Archivio per la categoria ‘Politica’

CAMBIARE TUTTO O CROLLA TUTTO, di Mario Sechi

Pubblicato il 7 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Palazzo Chigi Finirà male. La storia della Lega è il capitolo che mancava in un racconto kamikaze. Un pasticciaccio brutto intitolato «The Family» per Bossi, ma potrebbe essere «The Clan» per altri partiti. Anche il governo dei tecnici sembra entrato in questa spirale. Lo scrivo sapendo che Monti è l’unica opportunità che ha il Paese di uscire dalla palude, una situazione peggiore della crisi di Tangentopoli. Vent’anni dopo, lo scenario fa venire i brividi per l’assenza totale di un’alternativa. La storia gioca a dadi, si diverte a invertire i ruoli: allora vennero fuori dal cilindro la Lega di Bossi e il partito nuovo di Berlusconi. Si torna alla casella di partenza. A vent’anni fa. Ma la magistratura stavolta ha un ruolo di secondo piano, perché anch’essa è logorata al suo interno, è in crisi di credibilità e non ha alcuna forza di supplenza rispetto alla politica. Senza un’iniziativa politica forte, abbiamo di fronte la prospettiva del vuoto. Un buco nero capace di divorare la stessa democrazia. I leader dei partiti devono mettersi in testa che è finita un’epoca e gettare le basi istituzionali per scrivere un’altra storia, senza avventurismi e colpi di mano. È un lavoro da fare con umiltà, sapendo che per molti è l’ultimo giro di giostra. Sotto gli occhi dei cittadini ci sono enormi contributi pubblici distribuiti senza logica e ruberie private che lasciano di stucco chiunque. Il passo indietro di Berlusconi aveva creato le premesse per una «pax parlamentare» e l’avvio della ricostruzione del sistema. Ma la crisi della Lega è l’evento che cambia tutto. Chi credeva al partito «duro e puro» del Nord, oggi si ritrova senza rappresentanza, chi ha vissuto l’avventura del berlusconismo è smarrito, chi sognava una sinistra riformista è senza casa, chi vedeva in Monti un liberale a trazione integrale, dopo il dietrofront sulla riforma del lavoro, è perplesso. E il Wall Street Journal che cambia idea sulla forza di Monti ne è la metafora. Solo il Presidente della Repubblica può prendere in mano questa situazione, ma lo deve fare in fretta e con una fermezza senza precedenti. Manca poco alle elezioni del 2013, le amministrative saranno un banco di prova alla nitroglicerina, i mercati sono tornati a picchiare duro sui debiti sovrani. È giunta l’ora di riformare e cambiare tutto. Prima che crolli tutto. Mario Sechi, Il Tempo, 7 aprile 2012

.………….L’analisi è esatta e giusta. Quel che non ci convnce è la ricetta per uscirne. Primo. Monti è indicato come l’unica opportunità, ma il passo indietro sulla riforma del lavoro ne ha messo in crisi l’immagine, sostiene Sechi. Non è questo che ne ha messo in crisi l’immagine, semmai ha consentito di leggere sino in fondo cosa si nasconde dietro l’apparente aplomb inglese che l’uomo sfoggia. Era già emerso nei 120 giorni da che comanda, ma con la questione della riforma del lavoro è emerso il carattere supponente, arrogante e precisino del neo premier. Il quale o è come dicde lui o si impermalisce. Al quotidiano inglese che lo aveva paragonato alla Teacher e ora si è rimangiato il paragone, Monti, dopo aver puntigliosamente preso carta e penna, ha scritto una lettera per dire che il giornale non ha capito niente, non si capisce se prima, quando lo aveva paragonato allla grande statista inglese, o dopo, quando si è rimangiato il paragone. Stessa cosa ha fatto con la Marcegaglia che avendo “osato” definire  pessimo l’ultimo accordo sull’art. 18 (dal punto di vista delle imprese), Monti ha replicato, seccato e altrettanto puntiglioso, che “un accordo così 4 mesi fa era imossibile anche sognarlo”. Non entriamo nel merito delle tesi assolutiustiche di Monti, ma ci sembra che un premier “tecnico” che si dice lontano dalla politica l’ultima cosa che deve fare è fare il puntiglioso. Ecco perchè, senza scomodare altre e ancor più approfondibili quesitoni, non ci sembra che Sechi abbia ragione a sostenre che Monti sia l’unica opportunità. Anzi può essere che si dimostri un ostacolo acchè la politica si riformi come lo stesso Sechi auspica. Secondo. Affidare al presidente della Repubblica, a questo presidente della Repubblica, il compito, arduo,  di “prendere in mano le redini” pe raddrizzare il cammino del carro guidando i cavalli è quantomeno azzardato. A prescindere da ogni altra considerazione, Napolitano è un uomo del sistema, di questo sistema, che sull’arroganza del potere politico, cosi com’è, ha le sue fondamenta. Pensare che chi dal sistema ha tratto ogni possibnile beneficio, compreso la seggiola di Presidente della Repubblica sia in grado, intelelttualmetne, di affondarlo, ammesso che ne abbia i poteri e glis trumentiu, è mera utopia. Ovviamente confessiamo che allo stato non sapremmo contrapporre nulla di alternativo alle tesi di Sechi (cioè, lo sapremmo, ma lo consideriamo in Italia inattuabile) ma ciò non ci può indurre a condividerlo. Salvo che in effetti o tutto cambai, o tutto crolla. E sotto le macerie questa volta ci resteremmo tutti. g.

FORZA CARROCCIO, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 6 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

In queste ore c’è chi gongola (ben gli sta a quelli del cappio e di Roma ladrona) e c’è chi si sente tradito. Detto che dalle carte emerge più un’armata Brancaleone che una associazione a delinquere, e detto che prima di ieri non si era mai vista un’inchiesta giudiziaria in diretta tv, con fughe di notizie di mezz’ora in mezz’ora quasi a volercreare il panico e forzare decisioni politiche, detto questo credo che l’unica preoccupazione sensata sia che la Lega possa implodere.

Non soltanto perché il Nord ha un debito di riconoscenza verso quel matto di Bossi, non solo perché grazie a lui i moderati e i liberali di tutto il Paese hanno potuto governare l’Italia e forse domani potrebbero tornare a farlo. La Lega è servita e serve a dare rappresentanza a un pezzo del Nord altrimenti ai margini della politica. Avere nel Palazzo un partito di lotta è la migliore garanzia per la tenuta delle istituzioni, uno straordinario collante sociale. I veri razzisti non sono mai stati i leghisti ma i loro avversari, gente che è arrivata a odiare Bossi, il suo successo e i suoi elettori. Ma soprattutto gente, tutti i partiti della Prima Repubblica e la sinistra nella Seconda, che ha spremuto il Nord senza portare a casa uno straccio di risultato. Altro che la Porsche al figlio di Bossi. Parliamo dei partiti delle tangenti agli imprenditori, del partito delle tasse, di quelli dell’inciucio con i sindacati. Da quando Bossi si è messo a urlare, da quando Berlusconi, unico, lo ha ascoltato, qualche cosa è cambiato. Si poteva e forse si doveva fare di più. Ma proprio perché l’opera di difesa e rilancio del Nord non è finita, qualsiasi coalizione di governo moderata non può prescindere da una alleanza con un contenitore del malcontento più radicale.

In questo senso la tempistica dell’operazione Lega pulita è sospetta. Mi chiedo. Se una procura, per una Porsche e spese sospette, intercetta e perquisisce in forze la sede della Lega, che cosa avrebbe dovuto fare, di fronte all’evidenza delle tangenti Penati, delle cozze e dei Rolex di Emiliano in Puglia, nei confronti dei vertici Pd? Domanda retorica. Nulla. Appunto. Questo mi pare un problema politico. Alessandro Sallusti, Il Giornale, 6 aprile 2012

.………….Noi la pensiamo come Sallusti. Allo stato quelle della Lega ci sembrano più manifestazionidi superficialità che reati tanto eclatanti da meritare l’attenzione del fior fiore (sic triplo) della magistratura inquirente italiana. E poi, come scrive Sallusti, perchè non fare altrettanto per tutti partiti, e per tutti quelli che ne hanno fatto di peggiori. Come Emiliano che a sua sola giustificazione si è autoproclamato “fesso”. Troppo poco e troppo comodo. O come Penati, come Tedesco, come i tanti della sinistra che si fa finta di dimenticare per mettere sulla graticola la Lega. Guarda caso quando la Lega è l’unico partito che si oppone alla macelleria sociale del govenro tecnocrate dei banchieri al soldo della finanza internazionale che prima ha creato le condizioni della crisi mondiale e poi la scarica sulle spalle di poveri, lavoratori e pensionati di mezza Europa, prima l’Irlanda, poi la Grecia e quindi l’Italia, la Spagna, il Portogallo, l’Olanda. Attaccando la Lega per questioni che se non hanno rilevanza penale come nel caso della casa di Montecarlo per Fini non possono averla per la Lega, si raggiunge l’obiettivo di scaricare solo nei suoi confronti il disprezzo degli italiani per i partiti, distiogliendolo dagli altri, tutti,  che hanno ben più gravi e peggiori responsabilità avendo creato le condizioni per cui enormi quantià di denaro pubblico è stato sottratto dalle taqsche degli italiani per foraggiare una tavola ben imbandita  intorno alla quale si sono e seduti e lo sono tuttora decine di migliaia di sanguisughe che vivono di politica alle spalle di quelli che alvorano e pagano le tasse. g.

TIRO ALLA LEGA, di Alessandro Sallusti

Pubblicato il 6 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

A un mese dalle elezioni amministrative tre inchieste giudiziarie mettono contemporaneamente sotto tiro la Lega. I pm di Milano, Napoli e Reggio Calabria hanno fatto irruzione, come si dice in gergo, nella sede del Carroccio per acquisire carte e documenti.

Bossi e Belsito

Bossi e Belsito
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Situazione delicata, complessa e anche un po’ sospetta. Mi riferisco ai tempi, ai modi e alla presenza sul luogo del presunto delitto del pm Woodcock, quello delle inchieste spettacolo che mediamente finiscono in nulla.

A differenza di quanto è accaduto coi casi Bersani- Pd e Lusi-Margherita, a pochi minuti dal blitz già si sapevano tutti i dettagli delle accuse, quasi che qualcuno volesse garantirsi un buon risultato mediatico: i soldi distratti dal tesoriere Belsito (che in serata si è dimesso) e finiti in parte alla famiglia Bossi, i rapporti con emissari di ’ndrangheta e camorra. In un attimo, dopo 18 anni di onesta e specchiata attività, il Carroccio è diventato il centro di ogni malaffare. Possibile? Dubito anche se, essendo i bilanci dei partiti un buco nero alimentato per legge e dalla legge protetto, tutto può essere.

Io credo che il problema della Lega, più che con la magistratura (vedremo che fine farà l’inchiesta), sia al suo interno. Veleni, spiate, malelingue e trabocchetti: la guerra tra le varie anime (bossiani e maroniani in primis) ormai è senza quartiere e non mi meraviglierei se si scoprisse che le procure hanno avuto qualche aiutino (leggi soffiate) dall’interno del movimento. All’origine del caso c’è però la grande contraddizione della Lega, movimento di lotta in Padania ma di supergoverno a Roma, al punto da non rifiutare il fiume di soldi che lo Stato centralista e cattivo versa a ogni tornata elettorale nelle casse dei partiti. E, come è noto, dove c’è tanto denaro gratis i pasticci sono all’ordine del giorno.

Può cambiare tutto questo il corso della politica? Possibile, anche se è presto per dire come. Bossi è ferito ma non ancora fuori gioco. Maroni è come il funambolo che cammina sulla corda sospesa in equilibrio instabile. Potrebbe raggiungere la meta (controllo totale del partito) e cambiare lo scenario delle possibili alleanze elettorali. Ma anche mettere il piede in fallo e scivolare di sotto. Berlusconi, unico tra i leader di partito, ha dato la sua solidarietà incondizionata a Bossi. Il Pdl osserva preoccupato: la Lega è avversario nelle imminenti elezioni amministrative e lo scandalo può quindi essere un vantaggio. Ma con Maroni alla guida, potrà mai il Carroccio tornare alleato? Il Giornale, 6 aprile 2012

ORA SERVE UN NUOVO SISTEMA POLITICO. Intervista a Gianni De Michelis

Pubblicato il 6 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Intervista a Gianni De Michelis, protagonista della fase conclusiva della prima repubblica. Sostiene che ora occorre un nuovo sistema politico, dopo gli scandali che stanno travolgendo i partiti della seconda. Ecco le sue risposte alle domande di Nicola Imberti.

Gianni De Michelis E dopo la Prima Repubblica finì anche la Seconda. Tante le analogie tra il 2012 e il 1992. Gianni De Michelis fu, da esponente di spicco del Psi, testimone di ciò che accadde 20 anni fa. «A prescindere dai destini dei singoli leader – spiega – è evidente che oggi si è chiusa una fase. Certo, la Prima Repubblica si concluse per ragioni più serie».

Sta dicendo che Tangentopoli era “più seria” delle attuali inchieste? «Le vicende giudiziarie furono usate per far fuori la cosiddetta Prima Repubblica, ma il crollo avvenne a causa della fine della Guerra Fredda. La logica, che io definisco di Yalta, basata sulla contrapposizione di due sfere di influenza non era più in grado di rappresentare la realtà. Certo, dopo quella stagione avremmo dovuto avvicinarci alla normalità europea. Invece la Seconda Repubblica ha dato vita ad un modello divergente».

Perché? «Tre, secondo me, le principali anomalie: la presenza di una personalità eccentrica come Berlusconi; il peso della Lega; la sinistra egemonizzata dai post comunisti. La crisi ha fatto saltare in aria tutto».

Nel caso del Carroccio, a dire il vero, più della crisi poterono i giudici. «Bossi non si ritira per le vicende che, almeno stando ai giornali, gli vengono addebitate. Non contano molto. Bossi, che pure ha creato l’unico vero partito italiano degli ultimi anni, non è riuscito a costruire un progetto Paese credibile. Ha iniziato con la secessione poi, quando ha capito che gli italiani non ne volevano sapere, ha ripiegato sul federalismo. Ma anche il federalismo è fallito e lui, oggi, impersonifica questo fallimento».

Non le sembra un’analisi un po’ edulcorata della situazione? «Lo strumento usato per concludere l’esperienza della Prima e della Seconda Repubblica è lo stesso. Una volta rodato il meccanismo si continua a fare un uso politico della giustizia. Lo strumento, però, non ha raggiunto l’obiettivo per cui è stato teorizzato: la lotta alla corruzione. Le risorse di cui parliamo sono dieci, cento volte superiori a quella di Mani Pulite. Guardi le cifre dei finanziamenti pubblici ai partiti, sono gigantesche. E sono migliaia le persone che hanno trovato la propria remunerazione a spese dello Stato o delle istituzioni».

Pensa che il leaderismo del Senatùr sia stato un limite per la Lega? «Il limite del personalismo è comune a molti dei partiti della cosiddetta Seconda Repubblica. Potrei citarle Berlusconi, Casini, Fini. Anche nel Pd le personalità sono state dominanti rispetto ai progetti politici. La Lega ora deve scegliere se indirizzarsi verso una variante moderata diventando “di governo”, ancorché locale, o se tornare alla pura protesta cavalcando i temi che l’avevano caratterizzata agli inizi».

La fine della Prima Repubblica ci ha insegnato che i “vuoti” si riempiono. Cosa accadrà ora? «Non lo so. Le elezioni del 2013 sono sicuramente un passaggio decisivo. Due gli elementi che secondo me vanno considerati. Da un lato il ruolo che vorranno avere Monti e alcuni dei suoi ministri. Dall’altro la legge elettorale che da sempre è uno strumento per manipolare la trasformazione politica. Io mi auguro che l’Italia si indirizzi finalmente verso un sistema politico che abbia la stessa configurazione di quello del resto d’Europa. Che è tutt’altro che bipolare, ma si fonda su un certo numero di forze che vanno dall’estrema sinistra all’estrema destra, passando per gli ecologisti, i conservatori, i socialdemocratici, i liberaldemocratici».

Il bipolarismo quindi è morto? «Siamo alla disintegrazione del bipolarismo. Basta vedere gli scontri interni ai singoli partiti. L’Italia dovrebbe approfittare di questa crisi per avviare una trasformazione graduale».

E magari rinascerà anche una forza socialista? «Io spero nella riorganizzazione di un fronte riformista che erediti la tradizione laico-socialista. Credo che una delle ragioni del fallimento della Seconda Repubblica sia proprio la cancellazione di un pezzo del Paese che ha trovato, in gran parte, rifugio in Forza Italia prima e nel Pdl poi. Berlusconi, purtroppo, non ha saputo o voluto rappresentare questa cultura politica che nel 1992 rappresentava il 25% dell’elettorato». Intervista a cura di Nicola Imberti, 6 aprile 2012

LA SECONDA REPUBBLICA E’ AGONIZZANTE, di Mario Sechi

Pubblicato il 6 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Umberto Bossi Bossi è caduto dal Carroccio, la Lega è fulminata e la Seconda Repubblica è agonizzante. Le dimissioni del segretario segnano un altro passaggio di frontiera della storia politica. I partiti e le coalizioni che negli ultimi diciotto anni hanno governato il Paese si stanno disgregando. Siamo di fronte a un sistema istituzionale che non regge più e la colpa è di una classe politica incapace di riformarsi. I primi botti scoppiano nel Pdl e nel Pd, in due sequenze. La prima si svolge il 17 gennaio del 2009, quando Walter Veltroni, sconfitto alle elezioni politiche del 2008, si dimette dopo i ripetuti scontri con Massimo D’Alema. In quel momento, la prospettiva di una sinistra riformista tramonta. La seconda tappa arriva il 30 luglio del 2010, quando la battaglia tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini porta all’uscita dei finiani dal Pdl. Da allora la maggioranza di centrodestra entra nella fase del «tirare a campare». I due eventi segnano l’avvio dell’autoliquidazione dei partiti. Senza riforme istituzionali, senza una vita democratica al loro interno, con le casse piene di soldi, senza controllo sulle spese e con una gestione monarchica o da clan, i partiti si sono suicidati. Fino a fare – tutti, senza distinzioni – il passo indietro e lasciare a Mario Monti il volante della macchina. Nati per raccogliere il consenso, organizzare la rappresentanza ed esprimere il governo, i partiti dopo Tangentopoli sono stati incapaci di cogliere l’occasione per poter durare anche dopo la vita politica dei loro leader. Una massa enorme di denaro pubblico è entrata nelle loro casse, generando un surplus di risorse mai visto in precedenza. Dal 1994 al 2008 le elezioni hanno dato ai partiti una dote di 2,2 miliardi di euro di rimborsi. Soltanto 579 milioni sono stati spesi per le campagne elettorali, i restanti 1,6 miliardi di euro e «spiccioli» sono rimasti «a disposizione» dei tesorieri e dei leader. Avrebbero dovuto finanziare solo l’attività politica, hanno finito per essere il forziere personale di tesorieri spregiudicati (il caso di Lusi della Margherita) e leader che hanno interpretato il comando in senso familistico. La vicenda dei finanziamenti leghisti conferma questa degenerazione. Vent’anni dopo esser stato eletto alla Camera, Bossi lascia la leadership e il suo partito in un mare di guai. Si chiude un ciclo. Prima di far politica, negli anni ’60, Umberto incise un 45 giri con il nome d’arte di «Donato». La prima canzone si intitolava «Ebbro», la seconda «Sconforto». Sintesi perfetta della sua biografia politica. Siamo all’inizio di un racconto collettivo. A breve le elezioni amministrative daranno un’altra scossa, quella che annuncia il terremoto del 2013.  Mario Sechi, Il Tempo, 6 aprile 2012

…………….Si può ben dire che si stava meglio quando si stava peggio. Come sempre. g

GLI ORFANI DI BERLUSCONI SPARANO GIULIVI SUL SENATUR

Pubblicato il 5 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

«Dalla Padania alla Tanzania»,titolava ieri il suo editoriale di prima pagina il Fatto quotidiano : e chissà oggi che cosa scriverà. Lo tsunami che s’è abbattuto improvviso sulla Lega e che punta dritto al cuore del Carroccio, verso Bossi, la sua famiglia e il «cerchio magico» dei suoi più stretti collaboratori, è miele per le operose api giustizialiste rimaste orfane di Berlusconi.

In Italia gli scandali e le inchieste non mancano di sicuro, e l’ultimo mese ne ha fornito una rassegna esauriente: dalla Lombardia alla Puglia, dal Pd al Pdl non si salva nessuno. E la paccata di milioni della defunta Margherita investiti da Lusi in ville, conti offshore e spuntini a base di caviale basterebbe in un paese civile a sospendere una volta per tutte il finanziamento pubblico già abrogato per via referendaria. Ma finora era mancato il colpo grosso, l’affondo a sensazione, la spallata mediatica, e il fronte dei manettari, in attesa di tempi migliori, si era riversato a presidiare l’articolo 18 insieme alla Fiom.

Con Bossi nel mirino, la caccia è riaperta. E la solidarietà personale subito espressa da Berlusconi, va da sé, non fa che aggravare agli occhi dei giustizialisti la già precaria condizione del Senatùr, di cui anzi certifica la colpevolezza: proprio come il suo vecchio alleato,anche Bossi dev’essere espulso dal campo della politica e affidato alle procure – tre, questa volta, fra cui l’immancabile Procura di Napoli nella persona dell’indomito Henry John Woodcock.

Italo Bocchino, che del pm inventore della P4 è un buon amico, ha twittato come una Guzzanti qualunque: «Povero Bossi, gli hanno ristrutturato la casa a sua insaputa ». Il che, detto dal braccio destro del cognato del proprietario di un noto appartamento di Montecarlo lasciato in eredità al partito, lascia quantomeno perplessi. Il delfino di Fini aveva già espresso il suo pensiero il mese scorso, quando il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, il leghista Boni, era stato raggiunto da un avviso di garanzia: «La Lega è il partito più partitocratico che esiste, il partito più clientelare che esiste, il partito più abituato ad occupare le poltrone ed è il partito a cui è capitato molto spesso quello che sta capitando ora con Boni». Addirittura.

Sempre da Napoli si leva il preoccupato commento di Luigi De Magistris: «Bossi – ricorda ha già avuto una condanna per finanziamenti illeciti nell’inchiesta Enimont,sembra archeologia giudiziaria, ma è realtà» (per la cronaca: allora il tesoriere era Alessandro Patelli e Bossi lo definì «un pirla»). E conclude sostenendo che le mafie più ricche sono al Nord, perché il Nord è più ricco: «È la conferma di quello che ho sempre pensato sulle vicende oscure e inquietanti della Lega Nord».

E se si parla di «mafie», non può mancare il giovane papa dell’antimafia. Il quale, come s’addice a ogni vera pop star,quando vuol parlare di qualcosa in realtà parla soltanto di sé, di quant’è bravo e di quanto è perseguitato: «Un anno fa- ha ricordato Roberto Saviano- fui moltoattaccato dalla Lega e da Maroni per aver usato una parola che descriveva il rapporto tra ’ndrangheta e potere nel Nord Italia, cioè “interloquire”, una parola che aveva messo inquietudine e paura ai leghisti. Avevo detto che la ’ndrangheta interloquiva con tutti i poteri del nord e quindi anche con la Lega». Che argomentazione brillante! Da un lato, ciò che conta per lo scrittore è che si parli di lui: l’inchiesta è importante non perché cerca la verità, ma perché conferma una sua predica televisiva dell’anno scorso; dall’altro lato anche Saviano,come i suoi amici giustizialisti, non esita a prendere per oro colato le tesi dell’accusa per trasformarla il giorno stesso in condanna definitiva.

È indubbio che la Lega si trovi oggi in un bel guaio,politico e d’immagine ancor prima (e ancor più) che giudiziario.

Ma qualche cautela in più, qui come in tutte le vicende che intrecciano politica e giustizia, sarebbe utile e vantaggiosa per tutti. L’eliminazione dell’avversario per via giudiziaria non è soltanto una scelta incivile: è anche una scelta inutile, il cui unico risultato è la politicizzazione della giustizia, e dunque la sua abrogazione.Se nell’era dei tecnici si riuscisse a condurre e a valutare un’inchiesta tecnicamente, e non politicamente o emotivamente, a guadagnarci per prima sarebbe proprio la giustizia. Fabrizio Rondolino, Il Giornale, 5 aprile 2012

.…………..Rondolino, ex braccio destro o sinistro di D’Alema, sa di cosa parla e di cosa si parli. Che i partiti, tutti, hanno molti scheletri nell’armadio è cosa ovvia. Che se ne scoprano alcuni e altri no è anch’esso cosa ovvia. Meno ovvio è che ciò sia giusto. Lo abbiamo scritto più volte. Il finanziamento occulto ai partiti, attraverso il dubbio sistema dei rimborsi versati senza riscontri e controlli, è quanto di peggio abbia potuto fare la partitocrazia nel ventennio postprima repubblica. E’ tempo di porvi rimedio. Basta abrogare la legge. Vediamo se il falso grintoso che siede a Palazzo Chigi è capace di proporlo al suo consiglio dei ministri e se questo è tanto coraggioso da approvarla. Attendiamo di vedere. g.

BASTA SOLDI PUBBLICI AI PARTITI. ANCHE PER IL LORO BENE.

Pubblicato il 5 aprile, 2012 in Costume, Politica | No Comments »

Abbiamo assodato, si ruba non solo in Italia ma anche in Padania. Li vedo tutti contenti, gli amici dei ladri di sinistra, di centro o di destra per la scoperta che si ruba anche in camicia verde.

Renzo e Umberto Bossi

Renzo e Umberto Bossi
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Vedo allegri i meridionali, perché l’Italia è unita almeno nel furto, rivedo felice l’antica ruberia del corso, socialisti, Dc e alleati che furono cacciati dal potere e sostituiti da questa gente qui, i Belsito e i Lusi, eredi dei Citaristi, Greganti, Balzamo e segretari amministrativi d’una volta. Esultano le mafie e le camorre, si fa festa alla Regione Sicilia per il gemellaggio con la Lombardia.

Stavolta colpisce vedere cosa viene dopo Fratelli d’Italia: i Fratelli Bossi, di cui uno fa i gavettoni con la candeggina e il grande fa la Trota di Stato, foraggiato dalla cassa. Certo, poi insospettiscono i tempi e i modi, davvero inusuali, del blitz antilega; provate a farlo a un altro partito e poi vediamo che ne esce…

Ma è inutile entrare in questo gioco, bisogna uscirne. Aboliamo il rimborso ai partiti, punto e basta. Lo dico per tagliare il male alle radici, visto che tutti si sono fatti beccare col sorcio in bocca. Lo dico per moralizzare e per risparmiare. Ma lo dico pure per il bene dei partiti. La loro stagione migliore è quando non avevano soldi pubblici. Certo, poi c’era Mosca per taluni, le camarille per talatri. Ma i partiti erano veri e volontari. Restituiamoli alla vita, non tumuliamoli come i faraoni con tutti i tesori nei loro sarcofagi. Saranno i loro aderenti a sostenerli. Via le mummie mariuole a nostro carico. Marcello Veneziani, 5 aprile 2012

IL VERO TRUFFATORE E’ LO STATO CHE GIRA I NOSTRI SOLDI AI PARTITI. DI Vittorio Sgarbi

Pubblicato il 4 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

D’ improvviso una bufera si abbatte sulla Lega. Uno pensa: sarà la procura di Milano in un’ininterrotta nostalgia di tangentopoli, nell’anniversario di Mani pulite, celebrato come un’epoca felice. E invece no: il vento viene da Napoli, e addirittura da Reggio Calabria.

Il finanziamento pubblico ai partiti

Il finanziamento pubblico ai partiti
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Cosa c’entrano Napoli e Reggio Calabria colla Lega Nord? Da quando in qua i reati (eventualmente) commessi a Roma o a Milano sono perseguiti da avamposti così lontani? D’accordo, un tempo c’era Cordova e mandava da Napoli i «suoi» uomini fino a Pesaro, a sequestrare gli elenchi degli iscritti al Rotary. Sembrava un’epoca finita, invece ecco venti finanzieri e un drappello di carabinieri arrivare a via Bellerio inviati di Woodcock. Ancora Woodcock. Irresistibilmente attratto dalle azioni spettacolari e sorprendenti: tutte vane e fallimentari. Dissolta la P4 è arrivata l’ora della Lega. Il giustiziere è in azione, il reato inesistente. Già insospettiva la vicenda Lusi, prototipo del faccendiere di un’epoca nuova incui si è provveduto a legalizzare ciò che era illegale.

Un tempo privati, aziende, imprese garantivano, non senza vantaggio, finanziamenti illeciti ai partiti. Poi una provvida legge ha sostituito quei contributi «spontanei » con «rimborsi elettorali», rigorosamente definiti per legge in circa quattro euro per ogni elettore, con garanzia di Stato. Improvvisamente usciti dalle insidie di approvvigionamenti di fortuna, amministrati da abili tesorieri, i partiti sono diventati ricchissimi e i tesorieri meno abili e più rapaci. Le decine, quando non le centinaia, di milioni di euro assicurate ai partiti senza alcuna relazione con le spese realmente affrontate, hanno determinato un impressionante accumulo di risorse. Oggi leggiamo di cifre che non si capisce come spese o come spendere. Tra elezioni politiche, elezioni regionali, elezioni europee il piccolo partito di Di Pietro ha accumulato circa cento milioni di euro oculatamente amministrati dallo stesso Di Pietro, dalla ex moglie e da un’amica nominata in Parlamento ( non eletta) e nominata tesoriera.

Gestione familiare.

Chissà che un giorno anche Woodcock, come De Magistris non faccia un suo partito e possa affidare la gestione dei rimborsi elettorali alla mamma e alla fidanzata! Intanto abbiamo, in proporzione, centinaia di milioni per il Pdl e per il Pd, buone riserve per il Fli, per quanto rimane dell’ex An, circa 240 milioni di euro per l’ex Margherita confluiti nelle casse del Pd e allegramente (ma non illecitamente) amministrati da Lusi. In rapporto colle percentuali elettorali si può presumere che la Lega abbia accumulato in questi anni circa 150 milioni di euro. Con distacco e buon gusto (!)Bossi non ha ritenuto di affidare l’amministrazione di questi «rimborsi » (che, in quanto tali, se fossero a piè di lista porterebbero nelle casse dei partiti non più di un decimo di quello che, indistintamente, ottengono) alla moglie e magari al figlio e ha scelto il proprio Lusi in Belsito, oggi indagato con grande dispiego di forze dell’ordine pagate da noi, in trasferta da Napoli e da Reggio Calabria. Cosa cercano? E di cosa si occupano? Se sono rimborsi, chi li ottiene, a fronte di spese già sostenute (sulla carta) li potrà spendere come vuole. Non si tratta di finanziamenti illeciti. Si tratta di utilizzo di denari legalmente ricevuti mettendoli a frutto. Si chiamano: investimenti. Non vorrei alla fine che Lusi, accusato non di avere preso finanziamenti illeciti ma di avere distratto finanziamenti leciti, risultasse incolpevole per avere semplicemente cercato di non tenere immobilizzate cifre così grandi, e colpevole Rutelli per omesso controllo, per non avere verificato se quegli investimenti, transitati sui conti privati di Lusi, avessero come destinazione e obiettivo finale di tornare nella disponibilità del partito.

Di quale partito, poi? Se è vero che la Margherita, indimenticabile ritrovo di ex democristiani della Prima repubblica disonesta, si è sciolta nel 2007 nel Pd, rimanendo ancora oggi abilitata a ricevere i cospicui rimborsi per un’attività non più svolta. In questa conclusione è evidente che Lusi non poteva utilizzare la ragione sociale della Margherita ma utilizzare la propria, col beneficio di restituire quello che non era suo, così come ha garantito con i regali per le sue nozze promessi ai terremotati dell’Aquila e «posteggiati»sul suo conto corrente. Ciò che è corrente scorre e può andare ovunque. Anche al posto giusto. Ed eccoci ora a Belsito. Ciò che se ne dice e ciò che si vede non è raccomandabile. Ma mai fidarsi delle apparenze.

Tra i suoi reati, risulterebbe, per infamare il leader che egli abbia garantito delle provviste per la famiglia Bossi. Un’accusa grave e, speriamo, infondata. Ma in ogni caso non un reato. Con soldi illeciti io non posso arricchirmi, coi soldi dei rimborsi (sulla carta di altri già spesi) farò quello che voglio. Come si può indagare su finanziamenti regolari?

Cosa cerca Woodcock? Non è forse come sempre alla ricerca del colpevole, prima che del reato? E Lusi e Belsito non saranno diversamente innocenti e responsabili solo di avere agito all’insaputa dei loro capi? Ed è lecito che i capi di un partito non sappiano cosa fanno i loro delegati a una materia così delicata come i finanziamenti elettorali? Da una parte Rutelli,dall’altra Bossi, nell’epoca delle cose che accadono «a loro insaputa» di questo dovremmo meravigliarci, non di quello che due capaci (come si è riconosciuto) tesorieri hanno compiuto, a tutela del denaro che con questa legge di altri non è che dei partiti. E allora cosa c’entra Woodcock? Vittorio Sgarbi, Il Giornale, 4 aprile 2012

.………….Secondo dati abbastanza fondati lo Stato ha corrisposto ai partiti sotto forma di rimborsi elettorali 2 miliardi e 200 milioni di euro; secondo altri dati anch’essi abbastanza fondati i partiti avrebbero speso circa 500 milioni di euro per le attività connesse alle attività per cui hanno ricevuto i rimborsi. Restano un miliardo e 700 milioni di euro che stazionano nelle casse dei partiti che ne fanno quel che vogliono perchè la legge istitutiva dei rimborsi elettorali, varata dopo l’abrogazione a furor di popolo della legge sul fnanzamento pubblico,  non prevede alcuna forma di rendicontazione, se non formale. Di qui, l’abbiamo già scritto, la necessità, anche nell’ambito della riduzione della spesa pubblica, di rivedere la legge, cosa che naturalmetne il signor Monti si è ben guardato dall’affrontare magari con un decreto legge su cui misurare la volontà dei partiti di partecipare alla rinascita del Paese. Ma sinchè la legge non viene rivisitata ha ragione Sgarbi a sostenere che al di là di possibili malversazioni personali, sono inspiegabili certe iniziative che partono da Reggio Calabria, atraversano Napoli, e arrivano a Milano. E perchè non fermarsi anche a Roma dove hanno sede buona parte degli altri partiti che si sono sparitit la torta dei finanziamenti pubblici sotto forma di rimborsi elettorali? Il dubbio che anche in questo caso si tratti di una oculata scelta del destinatario, la Lega, oggi in grande imbarazzo, è assai fondato. D’altra parte lo conferma il fatto  che ieri è interventuo sullla vicenda l’ex scrittore SAVIANO ( non si hanno notizie di altri prodotti editoriali dopo l’unico che gli ha portato fama e ricchezza) il quale come ogni buon maramaldo ha sparato sulla Lega e sui presunti e per nulla accertati legami con la malavita. Quelli che invece pare legassero il padre di Saviano alla camorra. Chi è senza peccato, dice il Vangelo, tiri la prima pietra. Altrimenti nasconda la mano. g.

IMU: UN PASTICCIO SENZA EQUITA’, di Mario Sechi

Pubblicato il 4 aprile, 2012 in Politica | No Comments »

Soldi La materia fiscale va maneggiata con cura, è nitroglicerina. Cinquemila anni di storia delle tasse dovrebbero essere una lezione da ricordare per chiunque, ma il governo Monti non sembra averne piena coscienza. Il varo dell’Imu, l’imposta sugli immobili che ha sostituito l’Ici, è un disastro sotto tutti i punti di vista: legislativo, giuridico e politico. L’ultima buona novella che giunge dal Parlamento è questa: sacrifici per tutti, ma non per gli azionisti delle banche. È uno schiaffo ai contribuenti. Pagano i pensionati, chi vive in ospizio, chi ha un deposito di attrezzi agricoli, ma chi governa l’alta finanza no. Perché? Il governo ha dato parere contrario, spiegando che sono associazioni benefiche. È così? Solo in parte. E il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. Le fondazioni detengono quote determinanti di capitale nei principali gruppi bancari del Paese, nominano i consiglieri d’amministrazione, influenzano in maniera decisiva la gestione del credito e partecipano agli utili, di cui solo una quota viene redistribuita in opere di bene. Prima della grande crisi della finanza, nel 2008, le fondazioni bancarie hanno incassato quasi un miliardo e mezzo di euro di dividendi. Tre anni dopo, per effetto della crisi – e di una gestione allegra degli asset – i dividendi sono crollati a 333 milioni. La verità è che, al netto del crac dei mercati, la cronaca ci offre ogni giorno note illuminanti sulla qualità della loro gestione. Un solo esempio per tutti: la Fondazione del Monte dei Paschi di Siena con la cessione delle quote di banca Mps (4,69 miliardi di euro di perdite) ha realizzato un miliardo di euro di minusvalenze. E le altre fondazioni non stanno tanto meglio. Tutto bene? La natura «spuria» delle fondazioni è sotto gli occhi di tutti, avrebbero dovuto uscire dal capitale delle banche, ma non l’hanno fatto, il Parlamento s’è ben guardato dal cambiare la legge in questo senso, e oggi il loro ambiguo vestito «double face» viene usato per giustificare l’esenzione dal pagamento dell’Imu. Possiedono un enorme patrimonio immobiliare, ma non verseranno un euro allo Stato. Dopo aver fatto una battaglia campale per far pagare l’Imu alla Chiesa – che comunque i poveri li aiuta davvero – il governo ha alzato uno scudo per proteggere chi controlla le banche. Sarebbe questa l’equità?  Mario Sechi, Il Tempo, 4 aprile 2012

.…..Di che si meraviglia Sechi? Tutta questa storiaccia di Monti e del continuio richiamo al rigore e all’equità è tanto squallida quanto scandalosa. Il rigore è stato usato come una clava solo nei confrotni delle categorie deboli e indifese, i lavoratori dipendenti e i pensionati, con qualhe appendice nei confronti delle piccole  emedie imprese, l’equità invece è come l’araba fenice che tutti dicono che c’è e nessuno sa dov’è. Questa del’IMU, che è un pasticciaccio che solo questi dilettanti allo sbaraglio potevano creare come per il caso degli esodati, è la riprova che Monti è l’uomo delle banche e dei poteri economici internazionali che Napolitano, l’ex comunista esaltatore di Lenin e Stalin, ha issato sulo scranno di presidente del consiglio dopo aver ridotto il Parlamento ad una brutta copia dei soviet o dell assemblee dei paesi a gestione totalitaria dove il capo,  Monti si riunisce con i suoi fidi (Alfano, Bersani e Casini) e decide quel che deve essere fatto e il Paralento si limita  a ratificare ciò che è stato deciso. Secoli di battaglie per la democrazia e la libertà annullati da una moderna dittatura che ci sta riducendo a schiavi e per di più morti di fame. g.


ESODATI: L’ERRORE DELLA FORNERO COSTERA’ ALLO STATO FINO A 15 MILIARDI

Pubblicato il 3 aprile, 2012 in Economia, Politica | No Comments »

Il ministro deve trovare un paracadute per quei lavoratori senza impiego, ammortizzatori e pensione: ma costerà una fortuna

Esodati, l'errore della Fornero ci costerà fino a 15 miliardi

La strada si fa sempre più complessa per cercare una soluzione per gli esodati, i lavoratori rimasti a casa in attesa della pensione dopo aver trovato un accordo economico con le aziende e che ora, dopo la riforma di Elsa Fornero, quella pensione l’hanno vista allontanarsi di anni. Il governo è al lavoro per trovare una via d’uscita, ma l’incognita sono i costi: secondo le stime potrebbero sfiorare i tre miliardi l’anno per un massimo di cinque anni. Un totale di 15 miliardi. Un vero e proprio tesoro.

350mila persone – Il nuovo ammortizzatore sarebbe una sorta di indennità di mobilità transitoria che accompagnerà gli esodati alal pensione, un esercito composto da circa 350mila persone. L’errore della Fornerno, insomma, rischia di costarci caro. Elsa ora deve trovare il modo di offrire un paracadute a quelle persone che hanno firmato accordi in buona fede, con le vecchie regole, e che a causa della riforma della previdenza si troveranno nei prossimi anni senza lavoro, senza ammortizzatori e senza soluzioni. Oggi, mercoledì 3 aprile, è prevista una riunione tecnica tra ministero del Lavoro, Inps e Ragioneria dello Stato per verificare i numeri, ma per trovare una soluzione – ha spiegato sempre la Fornero – c’è tempo fino al 30 giugno.

.……Insomma il ministro incautamente definita “di ferro” e innalzata sugli altari per via della sua competenza ha varato un provvedimento ignorando l’esistenza di 350 mila persone firmatarie di accordi con le proprie aziende sottoscritti in base alle leggi vigenti. Eppure sarebbe bastato un piccolo “inventario” attraverso gli uffici periferici del ministero per avere contezza della situazione e agire in maniera tale da assicurare il rispetto degli accordi ed evitare il salasso per i conti pubblici che si prospetta a legittima salvaguardia di questi 350 mila ex dipendenti. Una dilettante allo sbaraglio. g