È passato un anno. E per favore, lasciamo perdere le strumentalizzazioni e i luoghi comuni. Lasciamo perdere la retorica e facciamo solo i conti, con onestà intellettuale e politica.
Facciamo il bilancio di un’esperienza di governo eccezionale e di una politica economica, anch’essa eccezionale, che non abbiamo voluto noi, ma ci è stata imposta dalla Germania.
Tiriamo le somme di un riformismo forzato, massimalista e conservatore al tempo stesso, ma che ha finito per produrre più danni che benefici.
È giunto il tempo di giudicare il governo, i suoi ministri, per troppe volte apparsi più burocrati che autorevoli tecnici illuminati. Oppure personaggi in cerca di un futuro politico, che saltano da un convegno all’altro, da una dichiarazione all’altra, piuttosto che disinteressati servitori dello Stato.
Un nome per tutti: Corrado Passera, un misto di velleità, impotenza, luoghi comuni e presunzione. Con gli altri membri dell’esecutivo ostaggi, più o meno consapevolmente, dei loro ministeri, degli interessi costituiti, del gattopardismo romano. Viziati dai troppi decreti legge, dalle troppe fiduce, poste e ottenute, dal non dover rendere conto a nessuno. Garantiti solo dalla Sua persona.
Una politica economica che senza tante analisi ha sposato acriticamente un percorso di austerità che ha prodotto la recessione. Sbagliando pure i conti. Una recessione peggiore del previsto, che ha finito per far mancare gli obiettivi per cui il rigore era stato voluto. Ma questi tecnici, di Angela Merkel e di casa nostra, non studiano? Non leggono i rapporti internazionali? Non capiscono che il mondo è cambiato, e che quindi devono cambiare anche le ricette di politica economica?
Non un indicatore socio-economico, in quest’anno, ha mostrato segno positivo. Vorrà pur dire qualcosa? L’Eurozona è in recessione (-0,1%): ci può spiegare perché? Non sarebbe il caso di mettere un punto fermo, cominciare a ridiscutere quello che è stato fatto nell’Ue in questi 4 anni di crisi? Non sarebbe il caso di chiedere all’Europa se le politiche sangue, sudore e lacrime e i compiti a casa siano state e siano quelle giuste? Non è bello, non è onesto veder andare in crisi tutti i paesi tranne uno: la Germania, che migliora i conti, anche contro le sue stesse previsioni, sulla pelle di tutti gli altri. Adesso anche della Francia.
Il Suo riformismo fondamentalista e conservatore ha portato all’introduzione dell’Imu, con relativa contrazione del valore del patrimonio immobiliare degli italiani. Ha portato all’aumento della tassazione sulla proprietà, già ai massimi livelli nelle classifiche Ocse; alla riduzione della produzione nel settore delle costruzioni, fondamentale in economia; al crollo delle compravendite di immobili.
Insomma, è stato impoverito quell’oltre 80% di italiani che abitano nella loro casa. Non è giusto, professor Monti. Non è giusto.
La sua riforma delle pensioni ha creato il guaio tossico degli «esodati». Tossico perché mette insieme ingiustizie e opportunismi, producendo più costi che benefici. Forse era meglio non far nulla. Come era meglio non far nulla sul mercato del lavoro, la cui riforma sta facendo schizzare ai livelli più alti in Europa la disoccupazione giovanile, a causa del mancato rinnovo dei contratti a termine. Avevamo bisogno di più flessibilità nell’assumere, abbiamo prodotto solo un blocco. E la mitica spending review alla fine non si è concretizzata che in banali tagli lineari.
È stato un anno di consenso mediatico, ma di amarezza, impotenza e sconcerto nella gente. E di tanta retorica. La retorica per cui il governo di prima aveva portato l’Italia sull’orlo del baratro. La retorica del non riuscire a pagare gli stipendi pubblici del 2011 a causa dello spread, il grande imbroglio su cui non è stata fatta nessuna chiarezza.
Non è stato spiegato agli italiani perché tutto sia cominciato a giugno 2011 dalla vendita, da parte di Deutsche Bank, di 8 miliardi di nostri titoli di Stato. Vendita seguita da tutti gli altri operatori, meno di una ventina di banche, che fanno il bello e il cattivo tempo. Altro che mercati. Perché quell’ordine? Cosa era cambiato nella nostra economia, nella nostra politica economica, che giustificasse quella decisione da parte della principale banca tedesca? Un anno di retorica. La retorica del «Salva Italia», il Suo primo decreto, che non ha salvato proprio un bel niente. La retorica della credibilità ritrovata, dello stile di governo, del rigore, dell’agenda Monti. Un’insopportabile bolla mediatica.
E che dire del «Cresci Italia», del «Semplifica Italia», dell’«Italia Digitale» e degli altri stucchevoli slogan che appaiono come vere e proprie prese in giro? Altro che credibilità. Altro che coesione. Altro che responsabilità. Altro che legalità. Altro che visione.
Un anno di pacche sulle spalle e apparente apprezzamento in campo internazionale, salvo poi vederci isolati in India, come a Bruxelles, o additati al pubblico ludibrio a Washington. Italia sempre più sola, soprattutto in Europa. Unico contribuente netto (cioè paghiamo all’Ue più di quanto riceviamo), che non sa con chi stare. A parole (quasi da sindrome di Stoccolma) con Angela Merkel e i rigoristi, ma con tanta voglia del contrario. E il risultato di rimanere soli.
Il governo era nato con 4 fondamentali obiettivi: aumentare la credibilità dell’economia italiana sui mercati; promuovere l’azione dell’Italia in Europa, per una politica economica a carattere comunitario; ridurre il debito pubblico, con misure di carattere strutturale; lanciare una strategia di sviluppo e di crescita per il Paese. Obiettivi riassunti nel Suo discorso sulla fiducia, le cui parole d’ordine sono state: rigore, sviluppo e equità.
A un anno dall’esordio, i fatti mostrano che ha fallito su tutti i fronti. La credibilità non è aumentata, perché i rendimenti dei titoli di Stato decennali sfiorano ancora il 5%, gli spread sono in altalena, e in ogni caso continuano a dipendere dall’azione della Bce. Si ricorda, presidente Monti, il 24 luglio 2012, quando il Suo maledetto spread, il nostro maledetto spread, è schizzato a 534, praticamente allo stesso livello che il 9 novembre 2011 ha fatto cadere Berlusconi? E si ricorda le ragioni? Le voci dell’uscita della Grecia dall’euro. Non un giudizio sulla Sua politica. Non sarebbe il caso di riconoscere che i nostri fondamentali c’entrano poco o nulla?
Il ruolo dell’Italia in Europa è rimasto marginale e l’egemonia della Germania è aumentata. Il debito pubblico continua a crescere, sia in valori assoluti (+72 miliardi), sia in rapporto al Pil (+4,4%). Non è stata lanciata nessuna strategia di sviluppo, tanto che il prodotto interno lordo si è inabissato, la produzione industriale precipita, i consumi sono in picchiata e l’inflazione continua a salire, come la disoccupazione. In un anno nulla è cambiato in meglio, ma è tutto peggiorato.
L’unica cosa buona del governo Monti l’ha fatta la maggioranza, riscrivendo la legge di stabilità per il 2013, cosa mai vista nella storia repubblicana, rendendo intelligente un provvedimento banale, inutilmente cattivo con i deboli (dai malati di Sla alle vittime di guerra) e demagogico. Quello spruzzo di diminuzione dell’Irpef, che aveva proposto nel Suo disegno di legge, professor Monti, e che abbiamo rispedito al mittente, era degno di miglior causa. Un inutile e costoso specchietto per le allodole. La tanto bistrattata maggioranza dei partiti ha sostituito il governo dei tecnici, coniugando rigore, equità e sviluppo. Proprio quello che Lei, presidente, e i Suoi ministri non siete riusciti a fare in un anno di governo. Un anno che può a buon titolo considerarsi un annus horribilis. Renato Brunetta, Il Giornale 18 novembre 2012
.………………In economia, come sottolinea Brunetta, le parole devono lasciare il posto ai numeri. E i numeri dimostrano chiaramente il fallimento del compito affidato a Monti, frettolosamente indicato e poi mdefinito, come il demiurgo capace di fare miracoli. I miracoli li fanno i Santi, a Monti era affidato, da fante, il compito di ridurre drasticamente la spesa pubblica, follemente aumentata nel corso degli anni, complice della politica, anche tanta alta burocrazia, nella quale lo stesso Monti può arruolarsi insieme al 99% dei suoi ministri e sottosegretari, chiamati in prima fila dopo aver tranquillamente usato nelle seconde, terze e quarte file, i vantaggi assicurati dalla politica a chi le teneva bordone. Appunto i burocrati. In questo campo, cioè nella riduzione della spesa pubblica, il compito a casa di Monti è risultato meritevole di zero. Dove invece può appuntgarsi un bel dieci sulla giacca è la pressione fiscale, aumentata in un anno, del 2,5%, portandosi a quota 44%, Cioè Monti ha usato, follemente, lo strumento della pressione fiscale per “rimettere ordine nei conti pubblici” senza rendersi conto che alzare le tasse per pagare i debiti, senza bloccare la fonte stessa dei debiti, è come il cane che si morde la coda. Infatti, non solo il debito pubblico in uno anno è aumentato di 100 milioni, portandosi a 2000 miliardi, ma sono drasticamente diminuiti i consumi e cioà ha determinato il blocco della crescita, anzi la stagnazione della crescita, , visto che di crescita è un bel pò che in Italia non si può parlare. E allora quale è la ragione per cui benchè Monti abbia così clamoraosamente fallito debba essere riproposto come vogliono fare alcuni vecchissimi “giovani” della politica italiana come Casini che “indignato” grida alla luna che in 20 anni la politica italiana ha fallito (senza precisare dove egli fosse in questi 20 anni, cinque dei quali passati sullo scranno di presidente della Camera dei Deputati in virtù della sua appartenenza alla maggioranza parlamentare e governativa che ha governato il Paese dal 2001 al 2006) e qualche giovane “vecchio” come Cordero di Montezemolo che dopo aver arraffato tanto di quel debito pubblico come manager di aziende private supportate dallo Stato si prova, all’età in cui di solito si andava in pensione prima della cura Fornero, a dettare le regole che lui per primo, nel recente passato, mai ha rispettato per far ripartire il Paese. Insomma non è Monti la ricetta per il futuro con quella sua aria dottorale che dall’alto di una arrogante pretesa di modificare geneticamente un intero popolo ha cessato ben presto di essere faro per divenire rappresentazione di una Italia tragicamente malinconica. E la malinconia non è il miglior viatico per l’avvenire perchè si coniuga alla nostalgia. E l’Italia non ha bisogno di nostalgia. Ma di speranza!