Archivio per la categoria ‘Politica’

UNA CRISI TRAGICOMICA, di Mario Sechi

Pubblicato il 20 settembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Raramente ho assistito – eppure ne ho viste tante – a una crisi politica che si trasforma in avanspettacolo. Riepiloghiamo: Renata Polverini l’altro ieri va in aula, parte lancia in resta e infilza tutto il consiglio: «O cambiate rotta, o andiamo a casa». Nel frattempo Franco Fiorito, detto «Er Batman», sparisce dal radar del palazzo della Regione. Lo spendaccione del Pdl, detentore dell’invidiabile record di bignè ingurgitati a ripetizione e dell’acquisto di pizza a metri, sembrava fosse in ritiro spirituale. Ieri i magistrati della procura di Roma lo hanno sottratto alle sue meditazioni per confessarlo. Mentre l’uomo-pipistrello del Pdl parlava con i pm, colpo di scena: la Polverini ha intenzione di dimettersi. Anzi no. Immaginate la scena in redazione: arriva il capocronista, entra nella stanza del direttore (senza bussare) ed esclama: «Aho’, Porverini molla!». Vabbè, facciamo una riunione per aggiornare il quotidiano. Ci sediamo intorno al tavolo e uno dei colleghi che segue la Regione esclama: «Nun se dimette più, s’è sentita male». In ogni caso, il giornale è da rifare.
Mai visto uno psicodramma del genere. Nemmeno il tempo di preoccuparsi che in rete spuntano le foto di una festa organizzata da un altro consigliere regionale del Pdl. Sia chiaro, ognuno è libero di spendere i propri soldi come vuole, ma vestirsi da suini e mettere in piedi un baraccone con qualche migliaio di persone in stile basso impero romano, non è certo il massimo in quest’epoca. Altro che sobrietà. «Er Batman» non è solo nell’universo. Al di là dell’uso dei fondi per i partiti, delle piccole e grandi ruberie, la realtà è che la politica è piena di Trimalcioni, è scosciata, scollacciata, sguaiata e improduttiva. Non sono un moralista, non fa per me, ma diamine, si diano una regolata. Altrimenti faranno tutti la fine di Fra’ Lusi, l’ex tesoriere della Margherita, che ieri si è svegliato all’alba per le orazioni del mattino. In convento. Visto che in casa a scontare i domiciliari c’è anche la moglie e insieme non possono stare. Lusi dopo aver colto il meglio della Margherita (i soldi in cassa) si ritrova alle prese con le erbe officinali. Che politica. Dalle maschere di maiale al saio.
Giunti a questo punto, che la Polverini resti o meno, ha poca importanza. Il danno irreparabile è fatto. E per loro è sempre carnevale. Mario Sechi, Il Tempo, 20 settembre 2012

.…………..Oggi è l’anniversario della presa di Porta Pia che restituì Roma all’Italia grazie ai bersaglieri di La Marmora e a qualche decina di morti e di feriti. Avrebbero fatto meglio a risparmiarli  quei poveri cristi – liberatori e liberati – e a lasciare Roma ai papalini che, almeno quelli, i festini vestiti da antichi romani non li avrebbero fatti. Quanto alla Polverini non è di certo l’Angelina di Anna Magnani, la sagace e integerrima popolana che sapeva difendere con le unghie e con i denti il popolo; la Polverini  è solo e invece una che non sa nemmeno lei perchè s’è ritrovata da centralinista a presidente del Lazio e che ora recita sul palcoscenico di un ritrovato Ambra Iovinelli, celebre ritrovo romano  di  soubrette  a mezzo servizio, una farsa che offende più delle ruberie. Ma che se ne ritorni lì da dove è venuta  e ci lasci in pace. Anzi, per dirla con i romani delusi e affranti  all’indomani della “liberazione”: annatevene tutti, lasciatece piangere da soli. g.

L’ULTIMA DI MONTI: ABBASSARE LE BUSTE PAGA

Pubblicato il 19 settembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

L'ultima mazzata di Monti: abbassare le buste paga

Buste paga più leggere se il professor Monti dovesse decidere di mettere in pratica l’invito dell’ex numero uno della Bce, Jean Claude Trichet, che nel 2008 invitava i governi nazionali a «evitare» di ancorare i salari all’inflazione per il rischio di «innescare una spirale salari-prezzi con ricadute negative sull’occupazione e sulla competitività».  Prima il «Corriere», poi altre testate hanno cominciato a ventilare l’ipotesi che il governo italiano si stia muovendo in tale direzione. Monti sa bene che sganciare i salari dagli adeguamenti vorrebbe dire tagliare di colpo una fetta di busta paga. Se non si trovasse il modo di legare le retribuzioni alla produttività lo stipendio di un operaio o di un dipendente pubblico perderebbe tra il 5 e il 9% del suo valore. Da Roma fanno sapere che sul tavolo del presidente del Consiglio non c’è alcun fascicolo che prevede il disancoramento dei salari dall’aumento del costo della vita. C’è però un fascicolo intitolato «produttività». Per la prima settimana di ottobre il premier Monti attende una proposta congiunta sindacati-aziende che miri a invertire il trend del differenziale costo del lavoro-produzione. da Libero, 19 settembre 2012

…………Se fosse vero, sarebbe l’ultima canagliata di un governo di incapaci, un atto di vera e propria  delinquenza allo stato puro. g.

ALLA FINE TUTTI I FURBI SI SONO MACCHIATI CON IL PESCE

Pubblicato il 19 settembre, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

In fondo anche questo va interpretato come un indizio del decadimento della classe politica italiana. Con tutti i soldi incassati – lecitamente o meno – dallo Stato, non c’è solo uno tra i novelli rappresentanti della casta cha abbia comprano un quadro di Picasso, un reperto storico o un libro per i propri figli. Tutti, o quasi, si sono sporcati le mani col pesce. Ovviamente pregiato – aragoste, caviale, spigole, cozze pelose – ma pur sempre un alimento, per soddisfare gli istinti primari più bassi piuttosto che cibare l’anima.
Sono lontani, insomma, i tempi dei ladri gentiluomini che ispiravano i feuilleton ottocenteschi, appassionati d’arte e di buone maniere. Dalle parti del Parlamento – ma anche delle Regioni, dei Comuni o della Guardia di Finanza; dovunque, in sostanza, girino soldi pubblici – il modello da prendere in esempio è quello di Franco Fiorito e dei suoi sodali del Pdl laziale. Che delle cene a base di pesce avevano fatto una vera e propria abitudine a spese dei contribuenti. Sono ormai famose le due fatture presentate al gruppo dal consigliere Andrea Bernaudo, protagonista di notevoli maratone gastronomiche da «Ottavio», a Santa Croce in Gerusalemme a Roma, con le ordinazioni che registravano ostriche francesi, crudi di pesce, moscardini, fragolino al sale, olio e pepe e vino Chardonnay: conti da 170 e 140 euro. A spese nostre.
Una volta il primo pensiero per il politico di turno era la casa. Ne sanno qualcosa i vari D’Alema, coinvolto in «Affittopoli»; Fini, inguaiato dall’appartamento monegasco del cognato; e Scajola, cui fu pagata, «a sua insaputa», una casa con vista sul Colosseo. Ora le priorità sono cambiate. Forse perché il ritorno dell’Ici sotto forma di Imu ha reso meno conveniente l’affare. Oppure perché sono stati proprio i traffici sulle case a scatenare i peggiori istinti di vendetta degli elettori, spesso alle prese con pesantissime rate del mutuo, e a costringere talvolta alle dimissioni chi è stato beccato con le mani nella marmellata.
Quindi si è passati al pesce. Con la speranza di cavarsela a miglior prezzo. «Di fronte alla corruzione che c’è, non me la vorranno mica far pagare per cinquanta cozze pelose?». In questi pensieri si macerava il sindaco Michele Emiliano quando si scoprì che aveva accettato in regalo diversi chili di pesce pregiato dalla famiglia di imprenditori baresi dei De Gennaro, titolari di diversi appalti in città.
Il primo cittadino non è mai stato indagato. Sorte diversa è toccata all’ex generale della Guardia di Finanza Roberto Speciale, oggi deputato del Pdl, condannato in secondo grado a 18 mesi per peculato ma con successivo annullamento della Cassazione che, di fatto, spinge la sua posizione verso la prescrizione. Speciale finì sotto accusa per un carico di spigole trasportato con un aereo militare fino a Predazzo, a Trento, perché «i finanzieri, quassù, il pesce non possono mangiarlo mai».
Perlomeno Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, il suo spaghetto al caviale da 180 euro – tutti soldi sottratti dai rimborsi elettorali – non se l’è fatto portare a domicilio, ma lo ha consumato nell’elegante «La Rosetta» al Pantheon. Mentre Francesco Belsito, «taroccatore» dei conti della Lega, per i pranzi a base di aragosta dei parlamentari del «Cerchio magico» preferiva prenotare da «Tuna», a via Veneto.
Caso ha voluto che l’ex tesoriere del Carroccio venisse scoperto anche a causa delle paghette elargite a Renzo Bossi, che ha in un pesce, il Trota, il suo soprannome. Di questi tempi, un appellativo del genere significa la quasi certezza di finire nei guai. da Il Tempo, 19 settembre 2012

LE TASSE NON SVANISCONO CON MANDRAKE, di Mario Sechi

Pubblicato il 17 settembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

La campagna elettorale è cominciata nel peggiore dei modi. A Reggio Emilia Bersani ha proposto una ricetta economica archeologica, confusa tra attacchi alla finanza e proposte il cui risultato è una maggiore spesa pubblica. Il Cavaliere in crociera invece è tornato a scodellare la solita minestra: abbassiamo le tasse. Lo dice dal 1994, l’esito finale è che il suo ultimo governo aveva una pressione fiscale più alta di quella di due tassatori come Prodi e Visco. Abolire l’Imu? Bello. E poi? Sarebbe interessante capire come Berlusconi intende coprire il minor gettito di 21 miliardi di euro e il mancato incasso ai Comuni, alla canna del gas, che devono erogare servizi per i cittadini.
La questione fiscale in Italia è il tema centrale, ma per proporre soluzioni occorre essere credibili. La storia dei governi precedenti ci racconta una campagna elettorale piena di promesse non mantenute e premesse tradite. Raccontare agli italiani che si vogliono abbassare le tasse è più che legittimo, è giusto, ma significa anche proporre non lo slogan di un minuto ma una riforma fiscale dove si sposta il peso delle tasse dal lavoro alla ricchezza improduttiva e si dichiara una lotta senza quartiere all’evasione, avendo però prima ridotto le aliquote. Cioè s’introducono gradualmente nel sistema tributario elementi che fanno parte della politica anglosassone. Vorrei ricordare agli smemorati del centrodestra che l’Imu era un progetto leghista, che la sua anticipazione è stata votata dal Pdl, che tutti i provvedimenti del governo Monti sono stati condivisi dal partito di Berlusconi. Uso le stesse parole del Cav di qualche settimana fa: non si rigira la frittata.
Occorre serietà, la delega in bianco è finita. L’Italia continua ad avere duemila miliardi di debito: non l’hanno tagliato né Berlusconi né Prodi e non poteva certo farlo Monti in un anno. Ai Mandrake della sinistra e della destra vorrei ricordare che il Prof. è stato chiamato al capezzale di una Repubblica sull’orlo del crac. Nell’autunno scorso si è rischiato di non pagare gli stipendi alla pubblica amministrazione. Un paio di numeri: siamo in recessione per quest’anno e anche per il 2013, il Pil è in picchiata, la produzione industriale è la peggiore d’Europa, il tasso di disoccupazione è vicino a sfondare l’11% e l’inflazione ha cominciato a salire per effetto del rialzo dei prezzi dei carburanti. Siamo un Paese privo di materie prime, importiamo energia, la politica industriale è inesistente, rischiamo di perdere la produzione d’acciaio e quella automobilistica per scarsa competitività e follia dei tribunali, la nostra giustizia civile è la più lenta del mondo, kafkiana. Agli elettori bisogna illustrare tagli, spese e coperture. Tutto il resto è propaganda. E alla fine la paghiamo noi. Mario Sechi, Il Tempo, 17 settembre 2012

…………A parte qualche difesa d’ufficio del Mandrake di turno, cioè Monti, il resto è tutto giusto. La promessa che dovrebbe essere fatta e mantenuta è quella di una immediata ed efficace riforma fiscale che consenta ad un tempo la riduzione delle tasse e la reale lotta all’evasione fiscale. g

SI E’ APERTO UNO SCONTRO GENERAZIONALE, di Mario Sechi

Pubblicato il 16 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

La politica italiana è sempre più incapace di cogliere la sfida della contemporaneità. Composta da una classe dirigente vecchia, non ha gli strumenti culturali per leggere che cosa sta accadendo e, soprattutto, non coglie l’emergere di uno scontro sociale: quello dei giovani contro i vecchi. Quando una nazione è in mano alla gerontocrazia, quando il mercato delle opportunità è bloccato dagli «inamovibili», quando chi comanda scrive regole che chiudono il gioco democratico e servono la logica della nomina e della cooptazione, il risultato è che un’ampia fascia di popolazione – tra i trenta e i cinquant’anni – viene esclusa dalle scelte per il futuro. Vale per la politica, l’alta dirigenza pubblica e l’impresa privata. Il Paese ha un disperato bisogno di rinnovamento, ma sul ricambio generazionale è stato piazzato un tappo a prova di tritolo. Essere considerati giovani a 40 anni, francamente, fa sorridere. Perché nel nostro Paese è diventato un espediente lessicale per dirti: «Aspetta il tuo turno, ora ci siamo noi». Ovviamente il turno lo decidono i capibastone. E non arriva mai perché non c’è alcun meccanismo di competizione sociale. Numero chiuso. Regime. Mandarinato. Così invecchi, mentre i tuoi figli crescono. Il tempo passa. Ma aspetti il tuo turno.
Mai sentito parlare di «Generazione Y»? Sono i nati tra gli anni Novanta e i primi anni del Duemila. Hanno davanti un futuro ancora più difficile e incerto rispetto alle generazioni precedenti. Sono «nativi digitali», internet per loro è un ambiente naturale, ma vivono in una società che per loro sarà, paradossalmente, sempre più chiusa. La prima ondata trova lavoro con difficoltà, i vecchi costituiscono un ostacolo e non un’opportunità di formazione e conoscenza. Non c’è alcun «passaggio di testimone». Questo fenomeno in Italia ha raggiunto dimensioni croniche. E quando la «Generazione Touch» – quella dei bambini che naturalmente «sfogliano» un iPad o lo schermo di un telefono – avrà raggiunto la maturità, che cosa accadrà? Gli esclusi di oggi saranno i nonni di domani. Questi ultimi andranno in pensione più tardi dei loro padri, con un assegno più basso, in un mondo più complesso. Nel frattempo la classifica delle potenze economiche si sarà rimescolata. L’Italia sarà fuori dai primi dieci posti. I bambini di oggi a un certo punto cominceranno a fare domande «da grandi», prima in maniera vaga poi, anno dopo anno, con la precisione di un cecchino. Alla fine, preso atto dello scenario, si presenteranno come uomini e donne in cerca di un futuro, e chiederanno bruscamente ai genitori: «Ma cosa avete combinato?». E la risposta non potrà che essere una sola: «Non abbiamo fatto niente. Non ce l’hanno permesso e non abbiamo avuto il coraggio di ribellarci». Mario Sechi, Il Tempo, 16 settembre 2012

..………….Tanto vecchia che al vertice dello Stato c’è un 86enne che” pensa come se non dovesse morire mai” e al vettice del governo è stato insediato un 69enne che a sua volta pensa di averne 29…..quale sfida  del futuro si può vincere se si offrono come cambiamento vecchi arnesi del passato? Peccato, comunque, che Monti, come altri analisti della politica italiana  non l’abbiano rilevato anche solo una decina di mesi fa. g.

SPARITI I GIGANTI, RESTANO I NANI DELLA POLITICA, di Mario Sechi

Pubblicato il 15 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

La campagna elettorale è di fatto aperta, ma se giudichiamo la qualità del dibattito finora espresso possiamo tranquillamente dire che le elezioni sono inutili. Il mondo è in fiamme, in Medio Oriente il fanatismo islamico usa la violenza a fini pseudo-religiosi; in Cina è in corso un regolamento di conti tra i mandarini del capitalismo, la Russia approfitta delle distrazioni di tutti per ristabilire l’influenza sull’ex impero, l’Africa continua ad essere un continente abbandonato, ma colonizzato sempre più da Pechino, le primavere arabe sono diventate inverni, gli Stati Uniti in mezzo a questo caos sono al rush finale della campagna presidenziale, mentre l’Europa cerca di tamponare la recessione economica. Questa è l’agenda globale, sfido chiunque a trovarne traccia nel dibattito pubblico dei partiti che si contenderanno la guida della terza economia d’Europa, l’Italia. Ancor più desolante è constatare l’inadeguatezza dell’offerta dei due poli: 1. Bersani propone una ricetta la cui traduzione è facile: tassa e spendi. Basta mettere in fila i suoi ragionamenti per capire che l’equilibrio dei conti salterebbe dopo cinque minuti e la pressione fiscale salirebbe di qualche altro punto al grido gioioso di «anche i ricchi piangono»; 2. Berlusconi fa sapere di essere in un momento di riflessione. Sarebbe il primo che si concede in vent’anni sulla scena politica, una notizia. In realtà Berlusconi non ha le idee chiare, prende tempo, e dimostra di giocare una partita di rimessa, lui che è sempre stato un attaccante. A pochi mesi dal voto gli elettori liberali non sanno letteralmente quale sarà la rotta di quello che fu il primo partito del 2008. Il resto dello scenario politico è un magma, avanza, brucia tutto quello che incontra, ma non costruisce nulla. Un sistema senza alleanze e coalizioni – pure con il proporzionale – non va da nessuna parte. Anche nella Prima Repubblica servivano almeno due partiti grandi per costruire un sistema. Oltre mezzo secolo di democrazia italiana è stato un confronto serrato tra Dc e Pci, i prossimi anni rischiano di essere un film muto fra partiti-puffi. Spariti i giganti, restano i nani. Mario Sechi, Il Tempo, 15 settembre 2012

…………….Dalle nostre parti si dice: le spade appese e i foderi a fare la guerra. E’ proprio così, ovunque, ad ogni livello. Il fatto è che i giganti, ovunque, non nascono tali, si formano piano piano. E’ così sopratutto in politica, così è stato nella tanto vituperata e ogni giorno di più rimpjanta prima repubblica. I giganti della politica della prima repubblica, ad ogni livello,prima di diventarlo facevano la gavetta per crescere ogni giorno. Peccato che qualcuno lo abbia dimenticato. g.

E’ FINITA UN’ERA, MILIONI DI VOTI SONO IN LIBERTA’, di Mario Sechi

Pubblicato il 14 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

La situazione politica è «liquida». I due blocchi del sistema sono senza argini e la geografia dei partiti è destinata a cambiare. Entrambi i poli provano a resistere, ma è come fermare il vento. A sinistra il Pd tenta di fermare l’onda di Matteo Renzi ma, al di là delle primarie, il sindaco di Firenze è un fenomeno di lunga durata. La miccia ha bisogno della dinamite, Renzi l’ha trovata in una classe dirigente all’ultima spiaggia. Quando un vecchio lupo di mare come D’Alema compie il grossolano errore di paragonare Berlusconi a Grillo, siamo alla frutta. Lo stesso fenomeno di autismo politico colpisce il Pdl. Il partito che più di tutti aveva provato a superare la sclerosi del passato, è fermo sul binario morto del secolo scorso. La cosa paradossale è che il leader più pop – Berlusconi – si è lanciato in aria con il seggiolino eiettabile, lasciando il jet azzurro senza pilota. Così il dinamismo e l’imprevedibilità, punto di forza di Silvio, sono spariti. In trasferta a Malindi. Serve altro. Ci pensi bene, Cavaliere. Chi le chiede ardentemente di ricandidarsi ha a cuore solo il suo seggio in Parlamento, niente di più. Lei può accettare questo gioco cinico, ma attenzione: chiuse le urne e conquistata la poltrona, molti cambieranno casacca. E lei resterà solo. Si chiama “trasformismo”. Ci pensi, con calma. Per queste ragioni chiedere a Berlusconi di correre ancora nel 2013 e lasciarlo solo ad affrontare una probabile sconfitta non è giusto. Un leader che ha segnato un’epoca, cambiato il linguaggio della politica, innovato il sistema dei partiti e contribuito a creare l’alternanza in un Paese dove esistevano solo governi democristiani, non conclude la sua parabola nel crepuscolo tragico di una strategia kamikaze. La guerra nel Pacifico è finita. E non ci si iscrive al partito dell’ultimo giapponese nella giungla perché lo chiede un clan mediocre di fanatici che urla «armatevi e partite». A meno che non lo voglia davvero lui. In quel caso, auguri. E solo un appunto, a futura memoria: Matteo Renzi, stella nascente del Pd, ieri ha “chiamato” il voto degli elettori di centrodestra. È finita un’era. I voti sono in libertà. Anche quelli di Berlusconi. Mario Sechi, Il Tempo, 14 settembre 2012

………………E’ così! Milioni di voti sono in libera uscita, quasi come nel 1994. Ma a differenza del 1994, quando tutto accadde senza che nessuno lo avesse previsto, questa volta la “libera uscita” di milioni di elettori alla ricerca di chi ne sappia e voglia intepretare le speranze e i sogni, proprio così, i sogni, è sotto gli occhi di tutti, meno che delle caste dei partiti, imprigionate nei loro privilegi e nei loro “villaggi esclusivi”, come nelle satrapie comuniste  che soppravivono alla caduta del muro. Più di tutti sono in libera uscita milioni di voti che nel 2008 avevano scelto il centrodestra di Berlusconi, a cui si erano affidati,  certi di esserne difesi, tutelati e protetti. Così non è stato. Nè i comportamenti della mediocre (forse pegggio che mediocre!) classe dirigente del PDL offre alcuna buona ragione perchè quei voti si riconoscano in quel partito in cui si continua ad avitare  l’analisi politica e la strategia del futuro preferendo affidarsi al demiurgo Berlusconi solo per salvarsi le terga e ciò sulle quali esse si posano. Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che non è più il tempo di pensare che “tanto i voti li prende Berlusconi” come soleva dire un mediocrissimo dirigente pugliese ora emigrato in Lucania, ora i voti bisogna che li conquisti la proposta politica elaborata da una classe dirigente diligente, preparata e pronta anche alla sofferta rinuncia dei propri privilegi. Ma da questo orecchio nessun vuol sentire. Per questo il futuro prossimo venturo rischia di rivelarsi apportatore di dolorose realtà. g.

CAMERE SENZA VISTA. E BALCANIZZATE, di Mario Sechi

Pubblicato il 13 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

    Il rompicapo della politica italiana dà il mal di testa, ma in realtà la situazione è di facile lettura. Riprendiamo la trama sfilacciata del Palazzo e vediamo qual è il disegno che emerge.

    Bersani da spennare. Pierluigi rischia di essere il pollo al tavolo da poker progressista. Alle primarie avrà di fronte due bulldozer, Nichi Vendola e Matteo Renzi. Il governatore della Puglia sulla mappa politica copre l’arcipelago «sinistra-sinistra», quello dove il battello di Bersani non può attraccare perché un pezzo del partito si incazza non appena sente il vendolismo avanzare. Il sindaco di Firenze è un velivolo a decollo verticale e sulla cartina del progressismo occupa la terra di mezzo del «centro-sinistra» che allarga i confini a destra. Traduzione: Bersani è nei guai. Vendola e Renzi gli porteranno via voti pesanti. Dulcis in fundo, il progetto di alleanza con Sel e Udc è un pasticcio culturale. E si vede. Unire gli opposti genera mostri politici. Tanto che Casini ha detto che lui non fa patti con chi promuove referendum contro le leggi del governo tecnico. Scogli in vista.

    In fondo, a destra. Il Pdl è impegnato nel «gioco del silenzio». Ma non è una strategia, semplicemente non ha nulla da dire. Il partito di Berlusconi per non rischiare l’esilio deve proporre una soluzione prima e non dopo il voto. Deve dichiarare cosa vuol fare (sostiene un Monti bis? o fa la traversata nel deserto?) e deve spiegarlo a qualche milione di elettori che stanno alla finestra, gente che non voterà per un Cavaliere reloaded, ma è pronta a sostenere una svolta nel segno delle primarie e del rinnovamento. Gli elettori vedono quel che accade a sinistra, vogliono scegliere. Se il gioco democratico nel Pdl è chiuso, finiranno per tifare e votare per Renzi che farà saltare in aria la diga ideologica.

    Full Monti. Comincia a spogliarsi del vestito tecnico e diventa sempre più politico. Ha detto al Washington Post che è preoccupato che la politica vanifichi le riforme già approvate e che non ha ancora deciso cosa fare. Invece il Prof in cuor suo sa qual è il suo destino, vorrebbe solo che non fosse così: il salvatore di Camere senza vista, grillizzate e balcanizzate. Mario Sechi, Il Tempo, 13 settembre 2012

    MONTI SCARICA CASINI (il pentito!), di Alessandro Sallusti

    Pubblicato il 11 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

    Giuseppe Pisanu, detto Beppe, Cirino Pomicino e Ciriaco De Mita insieme fanno 230 anni di età, dei quali 130 passati in parlamento. In carriera tut­ti e tre, chi più chi meno, sono finiti in guai giudi­ziari ed avevano ruoli importanti quando i parti­ti accumulavano tangenti e lo Stato debito pub­blico à gogo. Politici di professione, lavori zero, hanno avuto stipendi, privilegi e pensioni che li pongono nella top ten della Casta. Casini, che di anni ne ha solo 57 ma che da ben 30 fa solo il depu­tato, li ha arruolati e voluti ieri in prima fila alla chiusura del congresso fondante di «Italia», il nuovo partito che si pone in alternativa alla poli­tica tradizionale.

    Non siamo su Scherzi a parte , accade davvero nel circo impazzito della politica che tenta di so­pravvivere a se stessa. Il partito più gerontoco­mio d’Italia, anagraficamente e politicamente parlando, ha cambiato nome e sta facendo la cor­te a Mario Monti e ai suoi uomini. Casini non sta più nella pelle di fare, dopo aver brigato trent’an­ni con la politica, lo sponsor dei tecnici. Non è pentito, è solo furbo e senza vie d’uscita non vo­le­ndo allearsi col centrodestra e non potendo al­learsi con una sinistra zeppa di comunisti. Monti è il suo nuovo faro, per la prima volta il Casta-di­va Casini è disposto a uscire dal cono di luce del riflettore principale. Ma tanto entusiasmo, al mo­mento non sembra ricambiato. Ieri Monti lo ha gelato con una delle sue battute da professore ca­rogna. «Casini? Ricordo che fu colpa sua se non fui confermato ministro europeo nel 2004», ha detto in sintesi il premier. Il fatto è noto. Berlusco­ni voleva confermare Monti in Europa, ma Casi­ni si oppose, minacciando di uscire dall’allora maggioranza di centrodestra. Il nobile motivo era che Casini doveva piazzare il suo amico Roc­co Buttiglione, e tanto fece che ci riuscì. Sì, avete letto bene: Rocco Buttiglione scalzò d’ufficio Ma­rio Monti, ma combinò tanti e tali casini (con la minuscola) che non riuscì neanche a insediarsi, primo caso nella storia europea, nel governo di Bruxelles.

    Questo è Casini, questi sono i suoi compari su cui dovrebbe contare Monti per restare a Palaz­zo Chigi. Che dire se non: buona fortuna, signor presidente. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 11 settembre 2011

    .…………Ma Casini è un “fervente” cattolico e come tale avrà pensato che per cancellare il peccato (del 2004) gli basta nel 2012 fare penitenza (arruolando nel suo partito un pò di vecchietti). g.

    IL RITORNO DELLA PARTITOCRAZIA SENZA I PARTITI, di Mario Sechi

    Pubblicato il 10 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

    Uno sul palco a Reggio Emilia aveva iniziato bene sul tema del lavoro, poi è crollato nell’analisi ed è riapparso Bersani. Il segretario del Pd ha retto un quarto d’ora, poi è emersa la sua reale figura: un uomo fermo sul binario morto del Novecento. Dopo aver ascoltato il suo discorso ho capito che ci siamo ficcati in un guaio colossale. E non perché Bersani abbia detto cose sorprendenti, ma perché ha confermato i miei timori: i partiti sono un irriformabile sistema che non riconosce il corso della storia e pensa di aprire e chiudere parentesi a suo piacimento. La sinistra è archeologica, la destra s’è squagliata, i liberali sono una minoranza litigiosa, il resto è un magma indefinito. Il Pd è l’unico partito rimasto in piedi, male, ma comunque in piedi. Vincerà le elezioni per assenza dell’avversario, o meglio, per la presenza energizzante del nemico di sempre (Berlusconi) che invece di accompagnare il partito sulla strada del rinnovamento ha deciso di accompagnarlo all’eterno riposo. Messa così la faccenda, non resta che sperare in Matteo Renzi, in un suo exploit alle primarie, un risultato grande abbastanza da correggere in corsa la linea di Bersani, il tanto che serve per cominciare a traghettarlo verso la contemporaneità, e innescare un big bang anche nel Pdl. La situazione di questo partito è da allarme rosso: per assenza di dibattito interno e democrazia è sparito dagli schermi radar della politica. Può tornare in gioco solo con le primarie. Una competizione vera, aperta all’imprevisto e agli outsider. Una corsa vera, non un rally in playback tra concorrenti tutti presenti nel telecomando del Cavaliere. Incapaci di esprimere una classe politica nuova, ci ritroviamo con i boss della destra e della sinistra che cercano di disegnare a tavolino il futuro. Ci sono milioni e milioni di voti in libera uscita, ma loro giocano a Risiko. La tecnocrazia villeggiante a Cernobbio – il forum dove l’establishment che da vent’anni sbaglia ricetta ci dice come cambiare ricetta – ha illustrato un’agenda contabile senz’anima, mentre nel Palazzo si progetta una restaurazione inquietante: il ritorno della partitocrazia senza i partiti. Mario Sechi, Il Tempo, 10 settembre 2012

    ………….Cos’altro agiungere a questa analisi stringente e puntigliosamente esatta della situaizone in cui versa la politica nel nostro Paese? Forse val la pena di ricordare l’irridente e permalosa punzecchiatura dell’”homo novo”, creato in provetta dal re Giorgio 1° d’Italia, cioè Monti, che l’altro ieri a Cernobbio, a proposito del servile e leccante invito di Casini a rifare il premier anche dopo le elezioni, ha chiosato: ma no, possibile che in Italia non c’è un nessun altro leader da eleggere?  Ovviamente nascodnendo la risposta che “si, proprio non c’è, per cui ci sono io, super Monti!” Insomma nella tragedia affiora la farsa della presa per il culo,   di  una  intera classe dirigente da parte di quelli, tra cui lo stesso Monti,  che l’hanno fedelmente assecondata in questi ultimi decenni  nell’opera di distruzione della nostra economia e del nostro futuro. g.