Archivio per la categoria ‘Politica’

TUTTI SERVI DI MONTI, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 9 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

Il club dei miliardari, riunito nei saloni del Grand Hotel Villa d’Este di Cernobbio ha deciso:il popo­lo ci ha rotto, bisogna tagliare le gambe a questa sua assurda pretesa di voler decidere il suo futu­ro.

Qui comandiamo noi,e chi non l’avesse capito pre­sto si dovrà adeguare. Così Mario Monti in persona ha annunciato che presto convocherà un vertice a Roma con tutti i leader e capi di Stato europei per decidere la strategia contro il populismo, termine vago e discusso che nella sua accezione originale indica la protesta contro i poteri forti e organizzati.

Già me li vedo, la Me­rkel e Monti, varare misure eccezionali a difesa del su­per governo europeo, mai eletto ma che tutto decide. Mi chiedo quali misure verranno adottate contro parla­mentari in odore di populismo, se la Lega verrà messa al bando e Grillo arrestato. E se per caso alle elezioni, ammesso che ce le facciano celebrare, vincesse un as­se populista la Germania ci manderà contro i carri ar­mati come settant’anni fa? Siamo al delirio di onnipotenza, sulla soglia di una dittatura di tecnocrati.

L’Europa e l’Euro non sono la soluzione del problema ma il problema. Ci hanno ane­stetizzato, invece che lo spray hanno usato lo spread, ma il risultato non cambia. Sono riusciti persino a evita­re che nella costituzione europea si facesse riferimen­to alle origini cristiane dell’Europa. Hanno deciso quanti centimetri devono essere lunghi i nostri fagioli, come devono essere fatti i nostri vini e formaggi. Si stan­no prendendo la sovranità del nostro parlamento e adesso vogliono anche la nostra libertà di dire che so­no un branco di affaristi mai legittimati dagli elettori che per di più non ne azzeccano una. Populisti, a cuc­cia, dice Monti.

E Casini ubbidisce come un cagnolino fondando l’ennesimo partito («Italia») insieme alla Marcegaglia e (forse) a Fini da offrire in dono a Monti e ai suoi amici europei, quelli che il cristianesimo gli fa un po’ schifo. Un cattolico che non ha mai lavorato un giorno in vita sua (Casini), un fascista fallito (Fini), un sindacalista a tempo pieno (Bonanni), una imprendi­trice a capo di una delle aziende più chiacchierate (Marcegaglia), un ministro al centro di un caso di maxi evasione fiscale (Passera) sono pronti a vendere l’Ita­lia al club dei miliardari. In cambio della solita poltro­na. Non ci siamo. Meglio una stagione da populista che una vita da servo. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 9 settembre 2012

.………..Sembra quasi una metafora del vituperatissimo”meglio un giorno da leone che 100 anni da pecora”, ma al punto in cui siamo meglio il populismo antieuropa dei ladri e dei mercanti che l’europeismo servile a cui vorrebbe assoggettarci il tecnocrate al servizio delle Banche internazionali Mario Monti. Il quale non si illuda,  non gli riuscirà, insieme all’ex marxista Angela Mekel,  di restringere in un immenso campo di contramento centinaia di milioni di individui la cui libertà personale è uguale alla libertà di pensiero e di opinione. Comprsi quello di essere euroscettici almeno sinchè l’Europa non sarà l’Europa dei popoli e delle Nazioni e i suoi dirigenti non saranno eletti dai popoli e non dalle Banche. g.

GRILLO E RENZI SONO IN CAMPO. ARRIVERA’ ANCHE MONTI? di Mario Sechi

Pubblicato il 8 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

Mario Monti non si pone il problema di un bis al governo, gli italiani invece tra una bolletta della luce e un pieno di benzina si pongono una domanda: chi votare? L’offerta è da dopoguerra: abbiamo l’usato (Berlusconi), il saldo di fine stagione (Bersani), il riciclato (Casini), il discount (Di Pietro), l’hard discount (Fini), il modernariato (Vendola), il prodotto folk (Maroni). Il supermarket per ora offre questo. E le novità della collezione primaverile del 2013? Sono due: Matteo Renzi e Beppe Grillo. Il primo è design contemporaneo, il secondo è un acquisto online. Piaccia o meno, questa è la realtà della nostra politica: il sindaco di Firenze e il comico di Genova rappresentano due fenomeni di rottura con esiti diversi. Renzi mira ad abbattere la vecchia classe dirigente del Pd per costruire una sinistra moderna, non settaria, lontanissima dalla scuola politica delle Frattocchie; Grillo è un comico che fa sul serio, anch’egli vuole abbattere il sistema, ma non si vede all’orizzonte un progetto concreto al di là della missione di picconare il Palazzo. Entrambi hanno un merito: hanno fatto emergere la pochezza di una classe dirigente fuori dalla contemporaneità, una gerontocrazia che fa quadrato per impedire all’ampia fascia di italiani fra i trenta e i cinquant’anni di guidare il Paese, come succede nelle altre democrazie avanzate. Renzi è destinato a crescere nei sondaggi e a pescare anche a destra. Il Movimento 5Stelle è stabilmente quotato come il terzo partito italiano. Neppure un accordo di nomenklatura – sancito con una nuova legge elettorale – riuscirà a fermare questo processo di cambiamento. Renzi e Grillo sono destinati a diventare soggetti politici con un ruolo nelle istituzioni nazionali. A questo scenario manca solo un altro elemento: la trasformazione dei tecnici in politici che si sottopongono al giudizio degli elettori. Manca il partito di Monti. Un movimento laico, repubblicano, borghese, ancorato all’Europa, non popolare ma dichiaratamente elitario. Così l’offerta sarà completa. E il cittadino potrà scegliere chi governa. Senza trucchi e inganni. Mario Sechi, Il Tempo, 8 settembre 2012

..………….Ma il cittadino, “uomo qualunque” per eccellenza, non potrebbe mai scegliere il partito elitario di Monti, il partito dei ricchi e opulenti super manger di stato, che dopo essere stati complici e talvolta,  anzi spesso responsabili essi stessi,  per decenni,  del dissesto del Paese, ora pretendono di amministarlo, ovviamente facendo pagare i costi senmpre e solo all’”uomo qualunque”. g.

MENTANA, OVVERO FAI COME TI DICO E NON FARE COME FACCIO, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 8 settembre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Enrico Mentana, direttore del TgLa7, smet­te i panni del fustigatore e veste quelli del moralista.

Non gli va che un suo collega di rete, Corrado Formigli, abbia fatto uno scoop, trasmettendo nel corso di «Piazza Pulita», il fuori onda nel quale Giovanni Favia, leader grillino, si lasciava andare a giudizi pesanti su Grillo e sul mo­vimento. Scorretto – ha detto il direttore nell’edizio­ne di ieri sera- carpire informazioni con l’inganno, e per di più mandarle in onda senza avvisare gli ospiti presenti in studio, tra i quali lui Mentana medesimo. Evidentemente il direttore pretende di comandare anche in casa d’altri, ma a parte questo non credia­mo che si tratti di sola invidia professionale.

No, ci de­ve essere altro, perché Mentana non si è mai fatto pro­blemi prima d’ora a sfruttare tutti i fuori onda audio e video (oltre che intercettazioni illegali) capitatigli tra le mani. Vuoi vedere che il cuore del direttore su­per partes per antonomasia in realtà batte forte per il vendicatore Grillo e non gli va che qualcuno ne met­ta in discussione la limpidezza? Lecito, ovviamente, ma farebbe bene, per coerenza, ad avvisare anche i suoi ascoltatori. Se così non fosse ci scusiamo e gli segnaliamo un caso simile che evidentemente, nella foga di difende­re i grillini, gli è sfuggito e che riguarda il suo ex edito­re, quello che lo ha reso ricco e potente. Si tratta di un fuori onda giudiziario pubblicato ieri da Il Fatto .

È il resoconto dell’interrogatorio che Silvio Berlusconi ha rilasciato pochi giorni fa a tre pm di Palermo sui soldi dati a Dell’Utri. Battute, giudizi e confidenze che Berlusconi ha fatto nel chiuso di una stanza alla presenza dei soli tre magistrati, uno dei quali è il fami­gerato Ingroia. Niente avvocati, niente cancellieri. Ora, escludendo che Berlusconi abbia spifferato il contenuto al giornale dei giustizialisti, è ovvio che a cantarsela è stata una delle tre toghe. La quale ha vio­lato così la legge e ha mancato di rispetto a un testimo­ne, per di più ex premier e attuale presidente del parti­to di maggioranza relativa. In breve ha commesso un reato. Avremmo sperato che Mentana, giornalista li­bero e puro, si fosse indignato, avesse chiesto al Csm, dal suo pulpito serale, l’apertura di un’inchiesta per violazione del segreto istruttorio e turbativa della po­litica italiana. Facile, caro Mentana, prendersela con Formigli. Prova, se hai le palle, ad attaccare Trava­glio e Ingroia, a difendere Berlusconi quando è vitti­ma di ingiustizie. Ma forse chiediamo troppo anche a un maestro di giornalismo. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 8 settembre 2012

PRESSIONE FISCALE AL 55%: E’ QUESTA LA CIVILTA’ DI MONTI?

Pubblicato il 8 settembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Pressione fiscale al 55%: ecco la civiltà di Monti

Una “guerra di civiltà“, l’ha definita Mario Monti. La battaglia contro gli evasori fiscali è una delle priorità del governo, forse perché se vinta porterebbe nelle casse (vuote) dello stato cifre mai viste. Basta considerare che l’economia sommersa nel nostro paese è stata calcolata in 418 miliardi di euro mentre la fuga dal fisco equivarrebbe a un tesoretto monstre di 181 miliardi. Sei manovre corpose, per intenderci. Logico che occorra usare ogni arma possibile, compreso, per esempio, un sistema di “identikit” dell’evasore messo a punto dal Ministero delle Finanze. “Non chiamateli più furbetti”, aveva tuonato dal palco del meeting di Cl il professore, ammonendo i tg Rai a cambiare registro. I fenomeni di evasione fiscale, ha ricordato alla Fiera del Levante Monti, “minano alla radice la fiducia di ciascuno verso il vicino e il lontano”. Giusto anche questo.

Le colpe dello Stato – Ma c’è un però. Pressione fiscale reale al 55%, debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese di 90 miliardi (e nel frattempo di aziende ne sono morte 146mila nel solo primo trimestre del 2012), bollette energetiche sempre più care (gli imprenditori italiani pagano l’elettricità 10 miliardi in più rispetto ai concorrenti dell’Unione europea), prezzi dei trasporti alle stelle (da quelli pubblici, treni e tram, alla benzina schizzata oltre 2 euro col 60% dovuto a tasse, Iva e accise), Iva al 21% con effetti recessivi e impatto devastante sul costo della vita, nuove tasse come l’Imu su prima e seconda casa (e magari con il barbatrucco di una rivalutazione del mattone per aumentare l’imponibile), inasprimento di Irpef e Tarsu, imposte sul fumo, riforma durissima delle pensioni con autentica truffa per gli esodati (che secondo l’Inps sarebbero 390mila). Tutti elementi, sintetizzati in poche righe, che avvalorano un’altra tesi: lo Stato, di cui il governo Monti è da 9 mesi mente e braccio, sta facendo di tutto per minare alla radice la fiducia di ciascun cittadino e contribuente nei confronti non del vicino e del lontano, ma dello Stato stesso.

Fiducia spezzata – Il problema di quanto lo Stato chiede e di quanto dà in cambio è nodo fondamentale nei rapporti con il cittadino. Eppure per Monti e i professori sembra rappresentare un dettaglio, una sfumatura nel grande processo di rivoluzione “etica” del sistema Nazione. Persino il numero uno dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera ha ammesso che bisogna “cambiare il fisco, semplificare le regole”, renderlo in altre parole più umano. Anche perché il rischio è quello di creare una generazione (quella futura, oltre ad ampie fasce di quelle presenti) scettica nei confronti della Pubblica amministrazione se non addirittura ostile a Equitalia ed Erario, anti-tasse per cultura e per spirito di sopravvivenza. Quaranta e passa suicidi di imprenditori, artigiani e dipendenti in questa prima metà di 2012, duemila persone che nello stesso periodo sono ricorse a gruppi di sostegno, ascolto e supporto psicologico contro la crisi, un livello di disoccupazione al 10,5% (mai così male dal 1999) con un giovane su tre senza lavoro. E’ da questi numeri, non dai proclami, che bisogna partire per tracciare lo stato di salute dell’Italia attuale. Un’Italia per molti versi incivile, che non ha bisogno di guerre di civiltà ma di maggiore equità. Monti a Bari ha preferito rivaleggiare con l’amico Mario Draghi, ha rivendicato l’importanza dei sacrifici imposti, si è di fatto autoproclamato salvatore d’Italia e d’Europa. L’Italia e l’Europa forse si salveranno, spread permettendo. Il prezzo sarà quello di aver perso la fiducia di molti italiani. Da LIBERO, 8 settembre 2012

.………….Monti, a Bari, dove ha gigioneggiato e come al solito marameldeggiato sugli assenti, ha dimenticato di dire che l’unica battaglia che ha ignorato di fare sul terreno delle tasse è quella contro la casta che continua a saccheggiare le casse dello Stato. Ma lui se ne infischia perchè prima di accettare di fare il Robin Hood alla rovescia per conto della più scalcagnata classe dirigente del mondo, s’è assicurato un vitalizio di 25 mila euro al mese che si aggiungono ai circa 35 mila che già percepiva di pensione.  Dall’alto di queste cifre può lui discettare di civiltà parlando delle tasse che impone ai cittadini italiani? g.

ECCO PERCHE’ I VECCHI POLITICI HANNO FALLITO, di Mario Sechi

Pubblicato il 6 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

Il mondo si muove alla velocità della luce, mentre l’Italia sembra un trenino che sbuffa e minaccia di fermarsi perché ha finito il carbone. Mentre il Pd cerca di sgambettare Renzi, il Pdl si rinchiude nel bunker e il sistema politico appare incapace di affrontare la sfida della contemporaneità, intorno a noi accadono cose destinate a cambiarci la vita. In Europa è in corso una battaglia cruenta per la sopravvivenza dell’Unione e della moneta unica. E uno dei protagonisti di questa contesa è un italiano, Mario Draghi, presidente della Bce. Oggi la riunione del direttorio della Banca centrale europea dovrebbe svelare se il suo piano di «acquisti illimitati» di bond degli Stati che subiscono la speculazione sul debito passa o no. La Germania si oppone al piano. Il Parlamento italiano tace. E mentre in Italia volano le ore di cassa integrazione, gli indici produttivi sprofondano e la disoccupazione galoppa, i partiti non riescono neppure a trovare l’accordo per uno straccio di legge elettorale che consenta al Paese di avere un governo politico e non un gruppo di tecnocrati senza alcun legame con il corpo elettorale. Siamo nel cuore della democrazia. Ma la preoccupazione è quella di fare un accordo di nomenklatura, non di ridare lo scettro al popolo. Tutto questo accade mentre la più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti, entra nella fase finale della campagna per le presidenziali. I repubblicani hanno lanciato Mitt Romney, i democratici provano a fare il bis alla Casa Bianca con il presidente Obama. Hanno programmi politici opposti. E la sfida è apertissima. Anche questo fatto è per noi fondamentale. Perché l’Italia non è il Paese periferico dipinti nei racconti dei «peggioristi». Siamo al centro del Mediterraneo, quello che accade in Nord Africa (ne abbiamo avuto prova con la caduta di Gheddafi in Libia) è per noi vitale e il Medio Oriente è a un tiro di schioppo (e missile). Se Israele attacca l’Iran nei prossimi mesi che cosa facciamo? Qual è la nostra linea di politica estera? Mistero. Il nostro dibattito pubblico fa pena. Per questo servono nuovi leader. I vecchi hanno fallito perché non hanno una visione del mondo. Mario Sechi, Il Tempo, 6 settembre 2012

……Il guaio è sempre quello. Di nuovi leader tutti auspicano l’arrivo ma in giro non ce ne sono, nè vecchi, nè nuovi. Anzi, i nuovi, per intrenderci quelli chiamati al governo per salvarci valgono nemmeno il valore di  un cicca gettata per strada. C’è solo una novità e viene da  Bruxelles: Draghi, il presidente italiano della Banca Europea ed governmatore della Banca d’Italia l’ha spuntata conmtro la Merkel e la Germania e sia pure con un solo voto di maggioranza ha ottenuto che la BCE acquisti titoli di stato senza limiti e confini. Finalmente uno con i co…ni al posto giusto, sempre che le rose non appassiscano subito. Se fioriranno che sia lui, Draghi, l’uomo nuovo? g.

ODDIO, RITORNA PRODI!

Pubblicato il 5 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

Mamma mia torna Prodi. Quelli come lui non vanno mai in pensione.

Vignetta di Forattini

Quelli come lui non si arrenderanno mai fino a quando non avranno succhiato tutto il sangue dell’Italia. Sono il cuore ammuffito della casta, stanno lì dai tempi del­la Prima Repubblica con l’obiettivo di ostacolare qualsiasi cambiamento, spegnere ogni speranza di riforma, imbalsa­mare il futuro. Sono peggio dei gattopardi, se quelli di Toma­si di Lampedusa facevano almeno finta che tutto cambia perché tutto resti tale e quale, questi non fanno neppure lo sforzo di cambiare. Sono i vampiri che da anni si bevono il domani di intere generazioni. Ora il professore ha deciso di chiudere la sua carriera di poltrone al Quirinale, come presidente della Repubblica. È per questo, raccontano, si sia arenato l’accordo per cambia­re la legge elettorale. Prodi non vuole rischiare e ha fatto pressioni su Bersani perché si vada a votare con questa leg­ge o con qualsiasi sistema elettorale che premi la coalizione di maggioranza. Così, con un Parlamento di prescelti e a maggioranza blindata di centrosinistra, lui, il professore, può dormire tranquillo, sognando senza patemi il Colle.

Ma quando ha visto che Bersani nicchiava gli ha detto in fac­cia ­che o si fa come dice lui oppure appoggerà Renzi alle pri­marie, rovinando i suoi piani. È sempre la vecchia storia, la sinistra non ha ancora vinto, ma i suoi capi branco già si stanno spartendo le spoglie dell’Italia.Oltre a Prodi parteci­pano D’Alema, Veltroni, Casini, Fini, Bersani, Bindi, Ven­dola: sono loro i vampiri. Una squadra di succhiafuturo che ancora una volta spera di impadronirsi del Paese. Dicono che il loro grande avversario sia spacciato e che con Berlu­sconi debole non ci sia più nessuno che possa contrastare la loro oligarchia politica, economica e sociale. Perfino la lo­ro gente, il popolo della sinistra, non li sopporta più. Basta dare ascolto a quello che si dice in giro per capire che gli anti­berlusconiani l’ultima cosa che vogliono è vedere Prodi al Quirinale, Casini al Senato, Veltroni alla Camera, Bersani a Palazzo Chigi e D’Alema agli Esteri e magari Vendola alle Pari opportunità. Meglio Grillo. E, invece, ogni volta, si ritro­vano a dover fare i conti con questa banda di eterni falliti. Il guaio è che non hanno la forza di farli fuori e subiscono la ragnatela di accordi sotto banco, di ricatti che taglia fuori tutti quelli che non appartengono alla loro schiatta. Chiede­telo a Renzi, che va in giro con paletti di frassino, croci e aglio per cercare di debellare i vampiri. Senza risultati. I suc­chiasangue dell’Italia sono furbi, longevi e avidi di potere, ma non possono fare a meno di sbranarsi gli uni con gli altri. E se fossimo in Prodi staremmo attenti: nessuno come lui sa quanto i suoi amici vampiri amino pugnalare alle spalle. Il Giornale, 5 settembre 2012

………………Speriamo di no. Una mortadella come Prodi è meglio che stia in una salumeria piuttosto che a Palzzo del Quirinale. Si rivolterebbero i tanti Papa che da lì hanno regnato sul mondo e anche un paio di Savoia che hanno solo finto di farlo in Italia, lasciando che altri lo facessero al loro posto.  g.

RENZI: FUORI DAL CORO E CONTRO LA NOMENKLATURA, di Mario Sechi

Pubblicato il 5 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

Matteo Renzi è nuovo. Bersani è vecchio. Il Pd è la metafora di una battaglia all’ultimo sangue tra il giorno e la notte della politica, l’antico e il moderno. Il sindaco di Firenze in poche settimane ha reso visibili tutte le paure della nomenklatura italiana. Di sinistra. E di destra. Perché? Renzi è una minaccia. Per tutti. Per il sempre più fragile Pier Luigi Bersani (che se perde va in pensione e se vince male dura poco), per Pier Ferdinando Casini (che si ritrova un’idrovora di voti centristi), per Silvio Berlusconi il quale medita il gran ritorno, ma ha la sua età e anche potendo contare su uno zoccolo duro di «credenti» si rende conto che un’operazione difensiva non è nelle corde di un attaccante come il Cavaliere. Quando tutto lo stato maggiore del Pd – con in testa l’unico vero cervello della compagnia insieme a Walter Veltroni, Massimo D’Alema – gioca al tiro a segno su Renzi, abbiamo conferma dello stato comatoso dei partiti: cercano di fare a fette un giovane che non dovrebbe dare alcun fastidio a un partito che si propone di governare l’Italia. E invece ecco che Renzi diventa uno spaventapasseri. Solo perché è capace di far saltare l’accordo di nomenklatura Pier &Pier, il Pd e l’Udc, il laicista che smacchia giaguari e il tecno-confessionale. L’establishment italiano nel frattempo è, ancora una volta, vilmente alla finestra. Codardi che mentre il Paese reale affonda pensano di lucrare una posizione di rendita dal caos che verrà. E invece per le classi poco dirigenti e molto digerenti è finita. Non c’è più trippa per gatti. Resta sospesa la domanda chiave: Renzi ce la farà? Io non mi preoccuperei del risultato delle primarie. Se si fanno, le vincerà Bersani, ma sarà una vittoria di Pirro perchè Renzi avrà scritto la parola «successione» su una storia più che ventennale sui post-comunisti di ieri e di oggi. A differenza di altri «nuovi» – come quelli che vogliono «Fermare il declino» ma sono in cattedra e fanno liste di proscrizione antiberlusconiane – il ragazzo di Firenze (lo vedo dalle lettere che riceviamo)interessa anche agli elettori del centrodestra. Vince chi rompe. Gli schemi. Mario Sechi, Il Tempo, 5 settembre 2012

……………Peccato che il centrodestra non abbia un suo Matteo Renzi. Non solo non c’è ma non se ne avverte uno uguale nemmeno nel più lontano orizzonte. Anzi, nell’immediato futuro un altro vecchio si affaccia sulla scena della politica, anzi è un ritornpo quello di  Giulio Tremonti. Nulla da dire sulla sua competenza, ma è patetico che si metta a fondare un partito, un altro personale partito, mentre la nave Italia rischia di affondare. Occorre uno che senza paura e timori, conscio di giocare una partita unica, senza rivincita e senza rimpianti in caso di sconfitta,  si metta in gioco e giochi fino a perdere il fiato, senza contorcimenti vari e senza paracadute. Ecco, ci vuole un Renzi di destra. Ma non c’è. Peccato. Sarà per questo che alla fine, elettori di destra si accontenteranno del Renzi di sinistra. g.

PERCHE’ RENZI E’ UN PROBLEMA PER TUTTI, di Mario Sechi

Pubblicato il 4 settembre, 2012 in Politica | No Comments »

Beppe Grillo ha cominciato a prendere di mira Matteo Renzi. Ieri il comico ha saccheggiato il repertorio di Fortebraccio – Mario Melloni, mitico corsivista dell’Unità – per dire che il sindaco di Firenze è un Signor Nessuno. Matteo lo infastidisce parecchio. È in buona compagnia. Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini e Silvio Berlusconi temono il rottamatore. Per ragioni diverse. Vediamo quali. Bersani. Sa di avere il caterpillar targato Firenze alle calcagna. Il risultato delle primarie non è in discussione, ma il segretario non è tranquillo. Se Renzi incassa una buona percentuale, sarà iscritto di diritto alla successione al vertice del partito. Non a caso ieri Renzi veniva attaccato da Rosy Bindi, Massimo D’Alema e Nichi Vendola. É il nemico interno da abbattere. Casini. Ha stretto un patto di ferro con il segretario del Pd, ma l’accordo spartitorio riesce solo se Bersani vince bene le primarie. Renzi inoltre è una calamita per gli elettori moderati che non vogliono legarsi alla sacrestia casiniana. Credenti che non sopportano il radicalismo vendoliano, un universo di persone che non ha intenzione di votare per un partito che ha la linea diretta con il cardinal Bertone. Sceglieranno Renzi, “terza via” tra la sinistra hollandista e illuminista e un partito che si ispira alla Dc senza esserne neppure l’ombra. Berlusconi. Il Cavaliere pensa di sfruttare a suo vantaggio la frattura che si sta aprendo nel Pd. Renzi gli sta simpatico, si sono visti ad Arcore, ma sottovaluta i «danni collaterali» della rottamazione a sinistra. Perché in realtà la corsa di Renzi alle primarie del Pd renderà plastica la necessità della competizione democratica dentro il Pdl, metterà in luce come gli outsider e i leader del futuro nascono quando dentro i partiti funzionano meccanismi di competizione e non di cooptazione. Esattamente il contrario di quanto avviene nelpartito di Berlusconi, dove le primarie si annunciano in pompa magna, ma poi non si fanno per non disturbare il capo. Ecco perché un anti-sistema come Grillo ha paura di Renzi: fa in maniera più credibile quel che vorrebbe far lui, la rivoluzione dal basso. Mario Sechi, 4 settembre 2012

.………..Ci piace Renzi. Ancor più se diventa un problema per tutti. Magari insolubile. Perchè solo un problema insolubile può risolvere il problema Italia. Che è uno solo. Cambiare  o, come dice Renzi – rottamare la classe dirigente italiana, vecchia non tanto e non solo  per via dell’età, quanto per il modo di pensare e di agire, per la assoluta mancanza di fantasia nell’affrontare i problemi, per la eterna litigiosità dei duellanti, per la costante preoccupazion dei dettagli, rinviando al mese del dopo e all’anno del mai, la risoluzione dei problemi. Se Renzi è in grado di rottamare questa vecchia e logora e stantia classe dirigente, può essere l’occasione per una vera rivoluzione copernicana nel nostro Paese. Attenzione: Renzi, uomo di sinistra,  è   accusato dalla sinistra  ufficiale di essere un pericoloso conservatore (Vendola lo ha definito un qualunquista!). Ma come diceva Prezzolini ( il suo Manifesto dei Conservatori, ancor oggi, dopo decenni,  è fresco e schietto)  il vero  conservatore sa essere  più innovativo di un progressista mentre  un progressista spesso è più cieco e retrivo di un conservatore. Se Renzi fosse un conservatore-progressista alla Prezzolini, allora perchè no? Viva Renzi. g.

E’ RECORD DI DISOCCUPATI E CAROVITA: ECCO I “FALLI-MONTI” DEL GOVERNO TECNICO

Pubblicato il 3 settembre, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Dietrofront sui beveraggi.

The freddi, bibite annacquate all’arancia rossa e frizzanti non saranno tassate. Ormai va così: il governo tecnico si barcamena tra decreti ritirati e un’economia in recessione. Non c’è un dato economico in positivo, falli-Monti (copyright Maroni) non sa più che pesci prendere, i conti non tornano e stiamo molto peggio di un anno fa. Crollano Pil, consumi, occupazione e crollano mercati floridi come l’immobiliare che per tigna tiene (almeno a Roma) i prezzi alti. Ma, mistero, aumentano i giorni di sciopero: più 55 per cento in 5 anni! (aerei esclusi). Mancano i soldi e anche la voglia di lavorare. Altro che riforma Monti. Dicevamo dell’economia. Mentre il premier fa capire di aver preso l’ennesimo abbaglio sanitario con i frizzanti (nel decretone di mercoledì potrebbe sopravvivere solo la norma contro le ludopatie che mette limiti alle presenze delle sale da giochi) ieri sono arrivati dati Istat da brivido. In cinque anni gli occupati under 35 sono diminuiti di 1.457.000 unità, con una riduzione del 20 per cento. Nel secondo trimestre di quest’anno i lavoratori tra 15 e 34 anni sono così scesi a 5.876.000 unità, mentre erano 7.333.000 unità nello stesso periodo del 2007. Un periodaccio. Il debito pubblico sfiora i 2.000 miliardi e ha vanificato gli effetti dell’Imu e dell’aumento delle accise. Per non parlare dei consumi, ormai i supermercati campano solo con le offerte. Tra l’altro, Coldiretti denuncia un aumento «ingiustificato» del 40 per cento del prezzo dei mangimi (soprattutto mais e farina di soia) che metterebbe a repentaglio la produzione futura di latte e carne.Ma è il surplus di spesa che gli italiani dovranno affrontare da settembre che terrorizza il contabile, il potere d’acquisto diventa irrisorio, mentre fare un pieno alla macchina diventa roba da ricchi. Ieri l’ennesimo appello-minaccia da parte delle associazioni dei consumatori che propongono per il 19 la giornata dello sciopero della spesa. Tutto fa brodo. «Questa politica economica non riesce a dare risposte positive alla crisi che attraversa il paese» fanno sapere da Adusbef e Federconsumatori. Calcoli alla mano, l’aumento dei prezzi, delle tariffe e delle tasse porteranno a far spendere alle famiglie un surplus di 2.333 euro annui, una settimana ai tropici. La spesa maggiore per l’acquisto di alimenti sarà di 392 euro; per le bollette è previsto un incremento di 308 euro; mentre i costi energetici, tra carburanti e riscaldamento, registreranno aumenti vertiginosi (+471 euro). Senza dimenticare le tassazioni, l’Imu, l’addizionali Irpef e il carico economico per mandare un figlio a scuola. «C’è da rimpiangere il governo Berlusconi – fa notare Maroni – Soprattutto per quanto riguarda la gestione della crisi economica. Peggio di così è impossibile. Ci sono i dati a dirlo, dalla disoccupazione all’aumento del debito, l’aumento della pressione fiscale e l’inflazione. Monti ha fallito, prima va a casa, meglio è». Il Giornale, 3 settembre 2012

CASO NAPOLITANO, L’INTRIGO SI COMPLICA, di Giuliano Ferrara

Pubblicato il 3 settembre, 2012 in Giustizia, Politica | No Comments »

Il direttore di Repubblica dovrebbe riflettere: il suo, il loro è un giornali­smo morto.

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il direttore di Repubblica Ezio Mauro

Opulento, professiona­le, ricco di notizie e opinioni, ma com­posto nella bara dell’uniformità confor­mista. Avevano appena dato un segno di vita, richiamando una tradizione di pluralismo delle opinioni e di conflitto civile con lo scontro tra Scalfari e Zagre­belsky su Napolitano e la procura di Pa­lermo, avevano fatto saltare la copertu­ra della bara per un istante, ecco che si richiude. È un peccato, perché nessu­no si augura un’Italia in cui scompaia nell’irrilevanza la loro voce,opacizzata e infine spenta dall’incapacità di farla sentire se non in un corale tremenda­mente parrocchiale, senza offesa per le parrocchie sede di ben altri e sani con­flitti di dottrina e spirito.

Voglio dire una cosa assai semplice, diretta e non equivoca. Se i ragazzacci del Fatto , il cui capo non sa rispondere alle più ele­mentari domande sullo Stato e la mafia in tv, va in vacanza con il dot­tor Ingroia e dice di lavorare solo per il lettore, si mettono per una qualche ragione fuori linea, allora il commissario politico del giorna­le, il suo direttore, emette un ana­tema: sono di destra, sono la nuo­va destra. Vogliono mangiarsi la destra in insalata, i gianburrasca delle manette, chiedono il sangue di Berlusconi e si atteggiano a solo­ni dell’antipopulismo, fingono perfino un interesse loro estraneo per gli operai e i sindacati, sono im­bevuti di piccolo trotzkismo alla Flores d’Arcais, ma sono di de­stra. Solo il mio amico Stalin, fac­cio per dire, definiva di destra, con­trorivoluzionari, quelli che non la pensavano come lui, anche e so­pra tutto se erano a sinistra del par­tito.

Altro caso, Panorama . Giovan­ni Fasanella, un cronista di forma­zione comunista e perfino berlin­gueriana, propone al direttore del settimanale di Mondadori un ser­vizio che farà chiasso: mettiamo insieme le propalazioni di vario genere sulle frasi dette presuntiva­mente da Giorgio Napolitano al te­lefono con Nicola Mancino, fac­ciamoci giustamente una coperti­na che richiami il ricatto dei vari Pm palermitani al presidente, e vai con lo scoop di approfondi­mento in seguito al quale forse il Quirinale si risentirà, e si capisce, ma tutto sarà più chiaro. Anatema di bel nuovo, la destra è all’attac­co. Ma questo, lo vedono tutti, non è un modo di ragionare, non è un atteggiamento liberal o di sini­stra, è un modo di sragionare e get­tare sabbia sugli occhi del lettore bambino come fa il Sandman del­le f­avole e delle canzonette ameri­cane.

Lo stato di confusione men­tale e culturale non è di sinistra, è uno stato di confusione di cui i pri­mi­a preoccuparsi dovrebbero es­sere editori e lettori del giornalo­ne di Largo Fochetti in Roma.

Il web della sottocultura di Re­pubblica non è da meno, fa i suoi rilanci. Camillo Langone scrive ogni giorno una preghierina tradi­zionalista su un quotidiano, sem­bra scritta in latino da quanto è bella. Certo, ha le sue idee e le sue sensibilità e una sua dottrina che sembrano fatte apposta per pro­vocare al pensiero critico chi si vanta di possederlo e non ne sa al­cunché, gli illetterati novisti e mo­dernisti che non sanno leggere. Nel caso in specie, Langone ha scritto dell’assassinio di«una don­na nigeriana, che di mestiere fa la puttana», ha aggiunto che «le ne­gre sono bellissime» e «i transes­suali dopo il tramonto» sono bel­lissimi pure loro. Ha concluso con una morale perfettamente ge­suitica: va’ a letto, o maschio put­taniere, con persone che puoi pre­sentare in società e alla mamma senza scandalo. Be’, una volta l’ambasciatore di Spagna in Italia mi inviò un gentile cartoncino in cui ero invitato a cena con «il part­ner » e non più con mia moglie, perché Zapatero aveva deciso, a norma del codice civile, che ma­schi e femmine, marito e moglie, padre e madre, non esistono più. Volevo rispondergli alla Lango­ne: vengo con un negro altro due metri rimediato alla stazione do­ve si trovano un sacco di partner, rigorosamente senza scarpe, che rutta, le va bene o pensa che ci pos­san­o essere problemi con il princi­pe delle Asturie? A pensarci bene, anche peggio di Langone. Ho so­prasseduto signorilmente alla ri­sposta e alla cena in quella bella e accogliente casa del politicamen­te corretto.

Fatto sta che il web minaccia e insulta Langone per quella pre­ghierina gesuitica, perché i trans devono essere belli anche di pri­ma mattina, e i giornali celebrano la morte del cardinal Martini, su­blime gesuita, all’insegna, un’in­segna non troppo originale, della scomparsa dell’uomo del dialo­go. Ma di quale dialogo state par­lando? Mi piacerebbe che France­sco Merlo o Michele Serra o altri stimabili opinionisti di Repubbli­ca , non dico insorgessero (verbo caro ai cronisti di quel giornale), ma almeno facessero capolino per dire: ragazzi, il mondo libero è stato inventato perché gli anate­mi contro la destra o la sinistra scomparissero dalla scena, voglia­mo fare del giornalismo non si di­ca sbarazzino, probabilmente non ne siamo capaci nella nostra torvaggine, ma almeno formal­mente rispettoso della libertà?

Attendo serenamente e aspetto pur sempre amandovi la prova (come disse un grande Papa agli uomini delle Brigate rosse) che ne siete capaci. Giuliano Ferrara, Il Giornale, 3 settembre 2012