E’ l’ultimo saggio di Giampoalo Pansa, saggista e romanziere di successo, giornalista attento e attento narratore delle vicende politiche italiane. Negli ultimi anni ha “rivisitato” il secondo dopoguerra, riscrivendo pagine di verità sulle vicende che caratterizzarono la fine della guerra civile in Italia. Prima Il sangue dei vinti da cui è stato tratto l’omonimo film con Michele Placido, poi La grande bugia e poi ancora I gendarmi delle memoria, hanno contribuito più di ogni altro a riscrivere pagine di verità su una tragedia che insanguinò sopratutto le regioni del centronord. E per questo Pansa, uomo di sinistra, si è ritrovato ad essere a sua volta oggetto di aggressioni, contumelie, diffamazioni. Eppure è lo stesso giornalista, fieramente antifascista, che dalle colonne dell’Espresso e di altri importanti fogli di sinistra, negli anni sessanta, settanta e ottanta, è stato uno dei più spietati fustigatori della classe dirigente che ha governato l’Italia dal 1945 al 1992, anche con molti saggi di denuncia politica che hanno lasciato il segno. Tutto ciò non lo ha esentato dalla gogna cui da sempre in Italia viene sottoposto chiunque ridiscuta i luoghi comuni e le parole d’ordine della sinsitra. Ma Pansa non ha ceduto di un millimetro e scoperta la verità sulle “radiose giornate” del 1945, non ha avuto esitazioni a scriverne. Come fa ora con questo saggio, I cari estinti, dedicato agli uomini politici spazzati via da Tangentepoli, dopo aver governato l’Italia dalla fine della guerra, guidandola nella lunga marcia della ricostruzione e del boom economico, per quasi 50 anni. Pansa, in questo suo libro, che è anche un libro di ricordi, parla degli uomini della Prima Repubblica con rispetto quano non lo fa con simpatia, la simpatia che si prova verso chi, in qualche modo, è stato un compagno di viaggio della propria esistenza. Anzi, scrive Pansa, “i partiti della prima repubblica, i leader, i capi di seconda e terza fila, sino ai peones, sono diventati i soggetti più frequenti del mio lavoro. Ne ho scritto così tanto che stradfa facendo mi sono accorto di un fatto sorprendente. Quei personaggi erano oramai i compagni della mia vita professionale. Più li osservavo e più mi stavano accanto. Come per ricordarmi che, senza di loro, il mio mestiere non avrebbe avuto significato“. Parole da cui traspare in fondo qualcosa che assomiglia molto alla simpatia, che diviene ancor più evidente leggendo le pagine del saggio, lì dove necessariamente Pansa deve mettere a confronto quegli uomini e quella calsse dirigente con quella attuale, almeno con una parte di quella attuale. E così ricorda gli uomini che dominarono il Paese nel dopoguerra ricordando “il pio Rumor, l’irriducibile Fanfani, l’eterno Andreotti, l’enigmatico Moro, l’aggressico De Mita, il mocale Berlinguer, l’ardimentoso Craxi, il tenace Almirante, l’ambizioso Spadolini”. E si pone anche domande che costituiscono il filo conduttore della sua ricerca storica narrata nel libro: la Dc ci ha salvati dallo stalinismo ma ha usato male il suo strapotere? Craxiera solo uno dei tanti poltici corrotti o uno statista coraggioso? Il PCI lavorava per l’Unione Sovietica? Perchì i vincitori della guerra civle sono finiti nel baratro di Tangentopoli? Alla fine del libro il lettore che avrà avuto pazienza potrà dare le medesime risposte che Pansa si è date e che lo hanno indotto a ricordare, talvolta con ironia, talvolta con struggente nostalgia, mai con irriverenza, i “cari estinti” di una Italia che fu. g.
—--I CARI ESTINTI, di Giampaolo PANSA, Editrice Rizzoli, euro 22,00.