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LA REDAZIONE DEL GIORNALE: SIAMO TUTTI SALLUSTI

Pubblicato il 27 settembre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Vergogna. Vergogna. Ver­gogna. Soltanto nei regi­mi totalitari della Corea del Nord o della Repub­bl­ica islamica iraniana un diretto­re perché, come ha detto, «da uomo non libero non potrei più fare un Giornale libero». E così una legge liberticida ap­plicata di giornale può finire in carcere per aver scritto un articolo. Ma da ieri questa aberrazione giuridica è una realtà anche in Italia.

La sentenza della Corte di Cas­sazione che, applicando una leg­ge fascista, ha confermato la con­danna al carcere per il nostro di­rettore Alessandro Sallusti è scan­dalosa e indegna di un Paese civi­le. Non soltanto sono stati ignora­ti gli appelli per una volta unani­mi che si sono levati dal Paese a partire dalle maggiori cariche isti­tuzionali, ma nella sua assurda du­re­zza la Corte non ha accolto nep­pure le richieste del sostituto pro­curatore generale della Cassazio­ne, il quale aveva chiesto l’annul­lamento con rinvio della condan­na per rivalutare la possibilità di concedere a Sallusti le attenuanti negate dal giudice di secondo gra­do.

Noi giornalisti del Giornale ci sentiamo condannati come il no­stro direttore. E ci stringiamo a lui prendendo atto con rammarico delle sue dimissioni, rassegnate con integralismo taleba­no col­pisce il direttore del Giorna­le per un articolo non scritto da lui e pubblicato sul quotidiano Libe­ro . Il giudice di primo grado l’ave­va condannato a una pena pecu­niaria trasformata in appello, con una severità spropositata, in 14 mesi di reclusione senza atte­nuanti perché il nostro direttore è stato considerato «socialmente pericoloso». Volevano che fosse privato della libertà, e così è stato, come nelle tirannie che credeva­mo esistessero soltanto nei libri di storia o in un’altra parte del mondo.

Con la Federazione nazionale della stampa, la redazione del Giornale constata allibita che que­sta sentenza è sconvolgente, scon­figge e mortifica la libertà di espressione e priva ingiustamen­te un uomo della sua libertà perso­nale per delle norme aberranti e indegne di un Paese democrati­co.

Prendiamo atto delle tante atte­stazioni di solidarietà ricevute in queste ore. Al mondo politico, tut­tavia, all’Italia la maglia nera per la libertà di stampa tra i Paesi demo­cratici. Nemmeno la detenzione nel 2004 di Lino Jannuzzi, giorna­lista e senatore, ha smosso l’iner­zia dei suoi colleghi parlamenta­ri. La condanna di Sallusti deve spingere ora la classe politica a muoversi in fretta. Governo e Par­lamento devono cancellare in tempi rapidi il carcere per i reati di opinione, secondo quanto ha san­cito anche la giustizia europea, e riscrivere daccapo le norme sul rapporto tra libertà di stampa e tu­tela di chi si reputa diffamato.

Non è comprensibile né accetta­bile che nel nostro Paese ci siano delinquenti a piede libero e che in carcere finisca chi commette un reato di opinione. Non è compren­sibile né accettabile che la magi­stratura influenzi non solo il cor­so della politica ma anche quello della stampa. Anche noi giornali­sti, come il nostro direttore, non ci presteremo al gioco della giusti­zia politicizzata e saremo al suo fianco con i nostri lettori. Noi sia­mo tutti Sallusti.

I giornalisti del Giornale:

Daniele Abbiati, Andrea Acquarone, Manila Alfano, Angelo Allegri, Francesca Angeli, Luciana Baldrighi, Gabriele Barberis Vignola, Eleonora Barbieri, Cristina Bassi, Andrea Bianchini, Giacomo Bonessa, Roberto Bonizzi, Pierluigi Bonora, Enrico Bonzio, Pier Francesco Borgia, Fabrizio Boschi, Monica Bottino, Paolo Bracalini, Valeria Braghieri, Marta Bravi, Maddalena Camera, Chiara Campo, Federico Casabella, Beniamino Casadei Lucchi, Giuseppe Castellaneta, Maurizio Caverzan, Mario Celi, Gaia Cesare, Laura Cesaretti, Gian Marco Chiocci, Mariateresa Conti, Serena Coppetti, Andrea Cortellari, Sabrina Cottone, Francesco Cramer, Andrea Cuomo, Giuseppe De Bellis, Claudio De Carli, Fabrizio De Feo, Gianmaria De Francesco, Giannino Della Frattina, Francesco Maria Del Vigo, Marcello Di Dio, Giandomenico Di Marzio, Roberto Fabbri, Luca Fazzo, Daniela Fedi, Laura Feltre, Domenico Ferrara, Stefano Filippi, Emanuela Fontana, Paola Fucilieri, Elena Gaiardoni, Cristiano Gatti, Stefano Giani, Alberto Giannoni, Clarissa Gigante, Paolo Giordano, Alessandro Gnocchi, Fabrizio Graffione, Jacopo Granzotto, Anna Maria Greco, Giulia Guerri, Andrea Indini, Enrico Lagattolla, Gioia Locati, Marco Lombardo Giassetti, Stefano Lorenzetto, Massimiliano Lussana, Vittorio Macioce, Massimo Malpica, Felice Fausto Manti, Monica Marcenaro, Giuseppe Marino, Luigi Mascheroni, Antonio Materi, Giorgio Morelli, Elia Pagnoni, Tiziana Paolocci, Rodolfo Parietti, Roberta Pasero, Luca Pavanel, Riccardo Pelliccetti, Michele Perla, Marco Pirola, Diego Pistacchi, Nicola Porro, Vincenzo Pricolo, Fabrizio Ravoni, Ferruccio Repetti, Massimo Restelli, Laura Rio, Alessandro Rocchi, Cinzia Romani, Antonio Ruzzo, Orlando Sacchelli, Matteo Sacchi, Massimiliano Scafi, Roberto Scafuri, Paolo Scotti, Paola Setti, Adalberto Signore, Riccardo Signori, Antonio Signorini, Enrico Silvestri, Maria Sorbi, Carmine Spadafora, Giacomo Susca, Patricia Tagliaferri, Salvatore Tramontano, Marcello Veneziani, Laura Verlicchi, Massimo Veronese, Gabriele Villa, Stefano Vladovich, Marcello Zacché, Marco Zucchetti, Stefano Zurlo, i poligrafici del “Giornale”

………….Mentre si moltiplicano le solidarietà a Sallusti, qualcosa si sta muovendo. Stamattina il ministro Severino è stato convocato al Qurinale da Napolitano ed al termine del colloquio il Quirinale ha diramato un comunicato nel quale si dà atto che entrambi hanno concordato sulla assoluta necessità di porre fine all’obbrobrio giuridico che ha consentito la sentenza contro Sallusti. Si ipotizza un provvedimento che abbia carattere retroattivo così da essere applicato ad Alessandro Sallusti. E’ il minimo che si possa fare per rstituire decoro e dignità al nostro Paese in materia di civiltà giuridica del quuale un tempo eravamo, a giusta ragione, culla. g.

IL SALUTO DI ALESSANDRO SALLUSTI AI LETTORI (MA L’EDITORE HA RESPINTO LE SUE DIMISSIONI)

Pubblicato il 27 settembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Fa un certo effetto sapere di dover andare in carcere.

Ma non è questo il problema, non il mio. In un Paese dove più che gli euro mancano le palle, non voglio concedere nessuna via d’uscita a chi ha partecipato a questa porcata. Non ho accettato trattative private con un magistrato (il querelante) che era disponibile a lasciarmi libero in cambio di un pugno di euro, prassi squallida e umiliante più per lui, custode di giustizia, che per me. Non accetto ora di evitare la cella chiedendo la pena alternativa dell’affidamento ai servizi sociali per sottopormi a un piano di rieducazione. Perché sono certo che mio padre e mia madre, gli unici titolati a educarmi, abbiano fatto un lavoro più che discreto e oggi, che purtroppo non ci sono più, sarebbero orgogliosi di me e di loro.

E ancora. Non chiederò la grazia a Napolitano perché, detto con rispetto, nel suo settennato nulla ha fatto di serio e concreto per arginare quella magistratura politicizzata che con odio e bava alla bocca si è scagliata contro chiunque passasse dalle parti del centrodestra e che ora, dopo avere ripassato i politici, vuole fare pulizia anche nei giornali non allineati alle loro tesi. Non voglio poi risolvere io il problema di Mario Monti, accademico di quella Bocconi che dovrebbe essere tempio e fucina delle libertà, che si trova al collo, complice il suo sostanziale silenzio e il suo immobilismo sul caso, la medaglia della sentenza più illiberale dell’Occidente. Così come il ministro della giustizia Paola Severino, definita da tutti come la più illuminata tra gli avvocati illuminati, dovrà ora chiedersi se per caso non è colma la misura della giustizia spettacolo degli Ingroia e dei suoi piccoli imitatori in cerca di fama.

Stamane scriverò al Prefetto di Milano, per annunciargli che rinuncio alla scorta (ragazzi meravigliosi e sottopagati che non finirò mai di ammirare) che da due anni mi protegge notte e giorno da concrete e reiterate minacce. Non posso accettare che una parte dello Stato, il ministero degli Interni, spenda soldi pubblici per tutelare una persona che un’altra parte dello Stato, la magistratura, considera in sentenza definitiva soggetto socialmente pericoloso.

E ultimo, ma primo in ordine di importanza, oggi mi dimetto, questo sì con enorme sofferenza, da direttore responsabile del Giornale, per rispetto ai lettori e ai colleghi. Il foglio delle libertà non può essere guidato da una persona non più libera di esprimere ogni giorno e fino in fondo il proprio pensiero perché fisicamente in carcere o sotto schiaffo da parte di persone intellettualmente disoneste che possono in ogni momento fare scattare le manette a loro piacimento.

Ringrazio tutti voi per la pazienza e l’affetto che mi avete dimostrato e vi chiedo scusa per i non pochi errori commessi. Ma non mi arrendo, questo mai. La battaglia per cambiare in meglio il Paese continua, e questo sopruso, sono convinto, può essere trasformato in una opportunità in più per tutti noi. Alessandro Sallusti.

.………..Fa un certo effetto anche a noi  che un giudice quantifichi il proprio onore in qualche migliaio di euro, pare sessantamila. Per noi l’onore non ha prezzo e mai lo quantificheremmo, specie se indossassimo la toga che fu ed è bandiera di coraggio e e di servizio al popolo. Ma alle tasche talvolta e taluno è disposto a sacrificare  il proprio onore. E ciò non gli fa onore. g.

LADRI LIBERI, GIORNALISTI IN CELLA. LA LEZIONE DI SALLUSTI, di Mario Sechi

Pubblicato il 27 settembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

I giudici applicano la legge e la legge prevede che il direttore di un giornale possa andare in carcere da uno a cinque anni quando commette il reato di omesso controllo e diffamazione aggravata. Nel caso di Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, il formalismo giuridico è rispettato, ma la democrazia subisce un duro colpo in un Paese che in un tempo ormai remoto fu la culla del diritto e che ieri ha confermato di esserne solo la discarica a cielo aperto, in una giornata triste per la libertà di stampa e la giustizia. Dirigere un giornale è un mestiere duro e faticoso, ma in Italia è anche molto pericoloso. Provo a spiegare perché. Le norme prevedono che il direttore abbia il controllo assoluto di quel che viene pubblicato e a lui si estende una responsabilità oggettiva che lo chiama automaticamente in giudizio insieme all’autore dell’articolo. Questa norma poteva funzionare finché i giornali erano fatti di pochi fogli e le notizie non piovevano in real time. Secondo la legge il sottoscritto dovrebbe essere in grado di leggere tutti gli articoli, titoli e foto de Il Tempo, cioè la bellezza di due edizioni, un’ottantina di pagine al giorno, una media quotidiana di circa trecento articoli, più migliaia di lanci d’agenzia che sono potenzialmente impaginabili. Il controllo è esteso alla pubblicità, agli annunci economici e agli inserti. È un lavoro che non riuscirebbe a fare neppure Mandrake. E il risultato è che a dirigere un giornale alla fine ci si guadagna una fedina penale da Al Capone. Ogni volta che ricevo una notifica giudiziaria, incrocio lo sguardo imbarazzato degli amici carabinieri che sanno bene di dover svolgere un compito umiliante per chi ne è oggetto. È una delle tante porcherie giuridiche dell’ordinamento e stride con quel che accade in questi giorni: per un giornalista che rischia la galera e molti altri ridotti sul lastrico e impoveriti, abbiamo a piede libero un manipolo di ladri di polli con patente politica che fanno le star in televisione e promettono di ricandidarsi. Che schifo. È un insopportabile sottosopra che si svolge grazie all’immobilismo della politica. Di destra e di sinistra. Sallusti rischia il carcere non perché la magistratura applichi la legge – con un sinistro rigore, a mio avviso, visto che anche le attenuanti richieste dal procuratore generale gli sono state negate – ma perché il Parlamento se ne infischia di quel bene chiamato libertà di stampa, quello che fa la differenza tra una democrazia e una Repubblica delle Banane. I giornali pubblicano notizie. E possono dar fastidio. Ma sono anche l’unico presidio plurale di un Paese che tende pericolosamente ad essere monocorde. Da molti anni chiediamo una riforma dal volto umano, ma è sempre stato come predicare nel deserto. Nessuno è perfetto, questo è un mestiere delicato, si può sbagliare. Ma se l’errore viene punito con la cella e risarcimenti mostruosi, il risultato è quello di intimidire i giornalisti e mettere sul lastrico le aziende editrici. È esattamente quello che sta avvenendo. E ha dell’incredibile perché una riforma equilibrata, che rispetti tutte le parti in campo, non uccida il diritto di cronaca, dia all’offeso la giusta e doverosa riparazione se c’è un errore e non costringa gli editori a chiudere i giornali, è possibile. Tutto il mondo della stampa italiana deve favorire un’inversione di rotta, riunire editori e giornalisti, mettere nero su bianco una proposta e chiedere a questo Parlamento di discuterla, migliorarla e votarla. Senza manfrine, giochetti e ritardi. Questo è il momento di mettere insieme le forze, ora o mai più. Confido nella saggezza del Presidente Napolitano. Il caso del direttore de Il Giornale richiede il suo intervento e il suo senso dello Stato. Perché la libertà di Sallusti è anche la nostra. Mario Sechi, Il Tempo, 27 settembre 2012

……………Tra i tanti commenti al caso Sallusti che oggi vengono pubblicati su tutti iquotidiani italiani, tutti, nessuno escluso di solidarietà a Sallusti e di incredulità – a dir poco – di fronte ad una sentenza liberticida, abbiamo scelto quello di Sechi, direttore de Il Tempo, che ci è sembrato il più equilibrato e il più francamente coretto rispetto a tutte le questioni che la sentenza pone, ad iniziare dal vero e proprio bavaglio che questra sentenza di fatto impone alla stampa italiana, intimidita dalla paura di finire in cella solo per avr espresso una opinione o solo, nel caso dei direttori,  per non aver effettuato il controllo su ogni riga che il proprio giornale pubblica. Intanto Sallusti conferma che non intende chiedere la grazia e per lui la chiede al presidente Napolitano Renato Farina, giornalista oggi deputato, che alzatosi questa mattina alla Camera,  ha formalmente ammesso di essere l’autore del “pezzo” incriminato, il proprietaro del giornale rifiuta le dimisisoni rassengate da Sallusti e la politica quella che ormai si può scrivere solo la p minuscola annuncia di voler mettere una toppa a 60 anni di ritardi con una leggina o un  decreto legge che modifichi la legge Rocco (il giurista di Mussolini  che riscrisse nel 1923 il codice penale italiano, ovviamente calandolo nel contesto di un regime autoriario…) che prevede il casrcere per i direttori che omettino il controllo, il partito di Berlusconi del quale Sallusti è stato uno dei pochi giornalisti,pur con molti dubbi,  a sostenrne le tesi, non ha fatto sapere a Monti che se non impedisce che Sallusti finisca nelle celle, lì dove non finiscono più da tempo i delinquenti e i ladri, a incominciare dai politici di ogni schieramento, cesserà il sostengo ad un governo che a sua volta decreta d’urgenza sull’impoverimento degli italiani ma non lo fa quando si tratta di difendere il bene più importanre dell’uomo, la libertà personale. g

LA CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA DI SALLUSTI: IN ITALIA E’ PROIBITO ESPRIMERE LIBERAMENTE LE PROPRIE OPINIONI, SPECIE SE RIGUARDANO I GIUDICI. E SIAMO RITORNATI AL MEDIO EVO, ALTRO CHE EUROPA.

Pubblicato il 26 settembre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

VERGOGNA

COME NELLE DITTATURE: LA CASSAZIONE CONFERMA LA CONDANNA AL NOSTRO DIRETTORE. PENA AUTOMATICAMENTE SOSPESA, MA RESTA UNA VERGOGNA PER TUTTO IL PAESE. SALLUSTI: “MI DIMETTO”

(Il video è visionable sul sito del Giornale)

La Federazione Nazionale  della Stampa, subito dopo la scandalosa sentenza della Cassazione che ha condannato un giornalista per una opinine tra l’altro non espressa da lui, ha diramato un comunicato violentissimo contro la sentenza definita barbara e assurda. Domani, raccogliendo l’invito della Federazione d ella Stampa, e  in attesa di ulteriori azioni di protesta, i giornali italiani usciranno con spazi bianchi accanto agli editoriali dei direttori, molti dei quali hanno già espresso la loro piena solidarietà al direttore Sallusti e fatto propria la condanna senza mezzi termini di una sentenza che ricaccia il nostro Paese nel Medio Evo e lo avvicina agli ultimi  paesi  al mondo dove regna la dittatura che mette il bavaglio alle opinioni. Da parte nostra, da sempre estimatori del Direttore Sallusti, gli esprimiamo la nostra solidarietà e l’apprezzamento per la decisione annunciata ai giornalisti del Giornale  che non intende chiedere l’affidamento ai Servizi Sociali (perchè non ho fatto nulla per cui debba redimirsi, ha dichiarato Sallusti) nè chiedere la grazia a Napolitano considerato da Sallusti corresponsabile della deriva dittatoriale della magistratura italiana. Sempre da parte nostra riteniamo che a questo punto il centro destra nei cui confronti è stato consumata l’ennesima aggressione sotto forma di condanna del suo maggior e più brillante esponente giornalistico la smetta di ciurlare nel manico e si decida , ora, subito, a staccare la spina a Monti e al suo ministro della Giustizia, il peggiore e sopratutto il più don Abbondio dei ministri della Giustizia che si sono susseguiti nel nostro Paese dopo la seconda guerra mondiale. Infine una amara constatazione. In Italia i giudici fanno a gara per trovare codicilli che consentano a ladri, assassini, magnacci, delinquenti, compreso quelli di marca politica,  di rimanere in libertà, non ne hanno trovato uno per evitare che l’onta del disprezzo internazionale calasse sul nostro Paese che ora, lo sappia il signor Monti, può finalmente  portare una bandiera in giro per il mondo, quella dell’oscurantismo. g.

TRE DOMANDE FACILI FACILI, di Mario Sechi

Pubblicato il 26 settembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

A che punto è la notte? È sempre buio pesto e di luce per ora non se ne vede. I partiti sono avvolti dall’oscurità, non brilla alcuna idea e il sistema di finanziamento nelle Regioni si sta rivelando un pozzo nero di spesa pubblica a fini privati. La reazione a questo scenario è da stato confusionale: si annunciano grandi epurazioni (di pesci piccoli) e maquillage di vertice che non tengono alla prova di tre quesiti facili facili. Domanda numero uno: quanti politici si sono dimessi dal ruolo di parlamentare e quanti hanno lasciato il consiglio regionale del Lazio? Diamo noi la risposta: nessuno. Domanda numero due: quanti partiti hanno votato l’aumento di quattordici volte dei fondi ai gruppi consiliari del Lazio? Diamo ancora noi la soluzione: tutti. Domanda numero tre: che fine hanno fatto i milioni di euro aggiunti dalle Regioni ai già stratosferici rimborsi elettorali? Facile: non si sa. Mal di testa? Allora preparate l’aspirina, perché al danno si aggiunge la beffa: i consiglieri quando l’assemblea del Lazio si scioglierà avranno anche la liquidazione. Applausi. Cari partitanti, se non si risolvono questi nodi e si rifonda la politica, nessuno crederà alle vostre parole. Non si possono tagliare le pensioni, lasciare che le retribuzioni medie dei dipendenti italiani vengono falcidiate, prosciugare con il fisco famiglie e imprese e contemporaneamente foraggiare la politica a getto continuo. Questa è antipolitica? No, è buonsenso. Nessuno può far finta di niente, ma il così fan tutti non assolve nessuno. Il Pdl deve prepararsi alla traversata nel deserto. Ma c’è modo e modo di farla. Questo è il peggiore. Mentre a sinistra mettono i sacchi di sabbia e cercano di rinforzare gli argini con una coalizione che non ha alcun futuro di governo, a destra si cerca il Santo Graal e non si fa l’unica cosa seria: riaprire il partito alla competizione e chiudere la stagione delle nomine e della cooptazione senza merito. La politica si fa con i voti nell’urna, non con il pallottoliere delle alleanze interne e delle coalizioni destinate allo sfascio. Che senso ha fare accordi di nomenklatura se poi là fuori ci sono milioni di voti in uscita? Rispondiamo ancora noi: nessuno. Ma che glielo scriviamo a fare… Mario Sechi, Il Tempo, 26 settembre 2012

.…………Giusto! Perche scriverlo? Dovrebbe essere ovvio e naturale, e non solo ora che l’ennesimo scandalo ha detto sino a che punto la politica sia infognata e per quanto riguarda il centrodestra sino a che punto la notte è fonda, avrebbe dovuto esserlo da sempre, o almeno da quando una valanga di voti diede al centro destra la maggioranza assoluta nel Parlamento non solo per riformare la Repubblica e gli organi costituzionali, dalla Presidenza a tutti gli altri, ma anche per riformare e ricostruire la società italiana rasa al suolo dai decenni di malgoverno precedente. Invece il centrodestra dopo la vittoria pensò che tanto bastasse e che per il resto c’era tenmpo, anzi di tempo non c’era e questi sono i risultati. Non solo ha subito la scissione di Fini ed ha perduto il governo ma ora si trova in una situazione che definire caotica è poco e definire irreversibilmente destinata al peggio è assai probabile,. E’ vero, in in queste ore si sprecano dichiarazioni ed impegni, compreso l’anatema di Alfano contro Fiorito come se cacciando Fiorito si risolve il problema. Che invece è di ben altra natura e dimensione, riguarda tutto il centrodestra e in primo luogo il PDL che è ormai ridotto ovunque, dove di più dove di neo, come nel Lazio, a bande armate che si contendono i quattrini pubblici. E non consola, non può consolare che il male riguardi tutta la politica, nessuno escluso, compreso i moralizzatori dell’ultim’ora, per esempio gli udiccini il cui capo, Cesa, oggi viene tirato in ballo per essere a sua volta destinatario di favori e prebende da parte della Polverini che l’ha ricoperto, tramite la società che gestisce l’Auditorium di Roma,  di palate di quattrini pubblici. Nè consola che dalle parti del PD si sta più o meno allo stesso punto. E’ tutta la politica che va rifondata, ma vivaddio perchè non deve incominciare la destra a rifondaral,  il centrodestra, che da sempre ha inalberato il vessillo del buon govenro e quello del governo onesto? Davvero non si può? Se è così ci cascano le braccia e ci rifugiamo nei ricordi, quelli almeno non ci tradiranno. g.

MA LA MIA LIBERTA’ NON E’ IN VENDITA, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 25 settembre, 2012 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

Ho dato disposizione ai miei avvocati di non chiudere l’ipotesi di accordo con il magistrato che mi ha querelato per un articolo neppure scritto da me e che ha ottenuto da un suo collega giudice la condanna nei miei confronti a un anno e due mesi di carcere.

Il signore voleva altri soldi, oltre i trentamila euro già ottenuti, in cambio del ritiro della querela e quindi della mia libertà. Io penso, l’ho già scritto, che le libertà fondamentali non si scambino tra privati come fossero figurine ma debbano essere tutelate dallo Stato attraverso i suoi organi legislativi e giudiziari.

Anche perché nel caso specifico c’è un’aggravante, e cioè che a essere disposto a trarre beneficio personale dal baratto è un magistrato.

Vi svelo un particolare inedito della vicenda. In primo grado sono stato condannato a cinquemila euro di multa più diecimila di risarcimento, nonostante l’accusa avesse chiesto per me due anni di carcere. Al momento di stendere le motivazioni della sentenza, il pm si pente: ho sbagliato a non dare a Sallusti anche una pena detentiva, scrive nero su bianco, ma ormai è fatta. Che cosa è intervenuto tra la sentenza e la stesura delle motivazioni? Non è che per caso qualcuno ha privatamente protestato per la mitezza della condanna, che a mio avviso era invece più che equa, non avendo io diffamato nessuno? La risposta arriva in appello: due anni forse sono troppi, ma quattordici mesi ci stanno.

Giudici che ammettano di sbagliare, giudici che cambiano idea, giudici che se la fanno e disfano tra di loro? Ma che giustizia è questa? Una persona, per di più magistrato, in buona fede avrebbe dovuto prendere l’iniziativa una volta appreso il verdetto: mi rifiuto di essere la causa di una carcerazione ingiusta, tengo il risarcimento e ritiro la querela. Non è avvenuto, peccato. Adesso, vi assicuro, il problema non è più mio ma loro. Trovino il modo di uscirne con percorsi trasparenti e legali, altrimenti vadano al quel Paese. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 25 settembre 2012

.………….Caro Direttore, la schiena dritta o uno ce l’ha o non ce l’ha. Tu ce l’hai e meriti la solidarietà  di quanti non si piegano come fanno le canne allorchè tira il vento contrario. E’ quello che consiglia un proverbio cinese ma da noi ha un altro nome : adattamento. Si,  adattarsi e magari piegarsi in attesa che cambi il vento. E’ quello che ha prodotto nel tempo l’involuzione della nostra società, la perdita dei Valori e dei sentimenti, il trionfo della mediocrità. Noi non ci stiamo, per questo stiamo con Te. In bocca al lupo per domani. g.

SCENARIO DI UN SISTEMA IN CRISI, di Mario Sechi

Pubblicato il 25 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

La politica non è una scienza esatta, ma alla fine i conti tornano sempre, perché al di là delle singole vicende, dei grandi e piccoli caratteri che la animano, esiste un plot, una trama, una storia che si fa (e disfa) sotto gli occhi dei protagonisti inconsapevoli di questa commedia umana. Per questo ciò che sfugge agli attori, i politici, appare invece chiaro a chi osserva con professionale distacco quel che accade. Quando nel botta e risposta di qualche giorno fa tra il sottoscritto e Renata Polverini ho sottolineato che eravamo di fronte a «una storia Giunta al termine», qualcuno mi ha detto che giocavo ad anticipare i tempi e che, per quanto difficile, la situazione alla Regione Lazio potesse essere ricomposta. È la classica reazione di chi non prende atto che la politica crea dinamiche che a un certo punto sfuggono alla volontà degli uomini. Così è stato per la crisi aperta dentro il gruppo del Pdl alla Pisana, la sua tracimazione sulla Giunta e l’epilogo drammatico con l’uscita di scena della presidente con la clava in mano. Renata Polverini ha fatto quello che in Italia non fa nessuno: si è dimessa. E così ha riconquistato l’onore che rischiava, seriamente, di perdere in una sanguinosa e inutile guerra d’attrito tra le fazioni del Pdl. Berlusconi e Alfano le hanno chiesto di portare la croce, ma senza mettere sul tavolo un rilancio politico alternativo alla trincea. Nessuno, nemmeno un carattere forte come quello della Polverini, poteva resistere in quelle condizioni. Quando si apre una faida, entra in vigore la legge della giungla. E un politico ha due sole strade possibili: o accetta la legge della giungla o lascia che siano gli altri a scannarsi. Polverini ha scelto la seconda opzione. E ha fatto bene. Perché non c’era alcun disegno politico per cui valesse la pena combattere, ferirsi e rischiare di perire. La crisi della Regione Lazio è il picco sismografico – e non sarà l’ultimo, potete starne certi – di un terremoto che scatenerà il suo massimo di energia alle elezioni del 2013. Nella faglia ci sono tutti i partiti che escono dalla Seconda Repubblica. Compreso il Pd, che si illude di stare al sicuro, ma che in realtà i soldi della Regione li ha anch’esso incassati e spesi e ha (ri)cominciato a dilaniarsi nelle sue irrisolte contraddizioni. Al centro della bufera, c’è il partito di Berlusconi, sparito dai radar della politica e incapace di risollevarsi perché è un aereo con un pilota e un equipaggio che hanno piani di volo vecchi. La reazione allo scandalo dei fondi della Regione Lazio è stata quella di una formazione che pensa e ragiona ancora come se il berlusconismo fosse un trionfante fenomeno di massa e non invece una storia che sta emettendo i suoi ultimi bagliori e ha bisogno di una nuova trama e altri protagonisti. Un partito politico è come il campo di un buon contadino: va dissodato, arato, concimato, innaffiato e seminato. Quel che non si fa in un Pdl che rischia di diventare un deserto. È un’entità chiusa che sta allontanando le energie positive, compresse e umiliate. La ricetta è una sola: primarie, partecipazione, merito. Nell’attesa di un cuoco, in cucina preparano un pasto rancido. La situazione politica sta prendendo esattamente la traiettoria che descriviamo da mesi: è in picchiata. Il governo tecnico per i partiti era la straordinaria e irripetibile occasione per rinnovarsi, fare le riforme e presentarsi alle elezioni in maniera dignitosa. Tutto tempo perso. A quasi un anno dall’ingresso di Monti a Palazzo Chigi, niente è cambiato. Continuano ad essere dei club dove si coopta e nomina, luoghi dove la parola competizione fa paura. Faranno una traversata nel deserto. Senz’acqua. Mario Sechi, Il Tempo, 25 settembre 2012

.…………….La Polverini ha fatto bene a dimettersi? Lo ha fatto perchè era l’unica cosa decente che potesse fare, visto che non poteva non sapere quanti soldi costasse il Consiglio Regionale del Lazio ora definito indecente ma fino a qualche settimana fa supporto e sostegno alle decisioni della Giunta Regionale che, tra l’altro, predispone il bilancio tra le cui voci c’era, ovviamente, lo stanziamento per il funzionamento del Consiglio e le elargizioni ai singoli consiglieri comunali che assumono aspetto di vera e propria “tangente” pagata dalla Giunta per tenersi buoni quelli che il cui voto  è necessario perchè la Giunta governi. Il Pdl è nella bufera? Non era necessario che scoppiasse la bufera del caso Lazio per accorgesene. Sono anni che lo è,  e sono anni che il PDL è  già solo un deserto sul quale oltre che sfidarsi a duello le bande che se ne sparticoscono i profitti – in tutti i sensi – ,   non cresce un filo d’erba perchè non è “dissodato, arato, concimato, inaffiato, e seminato” come fa il contadino con la buona terra,   e anche con la cattiva terra per trasformarla in buona, e come un tempo facevano, fuor da metafora, i partiti politici sino alla Prima Repubblica, giorno dopo giorno, con infinita pazienza per conquistarsi la fiducia non solo degli elettori ma anche dei militanti. Si potrà dire che quel che è la storia del PDL è la storia di tutti i partiti dopo Tangentopoli e per cui “mal comune mezzo gaudio” ma ciò non ci consola e non riduce lo svilimento, la delusione, la rabbia, lo sconforto di quanti hanno creduto e sofferto e che ora constatano che il loro credere e le loro sofferenze non sono stato il lievito per una buona politica ma solo il terreno sul quale malfattori e avventurieri hanno costruito le proprie  personali e  miserabili fortune.  g

SALLUSTI: LA VERITA’ SUL MIO ARRESTO, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 23 settembre, 2012 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

Eccomi. Sono quel sog­getto «socialmente pe­ricoloso », così è scrit­to nella sentenza, che mercoledì sarà arrestato se la Cassazione confermerà il ver­detto emesso contro di me da un giudice di Milano.

Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti

Un anno e due mesi di carcere per aver pub­blicato, anni fa su Libero che al­lora dirigevo, un articolo critico nei confronti di un magistrato che aveva autorizzato una tredi­cenne ad abortire. Non ho prece­denti penali ( come tutti i diretto­ri, che in base a una assurda leg­ge rispondono personalmente di tutto ciò che è scritto, sono sta­to condannato più volte a risar­cimenti pecuniari), non ho mai fatto male volontariamente a una mosca né mai lo farei.

Combatto da oltre trent’anni su quel magnifico ed esaltante ring democratico che è l’infor­mazione. Ne ho più prese che da­te ma non mi lamento, mai ho ri­sposto con querele a insulti e mi­nacce. Ho lavorato al fianco di grandi giornalisti, da Indro Montanelli a Paolo Mieli, da Giu­lio Anselmi a Giuliano Ferrara. A ognuno ho rubato qualcosa. Uno di loro, Vittorio Feltri, da tredici anni è anche un fratello maggiore che mi aiuta e proteg­ge e di questo gli sarò per sem­pre grato. Ho combattuto anche con durezza le idee di tante per­sone potenti e famose, ma non ho alcun nemico personale.

A volte ho sbagliato? Certo che sì, e ho sempre pagato in tut­ti i sensi. Sono un liberale, amo e mi batto per la libertà mia e di tutti, e per questo sono orgoglio­so di dirigere oggi il quotidiano della famiglia di Paolo Berlusco­ni, famiglia che la libertà ce l’ha nel sangue, fin troppo direbbe­ro alcuni.

Potrei difendermi dalle accu­se sostenendo, come è vero, che quell’articolo non l’ho scritto io, o cose del genere. Non lo farò perché ho la profonda convin­zione che nessuno, dico nessu­no, debba andare in carcere per una opinione, neppure la più as­surda. Se danno c’è stato che venga quantificato e liquidato. Ma nulla di più è dovuto. L’erro­re ha un prezzo, un principio no. E il principio che non ha prezzo è che nessun giudice può mandare in carcere qualcu­no per le sue idee. Se accettassi­mo questo sarebbe la fine della democrazia, tutti noi saremmo in balia di pazzi, di uomini di Sta­to in malafede, di ricattatori. Io sono disposto a pagare un equo indennizzo, ma non baratto la mia libertà.

Per questo ho detto no a scorciatoie che i miei nuovi e bravissimi avvocati mi hanno proposto. La classe dei magistrati che ha partorito questo obbrobrio ab­bia il coraggio di correggersi o l’impudenza di andare fino in fondo. Non ho paura. Io sono un nulla rispetto al problema in questione. Vogliono fare con­cludere il settennato di Napoli­tano (l’ho aspramente criticato in passato, se sarà il caso lo rifa­rò ma lo rispetto e ringrazio per l’interessamento annunciato ie­ri) che dei magistrati è anche il capo, con una macchia indelebi­le per le libertà fondamentali? Vogliono mandare Monti in gi­ro per l’Europa come il premier del Paese più illiberale dell’Occi­dente? Lo facciano, se ne hanno il coraggio. Per questo, non per il mio destino personale, sareb­bero dei criminali alla pari di chi ha stilato la sentenza che vuole impedirmi di scrivere ciò che penso per il resto della mia vita. Rinuncio al salvacondotto per rispetto alle persone con le quali condivido la vita, ai letto­ri, ai miei tre vicedirettori che si fidano di me, dei cento giornali­sti che dirigo e che hanno il dirit­to di lavorare in un giornale se­condo i principi non negoziabi­li stabiliti dal suo fondatore In­dro Montanelli. Alessandro Sallusti, Direttore de Il Giornale, 23 settembre 2012

………..Ogni parola di commento sarebbe superflua. Chiunque ami la libertà e rivendichi il diritto di dire la propria opinione in un Paese che si ispira ai principi della democrazia liberale si individua oggi in Alessandro Sallusti. Se lo arresteranno, se la casta dei giudici andrà sino in fondo nella difesa corporativa dei propri privilegi, compreso quello della vendetta, e restringeranno Sallusti in una cella,  idealmente ci sentiremo ristretti tutti nel piccolo spazio di quella  cella insieme a Sallusti e alle libertà negate  di ciascuno di noi.g.


SALLUSTI: PER I GIUDICI E’ UN “PERICOLO SOCIALE”….IN GALERA, MENTRE I LADRI E GLI ASSASISNI RESTANO IN LIBERTA’…VIVA L’ITALIA

Pubblicato il 22 settembre, 2012 in Costume, Giustizia, Politica | No Comments »

“Ho paura di vivere in un paese dove ci si permette di arrestare le idee, di metterle in carcere”.

Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti
Con queste parole il direttore del Giornale Alessandro Sallusti commenta ai microfoni del TgLa7 diretto da Enrico Mentana la condanna a quattordici mesi di carcere per un articolo che non ha scritto lui. “Mi preoccupa – spiega – il silenzio di oggi delle alte cariche dello Stato e del governo che presumo, per motivi di antipatia personale o ideologici, non hanno detto nulla su questa vicenda”.

Ci sono due fatti che insospettiscono il direttore del Giornale che adesso attende il verdetto della Cassazione previsto per mercoledì prossimo.“Il primo fatto è che queste idee sono di una parte di opinione – spiega Sallusti al TgLa7 – il secondo è che la querela è stata fatta da un magistrato ed è stata giudicata in modo così severa da un altro magistrato”. Poi, c’è una considerazione finale: “Mi preoccupa il silenzio di oggi delle alte cariche dello Stato e del governo che presumo, per motivi di antipatia personale o ideologici, non hanno detto nulla su questa vicenda”. “Sono sempre molto bravi e molto pronti a enunciare dei principi nei convegni – continua il direttore del Giornale – ma quando devono far sentire la loro voce a difesa di tutti i cittadini, a prescindere dal loro pensiero, spesso battono in ritirata”.

Nonostante la situazione, Sallusti assicura che iI suo stato d’animo è “assolutamente sereno”. “Sono convinto della mia assoluta buona fede e di non aver commesso alcun reato”, continua commentando la vicenda giudiziaria che lo vede condannato, senza la condizionale, per il reato di diffamazione dopo la querela di un giudice tutelare, Giuseppe Cocilovo. L’articolo in questione non è stato redatto da Sallusto, ma è stato pubblicato su Libero nel 2007, quando era direttore gerente del quotidiano e dunque considerato “responsabile oggettivo”. La vicenda sarà giudicata il 26 settembre dalla Corte di Cassazione, per la sentenza definitiva. “Una situazione che non esito a definire ’kafkianà e che non ha precedenti – conclude Sallusti – Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni. Per il momento, diciamo che resto in fiduciosa attesa”.

.………..Ciò che maggiormente ci lascia stupefatti è il silenzio della parte politica di Sallusti, a incominciare non tanto da Berlusconi che del Giornale è il referente politico, ma del capo di ciò che resta di un grande sogno svanito nel nulla, cioè del PDL. Ci riferiamo ad Alfano che nelle ultime 48 ore non ha fatto altro che parlare di ladri di galline da linciare e di donzelle indifese vittime dei ladri di galline da salvaguardare. A prescindere che , fermo restando che quanto è accaduto nel Lazio accade ovunque,   Alfano non può nascondere la polvere, anzi il fango, sotto il tappeto del solo Fiorito, indagato a Roma, per i soldi pubblici usati per scopi privati,  indicandolo  al pubblico ludibrio prima che i fatti siano accertati nella loro completezza alla faccia della presunzione di innocenza che vale per alcuni e per altri no, come per la stessa Polverini “assolta” da Alfano che , non dimentichiamolo, non ha sospeso dal PDL, ed ha fatto bene, il presidente Formigoni,  pur esso indagato per fatti forse più gravi di quelli di Fiorito al quale  però è stata già comminata la pena senza processo. Detto questo, stupisce che Alfano,  ancora dopo ben 24 ore dalla notizia del possibile arresto di Sallusti per una condanna che è tutto un programma, non abbia ancora detto una sola parola  di solidarietà a Sallusti che non è un ladro nè di galline nè di quattrini pubblici, che non ha ucciso nessuno, che non si è macchiato di nessun reato infamannte, tipo farsi trovare a fare sesso con un trans. Nei suoi confronti è stato applicata una legge che trova fondamenta nel Codice Rocco, il guardasigilli fascista che rielaborò il codice penale nel contesto di un regime autoritario che si difendeva con leggi liberticide  dalle critiche dei giornalisti. Dopo circa 70 anni una legge fatta su misura per un sistema politico autoritario continua ad esistere in un sistema politico compeltamente cambiato e dove il diritto di critica è sacrosanto, è anzi il primo inalienabile diritto di ciascuno, prima di tutti per un giornalista che ha il diritto-dovere di informare e di fornire elementi di giudizio sui fatti anche quando questi hanno per protagonisti i giudici che come tutti possono sbagliare e che se non hanno sbagliato e sono ingisutamente criticati possono e debbono rivalersi come tutti sul piano civile e non su quello penale. Alfano che è stato anch’egli Guardasigilli e che come tutti i suoi predecessori degli ultimi 70 anni si è dimenticato di  modificare le due riga che nell’attuale codice prevedono la galera per il direttore del giornale che pubblica senza controllo una notizia non vera, ora almeno intervenga per difendere Sallusti. Certo, sarà accusato di difendere un giornalista che è della sua parte e perchè mai non dovrebbe farlo? Deve farlo anche perchè gli elettori, pochi o molti che siano rimasti intenzionati a votare per il PDL, debbono sapere che votare per il PDL non può essere una aggravante e un rischio per la propria libertà personale. Si sbrighi a sollecitare l’intervento del governo, questo governo di azzeccagarbugli, fatto da pseudo esperti che una ne combinano e  cento ne pensano senza farne una, che sia una,  cosa buona e minacci, si minacci, se Sallusti dovesser essere arrestato di staccare la spina a Monti e allo steso Napolitano che a sua volta nulla ha da dire, forse in omaggio alla sua unica vera cultura che è quella dell’ex Unione Sovietica, dove i giornalisti non esistevano e se esistevano dovevano solo  elogiare il regime e se non lo facevano finivano nei gulag siberiani. E’ vero, qualcuno potrebbe tirar fuori il precedente di Giovanni Guareschi che alla fine degli anni 40 dovette farsi un anno di carcere per lo stesso reato di cui è accusato ora Sallusti. Ma Guareschi, incautamente e del tutto incosapevolmente, aveva accusato De Gasperi di aver chiesto,  verso la fine della gurrra, agli alleati di bombardare Roma. La notizia era falsa e suffragata da falsi documenti che indussero Guareschi a scrivere cose non vere e infamanti per il Capo del Governo e capo di un partito che si richiamava alla Chiesa che  a Roma aveva la sua centralità. In quel caso e sopratutto in quel contesto storico-politico, la condanna fu correttamente inflitta e lo stesso Guareschi che pure aveva contribuito fortemente alla vittoria della DC nel’epico scontro del 1948 contro il fronte popolare non protestò e anzi scrisse a De Gasperi una lettera di scuse senza però scriverne un’altra per chiedere la grazia, in ossequio al principio secondo cui chi sbaglia paga. Ma Sallusti in  cosa ha sbagliato e perchè mai deve andare in galera come un delinquente comune solo per aver diretto un giornale che ha criticato un magistrato? O dobbiamo sempre sperare che ci sia un giudice a Berlino? g.

VOGLIONO METTERE IN GALERA IL DIRETTORE ALESSANDRO SALLUSTI PER REATI DI STAMPA: COME IN COREA E NELL’EX UNIONE SOVIETICA.

Pubblicato il 21 settembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Un giornalista in carcere per motivi professionali è la negazione della democrazia. Infatti l’Italia non è un Paese democratico né liberale: l’unico in Occidente a non esserlo.

Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale

Noi siamo uguali alla Corea del Nord, simili alla fallita Unione Sovietica. Tutto dalla vita mi sarei aspettato, tranne che di scrivere questo articolo. Mi tremano le mani sulla tastiera della Olivetti.

Vi racconto ciò che sta per accadere: il nostro direttore responsabile, Alessandro Sallusti, è sul punto di essere arrestato. Ha ucciso un persona, premeditando il delitto? Ha rapinato una banca? Ha violentato una bambina? Ha scritto un articolo contro Gesù o contro Maometto? Nossignori. Nel 2007, in quanto gerente di Libero, aveva la responsabilità oggettiva di quanto quel quotidiano pubblicava. Poiché un dì vennero stampati sul medesimo foglio un pezzo e un commento su una vicenda giudiziaria, nei quali era citato un giudice tutelare, Giuseppe Cocilovo, questi, ritenendosi diffamato, sporse querela.

Il commento in questione non era stato vergato da Sallusti, ma da un altro autore che lo aveva firmato con uno pseudonimo. Non importa. La legge considera responsabile di ogni riga storta (uscita sul giornale) il direttore. Il quale pertanto è stato processato a sua insaputa. Perché a sua insaputa? L’avvocato dell’azienda editoriale si era distratto e non aveva tutelato l’imputato. Che, in primo grado, fu condannato a una pena pecuniaria: 5mila euro. Routine. Si paga, di solito, e buona notte. Incidenti di percorso.La sentenza però fu appellata dalla parte lesa. Trascorre un po’ di tempo, e si celebra il processo di secondo grado, ancora senza l’avvocato di fiducia, assente ingiustificato: ha disertato l’aula per smemoratezza o altro, non si sa; lui non è più rintracciabile. Automaticamente, gli subentra un legale d’ufficio che forse non si prende molto a cuore la storia, cosicché il verdetto è micidiale. La pena pecuniaria di 5mila euro, e sottolineo 5mila euro, viene trasformata in pena detentiva: un anno e due mesi di prigione. Uno pensa: vabbè, c’è la condizionale. Col cavolo. Niente condizionale, perché i direttori di giornale – tutti – sono pieni di cause, ne perdono molte, quindi accumulano precedenti su precedenti, e addio sospensione della pena.

Mercoledì sera, a Sallusti – che cade dalle nuvole – comunicano che il 26 settembre, cioè mercoledì venturo, la Cassazione esaminerà il caso; non entrerà nel merito, ma controllerà la regolarità formale del giudizio di secondo grado. Se non avrà nulla da eccepire, la sentenza sarà immediatamente esecutiva. E il nostro direttore verrà arrestato e chiuso in una cella come un delinquente e dovrà scontare il castigo. Inammissibile, assurdo.

Segnalo ai lettori che l’Italia è l’unico Paese europeo – che dico? occidentale – in cui i reati a mezzo stampa sono valutati dalla giustizia penale anziché da quella civile. Solo le dittature più efferate usano sistemi di questo tipo: un modo violento allo scopo di reprimere ogni tentativo di criticare il regime. Nelle democrazie appena appena decenti, la persona offesa da un giornale si rivolge al tribunale civile e chiede un congruo risarcimento, poi, eventualmente, accordato dal giudice. D’altronde – esemplifico – se qualcuno mi dà gratuitamente del cretino, o mi attribuisce un’azione cattiva che non ho commesso, non ho interesse che chi mi ha insultato o diffamato vada in galera; mi preme piuttosto che egli paghi in soldoni il suo errore.

In effetti, ripeto, succede così in tutto il mondo civile, o quasi, tranne che nella nostra piangente penisola. Ma non per colpa dei magistrati, che si limitano ad applicare la legge. A volte la applicano con mano lieve, altre con mano pesante. Ma non si inventano nulla. Applicano il codice e basta. La legge fornisce loro dei mezzi e delle armi, che vanno dal temperino al mitra. In alcune circostanze adoperano il primo, in altre il secondo. Ma non si tratta di abusi. Essi rimangono nell’ambito del consentito. Non è con loro che noi (io) polemizziamo. Ma con i dementi che, dopo 60 e passa anni di finta democrazia, mantengono in vita, per accidia e menefreghismo, alcune pagine del codice fascista.

Sì, fascista. Non vanno linciati i giudici «esagerati», che agiscono comunque in base alle regole, ma chi quelle regole non ha mai avuto il coraggio, e la sensibilità civile, di modificare, adeguandole ai canoni della democrazia liberale. Tra costoro metto anche Silvio Berlusconi che, incoscientemente, non ha provveduto quando avrebbe potuto farlo, imponendosi sui fetenti da cui era circondato, a revisionare il succitato codice. Giuro: a me aveva promesso che avrebbe depenalizzato i reati di opinione. Invece non è riuscito a combinare niente perché la lobby degli avvocati, potente e massiccia in Parlamento, si è opposta. Già: cause che pendono, cause che rendono.

Risultato. I giornalisti vanno in galera perché i rischi del mestiere sono questi in Italia: non di pagare con i risarcimenti, come sarebbe giusto, ma di pagare con la detenzione. Vergognatevi tutti, politici dei miei stivali. Si vergognino Berlusconi, Prodi, D’Alema, Amato, Ciampi, Fanfani (anche se è morto), Andreotti, Emilio Colombo, Craxi (anche se è morto), De Mita. Tutti i governi, di destra, di centro e di sinistra. Non solo hanno mandato in malora il Paese: hanno anche ucciso la libertà di stampa nella culla. Io me ne frego. Mi ribello a questa gente che ha pensato solo ai fatti propri, e ha abbandonato i giornalisti, lasciandoli alla mercé di una legge iniqua, fascista e tirannica, pur pretendendo che continuino a fare il loro mestiere.

Ma quale mestiere? Come si fa a lavorare serenamente se uno di noi, Alessandro Sallusti, per un articolo che neppure ha scritto, è in procinto di finire dietro le sbarre per un anno e due mesi? Qui non c’entrano le posizioni politiche di ciascuno di noi. Possiamo essere nel giusto o no, possiamo essere simpatici o antipatici, ben retribuiti o ridotti alla fame: non è questo che conta. Conta piuttosto che si distingua fra criminali e gente che nella propria attività, pur sbagliando, non merita il carcere.Cari politici del menga, svegliatevi. Date un segnale che non siete lì a difendere l’indifendibile, e se non potete salvare l’Italia dalla crisi, salvatela almeno da certi obbrobri. Cambiare una legge odiosa non costa niente: due righe da depennare comportano sì e no l’investimento di 20 euro. Non c’è più un centesimo perché avete già raschiato il fondo della cassa? Ve li do io. Attenzione: se Sallusti sarà associato alle carceri, non la passerete liscia. Oltre a non fare bella figura, rischierete gli sputi di tutti noi. Vittorio Feltri, 21 settembre 2012

P.S.: caro Alessandro, siamo solidali con te, e come te ci sentiamo vittime di una classe politica capace di tutto e buona a nulla (Leo Longanesi).

.…………..Insieme a Feltri esprimiamo tutta   la nostra solidarietà al Direttore Sallusti,  e insieme a Feltri saremo in prima fila a sputare in faccia la casta dei politici,  da destra a sinistra passando per il centro, senza dimenticare grillini e valoristi,   che trovano il modo e  il coraggio di difendere i ladri e gli approfittatori e non trovano  il tempo di tutelare la più preziosa delle libertà: la libertà di dire quel che si pensa, anche di certa giustizia che spesso fa strame dei diritti dei singoli per tutelare se stessa. g.