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IL MINISTRO FORNERO DALLE LACRIME ALLE MINACCE: SE NON PASSA LA RIFORMA DEL LAVORO ANDREMO A CASA.

Pubblicato il 14 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

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Il ministro Fornero avverte: se la riforma del lavoro non passa, andremo a casa. Lo ha detto a un convegno a Reggio Calabria, precisando che “questa è una riforma del lavoro per il Paese e non per compiacere sindacati, imprese o partite Iva. Finora – ha spiegato – abbiamo ricevuto critiche per ‘troppa incisività‘ o ‘troppo poca incisività‘ ma su una cosa siamo decisi: andremo in Parlamento e se la riforma non dovesse passare andremo a casa”.

Sulla questione esodati, il ministro ha detto che “li creano le aziende mandando fuori i dipendenti e ponendoli a carico della collettività” e ha chiesto “un equilibrio sui dipendenti fatti uscire e lasciati a carico del sistema pensionistico pubblico”. Fornero ha anche invitato a un uso corretto dell’apprendistato e difeso il contratto a tempo determinato.

Il ministro ha infine sottolineato che in Italia “gli svantaggiati sono i giovani e le donne“. Soggetti, “collocati fuori da una sorta di cittadella ben delimitata”. “Il mercato del lavoro deve essere aperto, inclusivo e dinamico“, ha concluso, chiarendo che lo stesso non deve consentire la formazione di “cittadelle, cioè segmenti di lavoro molto protetti dove quando entri non esci, se non al pensionamento, e hai garanzie e protezione ma con un costo molto alto”. Fonte ANSA, 14 aprile 2012

.…….Più di Monti,  ad aver preso una bella botta di sole in testa è questa signora , castapultata dalla poltrona di consigliere di amministrazione del San Paolo di Torino a quella di ministro del Lavoro, dopo una vita passata comodamente in una cattedra universitaria, che come è noto spesso sono frutto di baronie più che di maestrie. Il ministro o la ministra è l’autrice della più sconquassante riforma pensionistica mai pensata  che ha fatto indossare all’Italia la maglia gialla rispetto a tutti gli alttri paesi dell’UE. Sotto un duplice aspetto. In primo luogo in Italia ora si va in pensione a 67/68 anni, rispetto ai 62 dei francesci, ai 65 dei tedeschi, ai 59 dei belgi.  Forse conscia di questa enormità, la Fornero non riuscì a trattenere le lacrime mentre l’annunciava, lacrime rivelatisi di coccodrillo, specie dopo che alle critiche, che in un paese democratico sono legittime per chi le fa e da rispettare per chi le riceve, ha risposto in maniera sgarbata e offensiva. Poi c’è l’altro aspetto, cioè la superficialità con cui sono stati monitorati i singoli aspetti della riforma, cosicchè si sono ignorati gli accordi che nell’ambito delle normative vigenti sino all’arrivo dei professoroni e in virtù dei quali decine di migliaia di lavoratori avevano lascato il lavoro per utilizzare gli ammortizzatori sociali che li avrebbero accompagnati sino al momento della pensione all’età all’epoca prevista falla legge. Si tratta dei cosiddetti “esodati” rispetto ai quali la riforma non ha porevisto alcunchè gettando nella disperaoine i lavoratori protagonisti di questi accordi e le loro famiglie. E’ di queste ore la polemica sul numero preciso degli interessati e sulla copertura delle prestazioni a loro spettanti sino al momento delle pensioni. In questa seconda vicenda si è particolarmente distinta la ministro che, logorroica quanto assai avaro di parole era il suo predecessore berlusconiano sulla stessa poltrona, sulla questione ha detto tutto e anche il suo contrario. Sino a quelle appena pronunciate a Reggio Calabria e di cui informa l’ANSA. Ma lì dove la Fornero ha fornito la migliore delle esibizioni possibili è stata la riforma del lavoro sulla quale non si è risparmiato nulla. Sino alla minmaccia che se non passa così com’è, lei e gli altri ministri se ne vanno a casa. A parte che non sappiamo cosa ne pensino gli altri ministri e lo stesso Monti ai quali, sembra, che piaccia molto vivere da leoni dopo aver vissuto per tanto tenmpo da pecore,   a parte che neppure immagina la Fornero  quale grande messa di ringraziamento milioni di persone farebbero celebrare per essere stati liberati da cotanto supoerficiale e mostrosuomante arrogante  cataclisma in gonnella, a parte tutto ciò, ci domandiamo: ma la Fornero per caso si sente una sorta di Evita resuscitata? Se così fosse, smonti da cavallo e sappia che se tutti possono essere utili, anche lei, nessuno, compreso lei, è indispensabile. g.

MONTI NON DA’ TREGUA AGLI ITALIANI: TASSA ANCORA LA BENZINA

Pubblicato il 14 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Non scatterà una tassa sui messaggini dei telefoni per finanziare la Protezione civile. Ma in caso di calamità, sugli italiani potrebbe abbattersi l’ennesimo aumento del prezzo della benzina, peraltro già salita a un record di 1,991 euro al litro nel centro Italia con i rincari appena decisi da tutte le compagnie.

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Di fronte a un’emergenza, infatti, il governo avrà la facoltà di tassare di 5 centesimi il carburante, con un costo aggiuntivo annuo per ciascun automobilista che il Codacons ha già calcolato: 73 euro. E commentato: «Una provvedimento folle». Se dovesse essere necessaria un’ulteriore copertura finanziaria, le Regioni hanno il potere di aumentare a loro volta il prezzo ai distributori fino a 5 centesimi per litro. Sono le nuove norme contenute nel testo di riforma della Protezione civile approvato, ieri, dal Consiglio dei ministri.
L’aspetto economico era il capitolo più controverso. Alla fine è stato deciso di attingere dalla benzina, anche se il comunicato scritto al termine della riunione del Cdm tende a mostrare questo balzello come una sorta di tassa trasparente: non c’è ora, ma è lì, all’orizzonte. Il rincaro non scatta automaticamente, ma solo in caso di decretazione di stato di emergenza. E anche in questo caso, prima si attingeranno risorse del fondo nazionale di Protezione civile.
Se queste non dovessero bastare, sarà necessario mettere mano al «fondo spese impreviste», il quale dovrà però essere immediatamente «e obbligatoriamente reintegrato». Come? Con risorse ordinarie o con «le maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’accisa sui carburanti, stabilita dal Consiglio dei ministri in misura non superiore a cinque centesimi per litro». Se cioè per un terremoto o un’alluvione si dovesse prelevare denaro da quel fondo, ecco allora che partirà immediatamente l’aumento della benzina.
Le Regioni a loro volta «hanno facoltà di elevare l’imposta regionale sulla benzina di loro competenza sino al massimo di cinque centesimi per litro». Nei casi più gravi, quindi, il costo dei carburanti potrebbe schizzare a dieci centesimi in più per litro.
La cosiddetta tassa sulla disgrazia era stata già introdotta dal decreto Milleproroghe del 2011 e a febbraio di quest’anno la Consulta l’aveva bocciata come illegittima, con la motivazione che sarebbe inopportuno penalizzare popolazioni già colpite da calamità. Ma ora l’obolo ritorna, con la possibilità anzi del raddoppio: 5 centesimi dallo Stato e altri 5 dalle Regioni.
La riforma prevede poi il trasferimento della flotta antincendio della protezione civile al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Sono definiti meglio i compiti del dipartimento, e l’attività di coordinamento tra le amministrazioni viene affidata al premier, che può delegarla «al solo ministro dell’Interno». Per evitare accavallamenti di competenze come accadde per esempio all’Aquila, si stabilisce che la fase dell’emergenza, gestita direttamente dalla Protezione civile, può durare fino a un massimo di sessanta giorni, mentre quella della post emergenza sarà gestita dall’«amministrazione competente in via ordinaria».
Una riforma «strutturale», che «accelera i tempi di azione», il commento del premier Mario Monti. L’Anci, l’associazione dei Comuni, lamenta la «mancata concertazione», con le amministrazioni locali per questa riforma, e dice «no» alla tassa sulle disgrazie. Il Giornale, 14 aprile 2012

NAPOLITANO: GLI EVASORI SONO INDEGNI DI CHIAMARSI ITALIANI. MA DIMENTICA DI DIRE CHE GLI ITALIANI HANNO ANCHE LA PEGGIORE CLASSE POLITICA DEL MONDO

Pubblicato il 13 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Duro monito di Giorgio Napolitano contro gli evasori: “Il loro nome non è degno di essere associato a quello dell’Italia”. Parlando agli stati generali del volontariato della Protezione civile, il Presidente della Repubblica ha detto: “Rappresentate un’Italia speciale.

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L’Italia migliore, anche se questa affermazione si può prestare ad un equivoco perché l’Italia è una come nazione, società e Stato, ma certo il nostro Paese presenta di sé diverse immagini e logiche comportamentali un intreccio complesso di positivo e negativo che si manifesta in logiche particolaristiche o asociali di scarsa considerazione o aperto dispregio dell’interesse generale come la speculazione o il cieco calcolo individuale che calpestano l’ambiente e il territorio e come logiche irresponsabili del rifiuto del dovere fiscale”.

Il Capo dello Stato ha quindi precisato: “Non contrappongo all’Italia della solidarietà l’Italia della speculazione edilizia e dell’evasione fiscale, comportamenti che non meritano di essere associati alla parola Italia”. E ha concluso auspicando che “prevalga l’Italia migliore rispetto a quello che ci frena e alle difficoltà che viviamo a causa della crisi”. Fonte: Il Giornale, 13 aprile 2012

.….E’ bravo Napolitano a sferzare a destra e amanca, solo che spesso dimentica di sferzare al centro. Per esempio dimentica di dire che anche  gli italiani hanno la peggiore classe dirigene del mondo, quella dei furbi che impogono le tasse e riducono drasticamente stipendi e pensioni di tutti meno i loro e che tra l’altro hanno la loro casse piene di soldi ottenuto stotto forma di rimborsi elettorali e utilizzati per comprare immobili e fare investimenti reditizi, quando non sono dilapidati per cene a base di caviale e champagne. Visto che si trovava il “compagno” Napolitano poteva sferzare i partiti che nonostante l’ondata di protesta che sale da ogni parte  non passa loro manco per la testa di ridursi gli enormi finanziamenti pubblici. Invece anche a lui non gli è passata manco per la capa (napoletanamente, vista l’origine) di dirne quattro a quei ladroni di stato che sono i partiti e i loro rappresentanti in Parlamento. Peccato. Ha perso un’altra buona occasione per dimostrare di essere cambiato. Invece è rimasto il funzionario di partito che è sempre stato. Ligio al padrone, cioè, appunto, il Partito. Cosicchè gli altri anatema se li tenga per sè. g.

EX ONPI: L’ENTE E’ STATO SOPPRESSO DAL 1977 MA AI PENSIONATI L’INPS TRATTIENE ANCOR OGGI 1 CENTESIMO PER UN TOTALE DI CIRCA 3 MILIARDI. DOVE VANNO A FINIRE QUESTI SOLDI’

Pubblicato il 13 aprile, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

I pensionati Inps pagano sulla pensione una trattenuta di 1 centesimo, indicato come “contributo ex Onpi”. È solo un centesimo di euro, diciamo che non duole, ma la cosa strana è che l’Onpi, Opera Nazionale Pensionati Italiani, è un ente soppresso nel 1977. Era nato nel 1948 e il contributo di 20 lire prelevato ai pensionati serviva a gestire alcune case di riposo sparse sul territorio nazionale. Quando l’ente fu sciolto si decise di mantenere la trattenuta sulle pensioni e girare l’importo alle regioni in proporzione al numero dei pensionati Inps residenti.

Dagli anni ’90 questo contributo è sparito dai bilanci delle regioni, ma l’Inps continua a prelevare un centesimo per 13 mensilità l’anno. In totale parliamo di 3 milioni di euro, una bella cifra che l’Inps attualmente trasferisce allo Stato.
Dove vanno questi soldi, prima o poi ce lo spiegherà il ministero dell’Economia. A domanda ci hanno riferito che sono coinvolti 3 uffici della Ragioneria, e il rebus non è semplice da risolvere, richiede tempo. Aspettiamo una risposta, con la speranza, o l’illusione di scoprire che questi soldi vengano investiti in qualche servizio a favore dei pensionati. Fonte Il CORRIERE DELLA SERA, 13 APRILE 2012

.…intanto il gabelliere Mario Monti ha deciso una nuova tassa sulla benzina: 5 centesimo a litro per finanziare la Protezione Civile. Complimenti al nuovo Re Giovanni e ai suoi sceriffi di Nottingham per la fantasia che sa di antico. g

TASSE, CORRUZIONE E CRISI. QUI SCOPPIA TUTTO, di Mario Sechi

Pubblicato il 13 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Una macchinetta contabanconote euro Ho pranzato con un amico americano. Poco prima di addentare lo spaghetto mi ha chiesto: «Cosa sta succedendo oggi in Italia?». Vuoi proprio saperlo? Lui, senza il minimo dubbio: «Certo, voglio capire». John, il Paese nei prossimi mesi pagherà una pioggia di tasse, la nostra pressione fiscale è al 45 per cento… «Really? Davvero? Da noi negli Stati Uniti è in media del 25 per cento». Sì, ma da noi le tasse le pagano i soliti noti, c’è un’alta evasione e il governo per far quadrare i conti spreme il contribuente. «Ma deprimerà la crescita, questo lo sanno tutti gli economisti». Alzare le tasse è la via più facile. «Well, Mario, da noi si abbassano le tasse per favorire l’impresa e manovriamo sul cambio del dollaro per aiutare l’export». John, qui siamo in Europa, la nostra moneta unica non può oscillare, i tedeschi governano la Bce. «Good, so cosa fanno a Berlino, io voglio capire cosa fanno gli italiani». Lo spaghetto s’è sfreddato. John, qui siamo in recessione, il Prodotto interno lordo è sotto zero, il governo ha fatto bene all’esordio ma ora è impantanato sui provvedimenti per la crescita, mentre Berlino gioca a strangolino con gli altri Paesi e poi l’Italia ha problemi gravi. «What? Vedo che vivete bene». Non farti ingannare dalla “bella vita”, qui ce la caviamo finché c’è il tesoretto delle famiglie, ma la disoccupazione galoppa e i giovani sono alla canna del gas. «That’s incredible. Da noi i repubblicani sono in crisi, ma Obama ce la sta mettendo tutta e la Fed inietta liquidità quando serve». Noi abbiamo la Bce a Francoforte, non c’è trippa per gatti. E poi in Italia ci sono non due, ma tanti partiti e hanno problemi con la giustizia. «Corruption, yes, ho letto del vostro Silvio». John, Berlusconi era l’alibi per tutti, ora non è più a Palazzo Chigi da mesi, ma i partiti sono al minimo storico di consenso. Hanno rimborsi elettorali da centinaia e centinaia di milioni di euro e i tesorieri dei partiti spendono quei fondi senza controllo. Un leader di un partito che urlava «Roma ladrona» si faceva pagare i conti di famiglia con i soldi pubblici, il suo tesoriere li investiva illegalmente in Tanzania. «Shit…Tanzania!»… e un tesoriere della sinistra antiberlusconiana usava i soldi del partito per i suoi viaggi, pranzi e investimenti immobiliari in Canada. «Mario, ma il popolo può votare e… change! Cambia». Qui non c’è hope, la speranza di mandare uno come Obama a Palazzo Chigi. La competizione elettorale dentro i partiti non esiste. I parlamentari sono nominati. «Ma ho letto che il vostro Partito democratico fa le primarie…». Non sono regolate come le vostre, qui non esistono elettori registrati, anche le primarie si possono truccare. È il Far West. «Mario, sorry but… ho letto che Monti sta facendo bene». Monti ci sta provando, ma ha imboccato una strada pericolosa. Sai, credo sia troppo… “tedesco”. Queste tasse uccidono lo sviluppo. Volevano metterne una anche sugli sms, i messaggi dei telefonini, poi ieri hanno fatto retromarcia. «Text Message Tax, terrible! Eppure avete gente in gamba. Il vostro Sergio Marchionne ha salvato la Chrysler, gli operai a Detroit lo considerano un salvatore». A Detroit, John, a Detroit. Se vai a Pomigliano d’Arco tira un’altra aria. Qui è un nemico pubblico perché ha detto che la Fiat è una multinazionale e produce dove conviene. «Oh my God, ma ha detto una cosa vera!». Appunto, l’Italia non ama sentirsi dire la verità. «Mario, ma questa è la patria di Leonardo, Dante, Machiavelli, Meucci, Fermi. Avete forgiato la cultura occidentale e dato lustro alla scienza e all’industria». Amico americano, questo è il passato. Qui abbiamo imprenditori che si uccidono, partiti kamikaze, il Parlamento più caro d’Europa, il terzo debito pubblico del mondo. «My Italian friend, stop… Mangiamo lo spaghetto. I understand, tra poco qui da voi in Italia scoppia tutto». Mario Sechi,Il Tempo, 13 aprile 2012

NON BRUCIATE LA ROSI SOLO PERCHE’ E’ TERRONA, di Vittorio Feltri

Pubblicato il 12 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Orgoglio padano e orgoglio pacchiano. I militanti leghisti – non gli elettori, che appartengono a tutte le categorie umane- sono gente semplice. Lo sapevamo e ne abbiamo avuta conferma alla Fiera di Bergamo, dove è andato in scena lo psicodramma dal titolo vernacolare: «L’è ùra de netà fo’ ol polér» (è ora di pulire il pollaio).

Volti stralunati. Desiderio di vendetta. Paura palpabile che svaniscano i sogni di autonomia, secessione, federalismo: robaconfusa eppure utile a infondere nei cuori della base il credo bossiano. Un padiglione stracolmo di persone ansiose di capire come andranno a finire e che hanno tirato un sospiro di sollievo quando Roberto Maroni ha lanciato spruzzi di ottimismo, scandendo slogan elementari, ma buoni a sollevare il morale. I riti collettivi, perfino i funerali, servono a chi è vivo per caricare le batterie della speranza. In questo senso la manifestazione ha fatto centro. La folla ha ritrovato la voglia di combattere, senza la quale la sconfitta è certa. La platea, secondo moda e costumi attuali, si è presto trasformata in gradinata da stadio. Tifo da ultrà. Tipiche volgarità da Curva Nord. Sembrava di essere al Brumana quando gioca l’Atalanta, che vanta il pubblico più appassionato dell’universo calcistico. Vabbè. Anche la politica si adatta ai tempi, e non solo tra le camicie verdi, che non piacciono agli ex comunisti, benché costoro, quando non erano ex, siano stati inventori inesauribili di pagliacciate. La festa dell’Unità, a Bergamo,si svolgeva sugli spaltidi Sant’Agostino ed era equiparata, per stile e forza attrattiva, alla Fiera di Sant’Alessandro che offriva ai visitatori il numero spettacolare della donna cannone. Siamo abbastanza vecchi per ricordare, ma non a sufficienza per aver dimenticato i comizi sgangherati di Teresa Noce, che arringava i compagni – allora con le mani callose e le unghie annerite dai grassi d’officina promettendo pane e lavoro. Mutatis mutandis, Maroni promette che i ladri della Lega dovranno restituire il bottino fino all’ultimo centesimo. Scoppia l’applauso. Cresce l’entusiasmo. L’idea di punire chi ha gettato fango in faccia ad Alberto da Giussano eccita gli animi. Il simbolo del male assoluto è già stato identificato: Rosi Mauro, vicepresidente del Senato. È accusata di ogni male, anche di aver circuito con metodi subdoli il povero Umberto Bossi, piegato dalla malattia, quindi inabile a difendersi dalle arti occulte della donna che ha fatto carriera profittando della debolezza del capo. Il tentativo è talmente ingenuo da essere trasparente: per salvare la reputazione del Senatùr, si dice che l’ictus lo abbia talmente rincoglionito da ridurlo a subire il magnetismo negativo di Rosi. Il popolo preferisce pensare che il fondatore del movimento nordista sia stato vittima di una strega piuttosto che complice. Se la strega, poi, è terrona, essendo nata in provincia di Brindisi, ha tutti i requisiti per essere condannata al rogo. Un sacrificio liberatorio, purificatore. Ed è proprio questo che fa maggiormente schifo: vedere la massa dei fedeli imbufalita che si scaglia contro una signora, per giunta antipatica, destinandola al ruolo di capro espiatorio. Eliminiamo lei – la causa dei guai, il mostro- e assolviamo tutti gli altri. È una pratica collaudata, antica, e funziona sempre. Ma non è un buon motivo per approvarne il ricorso anche nella presente circostanza. Sarà che quando si apre la caccia alle streghe a me viene la tentazione di stare con le streghe, sono andato a verificare quali siano in realtà le colpe attribuite alla Mauro. Primo. È stata anni nell’orbita di Bossi, diventando responsabile dell’insignificante sindacato leghista, di cui si ignorano le opere. Quando lui ebbe il tremendo coccolone, lei gli si avvicinò ulteriormente e cominciò a frequentare con assiduità la famiglia, dove la moglie Manuela si era impadronita del pallino, trasmettendo gli ordini del marito a gerarchi e gerarchetti. Nacque così il famigerato cerchio magico, al centro del quale Rosi ha occupato un posto di privilegio. Secondo. Già a questo punto, il livello di simpatia della Mauro nell’ambiente leghista era sceso sotto zero. La signora inoltre, avendo conquistato lo scranno di vicepresidente del Senato ed esercitando le sue funzioni con metodi un po’ troppo spicci, non ha aiutato se stessa a risalire nel gradimento degli ufficiali padani. Terzo. Esploso lo scandalo, emergono indiscrezioni sul suo conto. Si dice che abbia incassato 200mila euro per spese personali, tra cui l’acquisto di una laurea in Svizzera. Balle. Effettivamente quel denaro è uscito dalle casse della Lega, però madame non lo ha intascato, bensì girato al sindacato di cui sopra. Esistono i bonifici che lo comprovano. Quanto alla laurea, altra fantasia: non c’è documento che ne certifichi l’acquisizione. Quarto. Hanno addebitato a Rosi anche un peccato della carne: un amante. Capirai che notizia, peraltro falsa, dato che manca qualsiasi riscontro.

Non è vero che il presunto moroso, Pier Moscagiuro, cantante per diletto, sia un ex poliziotto assunto da lei a Palazzo Madama. Moscagiuro è un poliziotto distaccato al Senato secondo regolare procedura. È laureato o no? Chissenefrega. Un agente di polizia, dottore o no, è un agente e tale rimane. Quinto. Negli atti finora divulgati non vi è traccia di denaro imbertato dalla vituperata terrona. Però agli occhi dei leghisti il terronismo è una macchia indelebile: trattasi di pregiudizio che sarebbe opportuno, anche per questioni politiche, non manifestare né, tantomeno, ostentare. Si è affermato incautamente che la Nera di cui si vocifera sarebbe la Mauro. Falso anche questo. La Nera è un’infermiera svizzera che assistette Bossi durante la degenza e la convalescenza. Tutto qua. Basta a giustificare un simile ostracismo nei confronti della signora? È evidente la malafede in chi pretende di giustiziarla senza neppure lo straccio di un processo, che dico, di un indizio. Ovvio. In un partito scioccato da una vicenda giudiziaria, che minaccia di comprometterne la reputazione, si tende a reagire per evitare il fallimento, eliminando le mele marce. Ma confonderle con quelle sane, e gettare nella pattumiera anche le brutte, non è segno che si progetta di cambiare in meglio, semmai in peggio. P.S. Quanto al Trota, non lo considerammo quando era in auge, non è il caso di considerarlo ora che è in disgrazia. Gli auguriamo solo di imparare in fretta un mestiere perché la vita, per un orfano della politica, è lunga e dura. Vittorio Feltri, Il Giornale, 12 aprile 2012

.……………..A quanto pare il consiglio-parere di Feltri non è stato tenuto in alcun conto. Infatti la Rosi Mauro, antipatica e per dipiù terrona (ma gli elettori della Lega terroni sono un esercito, praticamente il 90% dei meridionali emigrati nel Nord votano Lega!), è stata espulsa dalla Lega col voto unanime del consiglio federale di quel partito con una motivazione che francamente riecheggia più le purghe staliniane di 60/70 anni addietro che non le decisioni di un partito democratico nell’Europa del terzo millennio: la Mauro è stata espulsa perchè  non ha ubbidio all’ordine del Capo di dimettersi da vicepresidente del Senato” (peraltro  in assenza di prove di sue condotte scorrette e comunque in assenza di indagini giudiziarie sul suo conto).  Che poi questo Capo sia Bossi che a quanto pare sarebbe provato che, proprio lui,  abbia preso soldi dalla Lega, per sè, per la moglie, per il figlio, sembra essere stata considerata  cosa trascurabile, nel senso che – con tutte le possibili riserve del caso che valgono per Bossi come pure per la stessa Mauro  -  non si neppure astenuto  quantomeno  dal prendere parte al voto che ha deciso di espellere la Mauro la cui unica, vera colpa, è proprio quella di essere stata   la fedelissima dello stesso Bossi. Perchè a molti sembra, ed è quanto sotto sotto scrive lo stesso Feltri, che  nella Lega la questione dei quattrini è stata solo una scusa per mascherare la lotta senza quartiere tra i vari notabili che si contendono l’eredità di Bossi, primo fra tutti il potentissimo ex ministro dell’intenro, Roberto Maroni,  forse dimentico che una quindicina di anni fa piagnucolava dietro le quinte del teatro milanese  dove una massa di militanti, assai  simile a quella che l’altro ieri sera lo ha osannato a Bergamo, lo insultava chiedendone l’espulsione dalla Lega per la sua opposizione alla decisione di Bossi di rompere con Berlusconi. Dall’espulsione lo salvò Bossi, magnanimo con lui quanto feroce era stato con tanti altri, a incomiciare dall’idelogo e vero ispiratore  della idea leghista, cioè Gianfranco Miglio definito da Bossi “una scorreggia nello spazio” e cacciato via come unos traccio vecchio sebbene si trattasse di uno scienziato, vero, della politica. 15 anni dopo Maroni ha costretto Bossi – almeno per il momento – a rimproverare pubblicamente la sua famiglia e a votare l’espulsione della Mauro per consumare, secondo la Mauro,  una vendetta personale con una scusa  la cui puerilità non sfugge a nessuno. E che potrebbe presto dar luogo nella Lega a drammatiche involuzioni che danneggerebbero non solo la stessa Lega ma anche gli interessi più generali dei quali in questi mesi di opposizione al governo dei banchieri   la Lega s’era fatta portavoce. Perchè diventerebbe difficile per molti che leghisti non sono ma che non si dispiaccion0 di vedere difesi i propri interessi dalla Lega, potersi fidare di chi sceglie la strada della vendetta politica  che apre la strada alle divisioni proprio quando c’è bisogno di unità fra tutti coloro che si oppongono a questo governo. Forse Maroni non è poi così lungimirantre come vorrebbe apparire. Il tempo ci dirà la verità. g.

OPPORSI A MONTI NON PORTA BENE……..di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 12 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Diciamo così: opporsi al governo Monti non porta bene. Lo sanno quelli della Lega e, da ieri, lo sa Nichi Vendola, raggiunto da un avviso di garanzia per una presunta raccomandazione di un primario.

Umberto Bossi

Uno smacco per i due movimenti che volevano moralizzare l’Italia da sponde opposte. E già dietrologi e pistaioli scatenano la fantasia su un complotto per ripulire il Parlamento dalle ali estreme e spianare la strada a una normalizzazione centrista della politica italiana nel regno Monti ma anche, e soprattutto, nel dopo Monti.

Ormai, dopo il Trota e il Nichi, non ci sorprende più nulla. Tutto è possibile, e quando ci sono di mezzo i giudici la realtà spesso supera la fantasia. Certo è che la Seconda Repubblica sta rischiando di cadere non travolta da grandi scandali o intrighi internazionali ma seppellita dal ridicolo. Un primario raccomandato come nella migliore tradizione italica da una parte, una cartelletta con l’intestazione dall’altra.Il suo contenuto lo trovate integrale in un inserto all’interno del numero di oggi. È stato raccolto dal tesoriere della Lega che lo custodiva in cassaforte. La «family », ovviamente, è quella di Bossi. Uno si immagina chissà che, ma a sfogliare le carte, se non si trattasse di una tragedia padana, verrebbe da ridere. Una ricevuta del dentista del capo, qualche multa pagata al figlio, il contratto d’acquisto di una vettura data in uso al medesimo pargolo, la fattura saldata per una operazione al naso di un altro erede, il pagamento dell’assicurazione sulla casa di famiglia a Gemonio e altre robe simili.

Se qualcuno ha rubato, siamo di fronte a ladri di polli. Proprio quello che la gente non perdona, perché i polli li compera tutti i giorni e li paga di tasca propria. È come in banca. Se sei fuori di milioni di euro ti salvi, se vai in rosso di cento euro ti chiudono il conto. Anche Napoleone perse l’impero, così dice la leggenda, per una diarrea che mal lo colpì a Waterloo. Mal di pancia o dossier, è sempre una questione di m… Alessandro Sallusti, Il Giornale, 12 aprile 2012

.………….Prima di sfogliare il Giornale e leggere l’editoriale di Sallusti, abbiamo leggiucchiato delle cosiddette “prove” messe insieme dai PM per “incastrare” la Lega e, sopratutto, Bossi Umberto. Per il quale non abbiamo provato mai molta simpatia ma che ora ci sembra la meriti. Ci spieghiamo. Come scrive Sallusti le cosiddette prove sono davvero cose da ridere rispetto ai quattrini rubati da Penati, a quelli fatti saprire da Lusi, a quelli cvhe hanno fatto girare l’economia italiana nella seconda repubblica. Si tratta di cose di poco conto, quelle che riguardano Bossi, fatture di qualche centinaio  di euro, come le strombazzate multe del Trota la cui somma non supera i 700 euro. Intendiamco, le milte doveva pagarsele il Trota e non dovevano essere pagate dalla cassa della Lega ma mettere sullo stesso piano il Trota e, sopratutto, il padre Umberto con i ladri veri non solo è ridicolo, ma è vergognoso. E’ evidente che si tratta dell’occaisone buona per far fuori sia l’uyonmo Bossi che la sua creatura che difficilmente soppravivrebbe  alla morte – politica  e morale – del suo inventore. Questo è il vero significato di quel che st a accadendo intorno alla Lega e all’intenro della Lega dove qualcuno, poco lungimirante, non ha capito che usare queste miserabili storielle da ladri di polli per vincere  la lotta interna alla stessa Lega,  finisce con l’ intorbidire l’immagine della Lega , trasformandosi in un clamoroso boomerang i cui effetti si riverseranno sugli stessi che l’hanno provocato. g.

FINANZIAMENTI AI PARTITI: GESTI SERI, NON SCORCIATOIE

Pubblicato il 12 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Il finanziamento pubblico ai partiti fu brevettato da una legge del 1974, dopo lo scandalo dei contributi in nero versati alle forze di governo dall’Unione petrolifera. Quarant’anni dopo, è diventato esso stesso uno scandalo. Per due ragioni: la quantità di denaro che l’erario succhia dalle nostre tasche per risputarlo nelle casse di ciascun partito; le modalità allegre della spesa, all’infuori da regole e controlli. Oltre che in spregio al comune senso del pudore, come mostra la simmetrica vicenda di Lusi e Belsito, i due tesorieri della Margherita e della Lega. Adesso, a quanto pare, un soprassalto di decenza sta inducendo i partiti a metterci rimedio. Bene, anzi male: potevano anche farlo prima. Ma affinché il rimedio non si risolva in un inganno, è necessario tamponare entrambe le falle del sistema.
Primo: gli importi. Li ha misurati la Corte dei Conti: 2 miliardi e 253 milioni di euro, dal 1994 a oggi. Se avessimo da mantenere l’harem d’un sultano, lo pagheremmo meno caro. Anche perché di questo fiume di quattrini soltanto un quarto (579 milioni) ha coperto le spese elettorali, come viceversa prometteva il marchingegno inventato da un’altra legge nel 1999. Dunque usate le forbici, please . E risparmiateci il trucchetto di postergare in un futuro imprecisato la riforma. I politici fanno sempre così, quando c’è da prendere una decisione scomoda: per esempio il taglio ai benefit di cui godono gli ex presidenti della Camera, ma solo dal 2023. O la riforma del Senato, che i senatori accettano purché riguardi i loro nipotini (quella approvata – e bocciata poi da un referendum – nel 2005 sarebbe entrata in vigore nel 2016). No, la nuova legge deve avere efficacia retroattiva. Deve applicarsi alle forze politiche che ci sono adesso, non a quelle che verranno. Deve perciò azzerare la rata di 100 milioni che i partiti incasseranno a luglio. Azzerarla, non rinviarla. Dopotutto, qualche mese di digiuno servirà a smaltire le troppe abbuffate precedenti.
Secondo: le regole. Possono condensarsi in una sola: se il cittadino paga, è il cittadino che decide. Quindi meglio la via dei contributi volontari, alla stregua del 5 per mille. Anche perché in passato il finanziamento pubblico ha premiato liste esoteriche come Ual, Patt, Ppst, Fortza Paris. Dicono: ma in questo modo gli italiani ci manderanno sul lastrico, dal momento che i partiti sono sommamente impopolari. E allora datevi da fare per diventare più simpatici. C’è una semplice ricetta per riuscirvi: restituendo quote di potere agli elettori.

La disgrazia dei partiti dipende da un sentimento di frustrazione e d’impotenza, quello che ti monta in gola quando l’onorevole Calearo si vanta di non mettere più piede in Parlamento. Quando Scilipoti viene eletto con i voti degli antiberlusconiani, per poi trasformarsi nella più fedele sentinella di Silvio Berlusconi. O quando Rosi Mauro rifiuta di dimettersi, e tu non puoi farci nulla. Potrà venire espulsa dalla Lega, non dal Senato, di cui è pure vicepresidente. Avessimo in circolo il recall – la revoca anticipata degli eletti – come negli Usa, sarebbe tutta un’altra musica. Perché allora sì, saremmo armati d’uno strumento di controllo; e peggio per noi se non lo usiamo.Ecco, i controlli. Dopo Tangentopoli, una riforma battezzata dal ministro Cassese nel 1993 ridusse l’ambito del controllo preventivo di legittimità, sostituendovi un controllo successivo sull’efficienza delle amministrazioni pubbliche. Dunque sull’attività, anziché sui singoli atti. Motivo: le verifiche formali non avevano impedito che la corruzione troneggiasse sulla nostra vita pubblica. Ma sta di fatto che il nuovo tipo di controlli non ha impedito Partitopoli. Significa che c’è bisogno d’inaugurare una terza stagione, quella del controllo popolare. D’altronde, in tutto il mondo le esperienze sono innumerevoli. Per esempio il blogger russo più famoso, Alexej Navalny, ha acceso un faro sugli appalti, cucendo il lavoro d’esperti volontari con le denunce dei cittadini; e il governatore del Daghestan ha dovuto rinunziare a un’auto blu da 300 mila dollari. Fantapolitica? Se è così, il Jules Verne dei partiti fu Costantino Mortati. In Assemblea costituente, nella seduta del 29 luglio 1946, s’espresse in favore d’un sistema di azioni popolari, «dando ai cittadini la consapevolezza che da essi stessi dipende la buona amministrazione e quindi la tutela dei loro interessi». Forse per volgere lo sguardo sul futuro dobbiamo rovesciarlo sul passato. Michele Ainis, Il Corriere della Sera, 12 aprile 2012

..………..L’editoriale del Corriere della Sera, il più autorevole dei quotidiani cosiddetti indipendenti è stato scritto prima che i tre partiti di maggiorazna varassero una riformetta  (o accordicchio come lo ha definito Di Pietro) che esclude tagli agli strato sferici rimborsi elettorali ai partiti, tra l’altro  ben al di là delle spmme effettivamente spese, e insedia la solita commissione cui spetterà verificare i bilanci dei partiti. Speriamo che domani il Corriere ritorni sull’argomento stroncando questa ennesima presa per i fondelli dei cittadini da parte degli unti del Signore, cioè i politici di tutti i partiti. g.

MIGLIA DI LETTERE PER DIRE NOI AI SOLDI AI PARTITI. MA I PARTITI SE NE INFISCHIANO

Pubblicato il 12 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Migliaia di lettere  che non lasciano margine ad alcuna interpretazione. Basta con lo scandalo dei rimborsi elettorali ai partiti.

Il parlamento italiano

Il messaggio lo abbiamo inviato ai presidenti delle Camere, Renato Schifani e Gianfranco Fini, e al premier Mario Monti. Perché Il Governo tecnico che promette di metter mano alla cesoia, chè tanto non lo debbono rieleggere, non di dimentichi di potare anche questo cespuglio. Non c’è Lusi o Belsito che tengano. Il fiume di soldi che dallo Stato arriva alle tesorerie dei movimenti politici è una vergogna. Per ogni euro speso in campagna elettorale ne ricavano 4,5. Una provocazione intollerabile, uno spreco indigeribile. Un investimento fuori dalle regole del mercato, del nostro mercato. Quello dei cittadini comuni, delle persone normali. Il referendum del 1993 parlava chiaro: stop ai finanziamenti pubblici ai partiti.

Vi abbiamo chiesto se condividevate la nostra posizione e voi avete risposto con una partecipazione senza precedenti. A dimostrazione del fatto che questa emorragia di soldi pubblici, questo scandalo, è avvertito da tutti i cittadini. Un prurito fastidioso e intollerabile. Una grande presa per il culo. L’inflazione cresce, i salari si restringono, le tasse lievitano e la benzina costa come lo champagne. Eppure c’è qualcuno che ci guadagna sempre. La nostra “provocazione” è stata raccolta e condivisa da moltissimi lettori e la nostra voce è arrivata nelle stanze del potere. I rubinetti devono essere chiusi, il fiume di soldi che, senza bilanci rendicontati, innaffia lo spreco dei partiti deve finire. È una questione di dignità: in un momento in cui tutti siamo costretti a tirare la cinghia certi sperperi non sono sopportabili. Il Giornale, 12 aprile 2012

..….Ma i politici, compresi quelli cui si riferisce Il Giornale, non leggono le lettere e non “sentono” le proteste. Se ne infischiano delle une e delle altre e tirano dritti per la loro strada.

TASSANO PURE GLI SMS, l’ultima trovata di Monti e dei suoi sgherri

Pubblicato il 12 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Non se ne può più: ci mancava solo il caro cellulare. Gli italiani parlano, scrivono e messaggiano. Toccateci tutto ma non gli sms.

In arrivo una tassa sugli sms

Invece vogliono prenderci due centesimi ogni centossessanta caratteri. Gli italiani ne mandano miliardi all’anno, circa 42 milioni al giorno, più o meno. Il governo starebbe valutando una nuova tassa, tanto per cambiare. Come raggranellare un mucchio di soldi da tutti, ma proprio tutti, gli italiani? Tassando i loro sms. Due centesimi per ogni messaggino, questa è l’idea al vaglio dell’esecutivo. La tassa ricadrebbe sulle compagnie telefoniche che a loro volta si rifarebbero sugli utenti. Il balzello servirebbe per rimpinguare le casse della Protezione Civile. L’introito annuale stimato si aggirerebbe attorno al mezzo miliardo di euro. Per ora il provvedimento è solo un’ipotesi, ma potrebbe diventare legge con un decreto già domani. E sul web è già scoppiata la rivolta. Hanno tassato tutto e ora vogliono tassare anche le nostre parole. Francesco Maria Vigo, Il Giornale, 12 aprile 2012

.………….Forse l’avrà pensata dinanzi al Mausoleo che in Israele ricorda il genocidio degli ebrei, dinanzi al quale Monti ha scoperto l’acqua calda, dicendosi esterefatto da quello che aveva visto. Perchè sino ad oggi, alla bella età di 69 anni, non aveva mai trovato il tempo e i soldi (suoi)per visitare un qualsiasi luogo dove avrebbe potuto constatare quanto grande, immensa, fu la  tragedia dal popolo ebraico perseguitato dai nazisti? Ha atteso di andarci a spese dello Stato italiano, lui  e signora per scoprirlo?  E magari lì, tra un pensiero e l’altro, gli sarà venuto in mnete che c’era un’altra tassa di inventare, tutta a carico dei ragazzi del nostro paese, quelli in nome dei quali, anzi in nome del cui futuro, ha sprofondato nella miseria i loro padri: la tassa sugli sms, due centesimi per ogni messaggino, quelli che usano i ragazzi che saranno i primi a scontare sulle lro ormai misere paghettte la invereconda voracità tassaiola di Monti che in nome del rigore e dell’equità tra poco tasserà anche l’aria che respiriamo…per ogni boccata d’aria due centesimi per pagare lui, i suoi ministri, i partiti ,i parlamentari, i manager di stato,  dal presidnete dell’INPS, all’ad dell Poste, al capo della poliziua, al nuovo sceriffo di Nottingham, che viaggiano tutti dai 500 mila al milione di euro l’anno. Ma con i ragazzi non si scherza. Stia attento Monti, con i ragazzi, quelli che seppero affrontare a petto nudo i carri armati, non si scherza. Chissà che  non sia  un sms a  dare il segnale  della svolta, anche se dovesse costare due centesimi di più…..g.