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PRIMARIE: DIBATTITO IN TV BERSANI-RENZI. HA VINTO IL ROTTAMATORE?
Pubblicato il 29 novembre, 2012 in Politica | No Comments »
La rottamazione è compiuta. Almeno televisivamente. Nel primo faccia a faccia tra i due sfidanti alle primarie del centrosinistra, Matteo Renzi ha spento Pier Luigi Bersani. E lo ha fatto senza usare toni aggressivi, senza ricorrere ad attacchi virulenti.
È come se avesse schiacciato il tasto mute del telecomando. La conferma arriva anche da un instant poll realizzato dalla Stampa e dal quale il rottamatore ha raccolto il 49% contro il 38% di Bersani (senza contare che il 15% ha dichiarato che potrebbe aver cambiato idea su chi votare).
In un dibattito civile, a tratti fin troppo composto, il sindaco di Firenze ha innalzato lo spread tra lui e il segretario democratico. Non tanto per le proposte, ché saranno oggetto di disamina da parte degli elettori, quanto piuttosto per la divulgazione delle stesse. La differenza tra i duellanti l’ha fatta la prontezza nelle ribattute, l’immediatezza nei discorsi, la capacità di parlare direttamente ai telespettatori. Senza filtri. Senza tentennamenti. In tutto questo, Renzi è stato più bravo.
E lo si è visto sin dall’inizio. Pronti, via. Si parte con le risposte alla crisi economica. E il rottamatore comincia subito col botto, promettendo “100 euro netti al mese in più a chi guadagna meno di 2000 euro per le prossime tredici mensilità“. Demogagia? Forse. Ma il divario col più cauto Bersani che non promette venti miliardi l’anno prossimo ma pensa si debba fare qualcosa, non è roba da poco. Chi ben comincia è a metà dell’opera, si dice. E Bersani parte male.
La forza, e probabilmente, il vantaggio di Renzi stanno nel suo ruolo. Lui che dall’interno lotta contro lo stesso interno per aprirsi al nuovo può permettersi attacchi ai dirigenti del suo stesso partito facendoli passare a volte per encomiabili mea culpa.
Come quando, parlando della lotta all’evasione fiscale, parla di “responsabilità” che “abbiamo anche noi del centrosinistra” perché “noi in questi anni ce la siamo presa con i piccoli senza andare a prendere i grossi. Non siamo stati all’altezza”.
Utilizzare il “noi” quando si tratta di fare autocritica e il “loro” (o il “voi”) quando si tratta di marcare le differenze: ecco la strategia renziana. Quel “voi” arriva quando si parla di Equitalia, primo oggetto di scontro del dibattito televisivo.
Renzi accusa il segretario Pd di aver creato le condizioni, quando era ministro, per una Agenzia particolarmente aggressiva. Bersani ribatte che “Equitalia non l’abbiamo inventata noi”, ma la replica di Renzi è lì che aspetta di essere sciorinata: “Sei stato 2.547 giorni al governo e dico questo perché è necessario fare un passo avanti”. “Nessuno è perfetto”, ha chiosato mestamente il segretario.
Che poi ha dovuto soccombere ancora sul tema della politica estera. Bersani non ricorda che la road map prevede il ritiro delle truppe nel 2014 e propone un ritiro nel 2013. E poi si avventura in una promessa quanto meno azzardata: l’eliminazione degli F35 perché “con questa crisi non ci sembra il caso”. Renzi mette all’angolo il segretario in entrambe le questioni, invitandolo a non fare demagogia.
Stessa débâcle per Bersani in merito alla politica industriale. Renzi ritorna all’autocritico “noi”: “Non voglio fare il gianburrasca di turno, ma sono convinto che i governi di centrosinistra non hanno fatto tutto bene sulla politica industriale. Abbiamo qualcosa da farci perdonare”.
Ma è sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e sull’eliminazione dei privilegi della casta politica che la partita si fa dura. Per corrobare la sua tesi, secondo la quale abolendo i finanziamenti pubblici soltanto i ricchi farebbero politica, il segretario democratico cita Clistene e Pericle, nella cui “culla della democrazia, decisero che la politica prendeva un sostegno pubblico che la differenziava dalla tirannide”.
Difficile pensare che Renzi non cogliesse un assist così facile. E infatti la risposta è stata caustica: “Ho rispetto per Bersani, ma passare da Pericle a Fiorito… Se i cittadini dicono no al finanziamento e inventiamo una legge che raddoppia le spese perdiamo credibilità“. La differenza sta nella prontezza, appunto. Nel duello tv Bersani non ha la stessa immediatezza e la stessa incisività nel ribattere a Renzi. E quando viene incalzato da quest’ultimo, al massimo sbuffa o si mette a ridere per il nervosismo.
Un sussulto, il leader del Pd lo ha quando si parla della riforma delle pensioni e quando Renzi critica lo scaglione introdotto nel 2007, “una riforma che è costata 9 miliardi e che abbiamo fatto per dare soddisfazione alla sinistra radicale”. Qui, la replica di Bersani è incisiva, seppur pacata e quasi paternalistica: “Matteo, bisogna che tu approfondisca questo tema…”.
Il rispetto, però, quello non è mai mancato. E va riconosciuto ai due contendenti il merito di aver dato vita a un dibattito civile. Detto questo, però, nel giudizio finale la bilancia propende più per Renzi. Sciolto, sorridente, furbescamente politically correct, ha risposto alle domande senza mai scomporsi, nonostante si trovasse in una situazione di svantaggio. Dal canto suo, Bersani è stato il Bersani di sempre: esageratamente calmo, poco incisivo, forse crogiolato dalla sicumera di una vittoria al ballottaggio. Che molto probabilmente si verificherà. Ma, almeno stasera, la rottamazione di Renzi ha avuto la meglio. Il Giornale, 29 novembre 2012
………………Abbiamo visto il dibattito, nella comoda posizione neutra di non elettore del centrosinistra. Di certo Renzi è stato pù vivace il che non significa che sia stato più incisivo, Bersani è stato più lento il che non significa che sia stato meno incisivo di Renzi. Tra i due è evidente una notevole diversità di carattere che gioca a prima vista a favore di Renzi, che dovendo colmare il distacco aveva interesse ad andare all’attacco, al contrario di Bersani che ha ( forse sin troppo) preferito la tattica dell’attesa. Qual sarà stata più accetta tra le due posizioni dagli interessati, i votanti del centrosinistra sarà noto la sera di domenica. Ma dovendo solo accademicamente scegliere tra i due, non abbiamo difficoltà a scegliere Bersani. Perchè Renzi, vivacemente, è stato si frizzante ma lanciando più che tante idee tanti slogan che però non basatano a governare, anzi con i quali non si governa. Sotto questa luce sia pure apparendo opaco, forse Bersano dà qualche sicurezza in più. Ma forse sareebbe meglio che nessuno dei due vincesse la corsa finale…solo che per la corsa finale non sappiamo per chi tifare. E questo è il problema vero che assilla gli elettori di centrodestra. g.
CHE RIDERE, BOTTE TRA I PM, di Alessandro Sallusti
Pubblicato il 29 novembre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »
Che ridere. È meraviglioso vedere, seduto dal divano di casa mia dove mi hanno relegato, i magistrati litigare come matti sul mio arresto. Una scena esilarante che mi compensa ampiamente dei torti subiti.
Il povero procuratore di Milano, Bruti Liberati (che Dio lo abbia in gloria) pur di non mandarmi in galera l’altro ieri aveva chiesto per me gli arresti domiciliari assecondando le indicazioni del presidente comunista Giorgio Napolitano, del premier Monti e del ministro della Giustizia Paola Severino, quella che passa le giornate in dotti convegni invece di mandare una ispezione ai giudici che hanno firmato la mia assurda condanna fondata su motivazioni false.
I tre signori, invece di fare un decreto per riformare la legge (come avrebbero potuto), volevano così evitare la vergogna mondiale del giornalista innocente al gabbio, pensavano di chiudere la questione, complice Bruti Liberati, con i domiciliari, condendo per di più la cosa con la balla della reggia di casa Santanchè alla quale potevano abboccare solo due gazzettieri amici delle Procure, come Poletti, della Stampa e Travaglio de il Fatto , entrambi cretini col botto.
Bene, io che non sono un giurista, già ieri avevo scritto che la decisione era illegale: non ho i requisiti per andare ai domiciliari, e se si sostiene l’inverso allora domani mattina migliaia di detenuti nelle mie condizioni devono lasciare il carcere e tornare a casa, perché la giustizia o è uguale per tutti o non lo è.
Non ho i requisiti perché la sentenza su di me è roba da pazzi (delinquente abituale, socialmente pericoloso) e non lascia spazi di manovra in quanto ho rifiutato compromessi ( servizi sociali rieducativi o cose simili).
I giudici che l’hanno scritta hanno osato l’inosabile perché nella loro immensa arroganza pensavano di avere a che fare con un punching-ball. Le prende ingiustamente e poi si inchina.Illusi.Inchinatevi voi,quando avrete finito di litigare.
Già, perché ieri è scoppiata la rivolta contro Bruti Liberati. Prima gli avvocati di Milano («liberate dal carcere tutti i nostri clienti che si trovano nelle condizioni di Sallusti ») poi quella, senza precedenti, dei pm di Milano che hanno minacciato di mandare sul tavolo del loro capo migliaia di fascicoli di persone che andrebbero arrestate ma che, seguendo la logica applicata a me, andrebbero lasciate ai domiciliari. In realtà a loro di quelle persone e della giustizia non interessa nulla. È solo una guerra interna tra correnti e personaggi frustrati in cerca di vendette per carriere mancate.
Eccola la nostra magistratura mostrare il vero volto. Ed è davvero un brutto volto. Povero il giudice di sorveglianza che oggi o domani dovrà sentenziare definitivamente se confermare i domiciliari oppure dirottarmi in cella. Scommetto che se ne inventerà di tutte pur di non decidere in questo clima di odio e veleni e rinviare più in là possibile: il dentista, il saggio di fine anno della figlia, un terribile mal di pancia. Perché schierarsi oggi, in assenza di ordini politici altolocati, vuol dire giocarsi la carriera. Che conta più della giustizia, del mio diritto di sapere una pena certa, di comportarsi col direttore de il Giornale allo stesso modo di quanto si sarebbe fatto con un anonimo cittadino. Napolitano, Monti e Severino, guardate e vergognatevi. Il Giornale, 28 novembre 2012
.…………….Lo avevamo detto da subito che la strada era quella del decreto legge che modificasse la legge fascista sulla stampa e abolisse il carcere per i giornalisti. Dovevano farlo Monti e Severino e doveva firmarlo Napolitano, tutti e tre noti campioni di democrazie e di tutela del bene supremo dei cittadini, cioè la libertà personale. Invece tutytyi e tre hanno glissato, hanno messo la testa sotto la sabbia e si sono affidati al Parlamento che ha fatto flop. Ed ora da una parte c’è un giornalista condannato al gabbio, facendo rivoltare nella tomba i giuristi e provocando la protesta dell’Unione Europea che non può ammettere che in casa propria si violi iol diritto all’opinione, e dall’algtra una casta, quella dei magistrati, che non vuole riconoscere questo sacrosanto diritto che è proprio del momndo libero. E’ l’ennsima prova del caos in cui vive il nostro Paese, tra primarie che si fanno (quelle del cetnrosinsitra) e che rischiano di far saltare il banco e è primarie che si annunciano e noin si fanno perchè il banco è guià saltato. Amen. g.
PIL TAGLIATO E CONSUMI IN PRECIPITOSO CALO: SERVE UNA NUOVA MANOVRA. E LORO, IL GOVERNO DEGLI INCAPACI, SE LA RIDONO. TANTO CI SONO LE TASSE DA AUMENTARE….
Pubblicato il 27 novembre, 2012 in Economia, Il territorio, Politica | No Comments »
L’Italia potrebbe avere bisogno di una nuova manovra e si trova a fare i conti con il maggior calo dei consumi dalla seconda guerra mondiale. A lanciare l’allarme è l’Ocse che ha tagliato l’outlook per il nostro Paese. Le previsioni dell’Organizzazione di Parigi sono più pessimiste di quelle del governo. Secondo l’Ocse, il Pil nel 2013 calerà dell’1%, contro la flessione dello 0,4% stimata in precedenza. Per il prossimo anno l’esecutivo ha previsto invece una contrazione pari ad appena lo 0,2%. L’Organizzazione parigina ha inoltre rivisto al ribasso le stime per il 2012, con il Pil che e’ ora previsto in calo del 2,2%, contro la flessione dell’1,7% stimata lo scorso maggio. Il deficit dovrebbe scendere al 3% del Pil quest’anno e al 2,9% nel 2013. L’esecutivo nella Nota di aggiornamento al Def aveva invece stimato un indebitamento netto pari al 2,6% quest’anno e all’1,6 il prossimo. Alla luce della nuova previsione l’Italia, sottolinea l’Ocse, potrebbe avere bisogno di una nuova stretta fiscale nel 2014 per rispettare l’obiettivo di una riduzione del debito al 119,9% del Pil nel 2015. Ma per il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, una nuova manovra non è necessaria. “Se hanno messo dei condizionali – ha osservato il ministro – dovrei guardare con attenzione quello che dicono però ritengo che, così come vediamo nei nostri scenari, è chiaro che noi abbiamo un bilancio in pareggio anche nel 2014″. Secondo l’Organizzazione di Parigi, inoltre, le misure di austerità varate dal governo Monti hanno causato il maggior calo dei consumi registrato dal secondo conflitto mondiale. “Il consolidamento fiscale, pari quest’anno a quasi il 3%, ha indebolito la domanda interna, e i consumi privati sono scesi al tasso maggiore dalla Seconda Guerra Mondiale”, afferma l’Ocse che tuttavia esprime fiducia nel cammino di risanamento tracciato dall’esecutvio. Le riforme varate dal governo Monti, in particolare quella del mercato del lavoro, spiega l’Ocse, riusciranno a sollevare l’Italia da una decade di stagnazione economica e l’esecutivo che gli succederà dovrà proseguire sulla stessa linea di riforme strutturali e consolidamento fiscale. “Una marcia indietro – aggiunge l’organizzazione – danneggerebbe sia la fiducia dei mercati che la crescita”. L’Ocse vede nero sul fronte del lavoro. Il tasso di disoccupazione in Italia, stimato al 10,6% nel 2012, è destinato a salire all’11,4% nel 2013 e all’11,8% nel 2014. Il tasso di disoccupazione nell’Eurozona e’ invece previsto all’11,1% quest’anno, all’11,9% nel 2013 e al 12% nel 2014. Segnali poco incoraggianti arrivano anche dalla Banca d’Italia: il reddito reale delle famiglie italiane subirà quest’anno “una diminuzione anche piu’ marcata di quella, del 2,5%, avutasi in occasione della recessione del 2009″. Il Tempo, 27 novembre 2012
PRONTO IL NUOVO PARTITO DI BERLUSCONI
Pubblicato il 25 novembre, 2012 in Politica | No Comments »
Silvio Berlusconi rilucida nome, slogan e spirito del ‘94. Non fa più mistero della volontà di tornare a impegnarsi in prima persona con una nuova discesa in campo.
E si prepara a celebrare il varo della sua nuova creatura politica con un annuncio che potrebbe scattare entro poche ore, tra domani e giovedì prossimo.
Il segnale che ormai il dado è tratto arriva a margine della sua visita a Milanello. Quando gli viene chiesto se sia sua intenzione riprendersi il centro della scena, Berlusconi replica: «Vediamo, ci sto pensando», alimentando l’attesa. Poi aggiunge: «Stiamo vedendo che la gente è delusa di questa politica e di questi partiti. Il Pdl ha subito una decadenza di immagine e di risultati anche per il semplice motivo che io non ci sono stato», argomenta. L’ex premier preferisce sorvolare sulla presa di posizione di Alfano anti-indagati. «Questa è una cosa che bisogna commentare con calma. Non è possibile farlo qua in piedi».
Piuttosto torna sulla genesi del suo passo indietro. Un gesto di buona volontà legato alle condizioni dettate da Pier Ferdinando Casini. «Il signor Casini aveva detto che se io non ci fossi stato lui sarebbe potuto tornare a far parte della coalizione dei moderati ma è mancato di parola. Mi sono tirato indietro una volta da segretario del Pdl, un’altra volta dal governo, un’altra volta addirittura da candidato premier. Il signor Casini non ha fatto una piega».
«E allora – continua – questa situazione la stiamo ripensando e vediamo se non è il caso – dato che credo di capire più di qualsiasi altro in Italia quello che si deve fare – di utilizzare la mia esperienza in maniera più concreta». Un’accusa che suscita la secca replica casiniana. «Berlusconi è confuso, saranno gli elettori a decidere se vorranno ancora un demiurgo del passato».
Il presidente del Pdl svela anche i lavori in corso con il Carroccio per la Lombardia. «Stiamo lavorando insieme perché vogliamo assolutamente continuare l’alleanza e stiamo esaminando possibilità che ci sono. Spero in una candidatura comune, magari con Maroni». A questo punto ci si chiede chi saranno coloro che seguiranno Berlusconi nel nuovo progetto e quali le new entries.
La nuova Forza Italia degli anni Duemila dovrebbe nascere con personalità legate al mondo dell’imprenditoria ma anche con i fedelissimi dell’ex premier. Una lista che secondo il sondaggio Euromedia in possesso di Berlusconi potrebbe raccogliere il 20% di consensi. Si discute di una possibile convention-congresso, forse di un solo giorno, in cui verrà nominata la persona che dovrà guidare la rivoluzione politica.
L’ex premier, peraltro, ieri si è intrattenuto al telefono con Alfano al quale ha esposto con fermezza le sue intenzioni invitandolo a seguirlo nel nuovo progetto e ribadendogli stima e affetto. Il segretario del Pdl ha tentato di promuovere una mediazione per evitare uno strappo traumatico. Una ricucitura last-minute che potrebbe far scattare un possibile stop alle primarie.
Ulteriore conferma che il motore è in fase di accensione arriva da un incontro casuale con Maurizio Zamparini. «Berlusconi mi ha detto: a 75 anni torno in politica e formo un partito nuovo», racconta il patron del Palermo calcio. «Era felice di annunciarlo, perché era felice di tornare a fare un partito nuovo». 25 novembre 2012
.…….Perchè no!? Al punto in cui si è ridotto il PDL nei pochi mesi nel corso dei quali Berluscono ha disertato las cena della politica, qualsiasi cosa è meglio del nulla in cui è precipitato il parftiuto che neppure 4 annio addietro aveva conquistato la vittoria elettorale che lo portò in Parlamento, insieme alla Lega, con la maggioranza assoluta dei seggi sia alla Camera che al Senato. La assenza di Berlusconi è servita per mettere alla prova l’esercito di nullisti che si era impadronito del corpo del partito per trarne vantaggi e potere e l’esercito dei nullsit non ha deluso: valgono tanto poco quanto niente. Anche la barzelletta delle primarie sta lì a dimostrarlo e ancor più le velleità di taluni che anche di fronte alla eventualke ritorno sulla scena di Berlusconi si impennano nel voler fare comunque le primairei, che servirebberop solo a scimmiottae, male, la sinistra che almeno queste cose le sa fare pechè le costruisce con una machcina organizzativa che il PDL, e prima del PDL, il centro e il centro destra non hanno mai avuto. Comprendiamo però perchè si dolgono taluni (dalla Meloni ad Aledanno), sanno che debboo dismettere talune cristallizzate posizioni di potere per ritornare a fare politica nella gente, cosa a cui s’erano disabituati grazie al “faccio tutto io” di Berlusconi. Ciò ancor più se davvero Berlusconi ritorna in campo con una formazione nuova di zecca capace di tornare ad entusiasmare il popolo del centro destra lasciando fuori campo giocatori stanchi e depressi, privi di fede e di coraggio, scegliendo nuovi e più determinati rappresentanti degli elettori italiani che nel cetnrodestra si riconoscono nonostante tutto. Se è così, ben tornato presidente. g.
BUON NATALE DA MONTI: TREDICESIME AZZERATE, PER TUTTI, MENO CHE PER LA CASTA
Pubblicato il 25 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »
Ultima rata Imu, mutui e bolli prosciugano il 90% della mensilità straordinaria. Consumi ridotti ai minimi
Ultima rata Imu, mutui e bolli prosciugano il 90% della mensilità straordinaria. Consumi ridotti ai minimi
Roma Tredicesime all’osso, consumi in calo e risparmi che se ne vanno in tasse. Il secondo e ultimo Natale del governo tecnico non promette nulla di buono.
Non c’è uno dei classici indicatori pre festività che salvi queste ultime settimane dell’anno. La prima brutta notizia di ieri è un calcolo realizzato dall’Adusbef sulle tredicesime, che sono in calo ancora una volta.
Il monte delle gratifiche, stima l’associazione consumeristica, passa da 35 miliardi a 34,5. meno 1,4%. Il problema è che quello che resta dell’assegno di dicembre, difficilmente potrà essere utilizzato per i regali. Il 90,7% della tredicesima (31,3 miliardi) secondo l’associazione sarà mangiato da Imu, l’imposta introdotta dal governo di Mario Monti, dalle altre tasse, dai mutui e dai bolli. Sotto l’albero (o magari nel conto in banca, per chi aveva già messo in conto un Natale sobrio) resta un 9,3% della gratifica. «Perlomeno il governo eviti almeno l’Iva», ha commentato l’Adusbef. Richiesta impossibile da realizzare. La legge di stabilità ha salvato per il momento l’aliquota agevolata che resterà al 10%, ma quella ordinaria, che si applica alla maggioranza di beni e servizi, aumenterà al 22%. In ogni caso solo da luglio. Quindi, almeno da questo punto di vista, le feste sono salve.
Un problema di sostanza, ma anche psicologico. I consumatori sono pessimisti, ha certificato ieri Confcommercio. Quasi sette italiani su dieci, infatti, ritengono che il Natale 2012 risentirà fortemente della grave crisi economica in atto. E la quota di quelli che non faranno regali, quest’anno crescerà dall’11,8% del 2011 al 13,7%. Resta comunque elevata, spiegano i commercianti, la quota di italiani che farà regali: l’86,3%. «Sarà un Natale sobrio», ha commentato il presidente della confederazione, Carlo Sangalli dichiarandosi comunque fiducioso «nella resistenza delle famiglie italiane, che è certamente una grandissima risorsa».
Gli unici consumi che sembrano non risentire della crisi, e questa volta il dato è di Coldiretti, sono i prodotti alimentari nazionali. In alcuni settori, rilancia il Codacons, i cali degli acquisti natalizi raggiungeranno il 20 per cento. Per evitarlo, propone il presidente dell’associazione Carlo Rienzi, si potrebbe istituire il 14 dicembre un «black friday», cioè un giorno di super sconti, come nei paesi anglosassoni.
In realtà, servirebbe una svolta. L’agenda del prossimo esecutivo hanno provato a scriverla ieri a Milano i presidenti di Confindustria e di Confcommercio, accomunati anche dal forte richiamo alla stesura di una nuova legge elettorale. «Spero che il prossimo governo possa governare con una base parlamentare solida e senza i tanti vincoli che purtroppo quello in carica ha avuto», ha detto Giorgio Squinzi. Le priorità? «Eliminare l’abuso di diritto fiscale che rappresenta un cappio al collo per le imprese», ha precisato ricordando che tra le tasse più inique sicuramente c’è l’Irap che contribuisce «a far salire al 50% il carico fiscale che le imprese pagano in Italia».
Il problema, tuttavia, non risiede solo nella difficoltà di realizzare una vera semplificazione della macchina burocratica e un conseguente taglio dei costi della pubblica amministrazione, ma nell’ottenere – di pari passo – un’automatica diminuzione del carico fiscale. «Nella spending review – ricorda il numero uno di Viale dell’Astronomia – Monti ci aveva promesso che l’Iva non sarebbe stata toccata, dopo quattro ore si è rimangiato la parola».
Quella spada di Damocle (l’incremento di un altro punto dal 21 al 22% nel prossimo luglio, ndr) spaventa Sangalli. Occorre che il prossimo governo abbia «consapevolezza che i consumi valgono l’80% del Pil e perciò bisogna derubricare anche l’aumento dell’Iva, una doccia gelata sui consumi». Proprio nel momento in cui dovrebbe iniziare la ripresa. Il Giornale, 25 novembre 2012
IL DIRETTORE SALLUSTI AL PROCURATORE DI MILANO: CARO PROCURATORE MI MANDI IN GALERA
Pubblicato il 23 novembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »
Pubblichiamo la lettera-editoriale con cui oggi il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, si rivolge al Procuratore capo di Milano, invitandolo a”carcerarlo”. E’ un atto di profondo coraggio e di ammirevole determnazione, quale non siamo più abituatui a vederne in giro. Insomma, Sallusti si appresta ad andare in galera, dopo due mesi durante i quali il Senato, a maggioranza di centrodestra, non è riuscito a varare un provvedimento sensato di modifica di una legge fascista mantenuta in piedi nonostante una settantina d’anni di declamata democrazia e di sempre conclamata difesa della libertà di stampa. Con il carcere a Sallusti, che ha solo due precedenti, come ricorda egli stesso, il carcere a Giovanni Guareschi che fu condannato per aver accusato di un reato infame l’allora presidente del consiglio De Gasperi, quello cioè di aver chiesto agli alleati di bombardare Roma – accusa che si rivelò falsa – per cui lo stesso Guareschi, dopo aver chiesto scusa a De Gasperi, andò volentuieri nel carcere di Parma per scontare la pena, e il carcere “graziato” da Ciampi a Lino Iannuzzi, si mette una pietra tombale sulla libertà di stampa, affondata sotto i colpi di una casta che pretende di essere immune dacritiche, quella dei giudici, e l’altra, la casta dei politici che pretendono di essere esenti dalle inchieste sulle loro malversazioni. Il caso di Sallusti, poi, si incrocia con il fatto che Sallusti è un giornalista di destra, un editorialista che a costo di provocare le vendette di cui egli stesso parla, ha difeso con coraggio, determinazione, talvolta al di là anche delle ragioni della politica, il centrodestra. Ora è proprio il centrodestra ad averlo abbandonato, ad aver rinunciato a varare almeno in Senato, dove ha ancora lamaggiranza, un provvedimento che riparasse alle dimenticanze di questi ultimi 70 anni per porre poi la Camera dei Deputati di fronte alle sue responsabilità, così come il ministro, il premier, il capo dello Stato. Su quest’ultimo che spande e sparge tante belle parole da “padre della patria” nonostantre le durissime parole che gli ha dedidcato Sallsauti, vogliamo ancora porre fiducia che tra stanotte e domanimattina riesca a comprendere che l’essere stato comunsita non lo esime, oggi, dall’evitare che un uomo innocente vada in galera, graziandolo come fece Ciampi con Iannuzzi. Meno fiducia, anzi nessuna, poniamo nel partito politico per difendere il quale Sallusti oggi si ritrova a dover varcare tra poche ore le porte di una cella. Il PDL, impegnato a sopravvivere a se stesso, sul caso Sallusti misura la sua ragion d’essere. Se non è capace di difendere uno dei suoi migliori “propagandisti”, quale è sempre stato Sallusti, come può pretendere di riconquistare la fiducia dei milioni di elettori che in questo ultimo anno, sopratutto, ha deluso e tradito? Abbia un soprassalto di dignità e mandi all’aria governo e sistema per restituire agli italiani di centrodestra la voglia di ritornare a combattere sotto le insegne della libertà. g.
A mezzanotte scade la sospensione dell’ordine di carcerazione emesso nei miei confronti dopo la condanna a dodici mesi per un reato di opinione commesso da altri ai tempi incui dirigevo Libero.
Inutile ricordare che la cosa ha soltanto due precedenti, Guareschi e Jannuzzi (evitò il carcere con la grazia) nella storia della Repubblica, inutile ricordare come a mio avviso la sentenza sia stata motivata con dei falsi, inutile sostenere, come è, che si tratta di una vendetta nei miei confronti e dell’area politico-culturale cui appartengo da parte di una magistratura ideologica che se la fa e se la mena (la querela è di un pm).
La politica ha avuto due mesi di tempo per rimediare a questa barbarie. Non lo ha fatto. Non pochi senatori si sono prima messi il passamontagna (voto segreto) come comuni rapinatori per confermare il carcere ai giornalisti, poi hanno versato lacrime di coccodrillo approvando un comma ad personam che salva i direttori (ma, paradosso, non me) e infine si sono arenati nelle sabbie mobili. Il nostro Senato l’unica cosa che ha provocato è uno sciopero dei giornali italiani, al quale noi non aderiamo come spiega oggi su questa pagina Vittorio Feltri. Non parliamo di Napolitano, capo della magistratura, che non ha proferito parola in tutti questi giorni dimostrando di essere quello che è, un rancoroso comunista che pensa così di prendersi una squallida rivincita sulla storia che lo ha visto sconfitto. Non sono da meno il premier Monti, campione di liberismo a parole, e la ministra Severino che evidentemente ha una coscienza che sta alla Giustizia come la mia al greco antico.
Dunque non c’è via d’uscita, devo andare in carcere, è questione di ore. L’ordine lo deve firmare la Procura di Milano, il cui capo è Bruti Liberati. Mi dicono, ho letto su alcuni giornali, che lui non è entusiasta di rimanere con il cerino in mano e fare eseguire una condanna scritta da altri e che sporcherebbe il suo prestigioso curriculum. Procuratore, almeno lei non mi deluda. Ha il dovere di applicare la legge, senza inventare per me scorciatoie o privilegi non richiesti, tipo ulteriori dilazioni, arresti domiciliari diretti o cose del genere.
Glielo dico, glielo chiedo, perché lei non ha il diritto di infliggermi ulteriori pene rispetto a quella erogata. Che sia prolungare l’attesa (a questo punto lei si macchierebbe oltre che di omissione di atti d’ufficio anche del reato di tortura) o che si tratti di farmi entrare in una casta alla quale non voglio appartenere. Non si inventi balle o scuse. Nelle carceri italiane solo quest’anno sono entrate 6.095 persone con condanne simili alla mia (pena definitiva inferiore ai due anni) e altre diciassettemila potrebbero uscire per fine pena anticipata (residuo inferiore ai due anni). Io non ho alcun diritto di passare davanti a tutti questi disgraziati, neppure all’ultimo marocchino, solo perché dirigo un giornale. Non ci provi, procuratore, perché l’unico patrimonio che abbiamo noi giornalisti sono credibilità e coerenza. Se proprio c’è un problema di sovraffollamento faccia così: scarceri o mandi ai domiciliari un avente diritto con più anzianità di me e così si libera la branda.
Io e gli italiani, signor procuratore, ci aspettiamo che lei faccia fino in fondo il suo lavoro senza guardare in faccia nessuno e si prenda le responsabilità che le competono come io mi sono prese le mie. Se poi, per caso, si dovesse vergognare, sono affari suoi, non miei. Non mi rovini più di quanto abbiano già fatto suoi indegni colleghi. Mi creda, non me lo merito. Alessandro Sallusti.
TUTTI IN FILA ALLA CORTE DI MONTI NELL’ILLUSIONE CHE SIA IL NUOVO RE SOLE
Pubblicato il 22 novembre, 2012 in Politica | No Comments »
Sembra di essere tornati a qualche secolo fa, a cavallo tra il Seicento e il Settecento. In tanti si precipitano alla corte del Re Sole (Monti), vogliono – come accadde proprio con Luigi XIV – che diventi il “sovrano” più longevo della storia europea perché lui «ha governato solo nell’interesse del nostro Paese». Lo tirano per la giacca, si sentono illuminati (e protetti) da lui, dicono di amare il nuovo Le Roi Soleil, uomo della provvidenza. Perché Monti, al pari di Luigi XIV, si occuperebbe di economia e della finanza dello Stato meglio di chiunque altro, le sue relazioni diplomatiche toccano nazioni lontane proprio come le relazioni del suo “predecessore”, la nostra cultura e la credibilità italiana sono di nuovo rinate (dicono) come rinacquero allora la cultura e la credibilità in salsa francese. Secondo i seguaci – vecchi e nuovi – del tecnopremier, questo quadro corrisponde perfettamente alla realtà dei fatti. Bontà loro. Sta di fatto che il confronto politico sembra ruotare solo attorno al dilemma “to be or not to be”, Monti si candida o non si candida, sfogliamo la margherita. I supporter centristi lo chiamano, se scende in campo va bene, se resta dietro le quinte va bene lo stesso, tanto loro faranno comunque campagna elettorale sul suo nome. Bersani dà l’aut aut: «Se Monti vuole dare una grossa mano per il futuro è meglio se non si mette nella mischia». Lo scontro continua ed è stucchevole. Ma è solo un piccola parte della millesima puntata di una telenovela che sembra non finire mai. Eppure in democrazia chiunque può scegliere di candidarsi o meno, di fare politica o fare sport. L’elettorato poi giudica. Ma qui si tratta del nuovo Re Sole. Ed è tutto un altro discorso. Il Secolo d’Italia, 22 novembre 2012
Eh, già. Tutti alla corte del nuovo Re Sole nella speranza di potersi riscaldare. Casini, Fini, Rutelli, e poi Montezemolo con il ministro Riccardi, e poi i tanti “senza voti” dei partiti che timorosi di perdere il loro posticino in Parlamento si affrettano a cambaire casacca e a montae sulla groppa del nuovo cavallo bianco per tentare la fortuna e la riconferma. Ma, come al solito, ci sono tanti che fanno i conti senza l’oste, dove l’oste non è Monti che si infarina nella improvvisa “centralità” che solo un anno addietro si saebbe sognato di raggiungere, l’oste, invece, è il popolo italiano che, come spesso, talvolta a sproposito sostiene il direttore de Il Tempo, Sechi, nei omenti peggiori sa trovare la forza di rialzarsi. Eè retorica questa, ma abbiamo fede che così possa essere e che avendo toccato il fondo, dacvvero ci si possa rialzare e cacciare i nuovi mercanti dal tempio. E i peggiori mercanti sono quelli che pur di salvare se stessi, sono pronti ad innalzare litanie agli affossatori della democrazia, Monti e il suo mentore Napolitano. g.
LA CUCCAGNA E L’INFERNO DELLE TASSE
Pubblicato il 22 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »
Mentre i partiti continuano a disertare i problemi reali giocando sopra e sotto i banchi parlamentari per ritagliarsi regole elettorali ad uso e consumo della loro magra sopravvivenza, ma facendo credere di farlo in nome della «governabilità», i contribuenti pagano in questi giorni i loro cosiddetti anticipi d’imposta. E passano allo Stato, più o meno, fra Irpef e seconda rata dell’Imu-ex Ici, la tredicesima che debbono ancora riscuotere. Di cui una volta riuscivano a salvare qualcosa destinandola alle spese straordinarie della famiglia, compresi – per chi se li poteva permettere – gli acquisti per le feste di fine anno. Quelle alle quali si stanno preparando, poveretti, i commercianti con gli addobbi natalizi, se sono riusciti a tenere ancora aperti i loro negozi, sperando di attirare la clientela. Il Fisco tuttavia ci assicura, dati alla mano, per quanto risalenti agli anni scorsi, prima dei salassi imposti dalla crisi economica e finanziaria in corso, che più di quattro milioni di contribuenti, pari ad oltre il 20% del totale, effettuano spese «non coerenti» con i redditi che dichiarano, molte volte persino vicini allo zero. E si prepara con il redditometro a fare le pulci ai furbi e a intensificare la caccia agli evasori. Speriamo naturalmente che lo faccia nella direzione giusta, senza scambiare per furbo chi non lo è, e continuare a lasciarsi scappare gli evasori. Quelli veri. Che sono tanti e continueranno ad esserlo, allegri e sfrontati tra di noi, che paghiamo le tasse e simili, al posto loro. Da questa storia, diciamo pure da questa cuccagna per chi non paga, o da questo inferno per chi paga tutto e di più, non importa se per onestà convinta, e naturalmente lodevole, o per l’impossibilità materiale di evadere, percependo solo redditi più o meno fissi con trattenute alla fonte, si potrà uscire davvero solo in un modo. Dando ai contribuenti la convenienza di stanare loro direttamente gli evasori con la deducibilità di tutte le spese documentate. Un metodo che i nostri partiti e governi, tutti, politici e tecnici, si ostinano invece a scartare, o addirittura a contrastare, come ha dimostrato la sconcertante stretta alle deduzioni nella legge ex finanziaria, oggi di «stabilità», in votazioni di fiducia alla Camera. Francesco Damato, Il Tempo, 22 novembre 2012
……………….Abbiamo sentito ieri sera nella gtrasmisisone di VESPA le rassicurazioni del capo dell’Agenzia per le Engrate, Befer (assomiglia tanto, purtroppo, a Himmler, il capo delle SS hitleriane che varrebbe la pena camiasse aspetto…) sujl nuovo “redditest” che entrerà in funzione a gennaio. Assicura Befera che il fisco non vuole essere persecutorio, che gli scostamenti tra reddito ed uscite sino al 20% sono fisiologiche, etc, etc, ma chi si fida? Specie se il fisco e per esso il govenro si rifiuta di fare ciò che il buion senso (e l’America) dovrebbero consigliare di fare: indurre i contribuenti ad essere i primi agenti del fisco attrraverso la deduzione dalle tasse di tutte le spese, magari in pecentuali defferenziate, sicche da trovare ragioni per pretendere che nessuno pagvhi o ricevi in nero. Ma clome rleva Damato chissà perchè qauersta norma di buon senso non trova spazio nella legislazione italiana al posto di tante parolone contro l’evasione che ammonta a 120 miliardi di euro. Chissà perchè!??g.
IL REGALO DI MONTI ( E DEI PARTITI) AGLI ITALIANI: IN UN ANNO 35 MILIARDI DI TASSE IN PIU’
Pubblicato il 21 novembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »
Per Confesercenti, quest’anno ogni famiglia pagherà 1450 euro in più rispetto all’anno scorso. Italia fanalino di coda in Ue anche per le tasse sulle imprese: sono il 68,3% dei profitti
Nel 2012 pagheremo 35 miliardi in più rispetto all’anno scorso. Su ogni famiglia peseranno quindi 1450 euro a famiglia in più per effetto delle tre manovre approvate nell’ultimo anno e la pressione fiscale toccherà il 44,7% del pil (2,2 punti rispetto al 2011).
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Secondo Confesercenti, l’Italia è al terzo posto tra i 27 paesi Ue per la pressione fiscale. Tasse più alte ci sono solo in Danimarca e Svezia. Rispetto alla media europea sono 5 punti in più: in pratica 10 euro al giorno per famiglia in più rispetto ai nostri vicini di casa.
E peggio andrà nel 2013, quando la pressione fiscale raggiungerà il 45,3% del Pil: 9 miliardi in più rispetto al 2012 (44 miliardi in più dell’anno scorso). E cioè altri 380 euro per famiglia. A pesare sono soprattutto le imposte locali: fra il 2000 e il 2011 il prelievo di regioni, province e comuni è aumentato del 41% rispetto al 34% a quelle dello Stato. La possibilità di aumentare le aliquote per gli enti locali fa pensare che nei prossimi anni questo divario aumenti.
Pmi e lavoratori dipendenti, tra l’altro, scontano Irap, Irpef e addizionali locali: per loro l’aumento sarà di 1,5 punti quest’anno e, progressivamente, di 2,5 punti fino al 2018. L’aumento dell’Iva, poi, farà cadere consumi e fatturato. Senza contare che molte aziende preferiscono non modificare i prezzi per non disincentivare ulteriormente gli acquisti.
Alle imposte, inoltre, vanno aggiunti i costi per burocrazia e contabilità. Specie per le piccole e medie imprese che spendono ogni anno 26 miliardi di euro. L’Italia, del resto, è il fanalino di coda in Europa per carico fiscale sulle aziende. A dirlo stavolta è la Banca Mondiale, secondo cui la pressione fiscale è del 68,3% dei profitti, rispetto a una media europea del 42,6% e mondiale del 44,7%. A livello mondiale non va meglio: l’Italia è al 131esimo posto su 185 Paesi interessati dall’indagine. Il Giornale, 21 novembre 2012
.…..Eppure Monti si vanta di essere ben visto dagli italiani. Non sa quanto…lo prenderebbero volentieri a calci in quel posto dove non batte mai il sole.