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GAFFE, AMAREZZE E RABBIA: IL ROBOT MONTI E’ FINITO IN TILT

Pubblicato il 10 maggio, 2012 in Politica | No Comments »

Governare stanca. Quando Mario Monti è entrato a Palazzo Chigi portava nella sua borsa una buona dose di disincanto e un grammo di ottimismo. Il rettore della Bocconi che diventa primo ministro.

Mario Monti

Una squadra di professori al suo fianco. Il bagaglio di buon senso degli editoriali scritti sul Corsera . Il post Berlusconi vissuto come una corsa in pianura. La benedizione del Quirinale. La curiosità degli italiani per quel loden verde buono a sopportare l’inverno. L’ambizione di entrare nella roulette russa della politica italiana come il salvatore della patria. Le formule da sacerdote o da alchimista, con la complicità e la benevolenza dei «padroni» tedeschi, per tenere a bada quel dio capriccioso che gli uomini di finanza chiamano spread . L’impresa era superiore a quella di uno Stramaccioni, ma il signore dei tecnici sapeva che il potere si conquista sul campo. E lui, comunque, rappresentava l’ultima possibilità data agli italiani per mostrare un carattere teutonico. A pensarci bene non sembrava neppure impossibile. Monti sorrideva, Monti andava la domenica a messa passeggiando per le strade di Roma, Monti che deliziava gli italiani con «battute argute da architetto postmoderno», un tecnico con la consapevolezza e la simpatia dell’omonimo idraulico dei videogame. Supermario e i suoi fratelli impegnati a salvare la ragazza, l’Italia,dallo scimmione chiamato Donkey Kong. Il Monti di adesso non assomiglia né a un eroe né a un videogame. È invecchiato in pochi mesi, come capita a chi si ritrova un giorno a rassicurare i sindacati, l’altro a incoraggiare Bersani,o Alfano, o Casini, con un Paese che spera di uscire dalla crisi, ma non con i piedi davanti e quattro signori vestiti di scuro come compagni dell’ultimo viaggio. Monti si guarda intorno e fatica a fidarsi di qualcuno. Le rughe ora appesantiscono il sorriso. Le parole diventano pietre, scatti di insofferenza e dentro monta la rabbia e la delusione di chi non si riconosce in un popolo di ingrati. Così trovano spazio le prime frasi smozzicate. «Se non era per me stavamo come la Grecia ».Il rigore e l’austerità mostrate come un atto di fede. La fiducia neo platonica nella sapienza morale negli intellettuali di professione, cosmopoliti, con lo stesso slang che parlano alla city,con l’Europa tecnocratica come nuova America, fratelli di sangue dello spirito di Francoforte, della Sorbonne o dei bostoniani del Mit. Tutto questo con la convinzione che gli italiani hanno bisogno di una guida sobria ma inflessibile. Eppure qualcosa non sta funzionando. Monti ha sottovalutato quanto sa di sale la tassa sulla casa. Non è riuscito a immaginare quanto questa crisi sta scartavetrando la pelle di chi fa impresa in bilico sui prestiti delle banche. Non ha visto lo sgomento, la tragedia, le paure, il ristagno che circonda artigiani e commercianti. Si è ritrovato, non colpevole, a contare i nomi dei morti. E qui ha gridato che la Spoon river dell’economia reale italiana non gli appartiene. Le colpe sono indietro, nel passato, non di chi vuole salvare questo Paese. È stato forse il momento in cui si è sentito più ferito. È quello che racconta chi lo frequenta. Lì davvero ha perso tutta la sua sobrietà. Qualcosa in quel momento si è rotto. È cominciata la stagione delle ombre. La consapevolezza che Bersani non può tirarla troppo a lungo, e pensa sul serio al voto a ottobre, prigioniero nella foto di Vasto e convinto di poter fare come Hollande in Francia. Il Pd che vira a Vendola non è più compatibile con il governo. Monti sente anche i mugugni che arrivano dalla palude del Terzo polo, con i finiani sempre in fuga da qualcosa e Casini che ha imparato a contare. Sente l’insofferenza del Pdl che preme su Alfano per sganciarsi dal carro del tartassatore. E il supertecnico comincia a sentirsi come un premier a tempo troppo presto determinato. Rilancia. Cerca sponde nell’amata Europa. Lamenta una carenza di élites, di politici che hanno ripudiato la politica. Non fa nomi e scontenta tutti. Tranne poi rifugiarsi in un vago: parlavo così in generale. Come fanno quelli che ingoiano rabbia e finiscono per alludere, per dire e non dire. Quello che Monti però non ha ancora fatto sono i conti con il suo governo. A parte le pensioni il resto sono tasse. Niente riforma del lavoro, niente welfare, sui tagli alla spesa si è inventato un tecnico al quadrato. E soprattutto niente fase due.È questo l’errore più vistoso dei tecnici. Pretendere sacrifici e non lasciar intravedere un futuro. Come nelle peggiori battute dei film. «Ok, professore, quale è il piano B per uscire dal tunnel?». «Piano B? Nessuno ci ha mai parlato di un piano B». Appunto. Il Giornale, 10 maggio 2012

LA TECNOCRAZIA NON E’ DEMOCRAZIA

Pubblicato il 10 maggio, 2012 in Economia, Politica, Politica estera | No Comments »

Le note dell’intervento tenuto ieri a Bruxelles da Mario Sechi, direttore de Il Tempo,  al convegno del Parlamento europeo “Quale futuro per l’Europa”.

Europa Il tema di cui discutiamo è la sovranità. Ma le elezioni presidenziali in Francia e quelle in Grecia segnalano un’inversione di tendenza: siamo tornati alle nazioni. Come reazione alla politica europea che non è condivisa dai popoli. A Parigi si è votato pour la France e contre l’Allemagne, ad Atene hanno vinto i partiti «no Euro», «no Bruxelles», «no Bce», tutto ciò che era ed è l’Europa di cui stiamo parlando qui, nel Parlamento. Ho ascoltato con grande attenzione le parole di Cohn Bendit, e devo dire che condivido il fondo della sua analisi: c’è una perdita di democrazia, rispetto ai dogmatismi contabili e agli accordi dei governi, i Parlamenti contano sempre meno. Ecco perché le elezioni nazionali hanno avuto come argomenti principali l’Europa e i suoi mali. Ma in quale scenario si sta svolgendo questo dibattito? Cari amici, sull’agenda ci sono almeno quattro parole chiave: 1. Lavoro: secondo gli ultimi dati del fondo monetario internazionale nel mondo industrializzato ci sono duecento milioni di uomini e donne in cerca di occupazione. Duecento milioni! Questa è una minaccia, un problema sociale che può sfociare in una guerra sociale. 2. Crescita: l’ho sentita evocare spesso nel Parlamento italiano e anche in questa sala più volte. È l’ultimo mantra di una politica che però non riesce a crearla. Sembra di vedere un veliero fantasma galleggiare in un mare morto. E mentre i governi cercano la crescita, la recessione sta distruggendo imprese, posti di lavoro, ma soprattutto speranza. Il fiscal compact che alcuni Parlamenti hanno approvato senza neppure leggerlo e altri non hanno nemmeno discusso ma dato per buono, è contro qualsiasi ipotesi di crescita, anzi è un ammazza-crescita. Verrebbe quasi da sospettare, ma lo facciamo solo per amore dell’analisi di scenario, che la Germania lo difenda così tanto perché in fondo consente ai tedeschi, attraverso il gioco degli spread, di finanziare il proprio sviluppo emettendo debito a bassissimo tasso d’interesse.

E scaricando il costo del debito sui Paesi più deboli e che resteranno tali finché non si sarà allentata la morsa fiscale e data loro una possibilità di sviluppo che non vuol dire uscire dal rigore, come si pensa a Berlino, ma aprire le porte a una nuova èra di investimenti. 3. Banche: anche ieri la prima pagina del Financial Times dava il titolo principale al salvataggio con soldi pubblici di Bankia, il terzo gruppo spagnolo per asset posseduti. Che sorpresa, ancora una volta i soldi dei contribuenti vengono utilizzati per salvare chi continua a fare finanza per la finanza, senza mai servire l’economia reale. Proprio ieri mentre viaggiavo verso Bruxelles stavo rileggendo i saggi politici di Orwell, ecco mi sembra di essere piombato in un romanzo orwelliano in cui il paradigma del «too big to fail» (troppo grande per fallire) non può essere applicato ai giganti della finanza, ma gli Stati e i loro popoli invece possono fallire. Per cui siamo al paradosso che le banche che hanno speculato sulla Grecia vanno salvate mentre lo Stato greco può fallire e il suo popolo essere affamato. È questa l’Unione europea che sognavate? È questa l’Europa che volevano costruire Spinelli, Schuman e i padri fondatori? Secondo un rapporto dell’Unicef in Grecia 450 mila bambini sono sulla soglia della fame. È una vergogna e non smetterò mai di scriverlo e dirlo in pubblico. Certamente questa non può essere la mia Europa. Risolvere il problema della Grecia qualche anno fa sarebbe costato solo 50 miliardi, ma si è preferito attendere perché la finanza non voleva perdere un euro e il risultato è tutto nella drammaticità di queste ore. La Grecia non ha ancora un governo, in Parlamento sono arrivati i partiti estremisti, Atene rischia di tornare a votare senza risolvere i suoi problemi, il default è un rischio concreto, il ritorno alla dracma per un popolo esasperato è diventato una speranza, e l’Eurozona rischia il break up, la rottura. Che cosa succede se si realizza lo scenario previsto da uno studio dell’università di Cardiff per cui arriviamo al doppio euro? Chi lo gestisce? Cosa succede? Quali saranno le conseguenze? Lo sanno tutti che i contratti delle grandi corporation ormai prevedono clausole di salvaguardia nel caso in Europa dovesse rompersi l’Eurozona. Gli studi legali internazionali già prendono contromisure, le mettono nero su bianco, preparano la diga in caso del diluvio. E i governi europei che fanno? E il Parlamento che fa contro la cattiva finanza? Non c’è neppure un ombrello in caso di pioggia. Ripeto, banche e cattiva finanza questo è il problema, l’origine della crisi che parte nel 2008 con i mutui subprime in America e si propaga come un virus in tutto il mondo. È ora che anche le banche prendano atto che possono fallire, non si salva la finanza che lavora solo per la finanza. Deve essere chiaro una volta per tutte, bisogna finirla con questa mistificazione e manipolazione del linguaggio e mi appello a tutti i giornalisti affinché raccontino quel che sta accadendo: l’Europa è in pericolo, grave pericolo. 4. Democrazia versus Tecnocrazia: è questo il nocciolo del problema occidentale, ma in particolare europeo. La discussione sul funzionamento istituzionale dell’Unione a cui ho assistito dimostra che bisogna ripensare il rapporto tra organi rappresentativi, eletti e soprattutto elettori. Il mio Paese, l’Italia, è una metafora di questo problema. La tecnocratica way of life italiana è interessante nei suoi esiti perché avete qui davanti un signore che ha sostenuto il governo Monti, pensa che non vi sia alternativa, ha salutato con favore l’uscita del governo Berlusconi, ma alcuni mesi dopo deve prendere atto della realtà. La ricetta dettata dalla Bce e da Bruxelles ha dei limiti enormi: quando un Paese in recessione viene sottoposto a una cura fiscale eccessiva – siamo ben oltre il 45% di prelievo – non occorre essere laureato in economia a Princeton per capire che il risultato è quello di produrre ancora più recessione, distruzione di posti di lavoro e turbolenza sociale. E anche in Italia le ultime elezioni hanno confermato la tendenza europea al «no euro», «no Bce» «no Bruxelles». È un fiume carsico pericoloso, perché ripeto, sono tornate le nazioni e invece c’è bisogno di un’Europa che funzioni. Non è possibile vedere uno scenario in cui la France è contre l’Allemagne, Atene brucia e Berlino irride, l’Italia si dibatte in una ricetta suicida e intanto nel mondo circolano trecento trilioni di dollari di titoli derivati, vera spazzatura, senza alcuna copertura fondamentale, una bomba atomica sulla quale siamo seduti, dieci volte la ricchezza mondiale, e nessuno fa niente. Cari amici del Parlamento europeo, dov’è la soluzione per la cattiva finanza? Non la vedo. Ma abbiamo accettato che le banche non possono fallire e gli Stati sì. Io non so se l’Italia riuscirà a salvarsi o meno da questa crisi profonda e drammatica. Ma di una cosa sono certo: senza l’Italia non ci sarà mai l’Europa. Da Il Tempo, 10 maggio 2012

NAPOLITANO E’ PIU’ FURBO CHE CIECO, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 9 maggio, 2012 in Politica | No Comments »

Il presidente Napolitano ieri ha detto di non aver visto un boom del partito di Grillo. E dove diavolo stava guardando? Forse pesano i problemi che l’età porta inevitabilmente alla vista.

Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano

I

Se fosse così sarebbe scusato, prima o poi sono guai che toccano a tutti. Ma a pensarci bene, per Napolitano, la miopia è un problema non nuovo, ne è afflitto fin da giovane. A metà degli anni Cinquanta, già politico d’alto bordo,non vede le atrocità commesse dai soldati russi nell’invasione dell’Ungheria, che infatti benedice sventolando la bandiera rossa in segno di festa.

Passa il tempo e, da vicesegretario del Pci, non vede il flusso di rubli che Mosca riversa in nero nelle casse del partito (finanziamento illecito ai partiti). La vista poi continua a peggiorare. Negli anni Novanta non vede i privilegi di cui gode come presidente della Camera, e neppure vede bene come i partiti, compreso il suo, decidono di finanziarsi con soldi pubblici nella misura in cui oggi sappiamo. Le cose non migliorano al Quirinale: la miopia gli impedisce infatti di vedere che mentre fuori la gente tira la cinghia lui vive come un re nell’istituzione più costosa al mondo (quattro volte la Casa Bianca). È da capire Napolitano.

Che forse non ci ha visto bene neppure quando, dopo aver volutamente fatto macerare il governo Berlusconi nella palude del conflitto istituzionale, ha insediato Monti come salvatore della Patria. Perché le cose non stanno andando come aveva pre-visto, soprattutto è in forse la fase due del piano: consegnare il Paese alla sua adorata sinistra.

Già, perché come se non bastassero gli inciampi di Monti è pure arrivato imprevisto quel pazzo di Grillo a prosciugare il già arido mercato dei voti. Da suonatore, il presidente rischia di diventare suonato e più che la vista perde nervi e controllo. L’arbitro si rivela giocatore, quale è, e non riconosce i milioni di legittimi voti raccolti dal capocomico genovese. Napolitano mi sembra come Scalfaro nel ’93: con i suoi amici e colleghi magistrati aveva preparato la salita al potere della sinistra di Occhetto quando all’ultimo spuntò dal nulla tal Berlusconi, che non era comico ma ci divertì uguale. Apra gli occhi, presidente Napolitano, ma soprattutto teniamoli ben aperti noi. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 9 maggio 2012

…………………Visto che Silviio pare non esserci più, meno male che c’è Sallusti che non le manda a dire e le dice, in questo caso al furbo e non miope Napolitano che svelando la sua indole antidemocratica ha sciaguratamente ironizzato sul voto conquistato dal  Movimento 5 Stelle, arrivando a dire ciò che nessun editorialista si era sognato di dire e cioè che non si fosse sentito il botto dei risultati proGrillo. Che a noi non piace ma che in questo momento dice a voce alta ciò che tutti gli italiani si dicono ogni mattina al bar, all’edicola del giornale,  nei treni, ovunque due si incontrino e parlino delle cose di ogni giorno. Solo Napolitano le ignora perchè, come gli ricorda Sallusti, lui vive al Qurinale che fu reggia dei Papi e poi dei Re ma che mai nessuno avrebbe immaginato sarebbe diventata la sede imperiale dell’ex ragazzino rosso – il ragazzo rosso era Giancarlo Paietta, per carità comunista,  ma sanguigno e verace! – che faceva il n. 2 ad Amendola, già allora veniva chiamato il “principe” per via della sua rassomiglianza fisica con l’ex re Umberto, si proclamava difensore dei lavoratori vedendoli solo da lontano, come ora, che dal Quirinale, a capo di  di ben duemila dipendenti che manco la Casa Imperiale giapponese ha mai avuto e non li ha la  Casa Regnante inglese, e neppure la Casa Bianca,  dotati di un numero adeguatamente enorme  di auto blu, il tutto al costo mirabolante di 248 milioni di euro all’anno,  invita gli italiani, compresi queelli che prendono 500 euro al mese, tutto compreso, a stringere la cinghia, per decreto del suo amico Monti da lui nominato, in spregio alle regole democrstiche, come era d’uso dalle parti del Kremlino ai suoi tempi, capo del governo, dopo averlo dotato adeguatamente di 25 mila euro al mese con il laticlavio che graziosamente gli ha concesso di senatore a vita. E’ ovvio che faccia furbescamente finta di non vedere Grillo…teme che gli guasti la festa. Noi speriamo di si. g.

DAI SILVIO, MOLLA MONTI, lettera aperta di Vittorio Feltri al presidente Berlusconi

Pubblicato il 9 maggio, 2012 in Politica | No Comments »

Caro presidente Berlusconi, mi scusi per questa incursione nei suoi affari di partito, ma sento che è dovere del-Giornale farle notare quali siano gli umori dei lettori, in particolare, e, in generale, dei cittadini vicini al Pdl.

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Umori che, tra l’altro, emergono nettamente dagli ultimi risultati elettorali. È vero: è stata una consultazione che ha coinvolto poco più di 9 milioni di italiani, un campione significativo, ma non sufficiente per capire dove andrà il Paese. È altresì vero che la scelta dei sindaci non comporta necessariamente un’adesione politica: sul piano locale, talvolta pesa di più la reputazione dei candidati che non il loro partito. Ma c’è un ma. In questa congiuntura tira aria cattiva. Trionfa l’antipolitica,che è poi generica protesta verso un sistema (anche istituzionale) inadeguato e obsoleto, e verso partiti traviati dalla corruzione e dall’inefficienza. In più, abbiamo un governo tecnico che ha tradito la fiducia, inizialmente eccessiva, del Parlamento e del popolo, cui non mancava certo la speranza di veder risolti i problemi causati dalla crisi economica: la disoccupazione, la cosiddetta stagnazione (ora la recessione), i ritardi dello Stato nell’onorare i propri debiti, le angherie di un fisco cattivo con i buoni contribuenti e indulgente con gli elusori e gli evasori, eccetera. Per andare giù piatti, il voto, dato il clima, è stato fortemente influenzato dalla politica dell’esecutivo; e le vicende locali sono passate in secondo piano, anche perché le casse municipali piangono ancora di più di quelle statali. Chi è andato al seggio non ha pensato al campanile, bensì a quanto avviene nelle stanze romane del potere. E ha approfittato della circostanza per manifestare un profondo dissenso nei confronti di Mario Monti, accusato, specialmente dagli elettori del Pdl, di aver promesso molto e di aver realizzato poco, e quel poco a danno degli italiani: tasse a iosa in ogni campo, perfino sulla casa, di norma acquistata con denaro già ipertassato alla fonte e spesso gravata da mutui con rate cospicue che falcidiano gli stipendi, quindi di fatto di proprietà della banca per effetto dell’ipoteca. I tecnici hanno fatto del loro meglio per comprimere i consumi, costringere imprese piccole e medie a chiudere i battenti, aumentare la disoccupazione e indurre al suicidio gli imprenditori più deboli, massacrati da un fisco crudele e sordo a ogni appello alla clemenza. Non bastasse, è diffusa la sensazione di vivere in uno stato di polizia, dove le intercettazioni telefoniche costituiscono un fenomeno unico al mondo (per quantità e continuità nel tempo), dove l’Agenzia delle entrate trasforma in show ogni controllo. C’è dell’altro. Il governo, mentre si è accanito col bastone delle imposte sul groppone dei connazionali, ha bellamente trascurato di tagliare la spesa pubblica. Nessun risparmio, se si esclude quello introdotto dall’innalzamento dell’età pensionabile. Per il resto la spending review è stata una bufala. I ministri ne hanno discusso fino alla nausea, ma non hanno combinato un accidente. Totalmente incapaci, tant’è che,da tecnici privi di tecnica, hanno assoldato altri tecnici per individuare i rami secchi da recidere. Comicità involontaria. Sarebbe bastato leggere i libri di Mario Giordano e quelli di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo per farsi un’idea degli sprechi da eliminare. Zero. I professori geniali si sono ridotti a chiedere ai cittadini qualche consiglio, attraverso il sito web di Palazzo Chigi, circa le voci su cui intervenire con le cesoie. Però, che professori. Perdoni l’ardire, presidente. Ma lei, con il suo partito, appoggia un governo così sgangherato e pressappochista senza immaginare di far girare le scatole agli elettori che le sono fedeli? Mi sembra strano che sia tanto ingenuo. La gente di centrodestra detesta tutto ciò che hanno fatto, e non fatto, bocconiani e «complici». Guardi l’articolo 18. L’hanno menata mesi e mesi con l’abolizione di questo obbrobrio. Poi Giorgio Napolitano ha starnutito e l’hanno accantonato terrorizzati. Non ricordo quanti decreti il capo dello Stato abbia firmato per approvare in fretta provvedimenti montiani, ma quando si è trattato di far passare la riforma del lavoro, alt! Nessun decreto. Si discuta la legge in Parlamento. Come dire: ciò che dispiace alla sinistra non s’ha da fare. E non si farà. Davanti a questo spettacolo, gli aficionados del Pdl sono inorriditi, e alla prima occasione, domenica e lunedì scorsi, molti di essi si sono prodotti nel gesto dell’ombrello.Scheda bianca o voto di protesta. Molti altri non si sono nemmeno presi la briga di recarsi alle urne: astensionisti.

L’atteggiamento dei suoi ex elettori, se lei non muterà indirizzo, se non abbandonerà al suo destino infausto l’esecutivo dei docenti e dei bidelli,sarà ancora più severo col Pdl il prossimo anno, quando si tornerà alle urne per rinnovare il Parlamento. Mi consenta – per usare un verbo a lei caro- un suggerimento: dimentichi la mossa dorotea dell’appoggio esterno; esca dalla maggioranza, e così sia. In questo modo riconquisterà quelli che, disgustati dalle manfrine montiane, le hanno voltato le spalle. Tenga conto, per concludere, che il premier è implicato nelle politiche europee di cui, anzi, è interprete e difensore. Politiche che fanno il gioco della Germania e penalizzano noi. Politiche superate, esiziali. La Ue è una struttura burocratica, i Paesi membri sono diseguali, non hanno un comune denominatore, parlano lingue diverse, hanno economie diverse, culture diverse. Però la loro moneta è unica. Una forzatura. Sono i popoli che esprimono una moneta e non viceversa. La Grecia rifiuterà l’euro, la Francia non lo ha in simpatia, l’Olanda rimpiange il fiorino, la Spagna e il Portogallo sono perplessi. E noi che facciamo? Ci lasciamo infinocchiare dai burosauri e dai banchieri che tutelano gli interessi di tutti tranne i nostri? Presidente, saluti la maggioranza scellerata. Vada all’opposizione. Gli esattori delle tasse si arrangino. Cadono? Amen. Gli elettori del centrodestra non hanno cambiato maglietta, l’hanno gettata,pronti a riprendersela se lei sarà all’altezza delle loro attese. Vittorio Feltri, Il Giornale, 9 maggio 2012

………………..Nulla da aggiungere! Agggungiamo volentieri la nostra alla firma di Vittorio Feltri. g.

L’ “ELIMINAZIONE” TECNICA DEL PDL, di Mario Sechi

Pubblicato il 9 maggio, 2012 in Politica | No Comments »

Da sinistra Silvio Berlusconi con il segretario del Pdl Angelino Alfano C’è qualcosa che non torna nel rapporto tra Monti e il Pdl. E va al di là della normale dialettica tra un partito che sostiene l’esecutivo e il presidente del consiglio. Anche al netto di una situazione certamente anomala e straordinaria come quella in cui si trova il governo Monti, non si può fare a meno di notare un atteggiamento che spesso è da due pesi e due misure rispetto a quello usato con il Pd. C’è sotto una questione culturale che non va sottovalutata: i tecnici si sentono antropologicamente superiori alla politica, in particolare al centrodestra italiano che, è vero, non si ispirava a Lord Brummel, ma ha pur sempre esercitato il potere attraverso la via democratica del voto. Monti difende il suo lavoro e fa bene, ma deve essere più cauto, rispettoso della storia politica di chi va in Parlamento e vota i provvedimenti del governo. Ho sostenuto il suo arrivo a Palazzo Chigi, lo ritengo senza alternative credibili (per ora) ma non condivido certi discorsi che provengono da Palazzo Chigi. I partiti avranno ancora una funzione, liquidarne la storia – sia essa di destra o di sinistra – significa non capire in quale campo da gioco si sta correndo. Il Pdl ha pagato a caro prezzo nelle urne la sua scelta di sostenere Monti e in queste ore tantissimi parlamentari si chiedono se sia il caso di continuare con il «suicidio tecnico». Il disagio di dover votare provvedimenti che massacrano l’elettorato di centrodestra è palese. Consiglio al premier: ci vada piano, non stuzzichi deputati e senatori, ritorni alla sobrietà e dica ai suoi ministri e consulenti «esternator» di parlare di provvedimenti specifici senza lasciarsi andare a giudizi politici. A meno che Monti non stia cercando l’incidente utile per innescare un progetto politico alternativo che punta alla liquidazione dell’esperienza berlusconiana tout court. In quel caso le elezioni anticipate sarebbero la via maestra non del Pdl ma del Pd della foto di Vasto con la stampella di Casini. Il risultato sarebbe quello di trarre d’impaccio Monti dalle difficoltà attuali e rilanciarlo come candidato non più di una larga intesa ma di un’armata «Normal» indecisa tra hollandisti, merkeliani e inciucioni. Bonne chanche. Mario Sechi, Il Tempo, 9 maggio 2012

.……………Forse Monti  questa mattina avrà letto questo editoriale di Sechi se agli Stati generali europei che si stanno tenendo a Firenze ha colto l’occaisone per “elogiare” Berlusconi e il suo governo per le riforme varate prima dell’abbandono e, per non farsi mancare nulla, aggiungendo che  prima di Berlusconi anche Prodi aveva camminato sulla stessa strada. Insomma una vera e propria marcia indietro rispetto a ieri quando, come sempre arrogante e privo di garbo, aveva detto, a proposito delle conseguenze della crisi – in primis i suicidi senza ovviamente citarli – , che dovevano riflettere quei govenri che la crisi l’avevano creata e non chi “dalla crisi sta lavorando per uscirne”. Orbene negli ultimi vent’anni, salvo qualche piccola perantesi, sono stati Prodi e Berlusconi a comandare la quadriglia, per cui non li si può prima “criminalizzare” e il giorno dop0 elogiarli cosicchè tentando di mettere riparo alla gratuita accusa di essere i responsabili della crisi. E’ evidente che Monti, tanto inconcludente e grottescamente ridicolo nell’affrontare il lavoro (incautamente) affidatogli dal super incauto Napolitano, è abbastanza furbo per cui volendo rimanere a Paalzzo Chigi,  a riscaldare la sedia e nel contempo a godere i vantaggi e i non pochi e non poco indifferenti privilegi del ruolo, deve nascondere il disgusto che prova, dall’alto della sua non ancora provata superiorità morale oltre  che di capacità, verso i “politici” che pure lo hanno issato sulla poltrona più alta senza verifica elettorale,  e giocare ai quattro cantoni. Sopratutto nei confrotni del PDL, un giorno accarezzato e l’altro demoniazzato, forse, secondo Sechi, con l’obiettivo di provocarne la reazione, indurlo a togliere il sostegno al suo govenro e quindi aprirgli la strada al rulo di condottiero dell’armata bracaleone che sta a sinistra del sistema. Può essere….ma Monti, se questo ipotizza, non fa i conti con  i  dirigenti del PD, fra i più smaliziati   dei politici di lungo corso della politica italiana,  che di certo non si sentono e non sono i pretoriani di Monti. Ciò però non può in alcun modo giustificare la rinuncia del PDL,  anzi di quella cosa ormai senza nome ma che ruota intorno al centro destra e al suo elettorato che se ne infischia delle tattiche  e dei giochi  del teatrino della politica,e che col voto di domenica scorsa ha lanciato un  segnale inequivocabile, a intraprendere la strada obbligata, cioè staccare la spina a Monti, altrimenti  quell’elettorato dovrà cercarsi, in fretta, e senza alcuna puzza al naso,  un  altro punto di riferimento. Piaccia o non piaccia al predicatore in s.p.e. Giorgio Napolitano. g.

UN TAPIRO SPECIALE A RUTELLI CHE COMMENTA IL VOTO DI IERI E NESSUNO LO CAPISCE

Pubblicato il 8 maggio, 2012 in Gossip, Politica | No Comments »

Tra proiezioni, risultati col contagocce, seggio per seggio, percentuali impazzite, ci sono state – com’è tradizione – le analisi del voto, un fiume di dichiarazioni rilasciate ai giornalisti e nei salotti televisivi, più o meno approfondite. Ma ce n’è una destinata a lasciare il segno, di quelle che entreranno nei guinness dei primati o che magari saranno “salutate” con il Tapiro d’oro di “Striscia la notizia”. Il protagonista è Francesco Rutelli, il leader dell’Api. Non parla del suo partito, di cui si è persa traccia da tempo immemore. Filosofeggia sulle amministrative e lo fa in questo modo: «Noi avremo un voto con grande astensione nel vecchio centrodestra a destra e voti a sinistra nel vecchio centrosinistra, che rafforzeranno il governo Monti e la maggioranza che lo sostiene». Nessuno ha capito bene il messaggio. A naso, si intuisce però l’obiettivo: dire che il voto ha “promosso” il governo tecnico. Una tesi difficile da spiegare. E infatti non c’è riuscito. Il Secolo d’Italia, 8 maggio 2012

SBERLA ELETTORALE, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 8 maggio, 2012 in Politica | No Comments »

Il Pdl paga le tasse (inflitte da Monti agli italiani) e perde le elezioni amministrative. Poco consola che lo stesso si possa dire del Pd e del Terzo Polo di Casini e Fini, scomparso dalla scena.

Non crediamo che tra quindici giorni i numerosi ballottaggi possano ribaltare il verdetto in modo significativo, per l’aria che tira e perché senza una alleanza con la Lega è comunque impossibile ripetere per il centrodestra i risultati di cinque anni orsono. Per chiarezza: anche se il Pdl non avesse perso un solo voto, i Comuni, salvo qualche eccezione (per esempio Palermo) sarebbero passati alla sinistra in misura più o meno identica.

Di Grillo e dei motivi del suo successo si occupa su questa pagina Vittorio Feltri. Qui ci sono i cocci che Berlusconi e Alfano dovranno tentare di rimettere insieme. Prima considerazione. Via il dente, via il dolore. È finita la recita del Pdl partito invincibile e al netto del casino che sono le amministrative (liste civiche in quantità e candidati a volte così così) ora sappiamo di che cosa stiamo parlando. Da questo punto si può soltanto risalire, perché è difficile pensare che chi non se ne è andato ora, mentre tutto gira storto, lo faccia in futuro.

Seconda considerazione. I moderati in libera uscita non hanno trovato approdi da considerare definitivi. Udc, Fli e Pd hanno infatti perso a loro volta voti. Dal serbatoio Grillo-astensioni-liste civiche si può quindi ripescare chi, dopo essersi sfogato contro la casta, nella politica cerca risposte, soluzioni e non illusioni.

Terza considerazione. Detto che lo sberlone, che da mesi parte degli elettori di centrodestra aveva in animo di assestare, è arrivato a segno, ora gli stessi schiaffeggiatori attendono la reazione degli schiaffeggiati. La prima di Berlusconi è stata: messaggio ricevuto, poteva andare peggio, sono ottimista. A caldo può bastare, ma tra quindici giorni, a urne definitivamente chiuse, l’ottimismo dovrà prendere la forma di fatti concreti. La politica dei due forni (con Monti, ma anche no) non paga, e una scelta di chiarezza si impone.

Quarta considerazione. Alfano, sul quale dentro il partito qualcuno cercherà di scaricare tutte le colpe, ha già annunciato la fine degli incontri-inciucio con Bersani e Casini. Bene, ma non è sufficiente. Allontanarsi velocemente dal duo Pd- Camusso e dal perdente Casini è d’obbligo, che si vada o no a votare a ottobre. Che poi magari, come accade spesso, la sconfitta alle amministrative porta bene alle successive politiche. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 8 maggio 2012

.………….Condividiamo, compreso l’invito ad Alfano (e a Berlusconi) a non considerare sufficiente la fine degli incontri di Teano fra lui, Bersani, Casini e Monti e a decidere di mollare gli ormeggi per andare veros il amre aperto delle elezioni politiche. Chi non osa difficilmente può rosicare. g.

IL VOTO DI IERI: GRILLO SE LA RIDE E I PARTITI PIANGONO, di Mario Sechi

Pubblicato il 8 maggio, 2012 in Politica | No Comments »

Beppe Grillo La sveglia ai partiti è suonata ieri quando i risultati delle elezioni sono apparsi chiari: il Pdl crolla, il Pd non sta tanto bene, il Terzo Polo è un ectoplasma e il vero vincitore delle amministrative è Beppe Grillo, un comico. Il Movimento 5 Stelle entra nel supermarket della politica e costituisce – piaccia o meno – un’offerta nuova in uno scaffale che agli elettori appare povero di idee. Chiamarla antipolitica, a questo punto, è un errore. Partecipa alle elezioni, elegge i suoi rappresentanti, si sta radicando e istituzionalizzando. Durerà? La storia italiana è piena di fenomeni effimeri – primo fra tutti L’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini – ma ho la sensazione che M5 sia qualcosa di diverso: parte dal basso, è pop, è web, è altamente distruttivo per tutto ciò che abita ora il Parlamento. Quello che hanno i grillini manca agli altri: il lanciafiamme. Sintesi: Grillo se la ride, i partiti piangono. Il Pdl è in una crisi profonda. Paga il dazio del passo indietro di Berlusconi, la rottura dell’alleanza con la Lega e l’appoggio al governo Monti che in maniera crescente i suoi elettori percepiscono come il «nemico» a Palazzo Chigi. Il Pd se la cava un po’ meglio, ma con il pericolo dei grillini in avanzata e un’alleanza con Di Pietro e Vendola dai toni surreali. Basterà a salvarlo dallo tsunami? Ne dubito. Siamo all’inizio della polverizzazione del quadro politico, con partiti destinati a diventare sempre più piccoli. Uno scenario in marcia verso quello di Atene, dove l’ingovernabilità è dietro l’angolo. Anche in Italia, come in Francia e in Grecia, ha votato la crisi. Ma mentre a Parigi il sistema presidenziale ha salvato la baracca e ad Atene è il caos, da noi è il limbo. Un’incertezza che ha fatto boccone anche del governo Monti. Mentre l’Europa «fasciocomunista» brucia, l’Italia è tragicomicamente a bagnomaria.  Mario Sechi, Il Tempo, 8 maggio 2012

..………….Solo gli sciocchi o i presentuosi potevano sperare che i risultati  del voto amministrativo di ieri potevano essere positivi per i partiti. Invece hanno confermato in toto le previsioni di quelli che nè erano sciocchi, nè erano presuntuosi. I partiti, tutti, hanno perso, clamorosamente, battuti dalla loro malafede e dalla loro incapacità di interpretare il malcontento e la rabbia che sale dalla gente comune. Hanno perso tutti, ma più di tutti ha perso il PDL,  e il centrodestra che si è liquefatto. I pochi, sporadici casi in cui gli elettori  hanno risparmiato dalla falcidia il centro destra  si devono a situazioni particolari e a candidati fuori dagli schemi, come Tosi (Lega) a Verona e Perrone (PDL) a Lecce. Per il resto è stata una catastrofe. Ed è inutile minimizzare come ha tentato di fare Alfano in una spiritica conferenza stampa ieri sera, o come ha fatto Berlusconi, che di ritorno da Mosca dove ha partecipato,a titolo personale,  all’insediamento  di Putin, ha addirittura contraddetto Alfano inventandosi un risultato che non c’è. La verità è nuda e cruda: il PDL ha perso, le sue truppe sono in rotta peggio dei resti dell’esercito austroungarico che, all’indomani del 4 novembre 1918,  “risalivano in disordine le valli che aveva disceso con orgogliosa sicurezza”, la sua classe dirigente, o pseudo tale, è in piena crisi di nervi. E non è sufficiente a mitigare la vastità della sconfitta la constatazione che le altre parti del variegato mondo dei moderati italiani, in particolare quelle che si chiamano “terzo polo”,   sono riusciti a naufragare più e peggio dello stesso PDL, senza se e senza ma, nonostante il loro gran ciambellano, Casini Pierfurby,  si ostini a rilasciare dichiarazioni del tipo: chi vuole togliere il sostegno a Monti non ha capito nulla. Chi si ostina a non capir nulla è proprio Casini che ha così scarsa considerazione degli elttori da riceverne il benservito sul vassoio dei risultati elettorali che hanno ridotto il suo ex UDC a ruolo di scorta sinanco dei grillini che lo hanno sostituito come terzo incomodo del panorama politico italiano. Ritorniamo al PDL e al centro destra. Insistere asetticamente e acriticamente nella scelta di sostenere Monti contro la volontà, secondo accreditati sondaggi, del 70% dei suoi  elettori è non tanto sbagliato, ma una vera e propria manifestazione di cecità politica che non può essere giustificata con l’intento di fare “il bene del Paese”. Quando si ha la certezza e la consapevolezza che il rimedio trovato (Monti) per salvare l’ammalato (l’Italia) si è dimostrato sia inutile e per i suoi effetti collaterali dannoso, un medico anche tra i più sgangherati che circolano nei nostri paesi, immediatamente sospenderebbe la cura e assumerebbe inziative più consone e adatte alla ripresa del corpo. La cura Monti è risultata nociva, ed ha prodotto una sonora sconfessione di chi ne ha suggerito l’assunzione…perciò non v’è altra cosa da fare che abbandonare la cura e anche il medico che l’ha suggeirta, dimostrandosi incapace anche di adattarla al corpo affidatogli. Fuor di metafora….il PDL abbandoni ogni residua resistenza e si identifichi nei suoi milioni di elettori che non digeriscono Monti e i suoi spocchiosi ministri (ieri la Cancellieri ha dichiarato che i risultati riguardano i partiti non il governo….oggi la Fornero ha dato dell’ignorante a tutti gli studenti italiani), staccando la spina e andando al voto. Siano gli elettori a decidere chi debba compiere le scelte giuste per il Paese e realizzarle. g.

L’EUROPA FASCIOCOMUNISTA, di Mario Sechi

Pubblicato il 7 maggio, 2012 in Politica | No Comments »

Europa Uno spettro s’aggira per l’Europa e si chiama «Fasciocomunismo». Le elezioni in Francia, Grecia e Germania danno un esito che è incredibile solo per chi non si è ancora ripreso dalla sbronza euroentusiasta. Vent’anni dopo il trattato di Maastricht e dieci anni dopo il varo dell’Euro, si sta chiudendo un ciclo e si apre un’era di caos generata da una politica miope, dissennata, figlia di una classe dirigente sciagurata e di una Germania dominata dall’egoismo. In Grecia i due partiti pro Euro – Pasok e Nuova Democrazia – sono stati sconfitti, i neonazisti di Alba Dorata entrano in Parlamento dopo 40 anni e l’ultra sinistra e i comunisti avanzano a passo di carica. Astensione? Quaranta per cento. Il risultato è che formare un governo – in un Paese ridotto allo stremo dalla ricetta berlinese – è un’operazione difficile. Lo ripeto: alla fine il popolo brucia la casa di chi lo affama. In Francia Nicolas Sarkozy paga la sua alleanza cieca con la Germania, mentre Francois Hollande va all’Eliseo con un programma che prevede la revisione del Fiscal compact, l’abbassamento dell’età pensionabile e una politica di deficit spending. Il dato anche qui è il «no» radicale a Bruxelles e al dispotismo dell’establishment finanziario. La destra non esprime il presidente ma rappresenta la maggioranza degli elettori. Alle legislative madame Le Pen farà il pieno e i neogollisti rischiano di essere fagocitati dal lepenismo nel giro di pochi anni. In Germania Angela Merkel subisce uno stop serio nel land Schleswig-Holstein, il cui destino ora sembra quello di essere governato da una Grosse Koalition. La Cdu di Angela è al primo posto, ma la coalizione con la Fdp cola a picco, mentre il partito dei Piraten entra nel Parlamento regionale tedesco. Chiari segnali di crac. Siamo di fronte alla grande avanzata di un’armata che urla contro la politica economica europea, contro l’austerità che serve al capitale finanziario e non all’economia reale. È la devastazione di tutti gli equilibri, la rottura dell’asse Parigi-Berlino, l’abbattimento dei totem eurocratici e l’inizio di un periodo di instabilità che potrebbe portare alla rottura dell’Eurozona. Queste cose a Il Tempo le scriviamo da almeno due anni. Ricordo qualche parruccone guardarmi con aria di sufficienza quando sostenevo nei dibattiti l’evidenza di questo scenario da battaglia fumante. Eccolo qua, davanti a voi. Ora contemplate il disastro che avete contribuito a creare non raccontando la verità e piegando i fatti alla logica della finanza per la finanza e non della politica. La storia è maestra: non si umiliano le nazioni. In questo quadro cupo dove volano ceneri e lapilli, l’Italia ha votato per un turno amministrativo che darà certamente una linea di tendenza. Attendo curioso l’apertura delle urne. Aspetto anche di vedere cosa faranno i «tecnici» italiani al cospetto del terremoto in corso nel Vecchio Continente. Un governo nato sotto gli auspici di Berlino, ancorato alla Germania, devoto al dogma del rigore e smarrito nella ricerca del Graal della crescita, dovrà prendere atto che la politica non la fa la finanza, ma il popolo. Mario Sechi, Il Tempo, 8 maggio 2012

.………………..E il popolo vota si con il cuore, ma fa lavorare il cervello. E il cervello del popolo la pensa in maniera diversa dai tecnici o pseudo tali che issati sulla tolda della nave Italia la stanno portando verso la deriva, anzi sugli scogli semisommersi dove rischia di sfragellarsi. Il voto francese è un voto di allarme, ancorchè atteso e, forse, da qualcuno anche auspicato, specie nel centrodestra italiano ferito e umiliati da un Sarkozy che per vassallaggio verso la Merkel e la Germania si esibì in uno squallido riso di scherno per la politica e i governanti italiani, che si chiamino Berlusconi o pinzellacchere rimangono pur sempre i nostri governanti. E pur avendo il voto francese fatto giustizia della stupidità  dell’ex alfiere della destra moderna ed europa (per dirla con Fini che di Sarkozy divenne subito il ventriloquo italiano) mandato a casa a meditare sui suoi errori, non ci riesce di non dolerci, comunque, della sconfitta della destra francese che, però, potrà risorgere dalle sue ceneri proprio per reazione alla sconfitta subita. Ma se il voto francese è un voto di monito, quello greco è un avvertimento forte ai partiti italiani che si ostinano a sostenere il governo filotedesco di Monti che della Merkel è il plenipotenziario italiano. La clamorosa sconfitta dei due maggiori partiti greci che sostenevano il governo imposto dalla Germania insieme alle misure affamatrici del popolo greco, apre scenari apocalittici anche nel nostro Paese, per entrambi i due maggiori partiti della più eterogena maggioranza che mai sia stata messa insieme nel Parlamento italiano,il Pdl  e il PD. Ma se di quest’ultimo non tocca a noi preoccuparci, del PDL non in quanto sigla ma perchè crocevia da ultimo delle attese e delle speranze del popolo del centrodestra italiano, come in Francia, anche in Italia  maggioranza numerica, abbiamo non il dovere ma il diritto di doverci preoccupare. Anche perchè, a differenza della Francia, dove un forte, agguerrito e ben radicato Fronte Nazionale è in grado  di intercettare, sostituedosi al gollismo, i voti degli elettori di centrodestra che comunque hanno attributo  al ballottaggio a Sarkozy un considerevole 48% dei voti, in Italia lo svuotamento elettorale  del PDL sarebbe una voragine nella quale precipiterebbero per decenni  a venire le possibilità del centro destra di svolgere un ruolo attivo, sia pure stando all’opposizione, sul palcoscenico della politica italiana, anche perchè, a differenza della Francia, in Italia non v’è altra forza politica capace e meritevole di sostituirsi al PDL e di farsi interprete della “maggiorazna silenziosa”  del nostro Paese. Quella che armò l’animo dei 40 mila dipendenti della Fiat che alla fine degli anni 70 scesero in piazza per rivendicare il diritto al lavoro o quella che capeggiata dal coraggioso e indimenticato consigliere comunale di Milano Massimo De Carolis interpretò la volontà di voltar pagina dopo gli anni di piombo. Gli anni che ci attendono sono altrettanto perigliosi di quelli che videro il selciato del nostro Paese bagnato dal sangue delle vittime della barbarie comunista , e sarebbe un grave pericolo se proprio ora venisse meno un riferimento politico per gli elettori di centrodestra. Per questo bisogna  che il PDL stacchi la spina a questo governo, per restituire il Paese alla politica, impedire che a farlo sia non il popolo ma gli estremisti. g.

OGGI SI VOTA. PER LE ELEZIONI ANTICIPATE, di Mario Sechi

Pubblicato il 6 maggio, 2012 in Politica | No Comments »

Elezioni La campagna elettorale per il 2013 è cominciata da un pezzo e non perché oggi si vota, ma perché il governo e i partiti si sono ritrovati su sponde opposte. L’esecutivo Monti da qualche mese gira a vuoto e sulla questione fiscale – pura nitroglicerina – nonostante i buoni consigli arrivati da fonti disinteressate (tra le quali c’è anche Il Tempo) non ha ritenuto di operare con l’apprezzabile sobrietà esibita dal premier all’inizio della sua avventura. Senza un intervento sulla materia incandescente delle tasse, frutto di un lavoro collegiale tra i partiti e Palazzo Chigi, il governo rischia di andare a casa. Avevo anticipato qualche settimana fa le tentazioni del Pd di far saltare il banco ed andare alle elezioni a ottobre. Ora s’aggiunge anche il Pdl che si è ritrovato tra l’incudine (il governo) e il martello (il suo elettorato). La sottovalutazione del mix tra recessione e alta tassazione è palese. Il premier continua ad avere una buona fiducia, ma il governo con l’arrivo della stangata Imu andrà in apnea. Sentirsi forti è giusto, presumere di essere imbattibili è un errore. Se il premier attacca il partito più importante della maggioranza che lo sorregge, il minimo che deve attendersi è la richiesta di una «seria riflessione» che tradotto significa «c’è il conto alla rovescia». La situazione si è complicata quando Casini ha messo in chiaro il suo progetto di partito aperto ai tecnici. Da quel momento nell’immaginario di Pdl e Pd il progetto casiniano di «smontaggio dei poli» è diventato anche quello di Monti che – per soprammercato – ha messo da parte il suo understatement e stretto nel pugno una clava che non è proprio da loden. Il voto di oggi è un test politico nazionale perché metterà in chiaro alcune linee di tendenza. Da domani, il gioco dei due principali partiti sarà il seguente: andiamo subito alle urne o proviamo a continuare con Monti fino alla scadenza naturale? Senza una nuova legge elettorale, il Pd vince, ma questo al Pdl oggi potrebbe perfino non importare più di tanto. Meglio perdere un po’ di sangue oggi e salvarsi la vita, piuttosto che suicidarsi domani, restando in un governo a sfiducia crescente nell’elettorato. Possibile? Solo a patto che si sappia cosa fare dopo aver aperto la crisi, altrimenti è solo un favore al Pd. La faccenda è tutta qui, il resto della storia lo racconteranno gli elettori ai seggi. Mario Sechi, Il Tempo, 6 maggio 2012

..……….Se ancora il PDL non ha idea di cosa fare, forse è meglio che rinunci a fare politica e si occupi d’altro. Non è necesssrio attendere i risultati del test elettorale di oggi per sapere che la scoppola che attende i partiti che sostengono Monti sarà pesante e per il PDL ancor di più visto che l’elettorato più colpito dalla fredda determinazione di Monti di andare avanti sulla strada della strangolatrice pressione fiscale è proprio l’elettorato  di riferimento del centro destra, quel ceto medio che nel passato ha fatto la fortuna del Paese e che ora non meritava di essere trattato quasi fosse una associaizone a delinquere da stritolare. Bisogna mettere fine all’esperienza dei tecnici da barzelletta che hanno combinato guai e guasconate a non finire, per arrivare a nominare altri tcecnici per fare quello che in teoria avrebbero dovuto fare loro. E’ vero, sono stati sommersi dal ridicolo ma questo è il guaio maggiore, perchè quando seriosi nullafacenti si sentono derisi sono capaci di ancora peggiori nefandezze. E allora si salvi chi può…Ecco perchè se il centrodestra, tutto, non solo il PDL, vuole evitare una catastrofe permanente è meglio che rischi una battuta di arresto oggi,  per ricostruire se stesso, e anche il Paese, nel prossimo futuro. g.