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IN SICILIA PARTITI IN GINOCCHIO, E IL PDL PERDE TRE QUARTI DEI SUOI VOTI, IL PD PERDE 250 MILA VOTI E L’UDC 130 MILA.

Pubblicato il 31 ottobre, 2012 in Politica | No Comments »

(LaPresse)

L’ANALISI DEL VOTO SICILIANO A CURA DI RENATO MANNHEIMMER

Le prime analisi del voto siciliano si sono basate sul confronto delle percentuali ottenute da ciascun partito. Ma queste, data la numerosità delle astensioni, sono calcolate sulla sola metà degli aventi diritto al voto. Proprio questa circostanza suggerisce di analizzare il risultato anche esaminando la numerosità in valore assoluto dei consensi ottenuti dalle forze in campo.

Questo approccio ci permette di renderci conto ancora più da vicino di quanto abbiano perso quasi tutte le forze politiche. È stata ad esempio già notata la diminuzione in percentuale del partito di Berlusconi. Ma confrontando i valori assoluti, è ancor più impressionante rilevare come il Pdl abbia perso ben 650 mila voti, tre quarti del suo elettorato precedente. Anche comprendendo i consensi ottenuti dalle liste «Lombardo presidente» e «Musumeci presidente», la perdita resta enorme. Si tratta di elettori che hanno preso la via dell’astensione o, spesso, quella del supporto a Grillo. Un tracollo che ricorda quanto emerge dai sondaggi effettuati in questi giorni a livello nazionale riguardo alla diminuzione drastica delle intenzioni di voto espresse dagli italiani per il Pdl. Ciò non potrà non avere effetti sui già tormentati equilibri interni del partito.

Al tempo stesso, come ha subito osservato Stefano Ceccanti in un’analisi pubblicata sul web, anche l’altra componente del centrodestra, legata a Miccichè, ha subito una erosione, sia pure di misura inferiore. Dall’altra parte dello schieramento politico, tuttavia, anche l’alleanza Pd-Udc, pur risultata vincitrice (o, se si vuole, meno perdente), soffre di una consistente diminuzione di voti. Il Pd, anche sommando i voti delle liste per il candidato (Crocetta-Finocchiaro) perde, in valore assoluto, quasi 250 mila voti: una porzione notevolissima dell’elettorato delle scorse regionali. Analogo discorso si può fare per l’Udc che ha perso circa 130 mila voti: quasi il 40%. Insomma, pur avendo eletto il nuovo presidente di Regione, l’alleanza di centrosinistra ottiene un risultato insoddisfacente, non essendo riuscita, come osserva anche Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore , a intercettare nuovi consensi, in un momento di grande fluidità elettorale. In altre parole, il partito di Bersani pare, a livello siciliano, incapace di convincere e mobilitare i delusi e gli scontenti. Che, anzi, se ne sono in parte allontanati. Al riguardo, alcuni osservatori avevano suggerito che il Pd potesse cedere voti all’estrema sinistra, data l’alleanza stipulata nell’isola con l’Udc. Ciò non si è verificato. Anche la sinistra radicale ha subito un forte calo di consensi, passando da 131 mila voti del 2008 a 59 mila di domenica scorsa e vedendo quindi più che dimezzare il proprio seguito.

Dunque, la gran parte delle forze politiche esprime un saldo di consensi negativo. L’unica a sottrarsi è stata l’Idv con un piccolo incremento di poco meno di 18 mila voti. Come ha sottolineato l’Istituto Cattaneo, si tratta di un risultato deludente dopo le aspettative che aveva stimolato il successo di Leoluca Orlando alle comunali.

Come si sa, hanno tratto frutto da questo andamento elettorale complessivo il Movimento 5 Stelle e il folto «partito degli astenuti». Grillo ha guadagnato quasi 240 mila voti, quintuplicando di fatto il suo elettorato. Ma la diserzione dalle urne esce dalle elezioni con un bottino assai maggiore, pari a quasi 800 mila siciliani che, questa volta, hanno ritenuto di non recarsi ai seggi.

Entrambi i fenomeni, il supporto per il Movimento 5 Stelle e l’incremento dell’astensione, sono stati per lo più interpretati come espressione di protesta e di disaffezione. Un fenomeno che, stando a quanto ci suggeriscono le ricerche sulle intenzioni di voto, riguarda non solo la Sicilia, ma tutta l’Italia. Renato Mannheimer, Il Corriere della Sera, 31 ottobre 2012

QUID O MORTE, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 31 ottobre, 2012 in Politica | No Comments »

Non è andata bene, e questo si sapeva. Ma in Sicilia la ca­duta del Pdl non ha superato, se pur di poco, il pun­to di non ritorno, cosa che era nel novero delle possibilità.

Il segretario del Pdl Angelino Alfano

At­taccandosi all’aritmetica, e al netto dell’astensione record, la somma delle percentuali ot­tenute dai partiti e movimenti riconducibili al vecchio centro­destra (oggi divisi da faide di partito) perde meno di quanto abbia lasciato sul campo il cen­trosinistra che ha vinto grazie al fatto che si è presentato uni­to. Ma questi sono ragiona­menti da esperti, direi da mani­aci, che lasciano il tempo che trovano. Il fatto è che anche in Sicilia si ammaina la bandiera senza per altro issarne una de­stinata a sventolare a lungo per la fragilità dei vincitori.

Angelino Alfano, rompendo un silenzio di due giorni, accet­ta la sconfitta e guarda avanti. Dopo lo strappo di sabato sulla linea ufficiale del partito, qua­si una sconfessione, Berlusco­ni gli rinnova (pur senza appa­rire) la fiducia, un po’ come sta succedendo per Allegri, l’alle­natore del Milan che non rie­sce più a vincere. E lui, Alfano, non rompe, si toglie un sassoli­no dalla scarpa («Il via libera al governo Monti l’ha dato il Ca­valiere »), fa suoi con inedita forza alcuni temi cari all’ex pre­mier ( giustizia, Europa germa­no- centrica, mani libere sulle alleanze) e annuncia di punta­re tutto sulle primarie di parti­to per una definitiva legittima­zione. Sono testimone che i rappor­ti personali tra Alfano e Berlu­sconi restano affettuosi, ma il problema non è questo. Come dimostrano il successo di Gril­lo (trasportato a livello nazio­nale il voto di ieri varrebbe at­torno al 25 per cento) e la ma­rea di astensioni, gli elettori, anche quelli dormienti, si aspettano dal centrodestra pa­role d’ordine forti, chiare e fat­ti conseguenti. Non piace che la gerarchia di partito abbia co­me punto di riferimento Monti e Napolitano, sentire Maurizio Lupi dire al Tg3 che Berlusconi non comanda più e che il gover­no dei tecnici non si tocca è de­vastante, le frizioni tra una par­te di ex Forza Italia ed ex An so­no praticamente irrecuperabi­li, troppe le ambiguità sul ri­cambio degli uomini e sulla lot­ta ai privilegi e ai costi della Ca­sta.

Tutti questi nodi saranno sciolti dalle primarie di dicem­bre? Possibile, ma solo in par­te. Certificare i rapporti di for­za dentro il partito può essere utile per il futuro degli aspiran­ti leader, meno per i problemi dei cittadini. Comperare tem­po serve a poco. Il partito tutto, per dirla alla Berlusconi, o recu­pera quel «quid» che lo distin­gueva sul mercato elettorale o muore a prescindere da chi lo guiderà. Ben vengano le prima­rie, ma serve di più, molto di più, e il tempo stringe. E la stra­da, come si evince, non è quel­la di considerare Silvio Berlu­sconi come un pensionato. Se ieri si è perso, non è certo per lo sfogo di sabato, parole chiare che semmai hanno evitato l’ir­reparabile, e neppure per il candidato, Nello Musumeci (semmai vittima di un sacrifi­cio annunciato). È che la gente non ha capito bene che cosa è oggi il Pdl, con chi vuole stare e che cosa vuole fare. Speriamo che il 16 dicembre, giorno di primarie, non sia troppo tardi. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 31 ottobre 2012

.………..Tralasciamo il commento a questo editoriale di Sallusti, per rimarcare la nostra ammirazione per questo giornalista dalla schiena dritta che mentre in Senato è in scena l’ennesima mascherata di parlametnari che giocano con la pelle degli altri, se ne infischia del carcere che l’attende e non arretra di un millimetro dalla sua scelta di non scendere a patti con nessuno.g.

DALL’ISOLA AVVISO AI NAVIGANTI, di Mario Sechi

Pubblicato il 30 ottobre, 2012 in Politica | No Comments »

La Sicilia è sempre stata un formidabile laboratorio politico, anticipatrice di fenomeni che poi si sono radicati in tutto il Palazzo. Il voto per il rinnovo del consiglio regionale ci offre una proiezione di quel che accadrà al Parlamento nazionale se i partiti non intervengono subito con una riforma istituzionale per assicurare al Paese stabilità e governabilità. Senza questi due ultimi requisiti nella competizione globale sei perdente in partenza. La salvezza del sistema politico è un pre-requisito per poter sfidare i giganti: il capitalismo senza democrazia della Cina, il capitalismo con la democrazia e un forte presidenzialismo degli Stati Uniti, il mercato e lo Stato forte della Germania, la crescita senza regole dei Paesi emergenti, mette tutti di fronte al dilemma del funzionamento della democrazia. Pensate alla Sicilia: è una regione esattamente nelle stesse condizioni della Grecia, vicina al default, con un apparato burocratico amministativo abnorme, dove le assunzioni clientelari sono un volano non solo per la politica ma per l’intero sistema economico che succhia la mammella dei contribuenti. Può una regione con svariati miliardi di euro di debito essere governata da una maggioranza esile, di volta in volta sottoposta al ricatto delle minoranze necessarie? Osservate cosa è successo in Spagna: le autonomie locali nel mezzo della crisi hanno svelato i buchi dei loro bilanci, una voragine che ha aggravato la crisi della Agencia tributaria. La situazione italiana rischia di divenire la fotocopia di quella spagnola. Ma mentre in Spagna i partiti sono riusciti almeno a votare e a varare un governo (quel finto fenomeno di Zapatero ha lasciato posto ed eredità a Mariano Rajoy), in Italia i partiti, un anno fa, hanno alzato le mani e chiamato Monti per spegnere l’incendio che essi stessi avevano appiccato. Fanno sorridere quando reclamano le elezioni che essi stessi non hanno voluto. L’insegnamento che viene dalla Sicilia è un gong potente che dovrebbe svegliare tutti: i vincitori, i vinti e quelli che si apprestano a fare il primo passo nel Palazzo. Nessuno andrà lontano perché la recessione economica si sta intrecciando con la crisi finanziaria e quella politica. È in corso un pericoloso avvitamento delle istituzioni che rischia di trascinare il Paese a fondo. Da tempo sostengo che l’Italia ha bisogno di uno shock per risollevarsi. La sua storia lo dimostra ed è questa la tesi di fondo di «Tutte le volte che ce l’abbiamo fatta», il libro che ho scritto per Mondadori. L’Italia è un grande Paese, terra di geni e costruttori di realtà e di immaginario, sta per affrontare un altro passaggio chiave della sua storia. Bisogna fare le riforme, accettare il peso di una lunga traversata nel deserto per riscoprire le radici di un Paese che ce l’ha fatta e ce la farà ancora. Mario Sechi, Il Tempo, 30 ottobre 2012

.………….Tutto giusto, meno la retorica dell’Italia che che è un grande Paese e che ce la farà ancora una volta….Sechi è troppo intelligente per pensare   e scrivere  frasi da libro cuore. L’Italia è un Paese a pezzi, anzi a pezzettini e non è più un grande Paese da tanto tempo. E’ un territorio indiano, dove scorazzano gli indigeni mentre arrivano i conquistatores non necessariamente spagnoli e gentiluomini. Dove non abbondano nè geni nè costruttori di realtà, quei pochi che ci sono scappano o li fanno scappare. E’ la storia per esempio dell’erede dei Rana che per costruire in America uno stabilimento della loro celebre pasta ci ha messo quindici giorni per avere i permessi con il sindaco della città che si metteva a disposizione, mentre in Italia è da sette anni che combatte  per avere  gli stessi permessi, contro la burocrazia,  l’ottusa burocrazia  di stampo piemontese ereditata dal regno d’Italia, non la burocrazia rigida ma veloce di Francesco Giuseppe, ancora oggi celebrata dalle popolazioni del Tirolo. E  non un caso che gli italiani, che non si sentono più nè geni nè costruttori di realtà, si affidano ad un comico, Grillo, per stanare la politica e i politicanti, tutto il contrario dei geni e dei costruttori della realtà. L’unica realtà è che di fronte allo sfacelo di cui egli pure è stato causa, il presidente Napolitano auspica che non si voti se non con una nuova legge elettorale. Pare il pronunciamento di qualche caudillo del passato che balbetta scusa per mascherare la dittatura. Napolitano fa finta di non sapere che la nuova  legge elettorale non si farà mai, nè mai i partiti hanno avuto voglia di cambiarla perchè il tanto deprecato porcellum in verità sta bene a tutti, perchè tutti in questo modo si tengono stretto un sistema bloccato e chiuso alle caste di partito, che imperterrite fanno ciò che vogliono. Stamani una inchiesta di Sole 24 ore testimonia che i partiti in questi ultimi 18 anni hanno rapinato 2,2 miliardi di euro a titolo di rimborso di spese elettorali spendendone appena 580 milioni,  il resto è sparito in ostriche e champagne. Come sperare che i ladri si trasformino in gentiliuomini e restituiscano non tanto il mal tolto quanto il loro potere che è lo strumento per continuare a rapinare? Napolitano lo sa, ma recita una parte in commedia che è quella del nonno buono e gentile, una parte che ancor più offende, quasi più delle ruberie di Stato. Quasi come offende Monti che si rivela cattivo e algido, sicuro di rimanere lì dove la viltà di un Parlamento di nominati lo ha issato, perchè conoscendo i polli  ben sa che mai si trasformeranno in aquile e quindi si consente  di autodefinirsi  “maledetto” ma con l’aureola del santo salvatore intorno alla testa, proprio come un qualsiasi  defunto Ceacescu o  vivente Chavet. No,  caro direttore Sechi, sperare ancora nello stellone d’Italia è solo utopia, anzi al punto in cui siamo solo una fesseria. Ci vorrebbe ben altro ma non lo si può dire perchè può capitare di finire a pulire i cessi come sta per capitare a Sallusti del quale ormai nessuno più nè si ricorda, nè parla. Mors tua, vita mea, macheronicamente. g.

NON SARA’ UN VERDETTO GROTTESCO A CANCELLARE BERLUSCONI DALLA STORIA, di Giuliano Ferrara

Pubblicato il 28 ottobre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Non dico si debbano tributare onori divini, l’apoteosi del diritto romano, a Berlusco­ni: sarebbe il primo a riderne. Oltretutto giusto ieri ha dato la sua interpretazione del ritiro: mi ritiro, cioè no. Grandioso e surreale.

Ma comun­que vadano le cose, la damnatio memoriae ,con abolizione del nome per generazioni e sfregio del silenzio coatto imposto anche solo al suo ricordo, questo è un po’ troppo per un leader democratico che ha tra­sformato un grande Paese in di­ciotto anni di vita pubblica sulla scena europea e mondiale. La grottesca condanna per i diritti te­levisivi subito seguita alla sobria e molto onorevole uscita di sce­na del Cav, figura che milioni di italiani sono pronti a rimpiange­re, punta proprio a questo, fa da battistrada a questo progetto: è un atto simbolico, come tutti san­no, corredato di immediate moti­vazioni pronte all’uso, ma desti­nato alla cancellazione da parte della Corte costituzionale o alla prescrizione ultrasicura. Insom­ma è solo un modo della giusti­zia di rito ambrosiano di riconfer­mare che ci sono anche loro nel giorno fatale, e il loro contributo è di trasformare in un abominevo­le reo l’Arcinemi­co, il mitico froda­tore fiscale che nella realtà paga più tasse di un Creso.

Berlusconi ha preso la guida del­l’Italia tre volte grazie a libere ele­zioni, l’ha persa per due volte gra­zie a un ribaltone e a una manovra di palazzo aiutate e in certo senso anche obbligate dal circo mediati­co- giudiziario, l’ultima delle qua­li lo ha avuto sog­getto responsabi­le e consenziente un anno fa. (Le sue colpe politi­che nel procurarsi la difficile con­giuntura in cui è caduto non tol­gono il fatto di principio: gli italia­ni lo hanno eletto e il mandato gli è stato sempre revocato dagli ot­timati del partito senatorio e fi­nanziario, non dagli elettori.) Portiamoci avanti con il lavo­ro, nel tentativo di impedire l’al­lestimento in corso dell’avvilen­te messinscena: la «caduta di un grande criminale». Questo co­pione plateale è presupposto tri­ste e necessario dell’eliminazio­ne censoria della vera storia del berlusconismo dai radar dell’in­telligenza italiana; dovere politi­co e civile anticipare un lavoro che ha anche un valore decisivo per chi riuscirà, se ci riesce, a co­st­ruire qualcosa che rivesta un si­gnificato profondo al posto della leadership di Berlusconi, oggi nel ruolo di memoria e ispirazio­ne ( spero e credo rivestiti con l’al­legria non intrusiva già promes­sa).La parte spiccatamente giudi­ziaria è chiara. Il processo Ruby naufraga nel grottesco dell’in­quisizione talebana e guardona. Le risposte della signora Karima El Marough alla trasmissione di Michele Santoro fanno testo per­ché sono limpide e spontanee nel tratto. Berlusconi è persona corretta, ridanciana, amante del trastullo burlesco, ospitale, pri­vata nel suo modo di divertirsi, ma corretta, niente di predato­rio e di umiliante per le donne e per il loro retoricamente sban­dierato «corpo», perfettamente e gioiosamente violabile se in re­gime di adulti consenzienti e in­vece inviolabile alle propalazio­ni bacchettone di una magistra­tura in fregola di politica & etica al servizio di oscuri pregiudizi, con qualche abbondante e inde­cente aiutino mediatico. La con­cussione fa ridere tutto il mondo del diritto, perfino i persecutori. Una condanna in simile proces­so sarebbe il timbro finale di una persecuzione che solo la cecità faziosa dell’inimicizia politica consente di non vedere e giudica­re in tutto il suo orrore civile. Sim­bolo e gogna da aggiungere al simbolismo inutile, per suffra­garlo e rafforzarlo, della senten­za del giudice D’Avossa. Insom­ma, giustizia sommaria.Poi c’è la parte politica, civile. Berlusconi è stato potentissimo, ora merita la polvere. Buffonata. Tutti conoscono i limiti bestiali in cui opera un presidente del Consiglio italiano (basta guarda­re al trattamento elettoralistico che stanno facendo a Mario Mon­ti, già mezzo paralizzato e sfregia­to da campagne incivili, o alle cat­tive figure rimediate da Romano Prodi o da Massimo D’Alema). La forza elettorale è stata ben controbilanciata dalle fughe par­lam­entari ricorrenti e dal ribalto­nismo, malattie senili delle Re­pubbliche malate. Berlusconi ha fallito, dicono. Ma che vuol di­re? Ci ha dato un paesaggio di pa­role e cose di legno totalmente trasformato in emozioni e spon­taneità vivente, ha incarnato il maggioritario, ha dato potere al popolo che sceglie chi governa, ha tenuto a freno per anni la rapa­cità dello Stato, non ha smantel­lato il welfare ma ha fatto le gran­di riforme delle pensioni e del la­voro prima della Fornero, e in­somma, se di fallimento dell’eco­nomia e della finanza vogliamo parlare, parliamone: ma vedrete che è pieno di cause, di fattori di spinta, di remore e pigrizie, e di imputati potenziali che vengo­no nella lista quasi tutti prima di Berlusconi. Poi dire che il suo progetto ha declinato, questo è vero e Berlusconi è il primo a sa­perlo.Il tempo si prende cura di ridi­mensionare sogni e progetti, ma questo non autorizza i nani a de­cretare la damnatio memoriae , sotto la coltre censoria di un seg­mento di storia che si spera di consegnare prigioniero ai pre­sunti vincitori, ovvero la cancel­lazione legale della robustezza e anche della grandezza di un’esperienza politica unica al mondo.E ricordiamoci che abbiamo scelto Israele e gli Stati Uniti nel fuoco della battaglia, che Berlu­sconi è stato dalla parte giusta nei momenti cruciali delle gran­di sfide occidentali, e che ancora oggi l’Italia non è una sentina del­la secolarizzazione giacobina, una ridicola Repubblica ideolo­gicamente corretta, anche per merito suo. Chapeau e buon lavo­ro. Giuliano Ferrara, IL FOGLIO, 28 ottobre 2012

……………La storia fa sempre giustizia e alla fine distingue fra giganti e mezzecalzette. Berlusconi ha commesso molti errori e in questo ultimo anno più che negli anni precedenti. Ma l’impennata di ieri, lo scatto di orgoglio, la provocatoria dichiarazione di guerra  fuori e dentro il PDL, lo restituiscono nella sua dimensione di autorevole leader dei moderati di questo Paese, che salvò nel 1994 dalla scoppiettante macchina da guerra di Occhetto e  che si propone di fare altrettanto ora, alla vigila di uno scontro elettorale nel quale la sinistra si appresta a vincere grazie al tradimento e alla diserzione dalla trincea dei moderati di squallidi traditori. Fa pena Casini, eterno “giovane” della politica italiana, lui che ne sa una più del diavolo, che dimentico di essersi salvato dall’oblio e dalla gogna nel 1994 grazie allaq discesa in campo di Berlusconi, ora un pò lo insulta e un pò lo deride, accusandolo di spaccare il frotne dei moderati. Quali? Quelli alla Casini che in Sicilia è alleato con il PD, che nelle scorse amministrative si è alleato con il PD in tante parti d’Italia benchè in tante altre era ed è alleato con il PDL e anche con la Lega, che persegue un solo oobiettivo: il potere e i posti a sedere, con chi c’è c’è, secondo la logica che un tempo fu del socialismo del due forni e che nell’ultimo decennio è stato il filo conduttore di una politica che non ha mai pensato al Paese ma solo a se stessa? E’ squallido che proprio coloro che hanno disertato la battaglia dei moderati, del centrodestra, l’anima stessa del popolo italiano che dal 1948 in poi mai ha attribuito la maggioranza alla sinsitra  che ha potuto vincere solo grazie ai sotterfugi dei politicastri alla Casini (è inutile parlare di Fini essendo questo solo una ruota di scorta…) che come si dice dalle nostre aprti “piangono e fottono” e poi se  la ridono. Il ritorno in campo di Berlusconi è un fatto che fa saltare il banco delle convenienze politiche e il tavolo delle concertazioni degli affaristi. E allora bentornato Presidente, se ci sei, ci saremo anche noi. g.

LIBERI DA MONTI ( E, FORSE, DAL PDL) di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 28 ottobre, 2012 in Politica | No Comments »

Liberi. Dalla Merkel, dalle tasse, dai magi­strati in malafede, dal governo Monti e da tecnici incapaci. Liberi di parlare e spende­re i nostri soldi senza essere spiati e perse­guitati.

Liberi da uno stato di polizia,dalla politica del­l’inciucio: chi vince le elezioni deve poter comanda­re. Silvio Berlusconi ieri ha aperto le finestre: si cam­bia aria, via quella stantia, ormai puzzolente, degli ul­timi anni, dentro quella fresca.

C’è voluto lo shock di una sentenza barbara per liberare anche il Cavaliere dal giogo di cattivi consiglieri e mediocri collaborato­ri che stavano pensando solo alla loro sopravvivenza. Il predellino due non è in piazza, ma nell’aula ma­gna di villa Gernetto, assente lo stato maggiore del Pdl. Finalmente il Cavaliere si è accorto che qualcu­no stava vendendo lui, ma soprattutto noi e ciò in cui crediamo, al miglior offerente, che si chiami Napoli­tano, Monti o Casini poco importa. Berlusconi ritro­va il coraggio dei bei tempi, e quei notabili del Pdl che già pensavano di essersi sbarazzati dell’ingombran­te signore restano ammutoliti. Altro che passo indie­tro: qui si fa una duplice piroetta in avanti.Non arren­dersi mai è nel dna dell’uomo, tanto che due giorni fa alla notizia di un suo ritiro avevamo titolato con pre­veggenza: «Arrivederci». Non ci abbiamo creduto neppure un secondo, anche se non speravamo in tan­ta velocità. Quello di ieri è stato un classico contropiede, di quelli che spiazzano tutti.

Si riparte dal Nord, dove il vento dell’antipolitica soffia giustamente più forte e dove le misure recessive del governo Monti picchia­no più duramente. Meglio, molto meglio ricucire con la Lega che vendersi a Casini. Un Pdl a trazione sudi­sta o romanocentrico è una contraddizione in termi­ni. E finalmente basta con le politiche recessive che una Germania egoista e furbetta impone a Monti e al suo governo. Gli spazi di manovra per cavarcela da so­li ci sono e Berlusconi li ha ben spiegati. Il nostro Pil negativo, che ci obbliga a sacrifici in favore dei tede­schi, è figlio di due bugie. La prima è che il reddito sommerso non si vede ma esiste, la seconda è che il risparmio privato è ricchezza vera e va conteggiato. Ora tutti si chiedono che succederà. Non lo so, ma immagino due ipotesi. La prima: il Pdl la smette di prendere strade pericolose per le nostre libertà fon­damentali e si riaffida completamente al suo fondato­re. La seconda: parte del Pdl preferisce allearsi con le sinistre più o meno mascherate e i partiti delle tasse, e allora potrebbe nascere un soggetto politico comple­tamente nuovo nel nome di Silvio Berlusconi. Come andrà a finire lo sapremo nelle prossime ore. Non tan­te, perché adesso è concreta la probabilità che il go­verno Monti ( fischiato ieri da militari e studenti) ven­ga fatto cadere sulle imminenti nuove misure recessi­ve che ha proposto al Parlamento. Allora addio pri­marie e tatticismi. Si andrà a votare, finalmente. E Ber­lusconi, in qualche modo, ci sarà. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 28 ottobre 2012

LA PARTITA DELLE TOGHE NON FINISCE MAI, di Mario Sechi

Pubblicato il 27 ottobre, 2012 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

Proviamo a fare il punto della settimana: Berlusconi ha fatto il passo indietro e non si candida più a Palazzo Chigi, il tribunale di Milano ha fatto un altro passo avanti e lo condanna per Mediaset; il terremoto all’Aquila poteva essere previsto e le toghe condannano gli scienziati, il sisma del Pollino era previsto ma diventa imprevisto e nessun giudice però ha parlato, l’Ilva di Taranto è pronta a partire, ma i giudici continuano a frenare; si incoraggiano la paternità e la maternità sine die, ma con le sentenze poi si levano i figli ai genitori troppo anziani. Sono solo alcuni campi dello scibile di cui ultimamente si è occupata la nostra brillante magistratura. La situazione è sotto gli occhi di tutti: la classe politica sta cedendo il passo all’innovazione, resiste, ma la voce del barbiere è rivelatoria: «Dotto’, se ne stanno a annà. Tutti». Lo stesso non può dirsi di una casta che ci sta sopra le teste e non ha intenzione di schiodarsi: la magistratura. Ha svolto ruolo di supplenza in alcuni momenti, non necessario, poi ha scambiato la supplenza per un posto fisso. Così la magistratura è diventata il centro di gravità permanente di un Paese che di gravità ne ha poca. I magistrati, inquirenti, giudicanti, civili, penali, tutti, sono diventati nell’ordine: potere legislativo, esecutivo, costituzionale, incostituzionale, manageriale, sindacale, spettacolare, deprimente, utile, inutile, salutare, nocivo. Non esiste Paese nel quale la magistratura abbia questa dimensione abnorme. O meglio, Stati dove i magistrati sono onnipotenti esistono: sono le dittature. La giustizia amministrata dalla magistratura coincide perfettamente con i pensieri del satrapo di turno. Non c’è alcuna differenza tra la democrazia italiana e la dittatura di Bananas perché il tiranno cade, il politico viene mandato a casa, ma la magistratura in entrambi i regimi resta. I Torquemada sono utili a qualsiasi sistema politico. Il problema è che nel Belpaese è stato fatto un ulteriore salto di qualità: i procuratori da soprassalto sono legibus solutus, al di sopra della legge al di sotto di qualsiasi possibilità di applicazione delle regole democratiche al loro gioco. Il Csm, il cosiddetto organo di autogoverno delle toghe, non governa niente, ma fa da terza camera del Parlamento. Mentre tutti gli altri dipendenti pubblici hanno subìto decurtazioni di ogni sorta dello stipendio e i pensionati il cambio in corsa delle regole per il meritato riposo, magistrati che giudicano sui magistrati hanno stabilito che gli stipendi delle toghe non si toccano. Siccome devono essere «sereni nel giudicare» la Consulta altrettanto serenamente ha deciso che il loro portafogli deve essere intoccabile. Se la terza Repubblica nasce sotto l’insegna di questa casta, verrà strozzata nella culla. Serenamente. Mario Sechi, Il Tempo, 27 ottobre 2012

..…………………Bravo Sechi, ha centrato il problema. Lo stesso che questa mattina ha evidenziato il presidente Berlusconi che al TG di Canale 5 ha annunciato che “resterà in campo” dopo la sentenza di ieri perchè così non si può andare avanti ed occorre la riforma del pianeta giustizia perchè non capiti ai cittadini italiani quel che capita a lui. Il fatto è che quello che è capitato a lui è già capitato a centinaia, megliaia di persone, solo che non ne ha parlato nessuno perchè quelle persone sono “nessuno”  e di loro nessuno si occupa, nè giornali, nè opinionisti, nè politici che in vita loro non hanno mai lavorato. Come la Bindi che non ha pewrso l’occasione per insukltare Berlusconi, o Di Pietro che dimentico delle sue “colpe” ha sproloquiato sulla “verità venuta a galla” o Fini, esperto nel ratto delle Sabine (in gioventù approfittò del carcere dove era rinchiuso il segretario del fronte della gioventù di Roma per prendersi la di lui moglie, e in vecchiaiai non sa saputo far di meglio che congiungersi carbnalmente all’amante del rotondo e anzianotto Gauccci…) il quale ha da par suo, sulle parole di Berlusconi, scimmiottato su una possibile retromarcia di Berlusconi sulle decisioni politiche dell’altro ieri. Fini, che in vita sua non ha lavorato un sol giorno che sia uno, è l’ultimo a poter deridere Berusconi senza del quale egli sarebbe rimasto ancora a definire Mussolini lo statista del secolo e relegato in un angolino del retrobottega della politica senza futuro. Però..però va ribadito che Berlusconi non aveva bisogno di questa dura prova personale per capire che così non si va avanti nè da nessuna parte e che la partita con le toghe, una casta tanto forte quanto spesso cattiva, andava combattatua da tempo, a viso aperto, modificando le regole in Parlamento, eliminando il CSM perchè in nessuna parte del mondo i giudici hanno per giudici i loro colleghi. Certo non è mai troppo tardi ma non deve egli e non devono gli altri fermarsi alle parole senza far seguire i fatti. Ne va di mezzo, lo dice bene Sechi, la sopravvivenza stessa della democrazia nel nostro Paese. g.

BERLUSCONI: LA SENTENZA? UN AVVERTIMENTO MAFIOSO

Pubblicato il 27 ottobre, 2012 in Cronaca, Giustizia, Politica | No Comments »

I toni sono concitati, a volte perfino accesi nell’improvvisata riunione di famiglia che si tiene in quel di Arcore. Alla fine di una delle giornate più difficili, Berlusconi ha sì in parte metabolizzato quella che considera una vera e propria «barbarie», ma l’irritazione – termine ovviamente niente affatto appropriato e di molto edulcorato – resta tutta.

Una sentenza «incredibile», «vergognosa», «politica». Soprattutto «scontata».Ed è questo il punto. Perché – al di là di quel che racconta l’ufficialità – sono giorni che l’ex premier va dicendo in privato che «l’assedio delle procure non si è fermato» e che «andranno avanti finché non mi vedranno morto».

In una telefonata di qualche giorno fa con un ex ministro il Cavaliere è stato piuttosto chiaro: «Sono pronti a condannarmi per Mediaset, poi mi terranno sulle spine fino a gennaio con Ruby dove arriverà ovviamente un’altra condanna. Tutto già scritto, tutto secondo copione. E siccome non si accontentano mai ci sono già altre tre procure che stanno indagando su varie ed eventuali…».Con chi ha occasione di sentirlo al telefono il Cavaliere è un fiume in piena, niente a che fare con lo sfogo – comunque duro – ai microfoni di Studio Aperto. Si aspettava la condanna, certo. Ma forse non le pene accessorie (l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici) né i dieci milioni di euro da risarcire all’Agenzia delle Entrate. «Vogliono vedermi morto e neanche così sarebbero contenti», si sfoga Berlusconi in privato. «Viene voglia di andarsene, mollare tutto e lasciare un Paese così», arriva a confidare. Ma «non gli darò questa soddisfazione», aggiunge in una delle tante telefonate della giornata. Anzi, «bisogna reagire a questa barbarie», bisogna «fare qualcosa» perché «non si può rimanere inermi».

Il punto è che il Cavaliere resta convinto che si tratti di una «sentenza mafiosa», una sorta di «avvertimento». A fare due conti, infatti, l’interdizione dai pubblici uffici potrebbe diventare una vera e propria bomba ad orologeria nella prossima legislatura. La prescrizione per il processo in questione dovrebbe scattare a fine 2013 (c’è chi dice nel 2014) ed è possibile che entro quella data si riesca ad arrivare a sentenza definitiva. Definitiva e dunque esecutiva. Il che significa che se il prossimo anno Berlusconi tornerà ad essere eletto in Parlamento, nel 2014 calerà sulla sua testa la spada di Damocle dell’interdizione dai pubblici uffici nel caso in cui appello e Cassazione dovessero confermare la sentenza.

A quel punto, infatti, alla Giunta per le elezioni della Camera (o del Senato a seconda di dove siederà il Cavaliere nella prossima legislatura) verrebbe notificata la sentenza definitiva per verificare se Berlusconi ha titolo o no a sedere in Parlamento. E il tutto dovrebbe essere rimesso al voto della giunta prima e dell’aula poi. Nel 2014, insomma, il Parlamento potrebbe trovarsi a votare sulla legittimità di Berlusconi a sedere alla Camera o al Senato. Definirla una bomba ad orologeria è un eufemismo. Non solo per il Cavaliere, ma per la politica tutta perché è chiaro che difficilmente si arriverà alla cosiddetta Terza Repubblica continuando a tenere Berlusconi sulla graticola e mettendolo all’angolo sotto il profilo giudiziario.Anzi.

Esattamente il contrario. «Ho subito più di 60 procedimenti, più di mille magistrati si sono occupati di me e il mio gruppo ha avuto 188 visite della Polizia giudiziaria e della Guardia di finanza. Ci sono state 2.666 udienze in questi 18 anni e ho dovuto spendere più di 400 milioni in parcelle di avvocati e consulenti», ripete Berlusconi ai suoi interlocutori. Ed è con loro che torna ad ipotizzare di restare in prima linea, perché «se l’accerchiamento continua bisogna difendersi in qualche modo». Difficile dire come finirà. Il Giornale, 27 ottobre 2012

BERLUSCONI: E’ UNA CONDANNA POLITICA. COSI’ NON SI PUO’ ANDARE AVANTI…

Pubblicato il 26 ottobre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Silvio Berlusconi, dopo la sentenza con cui il Tribunale di Milano, per la prima volta dopo un ventennio di assedio giudiziario, è riuscito a condannarlo, amareggiato e sconfortato, si è rivolto ai suoi elettori con una lettera che qui riproduciamo. E’ una lettera assai breve ma racconta in sintesi una storia giudiziaria, anzi una tappa di questa storia,  che sa dell’incredibile. Sopratutto mette in evidenza che la giustizia in Italia è spesso usata per fini politici. Lo sa bene Berlusconi che ne è stato e  ne è  vittima, ma Berlusconi sa che egli è il primo a doversi rimproverare per non aver operato per riformarla questa giustizia quando ne ha avuto la possibilità e gli strumenti. Nel 2001 e sino al 2006 egli ha governato questo Paese con una maggioranza che poteva consentirgli di adottare i necessari provvedimenti legislativi e così dal 2008 sino al 2010. E’ vero, in Parlamento, nelle maggioranze,  c’erano ostacoli e continue imboscate da parte   di ascari pronti a sabotare i provvedimenti legislativi, specie in materia di giustizia. E’ vero! Ma è anche vero che non li si è messi alla prova e nemmeno alla porta. La conseguenza è che nè i provvedimenti, quelli seri, cioè quelli strutturali sono mai stati adottati, almeno in Consiglio dei Ministri, nè lo stesso Berlusconi ha battuto il bastone sulla scrivania licenziando gli ascari, palesi e nascosti. Se lo avesse fatto, forse quegli ascari o sarebbero venuti allo scoperto o  si sarebbero visti costretti a piegarsi alla logica della maggioranza oltre che della necessità di varare le riforme strutturali delle quali il Paese aveva bisogno, tra cui, ovviamente, quella della Giustizia. Berlusconi non lo ha fatto, adottando la politica  andreottiana del tirare a campo, neppure memore dell’insegnamento craxiano che, comunque,  tutte le volpi finiscono in pellicceria,   ma alla fine ha dovuto comunque togliersi di mezzo e cedere il passo prima ai governi tecnici che nulla hanno di liberale, e poi a tirarsi fuori, come ha fatto l’altro ieri, dinanzi alla evidente insofferenza di tanti suoi beneficiati che dopo esserlo stati dalla discesa in campo di Berlusconi ora aspirano ad esserlo dalla sua ritirata nelle retrovie. Ed ora su di lui  cade questa tegola di una sentenza che sembra scritta con l’inchiostro della fazione. E’ solo una sentenza di primo grado che dovrà passare il vaglio di un’altra corte, quella di appello, e,  nel caso,  quello della Cassazione. Ma la sua immagine ne esce comuqnue compromessa e forse tanto basta perchè quanti, anche a lui vicini, hanno traccheggiato per un suo pensionamento oggi si sentono più tranquilli per il loro personale futuro. Ma non lo sono gli italiani, i milioni di italiani che in questi anni avevano votato Berlusconi fidando nei suoi impegni elettorali, nelle sue promesse di cambiamento del Paese, nelle sue assicurazioni che i cittadini non avrebbero più subito le prepotenze di uno Stato che dopo 70 anni di democrazia non è mai diventato liberale e dove i diritti dei singoli vengono conculcati ogni giorno dalle burocrazie di ogni genere e dalle caste di ogni risma. Non lo sono ancor più oggi,  di fronte ad una condanna che lungi dal dimostrare che “la legge è uguale per tutti”, semmai dimostra che la legge è inflessibile contro chi  non si conforma alle regole delle caste. La parabola di Berlusconi nè è la tangibile prova. Per questo, nonostante le delusioni,  gli esprimiamo la nostra solidarietà. g.

ECCO LA LETTERA DI SILVIO BERLUSCONI

Cari Amici,

è una condanna politica, incredibile e intollerabile. E’ senza dubbio una sentenza politica come sono politici i tanti processi inventati a mio riguardo. Ero certo di essere assolto da una accusa totalmente fuori dalla realtà. La sentenza di oggi è la conferma di un vero e proprio accanimento giudiziario e dell’uso della giustizia a fini di lotta politica.

Ci sono molte prove della mia inocenza, due delle quali assolutamente inoppugnabili:


1) L’accusa mi vorrebbe socio di due imprenditori americani, uno dei quali io non ho mai conosciuto. Se io fossi stato socio di questi imprenditori sarebbe bastata una telefonata all’ufficio acquisti di Mediaset per far acquistare i diritti televisivi che questi due imprenditori volevano vendere, senza pagare tangenti.
2) Se fossi stato socio sarei subito venuto a conoscenza di una tangente così elevata versata ai responsabili del servizio acquisti, e non avrei potuto che provvedere al loro immediato licenziamento, visto che per quell’ufficio passavano 750 milioni di acquisti all’anno. Nessun imprenditore si sarebbe potuto comportare diversamente, permettendo di continuare a rubare ai danni della sua azienda e di se stesso.

Non c’è nessuna connessione assolutamente con la rinuncia alla corsa alla premiership nel 2013. Io e i miei avvocati ritenevamo impossibile una condanna qualsiasi in questo processo e infatti le motivazioni della condanna sono assolutamente fuori dalla realtà. Non si può andare avanti così: dobbiamo fare qualcosa. Quando non si può contare sull’imparzialità dei giudici, questo paese diventa incivile, barbaro, invivibile e cessa anche di essere una democrazia. E’ triste, ma la situazione del nostro paese oggi è così. SILVIO BERLUSCONI, 26 ottobre 2012

I PM CE L’HANNO FATTA: DOPO 19 ANNI DI ASSALTO ALLA BAIONETTA HANNO CONDANNATO BERLUSCONI

Pubblicato il 26 ottobre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Condannato. Alle 16 di oggi Silvio Berlusconi é stato dichiarato colpevole di frode fiscale dal tribunale di Milano, al termine della lunga camera di consiglio che ha tirato le somme della vicenda dei diritti comprati da Fininvest alla fine degli anni Novanta.

Silvio Berlusconi

Berlusconi é stato condannato a quattro anni di carcere, di cui tre condonati per indulto, e a tre anni di interdizione dai pubblici uffici.

Berlusconi dovrà versare immediatamente dieci milioni al fisco come risarcimento danni.Il tribunale presieduto dal giudice Edoardo d’Avossa ha accolto le tesi del pubblico ministero Fabio De Pasquale, secondo cui – pur non ricoprendo più cariche formali all’interno del gruppo da lui fondato – il Cavaliere continuava a occuparsi degli affari di famiglia. In questa veste avrebbe disposto il pagamento a prezzi gonfiati dei diritti dei film hollywoodiani da trasmettere sulle reti del Biscione. In questo modo sarebbero stati prodotti fondi neri per oltre trecento milioni di euro, approdati sui conti esteri della famiglia Berlusconi, e sarebbero stati alterati i bilanci risparmiando centinaia di milioni di tasse.</p><p>”Su quei soldi – aveva sostenuto De Pasquale nella sua requisitoria – ci sono le impronte digitali di Berlusconi”. I difensori del Cavaliere avevano ribattuto che non solo non c’era traccia di un ruolo diretto di Berlusconi nella vicenda, ma nemmeno era dimostrato che i film fossero stati pagati a prezzi effettivamente fuori mercato. Oggi il tribunale accoglie in pieno le tesi dell’accusa, con una sentenza che fa irruzione nella scena politica: è la prima volta dal lontano 1998 che il Cavaliere viene dichiarato colpevole a termine di un processo.All’ex presidente del Consiglio vengono inflitti quattro mesi di carcere in piú di quelli chiesti dalla Procura. Ma ancora piú eclatante è forse la decisione di interdire Berlusconi per cinque anni dai pubblici uffici. La pena, trattandosi di una sentenza di primo grado, non é immediatamente esecutiva. Ma se dovesse venire confermata nei gradi successivi, il Cavaliere non potrebbe avere incarichi parlamentari né di governo per tutta la durata dell’interdizione.Ovviamente, i legali di Berlusconi faranno appello. Ma sulla sentenza di oggi pesa un’incognita più ravvicinata: la decisione della Corte Costituzionale chiamata a dirimere lo scontro tra il governo e i giudici milanesi, che nell’ottobre 2010 decisero di tenere udienza nonostante Berlusconi fosse impegnato in consiglio dei ministri. Se la Consulta decidesse che in quel modo vennero violate le prerogative del premier, la sentenza di oggi potrebbe venire azzerata. Ma, nel frattempo, il colpo per Berlusconi è pesante.</p><p>Assolto invece per non avere commesso il fatto il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. Insieme a Berlusconi é stato condannato Frank Agrama, l’ex regista divenuto mediatore di diritti cinematografici, e accusato dalla Procura di essere “socio occulto” di Berlusconi.Il giudice d’Avossa sta ora leggendo in diretta le motivazioni della decisione. É una procedura straordinaria che riduce a 15 giorni i termini per le difese per ricorrere in appello.Secondo i giudici, il meccanismo di pagamento dei diritti veniva gestito totalmente all’esterno delle strutture ufficiali di Fininvest.

Il meccanismo viene , definito “un sistema di frodi ideato fin dagli anni Ottanta” finalizzato alla evasione delle tasse “nonché alla costituzione di ingenti fondi neri (…) Resta ingiustificato l aumento di prezzi nelle varie catene rilevabile dalla differenza tra il primo prezzo noto e il prezzo finale praticato alla società utente”.</p>Per gestire i fondi neri così creati “é stato creato un sistema di società offshore” la cui riconducibilitá a Berlusconi viene definita “pacifica”. I giudici motivano la loro convinzione basandosi anche sulla sentenza della Cassazione sul caso Mills, che prosciolse l’avvocato inglese per prescrizione ma attribuì al Cavaliere la paternità dei versamenti sui suoi conti.Il Giornale, 26 ottobre 2012

……………..Insomma ci hanno messo 19 anni e forse più  di accanimento giudiziario ma alla fine ce l’hanno fatta a condannare Berlusconi. Una condanna quella dei giudici di merito addirittura più pesante della richiesta  del pm, il solito Depasquale, da una ventina d’anni in servizio permanente effettivo nella caccia all’uomo Berlusconi, che aveva richiesto 3 anni e otto mesi. E per di più il Tribunale sta leggendo in Aula direttamente le motivazioni allo scopo di accorciare i tempi per l’appello e quindi tentare di evitare la possibile prescrizione di un reato consumato, se c’è stato, una 15na di anni fa. Insomma quando si tratta di Berlusconi la giustizia italina che marcia alla velocità delle lumanche per tutti, specie per i poveri cristi, ingrana la quinta e marcia alla velocità della luce. Se pur non ci fossero molti dubbi sulla sentenza emessa, basterebbe questa circostanza a gettare una luce fosca su una storia che a parer nostro fa acqua da tutte le parti. A incominciare dal fatto che il presiedente di Mediaset, Confalonieri, è stato assoloto pur essendo lui quello che firmava ma è stato condannato Berlsuconi, privo di cariche all’interno del gruppo,  in virtù di un aggiornato teorema secondo il quale lui, ma solo lui!, “non poteva non sapere”. Questo, al netto di tutte le altre peplessità politiche che restano tutte, ci fanno sentire in piena solidarieà con Berlusconi che, comunque, è innocente sino a sentenza definitiva. O anche questo principio di civiltà giuridica non vale per Berlusconi? g.

I GIOVANI DI CONFINDUSTRAI ALL’ATTACCO: VIA I LADRI DALLA POLITICA, BASTA CON LE TASSE

Pubblicato il 26 ottobre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Confindustria attacca: via ladri da politica

Via i ladri, gli ignoranti, gli incapaci“, chiedono i giovani di Confindustria. “Siamo disgustati dall’idea della carica pubblica come scorciatoia per arricchirsi, ci ribelliamo a questo degrado”, dice il leader degli under40 Jacopo Morelli dal palco del XXVII convegno di Capri. “Chi lavora non è più disposto a sostenere larghi strati parassitari”.

“Basta con l’umiliazione delle coscienze civili”, sottolinea Morelli nelle “tesi dei giovani” presentate al tradizionale convegno di Capri. Basta sostenere “con le proprie tasse e la propria fatica” strati parassitari “che anche adesso, mentre perdiamo duemila occupati al giorno, continuano a erodere denaro pubblico”. Servono “persone responsabili, preparate, all’altezza del compito”. “Abbiamo diritto a cambiare”. “C’é spazio per interventi drastici, senza ipocrisie”, dice Morelli, che rilancia l’appello per un varo in tempi brevi della Legge elettorale ricordando che “i tre rappresentanti dell’attuale maggioranza, già lo scorso giugno a Santa Margherita Ligure – ricorda -, ci avevano promesso di fare in un mese”. Oggi “è il 26 ottobre e di quella traccia non c’é accordo”. Per il leader dei giovani imprenditori “una classe politica che non mantiene le promesse, mentre chiede ai cittadini sacrifici continui, è indegna. Non è questo che si merita la nazione”.

Perdiamo duemila occupati al giorno“, avverte il leader dei giovani di Confindustria nelle “tesi” al tradizionale convegno di Capri. A chi si candida per governare l’Italia, aggiunge, “chiediamo cosa intenderà fare per i giovani che non hanno lavoro e non riescono a rendersi indipendenti”.

Il “peso” della pressione fiscale è “cresciuto così tanto da diventare una confisca”: quella “ufficiale toccherà nel 2012 il 45% del Pil”, l’onere sulle imprese “sarà superiore al 68%”. Il leader dei giovani imprenditori, Jacopo Morelli, chiede di “abbassarla in maniera sostanziale” avvertendo: “Il tempo della pazienza è finito”.

Il cuneo fiscale e contributivo, evidenzia ancora il presidente degli imprenditori under-40 parlando alla platea del XXVII convegno di Capri dal titolo ‘Europe under pressure’, è “tra i più elevati dell’Ocse: il 53% contro una media dell’Unione europea del 41%”. Un livello che “strangola”. Il governo, prosegue Morelli, “ha riconosciuto che gli italiani stanno dando una grande prova di responsabilità, accettando misure drastiche e impopolari. Se questo è vero, c’é un dovere morale di ridare, subito, fiducia al Paese abbassando, in maniera sostanziale, la pressione fiscale su chi lavora e sulle imprese che reinvestono”. I cittadini “non sono cavie”, aggiunge, chiedendo un’azione immediata sul fisco per ridare ossigeno all’economia reale. “La prima vera azione di politica industriale – ribadiscono i giovani imprenditori – sarebbe un abbassamento vigoroso delle tasse sui redditi da lavoro e d’impresa. Ci pare di assistere, invece, all’applicazione ostinata di teorie e ricette da laboratorio, politiche dimostratesi inefficaci, dimenticando che l’economia é una scienza interpretativa e che quindi può essere imprecisa e imprevedibile”. Nelle loro tesi, i giovani imprenditori sottolineano che il taglio dell’Irpef “anche se è un inizio” rischia di essere “vanificato” dall’aumento dell’Iva. Tornano a “condannare l’evasione fiscale” che “va contrastata con ogni mezzo”. E chiedono anche di “lasciare ai redditi bassi più soldi in busta paga, per rilanciare la domanda interna”.

“I colpi della recessione sono arrivati nella carne viva del tessuto produttivo: la base industriale si è contratta del 20%. Anche noi contiamo, forse per la prima volta, i ‘caduti sul campo’”. Morelli punta il dito sulla “poca crescita” ed “il molto rigore”. E “se chiudono le imprese dei giovani, il Paese brucia il futuro, le speranze, il dinamismo”: bisogna “creare nuove occasioni di lavoro, dare ossigeno alle imprese”. Fonte ANSA, 26 ottobre 2012

.…………..Intanto la Commissione Affari Regionali deklla Cametra ha bocciato senza appello il decretolegge di Monti che riduceva i vosti della politica, eliminava i vitalizi, tagliava i benefit infiniti a favore della casta della politica. Che farà Monti? Lo ritirerà o pporrà la fiducia? E’ aperta la scommessa ma chiunque dovesse putare sul “rigore” di Monti sull’abbattimewnto dei costi della poltiica è destinato a perderla. g.