alfano quan­do salirà al Quirinale per in­contrare Giorgio Napolitano. Altrimenti il Pdl dopo il voto sulla legge di stabilità si senti­rà libero di far saltare il banco.
L’ex Guardasigilli fa poi sa­pere che Berlusconi «tornerà in campo da protagonista». Sarà lui, insomma, a dare an­cora una volta le carte, che poi questo significhi davvero can­didarsi a Palazzo Chigi la cosa resta da decidere. Di certo, c’è che la sfuriata di mercoledì se­ra e la ridiscesa in campo del Cavaliere ha compattato il partito al punto che nel verti­ce di ieri a Palazzo Grazioli nessuno ha fatto obiezioni. Certo, qualche presa di distan­za c’è. Come quelle di Pisanu, Frattini e Mantovano. E del ca­podelegazione a Bruxelles Mauro che insieme a Formigo­ni rappresenta quella parte di Cl con cui la rottura è sempre più netta. «E pensare – diceva mercoledì sera il Cavaliere ­che sono perfino andato a Var­savia a perorare la candidatu­ra di Mauro alla presidenza del Parlamento europeo».
Ora,c’è solo da capire quan­to profondo sarà il restyling del Pdl, non solo nel nome ma anche nelle persone visto che Berlusconi ripete come un mantra di volere «facce nuo­ve ». Con un buon programma e giovani promettenti, assicu­ra l’ex premier durante i vari vertici, possiamo puntare ad un 30%. «Ed essere – spiega in privato – o il primo partito di governo o il primo d’opposi­zione ». Lo guiderà lui, ma non è escluso un ticket – magari con Alfano – per il candidato a Palazzo Chigi. 7 DICEMBRE 2012

….Ciò che non è mai mancato a Berlusconi è l’ottimismo che è la prima virtù dell’uomo di successo, anzi è la prima virtù di chiunque voglia combattere: non è vero che si combatte per partecipare, questo non è vero neppure nello sport, si partecipa per vincere e per vincere occorre avere una valanga di volontà per farlo,  il che, tradotto, vuol dire essere in possesso di una dose massiccia di ottimismo. Altrimenti si perde in partenza. Berlusconi s’era appannato, aveva perso ottimismo e perciò si sentiva fuori dalla mischia. E’ bastato però che fatti e circostanze (leggi persecuzione giudiziaria e vessazione politica) lo rimotivassero che Berlusconi si è sentito nuovamente scosso dalla volontà di tornare a combettere e vincere. Già nel 2006, dopo 5 anni d sfibrante oscillazione tra i due caballeros Fini e Casini, quando era da tutti dato per perdente, Berlusconi incrociò la spada con il suo antagonista, Prodi, che doveva vincere alla grande grazie al porcellum, voluto da Fini e Casini e scritto materialmente da Calderoli, e alla fine perse per appena 24 mila voti alla Camera – 24 mila voti su 40 milioni di elettori – e vinse al Senato con oltre 300 mila voti di scarto su Prodi che al Senato per sopravvivere un paio d’anni dovette far ricorso al voto “amico” dei senatori a vita, la più stupida delle anomalie della Costituzione italiana  che non trova eguali in nessuna parte del mondo democratico. Anche ora è dato largamente perdente ma forse proprio questo – l’odore della sfida – lo invoglia a “ritornare in campo” , con la voglia di rivincita e di vincita. Ce la farà? Chissà…Tutto è possibile in un Paese come il nostro, dove albergano e si incrociano vizi e virtù di ogni genere, dove la gratitudine politica cessa quando incomincia il proprio tornaconto, dove spesso, anzi, sempre, come diceva Flaiano, si sale con acrobatica velocità sul carro dei vincitori e si ridiscende non appena io carro perde non una ruota ma un minuscolo perno senza del quale, però, la ruota non gira. Berlusconi ha dalla sua la sua storia, ma ha contro due cose fondamentali: non aver mantenuto molte delle promesse fatte e di aver fatto senatori e deputati molti asini. Sulla prima gli italiani, per tradizionale abitudine, sono anche pronti a dimenticare, sulla seconda no. Berlusconi se come dice cambierà molte facce, quasi tutte, forse aiuterà gli italiani a perdonarlo per averne tradito le speranze e magari a rivotarlo, e magari facendolo tornare a vincere perchè manenga le promesse, vecchie e nuove. g.

ECCO PERCHE’ IL CENTRO DESTRA HA DECISO DI LICENZIARE I “TECNICI”

Pubblicato il 7 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

In un documento il Pdl elenca gli errori del governo Monti: crollo del Pil, frenata dei consumi e imprese senza futuro. Il 22,6% dei bambini rischia la povertà, mentre la pressione fiscale è al 48,3%: due famiglie su tre intaccano i risparmi

Un documento di dieci car­telle. Numeri, cifre, previsioni che rappresentano sotto ogni angolatura (economia, finanza pubblica e produzione) lo sface­lo che il governo Monti lascia dietro sé.

Questo documento, messo a punto da Renato Brunetta , è al­la base­ della rifles­sione che ha indot­to Silvio Berlusco­ni a tornare in «campo» liquidan­do i tecnici.

CROLLA IL PIL, AUMENTANO I DISOCCUPATI

Nel 2012 il pil italiano, secon­do i dati Istat, è di­minuito del 2,3% rispetto all’anno scorso, mentre il tasso di disoccu­pazio­ne ha tocca­to il massimo de­gli ultimi 10 anni avvicinandosi al­l’ 11 per cento. Il governo dei «tec­nici » ha de facto consegnato il Pa­ese a una spirale recessiva: l’anno prossimo il pil do­vrebbe continua­re a calare (-1% secondo l’Ocse) e anche i disoccu­pati con­tinueran­no ad aumentare (11,4% nel 2013 e 11,8% nel 2014). Tasse e perdita di posti di lavoro hanno determi­nato la flessione dei consumi (-3,2%): calate di oltre la metà le spese per andare al ristorante, per le vacanze e persino per l’ab­bigliamento. In frenata la pro­duzione industriale (-4,2%). Gli investimenti delle imprese e dello Stato, perciò, latitano (-7,2% per l’Istat). Massiccio, perciò, il ricorso alla cassa inte­grazione: per il 2012 la Cgil ne stima un utilizzo per oltre un mi­li­ardo di ore con 510mila lavora­tori coinvolti.

SENZA SPERANZE

Ma è la «fotografia» della so­cietà italiana a rendere lo scena­rio drammatico. La disoccupa­zione giovanile ha aggiornato il proprio record al 35,7%, men­tre le donne che lavorano sono solo il 47,2% (-11,4 punti in me­no rispetto alla media Ue). Ne consegue, come evidenzia la Caritas, che gli italiani costretti a rivolgersi ai centri assistenzia­li sono ormai il 33,3%, cioè uno su tre e nei primi sei mesi del­l’anno sono aumentati gli inter­venti di assistenza materiale per casalinghe, pensionati e an­ziani. Allo stesso tempo, osser­va Save The Children, il 22,6% dei bambini italiani è a rischio povertà, mentre 1,8 milioni di fan­ciulli già vivono in condizioni di priva­zione. Il governo di Monti ha reso l’Italia un Paese da terzo mondo.

SOLO TASSE

Gli italiani sono diventati più poveri tra Imu, accise e pro­grammati aumenti dell’Iva, ma le finanze pubbliche hanno continuato a peggiorare. La pressione fiscale ha raggiunto il 43,8% del pil, massimo stori­co. L’Italia è in fondo alla classi­fica (131simo posto) dei Paesi amici delle imprese. Il salasso, però, non è servito a nulla: il rap­porto debito/pil, ammonisce l’Ocse,quest’anno dovrebbe at­testarsi al 127,8% e continuerà a salire fino al 2014 (132,2%). L’atteso pareggio di bilancio è un obiettivo non più raggiungi­bile ( quest’anno il deficit/pil sa­rà al 3%). e anche la mina dello spread, che aveva indotto Ber­lusconi a fare un responsabile passo indietro, non è stata disin­nescata: il differenziale di rendi­mento tra i nostri Btp e i Bund te­deschi è rimasto costantemen­te sopra i 300 punti negli ultimi 4 mesi dopo esser sceso sotto quota 400 per effetto dell’an­nunciato intervento della Bce. Monti, insomma, non è riusci­to a tagliare la spesa per interes­si che zavorra i conti pubblici.

UN PAESE PIÙ POVERO

La dieta dimagrante a cui ci hanno costretto Monti, Grilli e Passera ha eroso quest’anno il risparmio del 64% delle fami­glie italiane. Inevitabile rompe­re il salvadanaio se non si riesce a far fronte alle spese per l’abita­zione ( 250mila sfratti per moro­sità attesi nei prossimi tre an­ni). Le compravendite immobi­liari sono calate del 25%annuo tra luglio e settembre. Nei pri­mi 9 mesi 2012 sono state imma­tricolate il 20,5% di auto in me­no rispetto al 2011 e il 75% dei concessionari vuole cambiare mestiere. Cosa che dovrebbero fare anche Monti & C.

Fonte Il Giornale, 7 dicembre 2012

NEL 2013 LA PRESSIONE FISCALE SALIRA’ AL TETTO RECORD DEL 45,8%.

Pubblicato il 6 dicembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Pressione fiscale alle stelle. La stima fatta dall’ufficio studi di Confcommercio raggiungerà, nel 2012, quota 45,2%, a fronte della stima del governo del 44,7%, per arrivare fino al 45,8% nel 2013.

La pressione fiscale, “arrivata alla soglia record del 55%, calcolando anche il sommerso, è a livelli insostenibili e insopportabili” afferma il presidente Confcommercio Carlo Sangalli. La congiuntura economica negativa avrà effetti, inevitabilmente, sui consumi delle prossime festività: “E’ un record negativo che diventa insopportabile – ha sottolineato Sangalli -. L’effetto recessivo non risparmierà nemmeno il Natale. Ogni famiglia spenderà per consumi il 13,2% in meno del 2011″.

Per la quasi totalità degli italiani (il 95,4% degli italiani) il prossimo “sarà un Natale dimesso”. E il 13,7% non farà regali (l’anno passato il dato era all’11%). Fortunatamente la depressione non ha preso il sopravvento: l’86,3% degli italiani ha ammesso che farà regali. Anzi, qualcuno, si è già mosso per tempo: il 13,2% ha fatto acquisti già nella prima metà di novembre. E per risparmiare si utilizza di più internet (acquisti online aumentati dal 13% al 28%). Complessivamente si spenderà di meno: il budget di spesa rispetto al Natale precedente sarà inferiore per il 51,4% degli intervistati, uguale per il 46,9%, superiore solo per l’1,7%. Gli italiani spenderanno fino a 300 euro nell’89,5%. La spesa media pro capite per i regali di Natale sarà comunque di 164 euro.

Capitolo tasse. L’Imu per il 2012 vede triplicare le entrate per lo Stato rispetto all’Ici, passando da 9 a 28 miliardi: se si confronta questa cifra con i dati del governo che stimano, con le aliquote provvisorie, il gettito in circa 21 miliardi, sono disponibili 7 miliardi in più. Confcommercio chiede di utilizzare questo maggior gettito dell’imu, stimabile da 3 (nell’ipotesi minima di 24 miliardi) a 7 miliardi per ridurre le tasse. “Il maggior gettito imu, il tesoretto deve essere restituito alle famiglie” ha sottolineato il presidente di Confcommercio, indicando come “può essere l’occasione per alimentare subito il fondo taglia-tasse, riducendo quelle delle imprese, o per derubricare definitivamente il paventato incremento dell’Iva”.

……Mentre questi dati girano sul web, si incrociano le notizie sulla imminente crisi del governo tecnico e sul ritorno di Berlusconi sulla scena. Si vada al voto e si restyiuisca alla politicva il ruolo che le spetta, confinando i cosiddetti tecnici che in in questo anno hanno combinato pastyicci senza risolvere nessun problema al loro ruolo, al più di consulenti, ma senza soldi e prebende. g.

IL PDL SI SVEGLIA E SIDUCIA IL GOVERNO: MONTI SCRICCHIOLA.

Pubblicato il 6 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Il governo è sempre più appeso a un filo. Adesso il premier Mario Monti rischia di non avere più i numeri in parlamento. La maggioranza scricchiola.

Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera in Senato

L’incidente si apre a Palazzo Madama dove vota la fiducia al decreto legge sviluppo. Pur garantendo il numero legale, il Pdl ha infatti deciso di non appoggiare più i tecnici. “Il Pdl – ha dichiarato il capogruppo Maurizio Gasparri – vuole esprimere il passaggio del nostro gruppo alla  posizione di astensione nei confronti del governo”. Immediata la reazione del Pd: “Se il governo non ha più la maggioranza, Monti deve salire al Quirinale”.

Il Senato ha votato “sì” alla fiducia posta dal governo sul decreto sviluppo. I voti favorevoli sono stati 127, i contrari 17, gli astenuti 23. Una maggioranza risicata, insomma. Anche Monti è corso in Aula e si è votato la fiducia. Ma, all’indomani del vertice fiume tra Silvio Berlusconi e lo stato maggiore del partito, il Pdl ha deciso di non votare. “È un fatto non indifferente – ha fatto sapere il presidente del Senato Renato Schifani – informerò il presidente della Repubblica”. Senza far mancare la maggioranza, non ha appoggiato più le misure messe in campo dall’esecutivo in materia economica. Nel corso delle dichiarazioni di voto, alcuni senatori del Pdl hanno sottolineato la loro contrarietà alle parole del ministro allo Sviluppo Economico Corrado Passera, che questa mattina aveva criticato il Cavaliere per la sua decisione di ricandidarsi. L’ex ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, ha dichiarato che non parteciperà al voto perché “un ministro non può offendere un partito che gli ha consentito di governare per un anno”. Non tutti, però, hanno seguito l’indicazione data da Gasparri. Contrariamente al resto del gruppo che invece non ha partecipato al voto, il senatore Beppe Pisanu ha votato a favore della fiducia: “È indispensabile che il premier prenda atto e faccia i passi necessari almeno per ricostituire nella sua consistenza numerica la maggioranza che e è venuta meno”.

La presa di posizione del Pdl ha creato un forte nervosismo tra le file dei democratici. “Se il Pdl decide di passare all’astensione esce dalla maggioranza, questo vuol dire che il governo non ha più la fiducia della maggioranza delle aule parlamentari”, ha sottolineato il capo gruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro denunciando “un problema politico di enorme importanza”. “Oggi la fiducia ha i numeri che non rispettano la maggioranza del Senato”, ha continuato la Finocchiaro che, pur non avendo la palla di vetro, non ha escluso l’esito “tecnicamente” negativo per il governo. E questo avrebbe un’unica conseguenza: “Monti deve salire al Quirinale”. Soddisfatta, invece, la Lega Nord. “Finalmente il Pdl ha aperto gli occhi e ha deciso di non sostenere più il Governo”, ha commentato il capogruppo del Carroccio Federico Bricolo augurandosi che “il Pdl faccia sul serio” e che “continui su questa strada perché questo vuol dire che si possono aprire anche nuovi scenari politici”. Il Giornale, 6 dicembre 2012

LE PRIMARIE NON SONO DI DESTRA, di Vittorio Feltri

Pubblicato il 3 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Il bello delle primarie è che sono finite, quelle del Pd, e il brutto è che potrebbero cominciare, quelle del Pdl, nonostante siano antipatiche a Silvio Berlusconi, la cui opinione è influente.

Tutti concordano nel dire che la competizione fra Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi ha rivitalizzato il partito, soffocato da scorie comuniste. Ne prendiamo atto con soddisfazione. Constatare che l’anchilosata politica italiana si avvia sulla strada del rinnovamento fa sperare che i cittadini ritrovino un po’ di fiducia, adesso scarsissima, nelle istituzioni.

Non stupisce che sia stata la sinistra a dare la scossa, essendo abituata da sempre a mobilitare le masse con cortei, comizi, sventolio di bandiere, assemblee. Ha capito che nel Paese cresceva la protesta e addirittura il disgusto per lo scarso rendimento dei partiti, e ha deciso di riformare la propria liturgia logora nel tentativo, riuscito, di coinvolgere la base. Per la prima volta nella sua storia, ha messo a confronto il vecchio, incarnato dal segretario, con il giovane nella persona del sindaco di Firenze. Ne è uscita una gara appassionante, per quanto sgangherata, con regole discutibili e sbilanciata in favore del segretario: una specie di partita tra scapoli e ammogliati che comunque ha trascinato alle urne milioni di compagni, un record, di questi tempi.

Da qui in avanti, nel Pd potrà succedere di tutto: perfino che rompa la catena di trasmissione col sindacato più antiquato d’Europa, la Cgil e «filiali» varie. Una forza socialdemocratica in grado di camminare senza stampelle tardomarxiste sarebbe garanzia di maturità democratica. D’altronde, questo è ciò che voleva Renzi e lo ha ottenuto. Onore al merito. Poi vedremo come egli intende amministrare il patrimonio di voti che si è accaparrato. Qualcuno ipotizza una sua uscita dalla casa madre, finalizzata alla creazione di un nuovo partito, lasciando a Bersani i ferri arrugginiti recuperati negli scantinati di Botteghe Oscure. Presto per dire se sarebbe un bene o un male. In ogni caso, i lavori di ammodernamento sono iniziati e sarà difficile arrestarli.

Molti osservatori, avendo assistito alla fantasmagoria progressista, pensano che anche il Pdl, per non morire di inedia, dovrebbe promuovere in fretta primarie altrettanto sfavillanti. Ma non calcolano che manca la materia prima: cioè le folle di «fedeli» pronte a entusiasmarsi per un match che selezioni il candidato premier. Tramontata la Dc che si avvaleva dell’apporto e del supporto delle associazioni cattoliche nonché delle parrocchie, il centrodestra ha perso il terreno fertile su cui coltivare il consenso popolare.
Per parecchi anni, il Cavaliere ha colmato la lacuna col proprio carisma; adesso che la star si è offuscata a causa delle note vicende, i cosiddetti moderati non hanno più lo spirito e la verve per organizzare manifestazioni di piazza, kermesse, congressi veri né, tantomeno, votazioni interne. Gli stessi dirigenti del Pdl sono privi della carica necessaria per impegnarsi in una impresa simile a quella realizzata dai loro principali avversari. Danno l’impressione di essere solo preoccupati di conservare quanto è rimasto del partito, onde non scomparire dalla scena e non cedere tutte le poltrone.

Può darsi che nel Popolo della libertà (o in Forza Italia, le etichette hanno un valore relativo) si riaccenda il sacro fuoco, un domani, ma in questo momento non si vedono bagliori. Ecco perché ha ragione Berlusconi a scuotere la testa solo a udire la parola «primarie». Lui nasce costruttore. O si rimette subito a costruire qualcosa di eccitante o il centrodestra è destinato a diventare un rudere. Non si aspetti un grande aiuto dai suoi collaboratori: sono delusi e smarriti, assai spaventati. Hanno bisogno di credere, altrimenti si sparpagliano al grido «si salvi chi può!». Vittorio Feltri, Il Giornale, 3 dicembre 2012

.….Ecco, finalmente c’è chi lo dice senza fronzoli e giri di parole: le primarie non sono di destra. E  non sono neppure italiane. Sono americane, sono nate lì un paio di cento anni fa, regolano da allora le lezioni  del Paese più grande del mondo, anzi della Democrazia più vera del mondo e di quella Democrazia, le primarie, appunto, sono  il pilastro e il cemento. Ma come tutto ciò che ha senso in un determinato contesto, vanno bene lì dove sono nate, e dove fanno parte del dna degli indigeni, cioè degli americani. Insomma, non sono esportabili. Quelle della sinistra italiana, spacciate enfaticamente come il clone di quelle americane, sono in realtà il risultato di una poderosa macchina organizzativa che prima l’Ulivo, poi il PD, hanno ereditato dal PCI che resta il tronco da cui poi sono nati tutti gli altri. E’ la poderosa macchina organizzativa ex o post comunista che riesce a mettere in scena una…sceneggiata quali in effetti sono le primarie che hanno incoronato Bersani vincitore e quindi candidato premier del centrosinsitra alle politiche prossime a venire. Non ve n’era bisogno visto che lo statuto del PD prevede che sia il segretario a correre come premier tra l’altro nell’ambito della legge elettorale chiamata porcellum. Ma il PD, furbescamente, non certo per dare retta al sindaco di Firenze, e dietro l’alibi delle primarie di coalizione, altra fantasoosa bugia, le ha indette per aprire e celebrare una camopagna elettorale lunga mesi e mesi, con i riflettori della stampa e della TV accesi e quindi consapevolmente complici di un vero e proprio raggiro degli elettori. Raggiro del quale non si è reso conto il centrodestra che pensando così di uscire dalla crisi, rose irrimediabile, in cui si dibatte ha pensato di scimmiorttare la sinistra inviocandole come panacea alla sua crisi. Non sarebbe così, non solo per le cose che oggi scrive con dura franchezza Vittorio Feltri, ma anche perchè non  le capirebbero gli elettori che  alle primarie preferiscono di gran lunga coraggiose scelte politiche che ponessero fine al teatrino dei tecnici che invece di salvare il Paese lo hanno affondato, distruggendo la cosa più importante: la speranza nel futuro. Purtroppo, e anche in  questo dobbiamo dar ragione a Feltri, la classe dirigente dello schieramento di centrodestra – non solo quella che si identifica nel PDL – ma più vastamente  quella che  si estende anche oltre i confin del PDL, è la più sgangherata e lameno opresentabile delle classi dirigenti. La colpa maggiore è di Berlusconi, ma grazie a Dio, tutti ci hanno messo qualcosa per giungere a questo risultato. E l’incaponimento di taluni – tipo Alemanno, o Aledanno come lo definisce Dagospia – nel voler percorrere la strada delle primarie con il rischio di un flop che trasformi le primarie del centro destra  in un rimedio peggiore del male testimonia sino a che punto si sia giunti e come è in rigida salita la ricostruzione di un centrodestra capace di ritornare a vincere. g.

SALLUSTI COME GUARESCHI, UN CAMPIONE DI CORAGGIO DAVANTI ALLA BORIA DELLE TOGHE, di Giuliano Ferrara

Pubblicato il 2 dicembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Il tipo umano di Sallusti è unico. Ha la faccia da attore di un classico dell’horror anni Trenta, un Bela Lugosi in piena Transilvania. Però una piega della grinta vira sull’innocente, sul candido, sul Forrest Gump.

Bisogna poi dire che il comportamento pubblico, specie nella vicenda della sentenza e del carcere, è da aristocratico libertino. Dirige un Giornale da sempre araldo del cinismo longanesiano, ideologia conservatrice e strapaese, ma con la condanna per omesso controllo su una diffamazione Sallusti ha messo in moto una reazione psicologica e civile, personale e collettiva, che ha un solo precedente in Giovannino Guareschi, scrittore geniale e intellettuale anticonformista: condannato per diffamazione di De Gasperi negli anni Cinquanta, l’inventore di Peppone e don Camillo rifiutò di interporre appello e filò in carcere.

Sallusti non ha scritto sulla sua bandiera il fatale motto arcitaliano «ho famiglia», non gli assomiglia il profilo basso e codardo che si attribuiva impudicamente e ironicamente un celebre direttore del Corriere: «Ah, avessi un giornale!», e sembra che nel paese in cui «ci conosciamo tutti», il luogo per eccellenza della cuginanza e del compromesso familista allargato, la sua parte sia quella di chi non ha e non desidera avere neanche la parvenza di una solidarietà castale o corporativa. I colleghi democratici lo odiano, e lui se ne gloria e compiace afferrandosi a una qualche certezza morale interiore di regola insospettabile in chi esercita la prostituzione a mezzo stampa (tutti noi, più o meno, e massimamente quelli che lo negano e si sentono vestali dell’opinione pubblica, sacerdotesse della società civile incorrotta).

Conosco poco l’uomo e il professionista, ma non avrei mai pensato che avrebbe tenuto duro fino a questo punto, con questa alterigia e incoscienza, con questa rara testardaggine. Lo ammiro, e mi dispiace che ammirazione finisca per suggerire incoraggiamento: infatti io sono della scuola di Gaetano Salvemini, se ti becchi noie giudiziarie per stupro della Madonnina sul Duomo di Milano, prima ripari all’estero e poi si discute. Ma devo dire che mi stordisce una battaglia di così forte tempra espiatoria, in cui l’istituzione più controversa e blandita del Paese, la magistratura, viene messa con le spalle al muro nell’intento di obbligarla a essere perfettamente e assurdamente rigorosa nella sua ingiustizia («voglio il carcere come tutti i povericristi»), e questo viene fatto con il sublime sprezzo del rischio di finire in gattabuia per un anno e due mesi o giù di lì (in carcere anche un giorno è lungo come un anno).

Io da italiano non posso che considerare unico un tipaccio che rivendica la propria non colpevolezza (il che può essere discusso dai mille azzeccagarbugli del teatrino italiano), aggiungendo che è pronto a pagare con la galera e con una surreale certezza della pena, anzi lo esige, se questo significhi mettere un ingombro morale sulla via dell’ingiustizia di compromesso, un’ingiustizia senza gravi conseguenze che è un insulto a chi quelle conseguenze, e gravissime, invece le subisce.

La destra italiana – a volerla dire tutta – pullula di personalità eticamente distratte, che a un garantismo giuridico teorico affiancano l’umanissima voglia di sottrarsi agli affanni delle corti e delle inchieste, magari facinorose, in un modo o nell’altro; e forse anche questa generale distrazione etica ha fatto sì che in quasi vent’anni si sia combinato tanto poco in fatto di riforma delle carriere e dei codici e dell’amministrazione del diritto. Ora, il direttore del Giornale è un campione di questo mondo, ma lo rappresenta con una misura di inaudita e adamantina purezza morale, fa la lezione ai gendarmi che lo vogliono libero dopo averlo condannato alla prigione, li stuzzica, li provoca, li esorta e supplica a tradurlo in catene, sapendo che certo questo colpirà la loro boria, i loro automatismi burocratici, i loro vizi faziosi, ma alla fine un anno e due mesi a San Vittore non si augurano al peggiore dei nemici, figuriamoci a sé stessi.

Qualche volta penso che Sallusti voglia espiare una pena simbolica per conto di un intero tempo politico e civile, quello del berlusconismo nei suoi aspetti più selvaggi, e che mettere in gioco la propria libertà possa risultare per un hombre vertical come lui dimostra di essere il modo di riscattare personalmente e collettivamente una reputazione ormai decisamente dubbia, opaca, e sfilacciata sotto il profilo della dignità e coesione temperamentale. Ma noi che abbiamo famiglia, e con questo intendo non solo un certo mondo ma l’insieme un po’ fetido della professione in cui sguazzo da decenni (giornalismo «de sinistra» compreso), avremo la nostra bella convenienza, il nostro inconfessabile vantaggio, se quel pazzo lucido otterrà la disgrazia della galera. E questo dà da pensare. Giuliano Ferrara, 2 dicembre 2012

…….Mentre continua il silenzio assordante del centrodestra italiano, irrompe sul campo  Giuliano Ferrara con questo ritratto della storia e del protagonista. Meno male che c’è ancora qualche guascone d’altri tempi capace di non farci vergognare della parte in cui abbiamo militato. E pazienza se proviene, ideologicamente,  dalla parte che abbiamo avversato tutta la vita. g.

LA SACRALITA’ DELLA DEMOCRAZIA INFRANTA DAI GIUDICI: FERMATELI

Pubblicato il 2 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Duralex sed lex diranno i feticisti del diritto, quelli che, come spiegò una volta l’onorevole e poi presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, la toga di magistrato ce l’avevano cucita nel petto.

E dunque, se si deve arrestare il direttore di un quotidiano si va in sede, si sale nel suo ufficio e lo si porta via. Che volete che sia. Se in ottemperanza alla legge si preleva a forza un bambino all’uscita di una scuola, non si potrà portare via un uomo grande dall’interno di un giornale? Sì, certo, c’è la sacralità della libertà di stampa, la salvaguardia del quarto potere, il giornalismo cane da guardia delle istituzioni, la lettura dei giornali come preghiera kantiana e mattutina dell’uomo laico, la tutela delle fonti e insomma tutto l’armamentario della libertà d’opinione e dello Stato di diritto, ma, appunto, dura lex sed lex.

Detto nell’anno di grazia 2012, e visto il pasticcio politico-giuridico che ruota intorno al caso Sallusti, questo principio del Digesto sembra più, con rispetto parlando, una battuta di Totò.

Gli inventori del diritto romano sapevano benissimo che Summus ius summa iniuria, e non c’è bisogno di sapere il latino per capire di che cosa stiamo parlando. Nel tentativo di uscire dall’impasse, si violano le norme più elementari del vivere civile, della dignità professionale, del buon senso. Fino a ieri, quando si perquisivano le abitazioni dei giornalisti e si mettevano sotto sequestro i loro strumenti di lavoro, era tutto un gridare indignati all’attentato contro le libertà costituzionali, oggi si salgono le scale del Giornale in via Negri 4, si porta via, elegantemente blindato, senza manette, ma sotto scorta, il suo direttore e davvero non è successo nulla, davvero ci vogliono far credere che non si poteva fare altrimenti, meglio, non si doveva fare altrimenti? Ma davvero pensano i politici e i responsabili dell’ordinamento giudiziario che ci beviamo la favola del rispetto della legge? Favola, va da sé, che proviene da due caste braminiche che tutto sono tranne che eguali al semplice cittadino quanto a privilegi e guarentigie.

Diceva Thoreau che «sotto un governo che imprigiona ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto è la prigione». L’essenza della vicenda Sallusti è tutta qui, ma siccome è talmente evidente, per l’uomo della strada, che andare in galera per omesso controllo di un articolo, è un non senso giuridico ed etico, si sarebbe preferito che Sallusti avesse acconsentito all’«aiutino», tanto la nostra classe politico-giudiziaria assomiglia ormai a un gioco a quiz corredato di pacchi regalo: grazie al jolly, pescato da noi, ti diamo i domiciliari, non sei contento? Così si dà anche il destro a molti servi di scena e di redazione di ironizzare, di fare la morale con il piglio dell’uomo di mondo, gli stessi che pur di far rimettere una querela darebbero in cambio la madre.

La fine di un regime politico la si vede anche da questo, dall’incapacità di misurare le azioni e le conseguenze, dal delirio cieco con cui si ignorano le più elementari regole del fair play, il gioco pulito, il tener conto delle storie, delle persone, di ciò che esse, nel grande come nel piccolo, rappresentano. La fine di un regime politico la si vede quando è incapace di legiferare, fare luce, evitare i fraintendimenti. Niente è più attuale rispetto all’attuale politica italiana del vecchio Tacito degli Annali: Corruptissima repubblica plurimae leges, quando lo Stato è corrottissimo le leggi sono moltissime. Sallusti si è sempre limitato a chiederne una: se sono colpevole vado in galera. Punto, tutto il resto è corruzione.
Per anni, quelli che adesso fanno i giustizialisti col botto si deliziavano con una frase di Gaetano Salvemini: «Se mi accusano di aver stuprato la statua della Madonnina del Duomo, per prima cosa fuggo all’estero». Ma, si sa, Salvemini era un sincero democratico e un vero antifascista. Qui invece c’è un Sallusti pericoloso criminale che non vuole sconti ma, guarda un po’, la certezza del diritto. Pur di togliersi un peso, imponendogli quei domiciliari con cui pensano di salvare la capra giudiziaria e il cavolo della politica siamo certi che sarebbero andati a prenderlo persino dentro al Duomo di Milano, perché la sacralità dei luoghi alla fine è un optional rispetto al braminismo delle caste.

Un grande giurista, Salvatore Satta, ha scritto che «il giudizio è una pena, è la sola vera pena. Il genio di Pascal ha fissato per sempre questa verità in un sublime pensiero: “Gesù Cristo non ha voluto essere ucciso senza le forme di giustizia, perché è ben più ignominioso morire attraverso un giudizio che per sedizione ingiusta”». Il caso Sallusti è la dimostrazione di uno Stato che il giudizio non sa nemmeno cosa sia. Stelio Solinas, Il Gornale, 2 dicembrte 2012

..…………..Che tristezza constatare la irrilevanza morale del centrodestra. Mentre un suo “soldato”, non uno qualisiasi, ma l’interprete giornalistico dei nostri Valori e dei nostri Principi,  viene sbattuto in galera, al momento, solo per il momento, virtuale, in attesa di essere trasformata in carcerazione dietro le sbarre, il capo, anch’egli virtuale, dello schieramento nel quale ci siamo sinora riconosciuti, invece di scendere in poiazza e capeggiare la rivolta contro un atto pliticamente demenziale, si trascina stancamente per le redazionio di giornali noncerto amici per dichiarare che bisogna fare le primarie per riconquistare il rapporto con gli elettori. Alfano, così si chiama questo capo virtuale, è fermo all’anno zero, se immagina che gli elettori, milioni!, delusi dal centro destra possano ritornare se si celebrano le primarie, mentre si resta silenziosi e indifferenti di fronte alla carcerazione di Sallusti che del centrodestra, con o senza Alfano,l è stato coraggioso testimone. Se ikmmagina questo Alfano, le faccia le primarie, magari riempia le urne di v oti 2virtuali, ma nelle urne vere, quelle prossime ci troverà ben poco. g.

NOI RESTIAMO LIBERI

Pubblicato il 1 dicembre, 2012 in Politica | No Comments »

Da oggi Alessandro Sallusti non è più libero. Chi ha avuto voglia di leggere le nostre cronache conosce alla perfezione la vicenda.

E si sarà formato un giudizio.

Noi abbiamo un solo obbligo ed è nei confronti dei nostri lettori. Il Giornale, il suo direttore responsabile, i suoi redattori sono rimasti feriti da questa vicenda, ma sono e continueranno a essere liberi nell’esercizio dell’unico patrimonio di cui dispongono: la testa e la penna. Non abbiamo intenzione di fare le vittime. Ogni giorno la giustizia, così si chiama, commette errori e talvolta violenze. Mentre noi scriviamo lo Stato italiano tortura decine di migliaia di detenuti (gran parte in attesa di giudizio) in condizioni carcerarie da terzo mondo. Noi abbiamo la fortuna di avere un alleato.

I lettori. Che ogni mattina ci danno la loro fiducia. Senza di voi le battaglie di libertà del Giornale sarebbero un esercizio per virtuosi. Molti di voi sanno che le sfide giuste spesso non coincidono con quelle dei chiassosi luoghi comuni. Siamo stati abituati a un direttore gambizzato nell’indifferenza generale, anzi tra i brindisi dei buoni borghesi e dei giornaloni che contano. Cosa volete che siano quattordici mesi di reclusione. Nicola Porro, Vice direttore de Il Giornale, 1° dicembre 2012

…….E così si è consumata nell’indifferenza del capo dello stato, l’ex comunista Napolitano, del capo del governo, l’incomopente per eccellenza Monti, del ministro della giustizia, la convegnista Severino, del Parlamento – Camera e Senato – i cui presidenti sono sono assillati dal cosa fare dopo il prosismo aprile, dei partiti, che blarterano da mane a sera di diritti umani e non sanno cosa siano, degli intellettuali che si riempiono la bocca di belle parole sulla democrazia ma all’atto pratico se ne infischiano della sua violazione,  e poi, della classe dirigente del centrodestra, che tutta presa dal salvare il proprio culo a rischio tra poche settimane non alza nemmno un occhio di fronte alla violenza che si sta compiendo ai danni di uno dei suoi militanti, cioè Sallusti. E’ questa forse la delusione più forte che si prova dinanzi alla traduzione – come un pericoloso criminale di “cosa nostra” – del direttore del Giornale portato di peso – virtualmente – via dalla sede del giornale per essere rinchiuso nella sua abitazione dove non può avere contatti con nessuno perchè altrimenti può ordinare chissà quali delitti. L’Italia come la Corea del Nord, o come l’Unione Sovietica ante 1989, o, peggio come la Germania dell’Est così ,come descritta dal film Le vite  degli altri che ebbe nel 2006 l’Oscar. Dopo una settantina d’anni in cui la libertà di stampa, di parola, di opinione,  sono state indicate come la conquista più importate e non revocabile del pop,lo italiano, un giornalista viene privato della libertà personale  neppure per aver espresso una opinione ma solo per non aver controllato quella di un altro. No! L’Italia non è come la Corea del Nord, è peggio. g.