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LE ELEZIONI FRANCESCI UNA SBERLA ALL’EUROPA DI MONTI

Pubblicato il 23 aprile, 2012 in Economia, Politica, Politica estera | No Comments »

Prima di una vittoria del socialista Hollande, prima di ogni altra cosa, il primo turno delle presidenziali in Francia è un pugno all’Europa. Parigi scrive a Bruxelles e ai suoi tecnocrati che spadroneggiano decidendo chi e come deve governare, urlano contro la Merkel che ha imposto a tutti la sua linea tedesco-centrica.

Il grande sconfitto al primo turno francese. Alsecondo andrà KO.

Basta. Lo dicono i numeri di Marine Le Pen, che da antieuropeista convinta sfiora il 20%; lo dice il successo di tappa di Hollande che promette di riscrivere tutte le regole europee; lo dice persino il recupero di Sarkozy che non crolla, guardacaso, dopo aver garantito che cambierà alcune cose del suo rapporto con la Germania. La Francia straccia la foto simbolo degli ultimi tempi: quella di Sarkò che ride beffardo dell’Italia guardando la Merkel. Boccia quella supponenza, quel senso di superiorità, quella voglia di imporre a chiunque le decisioni di un duopolio che ha condizionato tutto e tutti, a cominciare dall’imposizione dei tecnici al governo in Grecia e soprattutto in Italia. È una sconfitta dell’Europa dei Monti, questa. Uno schiaffo alle logiche e alle strategie che da Bruxelles, passando per Berlino e Parigi, hanno portato a Palazzo Chigi i professori.

Sarkozy perde il primo turno con un avversario che non aveva mai vinto prima d’ora, che ha persino faticato a prendersi la leadership del suo partito. È una sconfitta contenuta nei numeri e che lascia la possibilità di recupero, ma resta una sconfitta pesante, perché impone a Sarkò di cambiare per provare a rimanere all’Eliseo: la Francia dice al suo presidente di non credere a quel che è oggi. Cioè un capetto, uno partito liberale e diventato statalista per opportunismo, uno che ha imposto i propri interessi al resto del continente, ovviamente partendo da noi italiani. La Francia racconta che non si può partire per essere il nuovo Reagan e finire diventando peggio di Monti. Meno Bruxelles e più Parigi, dicono le urne: se vuol vincere, Sarkò deve prendere i voti della Le Pen, quindi della più acerrima nemica dell’europeismo. Non vogliono, i francesi come molti altri, la politica fatta dai commissari, da vigili urbani che la gestiscono solo seguendo rigidamente le norme. Fare i professori non paga, evidentemente. Siano tecnici o politici a farlo. Parigi è un avvertimento per se stessa e poi anche per il resto d’Europa. Qualcuno lo capirà anche in Italia. Il Giornale, 23 aprile 2012

.….Di certo lo hanno capito i mercati che stanno affondando le borse europee e in primo luogo quella di Milano, mentre si allarga la distanza tra i btp italiani e i bund tedeschi che tocca i 410 punti. Sinora nessun commento nè di Monti nè dei suoi ciarlieri ministri, salvo il vice di Monti all’economia, Grilli, che ha assicurato che non ci sarà nessuna nuova manovra con nuove tasse. Il che può esser certo solo  se questi ministri e viceministri, tutti ex super burocrati  che hanno spadroneggiato durante tutti i governi degli ultimi 20 anni senza mai fiatare sulle scorribande governative all’intenro delle saccheggiate casse dello stato, quanto prima tolgono il disturbo. g.

LA MINISTRO CHE DEVE CAMBIARE LAVORO

Pubblicato il 22 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Elsa, la ministra che deve cambiare lavoro

Una donna sòla al comando. Ci sarà un motivo se tutti i principali ministri di Monti, tranne uno, sono corteggiati dai partiti, e se l’eccezione riguarda proprio il ministro più visibile di tutti. Elsa Fornero è la conferma dell’oceano che separa l’essere famosi dall’essere apprezzati. Il ministro del Lavoro è l’unico componente del governo capace di mettere d’accordo maggioranza e opposizione, berlusconiani e vendoliani, colletti bianchi, camicie verdi e tute blu. Un disastro unanimemente riconosciuto. Non sai se preferirla quando tace sull’argomento mentre tutto attorno a lei crolla (ultimo esempio l’esplosione delle richieste per la cassa integrazione, che a marzo hanno interessato 455mila lavoratori) o quando apre bocca per farci sapere quello che pensa.

Ieri se l’è presa con le famiglie che spendono soldi per acquistare una casa invece di investire sull’istruzione dei figli. «Bisogna considerare le priorità. Le case si possono lasciare ai figli, ma conta di più una struttura di conoscenza e flessibilità mentale, una adattabilità al cambiamento che solo la formazione può dare». Pensiero profondo, quello di preferire la «flessibilità mentale» al mattone. Persino condivisibile, ad avere i soldi per poterselo permettere. Ma preso atto che i laureati italiani di questi tempi vanno a fare i camerieri in Australia, e che grazie alle tasse messe dal governo di cui lei fa parte ormai il ceto medio non si può più permettere l’acquisto di una cantina, figuriamoci di una casa, e visto che la signora dispone di un reddito (402mila euro nel 2010, che nel 2012 scenderanno a 199mila, più diaria mensile da 130 euro e giornaliera da 225 euro in caso di presenza a Roma), di un patrimonio immobiliare (case a Torino, Courmayeur e San Carlo Canavese) e di una situazione familiare non proprio comuni (la figlia è tanto brava da essere ricercatore universitario, casualmente nell’ateneo in cui insegnano i suoi genitori, e responsabile di un’unità di ricerca della Hugef, fondazione incidentalmente finanziata da Banca Intesa, della quale l’attuale ministro è stata dirigente sino a pochi mesi fa), un po’ di silenzio sarebbe stato preferibile. Magari in segno di rispetto verso i milioni di famiglie con meno soldi in banca e meno opportunità parentali di quella del ministro, che si fanno un sedere così per mettere assieme il mutuo con le tasse. Ma la signora, che prova un brivido a pronunciare espressioni come «paccata di miliardi», non è tipo da simili delicatezze.

Di solito, comunque, ne spara di peggiori: si vede che ieri non era in forma. Forse perché nella sua Torino è stata accolta dalle uova lanciate da studenti e disobbedienti di sinistra (gli stessi scesi in piazza a festeggiare quando lei e Mario Monti erano andati al governo al posto di Silvio Berlusconi e Maurizio Sacconi: sic transit gloria mundi). Ma la notizia non è la contestazione: è il fatto che nessun ministro abbia aperto bocca per dire mezza parola in sua difesa. E dal Parlamento, eccezione fatta per Pier Ferdinando Casini, solidarietà zero. In compenso hanno parlato gli agenti che l’hanno protetta in piazza. I quali non se la sono presa con i teppisti (quelli sono previsti nel contratto di lavoro), ma con lei (un ministro ostile no, non fa parte dei giochi). «I poliziotti torinesi si sono presi pietre e uova per difendere la signora Fornero. Dovrebbe essere sufficiente questo», ha attaccato Massimo Montebove, dirigente del sindacato di polizia Sap, «per far capire al ministro che non può continuare a tirare la corda anche con gli operatori delle forze dell’ordine, soprattutto in materia pensionistica». Cresciuta nel brodo elitario dell’azionismo sabaudo, aveva su un piatto d’argento l’occasione per fare la Margaret Thatcher italiana, che poi è quello di cui questo Paese ha bisogno. Per qualche giorno ci abbiamo creduto un po’ tutti. Passerà invece alla storia come l’ennesimo tecnico atterrato nel centro di Roma proveniente da Marte, troppo impegnato a stupirsi dinanzi alla vita dei comuni esseri umani per combinare alcunché.

Una sequela di gaffe: dal giorno in cui si presentò in conferenza stampa assieme al premier per iniettare ottimismo e fiducia negli italiani terrorizzati dall’incubo greco, e scoppiò a piangere in pubblico (col senno di poi, una delle tragedie minori), all’accusa alle imprese di essere esse, e non il governo che ha cambiato le regole in corsa, responsabili per la creazione degli esodati, i lavoratori prepensionati che non potranno ricevere l’assegno Inps a causa della riforma della previdenza scritta – oops! – senza pensare a loro.

E soprattutto una retromarcia dopo l’altra, inesauribili fonti di barzellette per gli altri ministri. Come il ticket sugli esami clinici, ripristinato a carico dei disoccupati e cancellato dinanzi alla reazione dei sindacati e del Pd, attribuendone la colpa a «un refuso». Le innumerevoli giravolte sulla riforma dell’articolo 18 che hanno fatto infuriare imprese e sindacati (a turno, ma talvolta anche insieme). La toppa messa nelle ultime ore sugli esodati, che adesso il ministro conta confusamente di far reintegrare dalle aziende, le quali però non hanno alcuna voglia di riprenderseli. Col risultato che la signora Fornero propone di aprire l’ennesimo tavolo di trattative tra le parti sociali. Un copione collaudato secondo cui, dopo tanto litigare, la soluzione a ogni problema viene trovata mettendola a carico del solito Pantalone: il contribuente. La Thatcher è sempre più lontana, i soldi per fare laureare i figli pure. Figuriamoci il rogito per la casa. LIBERO, 22 aprile 2012,di Fausto Carioti

….Non abbiamo bisogno di commentare questo “disegno” della Fornero che conferma la nostra valutazione critica di questa signora che farebbe bene a dimettersi prima che Monti la scarichi. Cosa che accadrà prima di quanto non si possa immaginare.

L’ULTIMA DELLA FORNERO: MACCHE’ MATTONE…INVESTITE SUGLI STUDI

Pubblicato il 22 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Il ministro del Lavoro: “Nelle famiglie prevale il desiderio di comprare un’abitazione a scapito dell’educazione”. Ora i tecnici pretendono anche di decidere la nostra vita

Meglio la laurea della casa. Elsa Fornero non ha scelto il giorno giusto per cambiare la testa degli italiani. Non adesso. Non ora che si fanno i conti per pagare l’Imu. Non con i politici che si fanno pagare la casa dal partito o da qualche misterioso benefattore.

Elsa Fornero

Non con questa storia dell’Imu bis che i Comuni possono applicare per costruire strade, ponti o asili nido. Non con questa crisi che non ti fa arrivare a fine mese. Non con i partiti finanziati a fondo perduto. Non con un governo che cerca di risanare il debito pubblico con una litania di tasse. È chiaro che così il ministro finisce per fare la figura della maestrina,un po’ fuori dal mondo.

Come se in giro non ci fosse una generazione di laureati disoccupati e senza neppure una speranza di un mutuo, di una casa, di un affitto.

La casa, dice il ministro, viene dopo. Prima i genitori devono pensare al capitale umano. Fateli studiare, aprite le loro menti, fate in modo che siano aperti al cambiamento. Non sono precari? E allora vivano da precari, da nomadi, senza radici, sempre in bilico e con la valigia in mano. Quello che Elsa Fornero forse non sa è che questa generazione precaria, quelli che Baricco chiama i «Barbari», non ha bisogno delle sue lezioni. Non si aspetta il posto fisso. Guarda alla casa come un sogno lontano. Ha già fatto e disfatto le valigie troppe volte. Non teme i cambiamenti, ci spera. Solo che con tutto questo capitale umano nello zaino il lavoro fatica a trovarlo. Non c’è più posto. Lo occupano tutto quelli che la casa ce l’hanno.

E allora si chiedono se questo commovente ministro non li stia leggermente prendendo per i fondelli: su ragazzi, prendete il vostro bel pezzo di carta, il capitale umano e andate a dormire sotto i ponti, allegri, istruiti e disoccupati. È chiaro che la cultura fa la differenza. Spesso anche più della casa. Ma non qui, non ora, non nella repubblica delle tasse.

C’è qualcosa in questo governo di tecnici e professori che infastidisce. È la loro idea che gli italiani siano in fondo un po’ sbagliati. Monti che li vorrebbe più tedeschi, la Fornero che si intromette nelle scelte delle famiglie, come se questo fosse uno Stato etico, dove una versione moderna dei filosofi platonici si intrufola nelle scelte familiari, nei gusti, nelle opinioni, nelle abitudini. Meglio la laurea o la casa? Dipende. Comunque non sono affari vostri. Si sa i governi, come le comari del paesino, danno buoni consigli quando non possono più dare il cattivo esempio. È quello che di questi tempi accade un po’ troppo spesso. Oltretutto è come se la casa fosse diventata un malus, qualcosa di troppo, che questi italiani spreconi e tradizionalisti magari non si meritano. Perché qui non si sta parlando di quelli con multiproprietà e affitti a fine mese.

Qui, sulla casa, bestemmiano i poveracci che per una vita hanno scontato con la banca i propri debiti, quelli che ancora guardano il tasso di sconto con la paura che il tasso variabile si mangi tutto lo stipendio. Qui si parla delle prime case, quelle dove vivi, quelle che sono il tuo angolo privato dove il mondo e i suoi guai restano fuori, alla finestra. La casa come roccaforte contro i rovesci della vita. Ma questa benedetta casa ora si ritrova all’incrocio di tutti i venti, con i tre colpi d’accetta dell’Imu e ora anche questa altra storia della tassa comunale a discrezione dei sindaci. Monti dice: non è una tassa nuova. Insomma. Tremonti l’aveva legata all’Ici.Era un modo per compensare le minori entrate dell’abolizione della vecchia tassa. Monti l’ha mantenuta, anche quando la vecchia tassa è ritornata. Con una beffa, però. La tassa di scopo legata all’Ici non si applicava alla prima casa. Ora che i tecnici la associano all’Imu nessuno più si salva. La tassa è la stessa, ma quelli che la pagano sono molti di più.

E poi è tassa su tassa. Ergo: piove sul bagnato.

Monti dice: dovete fare sacrifici. Solo che la casa è anche un simbolo. Un governo che tassa l’architrave della proprietà privata, la bandiera di una vita, il sudore e la fatica di chi mette un punto fisso sulla propria terra mostra la faccia da predone. Tassami il reddito, tassami i guadagni, tassami perfino gli straordinari, ma chi sei tu per tassarmi la casa? Quelle quattro mura sono la frontiera che delimita l’io dallo Stato. Sono lo spazio privato dove l’Occidente ha costruito la sua idea di libertà. My house is my castle . La mia casa è il mio castello. Professori, fermatevi lì. A un metro dalla mia porta. Il Giornale, 22 aprile 2012

.…………….Sappiamo che Monti ha sette immobili, il ministro dell’Interno addirittura 13, tuttiu gli altri colleghi della Fornero nel più pasticcione (salvo che nelle tase) governo della morente seconda repubbica ne hanno almeno due, una in città e una al mare o in montagna, e non dubitiamo che anche la Fornero ne abbia minimo due. Ma loro sono anormali. Mentre gli italiani “normali”  non ne debbono avere nemmeno una, benchè quella del possesso della casa faccia parte della più antica e profonda cultura occientale, e il fatto che la Fornero lo ignori ne certifica al di là di ogni ragionevole dubbio la sua assoluta incompatibilità con il ruolo che le è stato attribuito. Dobbiamo aggiungere, per verità, che sic stantibub res, tutto sommato sarbbe stato meglio non avere alcunchè di “solido”,  cosicche agli italiani che non possono pagare le  tasse  strangolatrici,  cosa mai avrebbero potuto sequestrare le SS che agiscono nel nuovo partito nazista che innalza le insegne di Equitalia? g.

STANGATA SENZA FINE. IN ARRIVO L’IMU-BIS

Pubblicato il 21 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Il decreto semplificazioni fiscali nasconde una sorpresa. Scoperta da Repubblica.

Dal dl Semplificazioni spunta l'Imu-bis

Per nulla piacevole. Una Imu-bis, una tassa di scopo a disposizione dei sindaci, che servirà a finanziare le opere pubbliche comunali e che si aggiunge alla prima Imu.

Una tassa dall’iter complicato. Nata con il governo Prodi, nell’ambito della Finanziaria del 2007. Quasi abbandonata. Comunque utilizzata in pochissimi casi. Poi finita nel decreto sul Federalismo fiscale dell’anno scorso. Ora la “Imu-bis” torna alla ribalta. Con nuove regole.

Il decreto Semplifica-Italia prende l’imposta e la rende più appetibile: aumentando il tempo di applicazione, dai 5 anni iniziali fino a 10, destinandola al finanziamento del 100% delle opere pubbliche, non più semplicemente al 30%. Estendo l’imposta anche alle prime case.

L’Imu-bis funziona come la “sorella maggiore”. Ha la stessa base imponibile, si calcola sulla rendita catastale, innalzata del 60% dal decreto Salva-Italia, prevede l’applicazione su tutti gli immobili e un’aliquota non superiore al 5 per mille. Servirà a finanziare restauri e conservazione dei monumenti e dei siti di importanza storica, ma anche per il potenziamento del trasporto pubblico a livello locale o per la manutenzione di arredi urmani e musei cittadini.

A scegliere la destinazione dei fondi saranno i sindaci, che sceglieranno anche aliquota e tempi di imposizione. Se a due anni dall’inizio del progetto all’opera non sarà ancora stato dato il via, l’imposta dovrà essere restituita.

Secondo Confedilizia, che lancia l’allarme, la tassa verrà scelta da un numero crescente di comuni, gravando ulteriormente sui proprietari di abitazioni. Il Giornale 21 aprile 2012

.………………Il Natale degli Italiani, cioè il compleanno di Roma, che si celebra proprio oggi, 21 aprile, non poteva ricevere miglior regalo. Mentre i partiti si azzuffano tra di loro e si inventano improbabili rinascite e altrettanto fanatasiosi rinnovamenti che però hanno al centro sempre loro,  sempre gli stessi (Casini sciolgie l’UDC e si appresta fare il partito della nazione dove la nazione è sempre lui…), il governo dei tecnic, esperti solo nella tassazione selvaggia e nella più totale vaghezza di programmi futuri, ha ripescato dal mondo dell’al di là la tassa di scopo, che come ricorda Il Giornale, fu inventata dal governo Prodi ma subito accantonata. I tecnici, affamati di tasse (per gli altri) l’hanno ripescata e l’hanno inserita senza che nessun parlamentare l’abbia osteggiata nel decreto fiscale. Cos’è lo descrive l’articoo sopra ma quel che è grave è che con questa cosiddetta tassa di scopo i sindaci potranno  finanziare i loro progetti – spesso finalizzati non al bene comune ma al bene di pochi – applicandola a loro piacimento, sino al 5 per mille sulle case, cosicchè realizzando un aulteirore stangata sulla casa divenuta unica fnte certa  sicura di tasssazioni vessatorie e ingiuste. Nessun partito, da destra a sinistra , passando per il centro, ha aperto bocca su questa ulteriore batosta sulla testa dei contribuenti italiani, che sarebbe passata sotto silenzio, grazie all’ormai abituale ricorso alla fiducia da parte del governo di Monti-sceriffo di Nottingham, senza Repubblica che l’ha scoperta e resa pubblica. E i partiti che fanno? Litigano e si affannano a tentare di inventare qualche formula che consenta loro di recuperare un briciolo di fiducia da parte degli elettori che non ne hanno più, o molto poca. Tutti sono alla ricerca di nuovi demiurghi da usare come esca per rigettare il loro amo nel mare dell’elettorato e ottenere di poter continuare a rubare, a spendere e spandere i soldi pubblici per mangiare spaghetti al caviale mente il popolo è sempre più costretto a stringere la cinghia nella quale i buchi sono arrivati all’estremità. Sino a quando? g.



VOTARE E TACERE (CON RICATTO), di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 20 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Quando la situazione si fa difficile ecco arrivare puntuale il ricatto: attenzione – dice Monti – che possiamo ancora fare la fine della Grecia, e allora sì che scatteranno suicidi di massa. Una strategia di comunicazione terroristica per tappare la bocca a chi, dentro e fuori il Parlamento, vuole arginare l’ondata di tasse e rincari che ci stanno piovendo addosso. Di più. Ieri è arrivato anche l’ultimatum ai partiti cialtroni: occupatevi – dice ancora il premier – dei fatti vostri, cioè di ridimensionare il finanziamento alla politica e varare una legge elettorale, che al resto ci penso io.
Pagare, obbedire, tacere. Queste sono le parole d’ordine del governo non politico che col passare dei giorni ha in Grillo, cioè nell’antipolitica, il miglior alleato. I banchieri e un comico hanno gioco facile su una opinione pubblica frastornata dal bollettino delle Procure che, forse non a caso, fornisce ogni giorno materiale buono a distrarre dalle tasse e alimentare il giusto sdegno: diamanti, lingotti, vacanze gratis, improbabili dossier fatti in casa, nuovi avvisi di garanzia a Berlusconi, tutto è buono per fare divertire il pubblico pagante.
I partiti sono colpiti e arroccati. Il Pdl tenta di mettere fuori la testa con Alfano («basta tasse») e Cicchitto («Passera o è in malafede o furbo»). Ma a colpire è la decisione di Berlusconi di annullare l’incontro con Monti previsto per oggi. Non ci sono le condizioni per discutere serenamente, per le questioni di cui sopra e per la decisione del governo di andare diritto sull’asta delle frequenze tv a pagamento, cosa ovviamente non gradita a Mediaset. Monti ha deciso di mettere la fiducia sulla legge che contiene il provvedimento, come dire, prendere o lasciare. La sfida è chiara: caro Berlusconi, se vuoi farmi cadere fallo sulle tue tv che poi lo vai a spiegare al mondo e agli elettori. Affari di Mediaset, si potrebbe dire, se non fosse che nella stessa legge sono contenuti i provvedimenti fiscali che invece sono affari nostri. In sintesi. Monti si è blindato il voto sul fisco nascondendosi dietro un conflitto di interessi che mette il Pdl con le spalle al muro. E allora mi sa che ha ragione Cicchitto. Non sappiamo se questi tecnici sono in malafede ma certamente sono furbi, molto più furbi degli odiati politici. Il Giornale, 20 aprile 2012

.………….Diamo atto a Sallusti che il suo giornale non ha mai nascosto di non aver digerito la decisione del PDL di unirsi al PD e a Casini nel sostengo a questo govenro di finti tecnici e di autentici furbastri per nulla esperti nell’arte di govenro ma scaltrissimi, dopo essersi seduti, nel difendere le poltrone che incautamente sono state loro regalate. Ora ci hanno preso gusto e lasciarle duole, per cui fanno e faranno dit tutto per tenersele ben strette. E Monti, dopo aver usato  l’arma del  terrorismo psicologico sugli italiani (lo abbiamo scritto ieri, e oggi lo scrive Sallusti) per far loro digerire le vessatorei misure fiscali, le uniche che ha preso, a danno dei contribuenti italiani, ora tenta di fare altrettanto nei confronti dei partiti (certamebnte nei confronti del PDL  e del PD) per costringerli a sostenere il govenro a prescindere non solo dai loro  più immdiati interessi elettorali ma sopratutto dagli itneressi degli italiani per i quali non si profila, con questi professori da sttrapazzo, alcuna luce in fondo al tunnel nel quale Monti e compagni li stanno avviando. Per questo non basta che Berlusconi abbia deciso di non incontrare Monti, ma occorre che ritrovi il coraggio di scegliere una strada diversa, e di farlo prima che altri (leggi PD e Casini) lo costringano a farlo, magari dopo averlo messo all’angolo della scena politica italiana. Il centrodestra, non Berlusconi, ma il centro destra non merita di finire così. g.

LA BANDA BASSOTTI C0LPISCE ANCORA, di Mario Sechi

Pubblicato il 19 aprile, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

È confermato: la Lega è dentro la trama di un romanzo spionistico. Dopo l’oro e i diamanti di Goldfinger-Belsito credevamo di aver visto tutto, e invece… oplà! anche la giornata di ieri ci regala fatti memorabili. Eccoli in serie e cominciate a prendere il calmante: 1. nei documenti sequestrati sull’acquisto di gemme e lingotti compaiono le firme dei parlamentari leghisti Piergiorgio Stiffoni e Rosy Mauro; 2. nella Lega sono al tutti contro tutti e lo prova uno scoop di «Panorama» che rivela l’esistenza di un dossier leghista contro Bobo Maroni, l’unico candidato possibile al posto di Umberto Bossi; 3. Rosy Mauro annuncia a Matrix che non esclude di passare con Beppe Grillo. Che grande spettacolo di nobiltà d’animo. Todos caballeros.
La grana padana si è trasformata in guerra padana. Bruttissima vicenda. Perché è diventata la metafora del nostro sistema politico: una storia di bassa lega dove una specie di «Banda Bossotti» si adoperava per fregare tutti e tutto: potere, soldi, privilegi. È un minestrone rancido, indigeribile per qualsiasi cittadino che tira a campare e deve pagare.
Le lotte fratricide sono da sempre uno degli ingredienti del menù della politica, ma devo ammettere che quella leghista è affascinante per il suo lato trash, il cattivo gusto, il pressappochismo, l’assoluta imperizia, la diffusa ignoranza e la comica irresponsabilità con cui si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Un ex ministro dell’Interno – il titolare del Viminale, uno degli uomini più potenti del Paese per la carica che riveste – viene spiato da alcuni esponenti del suo partito. L’uomo che dispone della polizia finisce per essere dossierato dai suoi compagni d’avventura. Metter su un’operazione di intelligence senza avere un briciolo d’intelligenza non è facile. E infatti i leghisti spioni sono finiti come l’Emmental, pieni di buchi dai quali è uscito di tutto. Il cerchio magico s’è trasformato in circo magico, il figlio di Bossi è diventato una trota in salmì dimettendosi da tutto e forse anche da se stesso, Rosy Mauro è in mutazione perenne, un personaggio tragico che fa la parte del capro espiatorio ma più la cronaca va avanti e più il sospetto che abbia qualche colpa da espiare si materializza. E poi c’è un tal Stiffoni sul quale vale spendere qualche riga: interpellato l’altro ieri dal nostro giornale il senatore aveva negato qualsiasi tipo di relazione con la storia dei lingotti e dei diamanti. Ma ieri abbiamo scoperto che la sua firma compare in un ordine d’acquisto di preziosi fatto dal tesoriere della Lega Belsito. Perbacco, questo qualcosa cambia. Torniamo indietro di 48 ore. Desidero che i lettori si facciano un’idea precisa dei fatti, non voglio far loro perdere niente di questa prelibata portata del menù della nostra politica. Riporto l’istruttivo botta e risposta pubblicato su Il Tempo di ieri con il nostro capo del servizio politico, Alberto Di Majo.
Domanda:«Dicono che lei avrebbe preso alcuni diamanti e lingotti d’oro».
Risposta: «Si, come no, li ho sotto il mio letto».
Di fronte a una risposta così secca il cronista che fa? Prende atto. Stiffoni è granitico nelle sue affermazioni e noi registriamo e riportiamo il virgolettato. «Finalmente uno tosto» chiosiamo io e Di Majo in riunione.
Nella serata di ieri, quello che appariva tosto, si smoscia. E la sua versione dei fatti cambia. Scompare il letto. Compaiono i diamanti. Leggete un po’ cosa dice Stiffoni dopo la diffusione della notizia che c’è la sua firma su un ordine d’acquisto: «In questi anni ho avuto la possibilità di risparmiare del denaro che, d’accordo con i miei familiari, è stato oggetto di investimenti nello scorso mese per proteggerlo dalle fluttuazioni negative dei mercati». Benissimo, tutto regolare, ottimo investimento, da manuale del risparmiatore. Ma non poteva dirci la verità l’altro ieri, caro onorevole Stiffoni? Cosa le costava mettere in chiaro la vicenda da subito? Era così difficile di fronte alle domande di un giornalista informare i lettori – e soprattutto i suoi elettori – delle sue scelte e dire che aveva preso tale decisione? Non mi pare – da quel che lei dice – ci sia nulla da nascondere, semmai da chiarire subito per fugare tutti i dubbi e affermare la sua posizione chiara e non compromessa. E invece no, lei ci ha raccontato una non verità. E ha fatto male. Perché non c’era alcun motivo per essere reticente di fronte alla stampa che fa il suo mestiere e a milioni di votanti del Carroccio che non meritano di essere presi in giro. Né dal fondatore della Lega, Umberto Bossi, né da uno Stiffoni qualunque.
Andiamo avanti. Dove? Alla soluzione politica del problema. La diga ha ceduto, il fiume con i suoi detriti precipita a valle e mi chiedo quanto ancora dobbiamo aspettare per vedere due o tre decisioni serie da parte del Parlamento. I politici di professione pensano che prima o poi quest’ondata di rigetto verso tutto ciò che è preceduto dalla parola «partito» passi e tutto andrà bene madama la marchesa. No, grave errore. Qui abbiamo un sismografo piuttosto attendibile: le lettere e i messaggi dei lettori. Non c’è n’è uno solo che difenda lo status quo. Ci sono invece tante persone ragionevoli, cittadini moderati, che desiderano una reazione credibile, uno scatto, un cambio di passo, un gesto che dia un senso di rinnovamento vero del sistema politico. A giudicare dal tenore di quello che mi scrivono, ancora non è arrivato niente di convincente.
Il governo dei tecnici sta facendo da parafulmine a una situazione di decadimento molto grave. Per questo non ci sono e non ci saranno alternative all’esecutivo di Mario Monti. Serve a «far passa’ a nuttata» ai partiti e poi si vedrà cosa esce dalle urne. Uno tsunami. Non perché sia contro il cambiamento, anzi, ma perché all’orizzonte non vedo nessuna forza politica in grado di assicurare la discontinuità e nello stesso tempo l’equilibrio istituzionale per traghettare la nostra scassata nazione dalla Seconda alla Terza Repubblica. Sarebbe compito dei leader di questi partiti trovare un accordo decente e darci regole nuove con cui votare, scegliere chi deve governarci e assicurare un minimo di stabilità. Ma fanno melina e di lavoro effettivo in Parlamento ne è rimasto poco: sei mesi al massimo, poi sarà tempo di propaganda.
La trattativa sulla nuova legge elettorale – passaggio fondamentale – è in stallo. Tra i guastatori è comparso pure Romano Prodi, al quale la bozza proporzionalista alla tedesca proposta da Alfano, Bersani e Casini non piace. E invece il prof si sbaglia, è un buon compromesso perché le attuali coalizioni sono andate in frantumi e riproporre la grande ammucchiata dell’Ulivo come sogna Prodi è impossibile. O meglio, fattibile, perfino vincente, ma poi assolutamente incapace di governare un Paese con il terzo debito pubblico del mondo e la recessione in corso. Io non ho dimenticato i tempi in cui il governo Prodi era appeso ai voti del senatore sudamericano Pallaro o ai generosi contributi dei senatori a vita. È finita anche quell’avventura progressista come doveva finire: male. E per favore, non concedeteci il bis. Si andrà avanti così, le inchieste sul malcostume politico continureanno. Gli italiani batteranno i pugni sul tavolo, rideranno e guarderanno il calendario in attesa di voltare pagina e arrivare al 2013. Poi si voterà e nel circo del Parlamento ci sarà un’attrazione in più: un Grillo parlante con i suoi grillini. Buona fortuna. Mario Sechi, Il Tempo, 19 aprile 2012

.……Il fatto è che di banda bassotti non c’è solo la Lega, peraltro autotrasformatosi in una specie di banda risolini, ma ci sono le bande che si possono intitolare a tutti i partiti, nessuno escluso. Tutti hanno usato il denaro pubblico per scopi diversi da quelli per cui erano stati dati, tutti hanno violato la legge, tutti hanno investito ii denari dei contribuenti per fini diversi, spesso addirittura malavitosi come dimostra il caso della Lega. In attesa che qualche PM si distragga dallo sport che più piace a certa magistratura -  occuparsi di fatti vecchi di 50/60 anni o  infilarsi sotto le lenzuola di questo o di quello – e si decida ad aprire un fascicolo a carico di tutti i partiti con l’ipotesi di reato che può andare dalla truffa aggravata al peculato, siano gli stessi partiti a fare un mea culpa collettivo, e a darsi una regolata. BASTA CON I FINANZIAMENTI PUBBLICI, RESTITUISCANO CIO’ CHE RIMANE DI QUELLO PRESO E CHE DETENGONO SENZA TITOLO, E, INFINE, MA NON SECONDARIO, SI CONVINCANO CHE CON MONTI NON SI VA DA NESSUNA PARTE E CHE LA CRESCITA SENZA CONSUMI E’ INIMMAGINABILE, COME SA QUALSIASI STUDENTE AL PRIMO ANNO DI ECONOMIA, E CHE PER INCENTIVARE I CONSUMI E QUINDI FAVORIRE LA CRESCITA LE “IDEE” DI PASSERA SONO ACQUA FRESCA, MENTRE, INVECE, OCCORRE RIDURRE LA PRESSIONE FISCALE, RESTITUIRE FIDUCIA AGLI IMPRENDITORI, AI RISPARMIATORI E AI CONSUMATORI. COME? PER QUESTO SONO LAUTAMENTE PAGATI I PARLAMENTARI…PER TROVARE I RIMEDI E GLI STRUMENTI NECESSARI. ALTRIMENTI CHE SE NE VADANO AL PIU’ PRESTO A CASA. g.

IMU, LA TRAGEDIA DI UNA TASSA RIDICOLA, di Vittorio Feltri

Pubblicato il 18 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Imu. Basta la parola a far venire l’orticaria, peggio della scabbia. Ce l’ha rifilata il governo. Se l’intento di Mario Monti era quello di costringerci a rimpiangere la vecchia e gloriosa Ici, obiettivo colto in pieno. A dire il vero, agli aumenti quotidiani delle tasse ci siamo abituati, anzi rassegnati.Quando arrivano,c’è chi sospira e c’è chi sacramenta, ma tutti pagano. Provare a non farlo.

Nel caso dell’Imu è diverso. Nell’attesa che essa ci colpisca tra capo e collo, viviamo nell’incertezza, che genera angoscia. La domanda che ognuno si pone è semplice e drammatica: quanto dovrò sborsare? I giornali, incluso il nostro, si sforzano lodevolmente di spiegare ciò che essi stessi non hanno capito. E il risultato è che nel lettore cresce l’ansia perché, con tutta la buona volontà, egli non dispone degli elementi per fare dei calcoli attendibili.

È la prima volta nella storia repubblicana che accade una cosa simile. Di solito i governi più scalcinati – per esempio quelli presieduti da Giulio Andreotti,un campione nel tirare a campare (tant’è che campa ancora, e ne siamo lieti per lui: auguri)- aumentavano le imposte sulla benzina, sui tabacchi, sul registro, e via andare. I cittadini si adeguavano, sia pure soffrendo. Il concetto era chiaro: o mangi questa minestra o salti dalla finestra.

I professori, probabilmente, oltre a essere molto dotti sono anche un po’ sadici. E dicono: occhio, vi rifiliamo l’Imu.E noi pensiamo:pace amen,la verseremo. Quanto vi dobbiamo? Risposta: vedremo. E rimaniamo a bocca aperta. Eravamo consapevoli da decenni che lo Stato è pasticcione e pressappochista, ma che fosse anche ubriaco dalla mattina alla sera non lo avevamo mai sospettato. Ciucco intronato, per dirla alla lombarda. Tentiamo di raccapezzarci. A giugno si versa la prima rata sulla base dell’aliquota nazionale. A settembre si sborsa la seconda. Sulla stessa base. A dicembre il conguaglio. E finalmente saremo informati sul quantum, che non sarà uno scherzo. Probabilmente attingeremo il denaro dalla tredicesima, se sarà sufficiente ad assorbire la botta. Comunque, per parecchie famiglie, saccheggiare la tredicesima allo scopo di ubbidire al fisco significherà rinunciare al cappotto per i bambini, ai regali della Befana. E vabbè. Quesito retorico. Perché non ci comunicano subito il totale?

I Comuni vogliono aggiungere la loro quota ( una specie di addizionale) di imposta.Per cui i geni dell’esecutivo e i fenomeni dell’Agenzia delle entrate sono costretti ad aspettare i loro comodi. Inoltre, per stangarci meglio, il governo ha avviato la revisione degli estimi catastali. I calcoli non si faranno più sul numero dei vani, bensì sui metri quadrati. Con quale criterio? Mistero. Si sostiene che i nuovi estimi saranno rapportati ai valori di mercato. Idiozia purissima. Perché le valutazioni di mercato – lo sanno tutti, meno i professori – sono oscillanti. È un dato che i prezzi degli immobili sono precipitati. Vanno su e giù da sempre. Ora vanno giù. E come faranno le menti illuminate dei tecnici a stabilire se casa nostra vale 10 o 15? La mia per esempio vale, a giudizio degli immobiliaristi, un milione di euro. Ma a questa cifra col piffero che trovo un pirla pronto a comprarla. Però se il perito del catasto scrive che la quotazione di mercato è un milione, io devo pagare l’Imu su un milione anche se nessuno me l’acquista a questo prezzo.

La follia fiscale è illimitata. In un Paese normale succederebbe quanto segue. La revisione catastale la fa lo Stato dato che il catasto è statale. La composizione della mia famiglia è accertabile all’anagrafe, cioè un ente pubblico che risponde allo Stato della sua attività. Ergo, l’Agenzia delle entrate, disponendo degli elementi forniti dallo Stato stesso, dovrebbe essere così gentile da mandarmi un bollettino recante la somma che mi si richiede per mettermi in regola con l’Imu.

Perché non avviene tutto ciò? Non esistono forse i computer che dovrebbero contenere ogni dato necessario alla rapida riscossione? No, cari lettori. Non esiste un tubo di niente. Siamo in balia dei professori. E se questi sono i docenti, figuriamoci gli allievi. Vittorio Feltri, Il Giornale, 18 aprile 2012

..……………Più che agli allievi, il pensiero va agli sponsor di cotanti dilettanti allo sbaraglio. Va per esempio al grande pensatore ex dc, ex ppi, ex margherita, ora testa d’uovo del PD, cioè Enrico Letta. Negli ultimi mesi, in ogni comparsata TV nei vari salotti e salottini della TV pagata dagli italiani, ogni volta che proponeva un sostituto di Berlusconi, sussurrava “penso a Monti”.  E’ lo stesso Letta che il giorno della fiducia del governo Monti alla Camera,  inviava bigliettini al premier dal vago sapore ruffianesco: ” caro Mario, se hai bisogno sono qua”. Forse sperava in uno strapuntino nel sottogovenro dei tecnici , lui che forse si picca di essere un tecnico a sua volta, solo che è rimasto a bocca asciutta dopo che per via dei veti incrociati dei partiti Monti ha potuto smarcarsi dai tanti suoi “protettori” scegliendo quelli che come lui in una sola cosa  eccellono: l’improvvisazione e il pressapochismo. Come  l’IMU le  cui traversie, non ancora finite, stanno lì a dimostrare ampiamente. E  per capire che non siano finite basta visionare  il modello aggiornato  F24 che l’Agenzia delle Entrate ha già messo sul web: il povero contribuente oltre che pagare la tassa sulla casa  che arriva alle stelle,   dovrà fare gimcane di ogni genere per compilarlo prima di portarlo in banca o alle Poste, studiandosi di non fare alcun erorre perchè altrimenti rischia che il versamento finisca chissà dove e il contribuente  venga chiamato, magari a distanza di anni, a ripagare la tassa con l’aggiunta di esose sanzioni. Se non avessimo certezza che Monti si è rivelato un vero e proprio venditore di fumo, potremmo pensare che si tratti di una trappola per ulteriormente vessare i contribuenti italiani che così non lo dimenticheranno più. Ma più di lui, i contribuenti italiani non potranno dimenticare quelli che lo hanno “chiamato”. g.

LA LEGA AFFONDA NELL’ORO E L’ITALIA NEL CAOS

Pubblicato il 18 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Roberto Maroni Nella Lega devono aver preso una sbornia colossale di film di James Bond, non c’è altra spiegazione. Non credo siano dei cultori dei libri di Ian Fleming, ma di certo hanno visto Agente 007-Missione Goldfinger. Così Francesco Belsito, il tesoriere leghista, ha vestito i panni del cattivone del film, Auric Goldfinger, e si è messo a trafficare in oro e diamanti. Il piano era perfetto: faccio uscire soldi fruscianti dai conti del Carroccio accesi in Banca Aletti e Banca Popolare di Novara, li trasformo in gemme e lingotti e realizzo il tesoretto. Ma Belsito non ha il phisique du role per un film bondiano, al massimo potrebbe fare la comparsa ne I soliti ignoti. Insomma, s’è fatto beccare con le mani nella marmellata. Siamo al «ciak, si gira» di un film tragicomico. Ieri abbiamo annotato sul taccuino la restituzione del malloppo alla Lega. Se per tutto il resto c’è Mastercard, vedere l’avvocato di Belsito farsi firmare da un militante leghista la ricevuta di consegna, non ha prezzo. Pacco restituito: undici diamanti, cinque chili di lingotti d’oro e un’Audi A6 che era in uso a Renzo Bossi, il virtuoso figliolo di Umberto. Pare manchino all’appello duecentomila euro. Dettagli. «Sono di proprietà del partito» è stata la frase finale, un epitaffio perfetto per un partito che esordì sulla scena parlamentare con un cappio e l’urlo «Roma ladrona». Apoteosi del contrappasso dantesco, beffardo epilogo di una storia che mette la parola «fine» sulla diversità leghista. Ora abbiamo un Carroccio pieno di diamanti, lingotti, ampolle e scope padane. Evviva, la Lega affonda nell’oro. Immagino i pensieri di Giorgio Napolitano. Si affanna a tenere in piedi le macerie del sistema e si prodiga nella sua azione di moral suasion . Presidente, la stimo, ma è una fatica di Sisifo. Ipartiti non hanno nessuna intenzione di autoriformarsi. Troppi interessi, troppi parlamentari senza arte né parte. Ci sono gli onesti, uomini e donne che si sono spesi per il bene pubblico, ma sono travolti da uno tsunami che parla di gestioni e arricchimenti personali. Cosa può pensare un cittadino che tira a campare di fronte a partiti che trafficano in diamanti e lingotti? Cosa gli frullerà in testa quando a giugno dovrà pagare l’Imu? Uso il termine tecnico più appropriato: si incazza. E non prenderà la scopa padana, ma il forcone. Cosa dovrebbero fare i partiti per scongiurare l’arrivo di un’ondata antipolitica? Rimboccarsi le maniche e fare le riforme. Campa cavallo. Ma i partiti sono necessari, è la risposta pronta e saggia di chi si preoccupa per le sorti del Paese. Lo so bene, lo sanno i nostri lettori, ma in Parlamento si stanno scavando la fossa da soli e pare non abbiano ancora capito che cosa stia succedendo. È per questo che sono preoccupato. Non vedo una reazione adeguata alla gravità della situazione e addirittura percepisco molta rassegnazione e parecchio cinismo in giro. I segnali del caos sono sotto gli occhi di tutti. Ieri si doveva passare all’esame in sede legislativa – un passaggio più rapido – della riforma sulla trasparenza dei bilanci. Insufficiente su molti fronti, ma meglio di niente. Risultato: sono bastate 74 firme per bloccare la corsia preferenziale. Sarà un caso, ma sono quasi tutte della Lega. Si torna in aula. Palude parlamentare. E buonanotte. Purtroppo il lavoro del governo Monti da settimane ha perso lo smalto iniziale. Sulla riforma del lavoro ha proceduto al ribasso, le liberalizzazioni sono acqua fresca, sulla crescita -Passera dixit – non ci sono «ideone» ma mi permetto di aggiungere che non ci sono neppure idee piccole, mentre la crisi morde, la recessione avanza, i consumi calano, il debito sale, lo spread è tornato a spumeggiare come lo champagne e la spremuta fiscale è in arrivo. Neppure la riforma della legge elettorale è al sicuro. Ho letto le dichiarazioni di Romano Prodi sulla proposta di Alfano-Bersani e Casini. Il professore – che aspira al Quirinale – boccia il proporzionale. Per lui così «si torna all’ingovernabilità». Cosa che in realtà non è vera, ma qui interessa registrare la posizione politica. Il creatore dell’Ulivo boccia l’iniziativa del segretario del Partito Democratico. Il che si traduce poi in una guerra interna al Pd che non porta niente di buono per l’esito della riforma. Anzi, riporta in primo piano la grande tentazione del Pd di risolvere le sue contraddizioni interne rovesciando il tavolo delle riforme per andare alle elezioni anticipate in ottobre. Al Pd converrebbe, almeno sul piano puramente elettorale: l’alleanza di Vasto vincerebbe. E l’Udc avrebbe la sua quota di cariche istituzionali. A questo bisogna aggiungere il mal di pancia che la vicenda della gara per le nuove frequenze televisive ha creato nel Pdl, il partito più importante della maggioranza che sostiene il governo Monti. La mossa di Passera in un altro contesto avrebbe fatto rumore, non provocando però un patatrac. Ma ora lo scenario è diverso. Tutto può essere usato come scusa per affondare il governo tecnico e misurarsi in una battaglia elettorale all’ultimo sangue. Non è la soluzione. Perché chi va al governo poi si troverebbe di fronte alla domanda di Lenin: che fare? Vent’anni dopo Tangentopoli, siamo punto e a capo. C’è il paradosso dell’autoriforma – i tacchini che non possono deliberare sul pranzo di Natale – e i condizionamenti pesanti di un sistema di potere clientelare e affaristico che non molla la poltrona, unica garanzia per il futuro. In queste condizioni, i movimenti demagogici – di tutti i tipi – trovano terreno fertilissimo per crescere e raccogliere i consensi più vari. Da quello delle categorie sociali colpite dalla crisi – e smarrite dall’assenza di risposte del Parlamento – ai movimenti radicali da sempre presenti nel nostro Paese, ai furbacchioni che cercano voti e un’occasione per sbarcare a Montecitorio e trasformarsi rapidamente in quello che dicevano di combattere. Il cosiddetto «rinnovamento» in Italia procede sempre gattopardescamente, ma stavolta c’è di più. Si sente una rabbia idrofoba, una voglia di sfascio e tabula rasa che solitamente non porta nulla di buono. Non abbiamo mai saputo fare rivoluzioni, non abbiamo fatto mai i conti fino in fondo con la nostra storia, i nostri grandi errori. E il ciclo si sta ripetendo. Inesorabilmente. Le storie di Lusi e Belsito, i tesorieri della Margherita e della Lega sono il picco sismografico che segnala il pericolo: sta per saltare tutto. Un oscuro senatore del centrosinistra che si arricchisce personalmente, fa la bella vita, usa l’aerotaxi e investe soldi in Canada, usando i fondi del partito che a sua volta si fa fregare come un pivello; un improbabile contabile che fa gli interessi del «cerchio magico» di Bossi e famiglia, inventa tragicomici giri di denaro tra Cipro e la Tanzania, compra oro e diamanti con i soldi gentilmente concessi dai contribuenti al suo partito sotto forma di rimborso elettorale. Storie di impiccio e imbroglio che sono l’inizio della fine della Seconda Repubblica. Saltato il coperchio del pentolone di polenta leghista, salta tutto. Il mito del partito padano brutto da vedere, con molte idee sbagliate, ma almeno onesto è caduto fragorosamente. E anche per gli italiani che hanno sempre pensato al Carroccio come qualcosa di inguardabile e invotabile, questa vicenda è la goccia che fa traboccare il vaso. Ci salveremo? Siamo ancora in volo, allacciate le cinture di sicurezza. Mario Sechi, Il Tempo, 18 aprile 2012

……..Oggi è il 18 aprile, 64 anni fa l’Italia scopriva il gusto della libertà scegliendo plebiscitariamente la Dc di De Gasperi che vinse lo scontro frontale con il PCI di Togliatti cui si era aggregata nel Fronte Popolare tutta la sinistra a cominciare dal PSI di Pietro Nenni. Sembrano passati secoli e invece si tratta di  soli sei decenni. 64 anni fa gli italiani vivevano l’alba di una nuova epoca piena di speranze che presto si sarebbero trasformate in certezze grazie alla grande volontà di rinascita di un intero popolo che si rimboccò le maniche, prima ricostruì dalle macerie lo Stato e le sue istituzioni e poi marciò speditamente verso il benessere e la serenità. Sei decenni dopo ci ritroviamo al punto di partenza, come nel gioco dell’oca, ritornati non solo alla povertà fisica ma anche a quella morale ed etica. Abbondano i ladri, non quelli di pollo, ma quelli di Stato, come i partiti arraffatutto,  e abbondano anche i terroristi, non quelli degli anni di piombo, ma quelli psicologici, come il prof. Monti che diffonde paure e tensioni – abbiamo evitato lo schok distruttivo, ha detto ieri – per giustificare le sue politiche fiscali  vessatorie che  stanno portando verso l’abisso un intero popolo mentre una nomencklatura inossidabile quanto pervicace nella sua più totale indifferenza conserva e cristallizza  privilegi e benefici non solo inimmaginabili quanto ingiustificabili. I Padri della Patria, i costituenti del 1948,  si stanno rivoltando nella tomba! g.

PD,PDL,UDC NON CI SENTONO:VOGLIONO CONTINUARE A SPILLARE I SOLDI PUBBLI PER FINANZIARE I PARTITI

Pubblicato il 16 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Un sistema democratico può vivere senza finanziamento pubblico ai partiti? Il dibattito impazza nel Paese, specie dopo gli ultimi scandali che hanno coinvolto prima il senatore Luigi Lusi (ex tesoriere della Margherita), poi Francesco Belsito, ex tesoriere della Lega.

Bersani, Alfano e Casini nell'incontro con Monti

Bersani, Alfano e Casini vogliono confermare i finaziamenti pubblici ai partiti, sordi alle proteste della gente.

Qualcuno rievoca il referendum del 1993, che abrogò il finanziamento, tornato in vita (fin da subito) sotto forma di rimborsi elettorali. Intanto si apprende che l’ABC, l’asse Alfano-Bersani-Casini, non vuole cancellare i finanziamenti pubblici ai partiti:Sarebbe un errore drammatico, che punirebbe tutti allo stesso modo e metterebbe la politica nelle mani delle lobby, centri di potere e di interesse particolare”, si legge nella relazione alla loro proposta di legge sulla trasparenza dei partiti.

I leader della maggioranza che sostiene il governo Monti il 12 aprile scorso hanno firmato, insieme ai capogruppo di Pdl, Pd e Terzo Polo, una proposta di legge che prevede “misure per garantire la trasparenza e il controllo dei bilanci dei partiti e dei movimenti politici”. “Il finanziamento pubblico dei partiti presuppone regole certe che garantiscano la trasparenza e il controllo sui bilanci. Questa è la strada e bisogna intervenire rapidamente”.

La proposta di legge depositata da Alfano, Bersani e Casini ricalca  l’emendamento al decreto in materia di semplificazione fiscale all’esame della commissione Finanze, poi dichiarato inammissibile da Fini. Probabilmente già domani Montecitorio deciderà se assegnare in sede legislativa, alla commissione Affari Costituzionali, come chiesto dal presidente della Camera. Il Giornale, 16 aprile 2012

.………….Non c’è niente da fare. L’ABC che sostiene Monti, il nuovo sceriffo di Nottingham che rapina i poveri (i contribuenti italiani) per dare ai ricchi (le Banche) non ci sentono da nessuno dei due orecchi che Dio, magnanimo,   ha dato anche a  loro. Fanno finta di nulla e imperterriti non ne vogliono sapere di abolire il finanziamento pubblico ai partiti, già abrogato nel 1993, a furor di popolo, e ricomparso pochi  mesi dopo sotto forma di rimborsi elettorali. Rimborsi che, quando no  sono finiti nelle mani di autentici ladri, sono stati usati dai partiti per creare imperi immobiliari e rendite cospicue al riparo delle intemperie finanziarie come quelle che invece  impoveriscono tutti gli altri italiani. Come si apprende dalla nota che riportiamo sopra e che è stata  “lanciata” dallAgenzia ANSA, i tre para…li,  che come i ladri di Pisa litigano di giorno per spartirsi il bottino di notte, hanno firmato insieme ai capigruppo dei loro partiti  a cui si sono aggiunti i capigruppo del FLI (a proposito che ne pensa l’on. Bocchino che su Facebook sfidava i tre dell’avemaria a rinunciare ai soldi pubblici della firma apposta da Della Vedova?)  e dell”API, cioè Pisicchio, una proposta di legge nella cui relazione si legge che i finanziamenti ai partiti sono necessari per salvare la demcorazia. Beh, se si tratta di questa democrazia dove abbondano ladri e veri e propri criminali, è ancor più giusto non dare manco un centesimoin modo da  agevolarne il trapasso nell’al di là…Ma a parte la battuttacia, davvero questi signori credono di poter continuare a prendere per i fondelli gli italiani? In America, che è l’America, la più grande e solida democrazia del mondo, dove può capitare che un presidente eletto con voto quasi bulgaro sia costretto a dimettersi, e dove le lobby – di cui si teme l’influenza in Italia a danno della democrazia (sic!) – sono ufficialmente riconosciute, ebbene in America i partiti che tra l’altro sono solo due e non una miriade come in Italia, non ricevono dallo Stato neppure una lira e si finanziano con i contributi che i privati elargiscono alla luce del sole. E’ vero! In Italia potrebbe capitare che nessun privato sano di mente elargisca un solo centesimo a questi partiti che sono chiusi in se stessi, aureferenziali e per nulla disposti ad aprirsi all’esterno, per cui i partiti rischiano di rimanere a bocca asciutta. Ebbene cosa può importare ai contribuenti italiani, tartassati dal fisco  e comuqnue dallo Stato quasi fossero dei veri e propri delinquenti  che i partiti vadano in malora o, peggio, che falliscano? Per intanto si vendano gli imperi immobiliari che hanno realizzato con i soldi degli italiani, come sono costretti a fare milioni di cittadini che non ce la fanno ad andare avanti per colpa, sopratutto, dei cattivi amministratori pubblici, ad ogni livello, che hanno sperperato i soldi dello Stato, finendo per alzare bandiera bianca per affidarsi ad un manipolo di esperti che lo sono soltanto nel pressappochismo e nella sciatteria che sinora hanno dimostrato, e poi si adattino a vivere di poco e ad essere frugali – in ogni senso… – rinunciando ad esternazioni visive che in un tempo nemmeno tanto lontano molti di loro  -  che c’erano anche allora – rimproveravano a Bettino Craxi che per molto meno finì sulla graticola e ci rimise la vita. Ecco, ci stanno provando il trio ABC con l’aggiutna della F  (Fini)  e della R (Rutelli), ma si limitino a provarci perchè se portano in porto il loro scellerato progetto davvero rischiano l’esplosione della rabbia assai ribollente della gente che non aspetta altro per impugnarr i forconi e sbatterli fuori dalle stanze del potere. g.

IL PD PIANGE MISERIA E VUOLE I SOLDI DELLO STATO

Pubblicato il 14 aprile, 2012 in Il territorio, Politica | No Comments »

Il Pd rischia la bancarotta. E si aggrappa ai finanziamenti pubblici per evitare l’estinzione finanziaria. Dopo il terremoto Lusi che sta facendo tremare la sinistra e mentre si discute dei rimborsi elettorali ai partiti, il Pd in bolletta piange miseria.

Pier Luigi Bersani

Pier Luigi Bersani
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“Rinunciare all’ultima tranche dei rimborsi elettorali? Impossibile, i partiti chiuderebbero. Sarà una verità impopolare ma qualcuno deve dirla”. A lanciare l’allarme in un’intervista al Fatto quotidiano, è il tesoriere del Pd, Antonio Misiani.

Che non usa mezzi termini e svela la disastrata condizione economica del suo partito.

“Abbiamo un disavanzo di 43 milioni di euro“, spiega Misiani, ammettendo che senza l’ultima tranche dei rimborsi (prevista per luglio), i democratici fallirebbero perché “l’80,90% dei nostri introiti sono soldi pubblici e il problema non vale solo per noi. Il Pdl i soldi delle politiche del 2008 li ha tutti cartolarizzati, ovvero se li è fatti anticipare dalle banche. È notizia risaputa. Tutti i partiti hanno bisogno di quella rata per sopravvivere”.

Evidentemente non sono bastati i 200 milioni di euro erogati dallo Stato al Pd negli ultimi 4 anni. Sono stati tutti spesi. Come? “Un partito vive sempre, mica solo in campagna elettorale. Quei soldi li utilizziamo per pagare l’attività politica, il personale. Il nostro bilancio è certificato e i rimborsi per le amministrative li trasferiamo sul territorio“, precisa il tesoriere Pd, ammettendo che “le donazioni da privati sono poche“.

Dichiarazioni pesanti che Bersani conferma a metà. Infatti, il segretario democrat ha spiegato che non vuole mettere il Pd sotto il ricatto dei contributi privati. “Ma si vuol dire di spazzare via il concetto che la politica si possa finanziare con gli ereditieri, la buonauscita dei grandi manager o i palazzinari? No, no, no”.

Durante il suo intervento all’incontro dell’AreaDem, a Cortona (Varese), Bersani ha ricordato come anche il Pd abbia chiesto che ci sia uno slittamento dell’erogazione ai partiti dell’ultima tranche del finanziamento. Solo uno spostamento. Ma i soldi il Bersani li pretende lo stesso.  “Caro Bersani, non spostare ma cancellare tranche finanziamento pubblico da 100 mln. Pd rinunci a questi soldi per destinarli a sociale”, ha risposto a Bersani su Twitter Italo Bocchino.

Sui rimborsi elettorali è intervenuto anche Ugo Sposetti, l’ultimo tesoriere dei Demoratici di sinistra. “Non sono né dissociato né pentito, aumentando i rimborsi per i partiti abbiamo salvato la democrazia”, ha rivendicato Sposetti in un’intervista al Mattino, spiegando poi che i 100 milioni di rimborsi di luglio “vanno erogati regolarmente” perché “sono risorse pubbliche destinate al funzionamento della democrazia e perciò tutte le proposte fatte finora non vanno prese in considerazione. Sono stupidaggini”.

Sposetti infine è tornato indietro nel passato e ha spiegato la situazione economica dei partiti. “Dieci anni fa, quando si è deciso l’aumento dei rimborsi, la democrazia italiana era questa: Forza Italia, di proprietà di Berlusconi, aveva avuto 380 miliardi di lire per le ultime tre campagne elettorali.

Il proprietario, che si era fatto garante di questo indebitamento, possedeva anche alcune televisioni e nel frattempo era diventato premier. Gli alleati, An e Lega, stavano lì con il cappello in mano a pietire risorse. Dall’altra parte, invece, c’erano i Ds, indebitati per oltre 1.100 miliardi di lire. Conclusione: era una democrazia in stile. Domenico Ferrara, Il Giornale 14 aprile 2012

.………….Insomma, è chiaro che i partiti,  tutti, non ci pensano minimamente a tener conto della protesta e della rabbia della gente che non ne vuole più sapere di finanziare con le proprie  tasse i bagordi della politica, gli sprechi delle campagne elettorali, i convegni dove si parla ma nulla si concretizza, le spese pazze e dissolute di cui spesso e volentieri parla l’informazione non conformista. Naturalmente la scusa è bella e pronta: altrimenti si mette  a rischio la democrazia. Questa è l’ultima stupiodaggine che si può ascoltare da chi è con i propri comportamenti che, al più, mette a rischio la democrazia. E poi fosse vero, dovremmo prendere atto che la democrazia italiana ha fondamenta molto debili se è sufficiente mettere a dieta i partiti perchè ess salti. E’ invece vero il contrario: è mettere a dieta gli italiani, vessarli con le tasse, costrignerli a difendersi ogni giorno dalla voracità dello Stato sempre più  onnipotente e onnipresente, ignorare le loro proteste, continuare ad elargire ai grossi manager e funzionari  pubblici stipendi da favola, è ciò che può mettere a rischio la democrazia pe4rchè apre la strada alla voglia di fare piazza pulita di una classe dirigente che non taglia la spesa pubblica, nell’ambito della quale rientrano anche i rimborsi elettorali ai partiti, 2 miliardi e duecentocinquanta milioni  di euro, dal 1994 ad oggi, qualcosa come 4 mila  e 500  miliardi  di vecchie lire, spartiti tra  tutti  partiti che tutti insieme avevano contraddetto la volontà popolare del 1993 facendosi una legge con cui hanno impinguato le loro casse. Ed ora,   mentre gli italiani sono costretti a stringere la cinghia oltre ogni misura, essi pretendono di continuare sulla vecchia strada, mostrando così di non voler porre mano all’unica cosa che andava fatta e va fatta: ridurre la spesa pubblica, quella vera, e  tagliarla con l’accetta, smettendola di  far finta di farlo inseguendo  qualche povera vecchietta,  falsa cieca,  la cui misera pensione, ancorchè ingiusta, non è che una briciola  insignificante rispetto allle dispendiose e allegre e incontrollate    spese pazze della partitocrazia italiana. g.