Cerchiamo di ragionare, l’Italia è un Paese con duemila miliardi di debito pubblico, un’evasione fiscale da 120 miliardi l’anno, beni detenuti illegalmente all’estero per altri cento miliardi, tassazione oltre il 45%, prodotto interno lordo (terza economia europea) a milleseicento miliardi, intermediata al 50% dal settore pubblico. Numeri terribili. Il bello e il brutto cantato dalle streghe shakespeariane, la cifra culturale e economica di un grande Paese che non risolve le sue contraddizioni. I partiti se ne sono lavati le mani – dopo avere contribuito al disastro – e per raddrizzare il ramo storto hanno chiamato un signore, Mario Monti, che si è ritrovato in una situazione da crac causa della speculazione sul debito sovrano, il terzo del mondo. Come sanno bene i lettori de Il Tempo, ho appoggiato la transizione di Monti e non me ne pento. Ma proprio per questa scelta, per la nostra posizione cristallina, senza pregiudizi e interessi di parte, ho la grande libertà di criticare il governo quando le cose che fa sono sbagliate. Ecco perché ho scritto che la riforma del lavoro è un brodino riscaldato e controproducente, la pressione fiscale un cappio e la dimensione culturale «teutonica» del governo un errore. Detto questo, abbiamo il dovere di guardare in faccia la realtà: c’è qualcuno in Parlamento capace di traghettare il Paese verso il mare della tranquillità? Io non lo vedo. Non mi piace la sospensione della democrazia, mi fa sorridere il complesso di superiorità antropologica che hanno i Professori a Palazzo Chigi – non sono gli unici ad aver letto dei libri e mangiare con le posate, anzi, penso abbiano un gap culturale ampio rispetto alla contemporaneità – ma siccome faccio sempre tesoro di una lezione ricevuta quando ero ragazzo da un banchiere («Sechi, le cose sono più forti degli uomini») dico che i fatti sono tali per cui Monti deve andare avanti e avere l’umiltà e la forza di correggere la rotta. Sono certo che il presidente del Consiglio stia valutando lo scenario europeo che è mutato dopo le elezioni in Francia e in Grecia. Spero che al pensiero segua l’azione di governo. Il nostro Paese è in pericolo. La Grecia brucia, la rottura dell’Euro è una realtà più vicina di quanto si possa immaginare. Non possiamo permetterci distrazioni, elezioni anticipate al buio e soluzioni da Dottor Stranamore. I partiti sono alla frutta. Hanno bisogno di tempo per schiarirsi le idee e riorganizzarsi. Nel frattempo Monti deve registrare i fatti, settare l’agenda e ripartire. Sbloccare i fondi europei va bene, cominciare a usare risorse per il disagio sociale è cosa buona e giusta. Ma nella sua agenda al primo posto ci deve essere un duro lavoro diplomatico con Berlino e Parigi. Siamo stati fondatori dell’Europa, non saremo noi ad affondarla. Mario Sechi, Il Tempo, 12 Maggio 2012
.……………Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Sechi che apprezziamo per l’originalità e la chiarezza delle sue analisi, e per la schiettezza con cui doce pane al pane e vino al vino, pare voglia pplicare a se stesso il proverbio apena citato. Sechi all’inizio del mandat di Monti ha dato al professore nominato da Napolitano dittattore sui generis del nostro Paese un’ampia apertura di credito che è è durata sinchè non si è reso conto che il credito aperto a favore di Monti era stato man mano vanificato dall’azione di governo che si è ben presto rivelata del tutto inadeguata alle aspettative – e non ci riferiamo allo spread che è tutt’altro discorso – di tutti nei confronti di un tale che per mesi era stato invocato cme il nuovo messia. Il messia, al momento del fare, ha ripetuto ciò che tutti avevano già fatto e che era la cosa più semplice, più ovvia, e anche la più stupida: tassare. E le poche riforme strutturali si erano rivelate fonte di pressappochismo e superficialità. Da qui la marcia indietro di Sechi, come del resto di tutti, chi più apertamente, chi meno, rispetto al governo dei tecnici che, come ora lo stesso Sechi rileva, manifestano una intollerabile oltre del tutto ingiustificata forma di superiorià intellettuale nei confronti del resto dell’Italia che è ad un tempo grottesca e ridicola visti i risultati. Ma, ora sottolinea Sechi, siccome non c’è in Parlamento chi possa assumere la guida del Paese tanto vale tenersi Monti. Stupisce questa conclusione di Sechi non perchè superficiale ma perchè gravemente lesiva di talenti politici, anche di quelli sinora nascosti, che invece le prove elettorali potrebbero far emergere. La differenza tra le democrazie e le dittature, in fondo, risiede proprio in questo. Nelle dittature, antiche e attuali, la tesi è che siccome nessuno è migliore del dittatore lasciamo che il dittatore governi. Nelle democrazie, antiche e anche quelle moderne, purchè non si siano trasformate in tecnocrazie, la scelta la fa il popolo sovrano a cui va riconosciuto sia il diritto di sbagliare, sia la capacità di saper scegliere. Ecco perchè riteniamo del tutto ingiustificato che Monti, di fronte al nulla che sinora ha prodotto, benchè non sia stato scelto da nessuno, abbia l’ardire, si, proprio così, l’ardire, di pretendere di dover andare avanti. Questo è uno schiaffo alle regole della democrazia, intollerabile e inaccettabile. Se lo si tollerasse e lo si accettasse significherebbe gettare alle ortiche nel nostro Paese 60 anni di democrazia, sistema che come diceva Churchill è il meno peggio di tutti gli altri. E nessuno meglio di Churchill poteva esserne ad un tempo prova e testimone. Pur avendo guidato l’Inghilterra e in qualche modo anche gli alleati, nella disperata e alla fine vittoriosa guerra contro la Germania (si consiglia di leggere una qualsiasi sua biografia per constatare di cosa egli sia stato capace…) alla prima prova elettorale dopo la fine della guerra i suoi concittadini che lo avevano osannato il giorno della vittoria bellica, lo condannarono alla sconfitta elettorale. Cui Churchill si piegò senza alcun rimpianto e rancore, solo consapevole che proprio il rispetto rigoroso delle regole della democrazia avevano reso invincibile la sua Inghilterra. Ecco perchè abbiamo certezza che il ritorno alle urne sia ancor di più utile e necessario oltre che doveroso. E Monti si rassegni a sedere, rigorosamente grigio, sui banchi del Senato da dove, se ne è capace, potrà dare i suoi sinora non troppo illuminanti contributi. g.