BERLUSCONI: NIENTE SARA’ PIU’ COME PRIMA

Pubblicato il 29 novembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Il cielo grigio su Roma, l’atmosfera dimessa dentro il Senato, le bandiere sventolanti in via del Plebiscito. Una giornata storica che chiude il ventennio politico che resterà nella Storia. Venti anni che nessuno può liquidare come una “storia criminale”. Silvio Berlusconi non è più senatore della Repubblica. Niente sarà come prima. Finalmente la Politica, quella tradizionale, consolidata e apparentata, ha buttato fuori, con l’aiutino della Magistratura, il Cavaliere dai palazzi istituzionali. Mai ci erano riusciti nelle urne, ce l’hanno fatta con una sentenza. La storia si ripete: come nel 1994, ci volle «Mani pulite» per mettere fine alla prima Repubblica e la gente, quella che tirava le monetine al Raphael era convinta che ci sarebbe stata una svolta, era convinta che ci sarebbe stato un futuro migliore. Allora comparve l’imprenditore di Arcore a dare speranza, lui corpo estraneo della politica, troppo diverso, troppo votato e mai sopportato. Non glielo hanno mai perdonato e ora, fatto fuori lui, finalmente in politica soltanto cavalli di razza. Peccato che la gente però oggi è alla canna del gas, non vede futuro, non ha speranza e forse non tirerebbe soltanto le monetine per salutare la fine della seconda Repubblica.. Eppure Berlusconi, nel giorno del «lutto della democrazia», nel giorno più amaro da leader politico perseguitato, giorno che di certo non dimenticherà mai, è apparso rinfrancato dalla presenza del suo popolo, al quale ha promesso il suo impegno di “missionario di verità e libertà” usando le parole dell’inno di Mameli: “siam pronti alla morte…”. E di lasciare la scena politica, malgrado la decadenza, non ci pensa proprio e se prima era nel governo delle larghe intese in nome della governabilità, da oggi ne è fuori e va avanti in nome della protesta. Continuerà a battersi da leader “extraparlamentare” come lo sono Grillo e Renzi, al quale è pronto a rovinare la festa per la vittoria delle Primarie il prossimo 8 dicembre visto che, in quello stesso giorno, festeggerà i primi mille club “Forza Silvio”. Silvio Berlusconi non getta la spugna, Forza Italia è all’opposizione e promette battaglia e vendetta per quei milioni di italiani che credono ancora nel loro leader e sperano che l’Italia possa essere un Paese libero e liberale. Per Alfano&C. i fischi della piazza, per Letta l’avviso che andare avanti con questo governo non sarà più facile. In una giornata epocale per la nostra politica, Silvio Berlusconi esce dal Parlamento ed entra definitivamente nella storia d’Italia: di lui si ricorderanno i posteri, dei senatori che hanno detto sì alla decadenza non si ricorderà nessuno. Berlusconi non molla, il berlusconismo è vivo. Finisce un’epoca. Niente sarà come prima. Sabina Biraghi, Il Tempo, 28 novembre 2013

GODETE ADESSO CHE DOMANI TOCCA A VOI

Pubblicato il 28 novembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Chiocci

Senza parole. Alle 17.43 le lancette della storia si fermano per sempre. Suona a morto la campana della democrazia. È il minuto di silenzio della libertà. Il lasciapassare definitivo alla cavalcata giudiziaria di un organo dello Stato che s’è fatto partito e che presto colpirà – perché tanto colpirà (e noi garantisti saremo lì a difendervi, ma quanto ci farà godere quel momento) – chi oggi brinda alla fine di Berlusconi. Senza parole per lo spettacolo offerto all’estero da un Paese allo sfascio. Senza parole per i vili e gli sciacalli, per chi non ha palle e dignità. Senza parole per Renzo Piano, senatore a vita sempre assente ma ricomparso per ghigliottinare il Cav. Senza parole per chi straparla di legge uguale per tutti quando per uno, è dimostrato, non esserlo stata. Senza parole. Le uniche sensate le riproduciamo da un sms di un amico, vecchio comunista, disgustato dai 195 schierati nel piazzale Loreto del Senato: «È così triste e deprimente, dopo 40 anni di militanza politica, dover prendere atto della deriva giustizialista della sinistra italiana». Senza parole pure lui. Senza più speranza tutti noi. Gian Marco Chiocci, Il Tempo, 28 novembre 2013

……………..Il Direttore de Il Tempo, quotidiano indipendente di Roma, da sempre voce dei moderati italiani senza tessere di partito, scrive oggi questo editoriale che esprime nella sua brevità e concisione lo stupore e la rabbia degli italiani dinanzi allo scempio che si è compiuto ieri al Senato con la decadenza di Berlusconi, ultimo atto di una guerra durata 20 anni e finalmente conclusasi con lo scalpo del nemico. Ma quelli che oggi esultano si guardino le spalle perchè se e quando oseranno svincolarsi dall’abbraccio mortale dell’organo dello Stato che si è fatto partito per “vendicarsi” di Berlusconi, allora e solo allora capiranno quale errore hanno commesso contribuendo vilmente ad assoggettare la politica ai  diktat extraparlamentari. g.

BERLUSCONI DECADE? NESSUNO SI ILLUDA CHE SPARISCANO I MODERATI.

Pubblicato il 27 novembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Cacciano Berlusconi e subito aumentano le tasse. Un uno-due che ha provocato l’uscita di Forza Italia dalla maggioranza.

Addio governo delle larghe intese, che se la vedano loro (sinistra, alfaniani e montiani) con la loro coscienza, con i cittadini. E non si illudano di farla franca.

Non si illudano che un voto di decadenza possa impedire a Silvio Berlusconi di essere il leader politico di milioni di italiani che sperano ancora in un Paese libero e liberale.

Non si illudano le procure di Milano e Napoli che arrestando Berlusconi (da domani è possibile, perdendo l’immunità) possa venire meno la forza del più importante partito liberale d’Europa.

Non si illuda Napolitano di poter ribaltare con oscure manovre di palazzo e patti indicibili l’esito di libere elezioni.

Non si illudano Letta e Alfano di continuare a governare come se niente fosse, come ha deciso ieri sera Napolitano: quel che resta della maggioranza e del governo è una accozzaglia, per di più litigiosa, di mediocri, miracolati e traditori incapaci di risolvere alcun problema come ben dimostra la legge di stabilità tutta tasse e niente tagli.

Non si illudano, Napolitano e Letta, di riuscire nel loro intento di vendere, in cambio della loro sopravvivenza, quel che resta del Paese a cancellerie straniere che spingono per un’Italia sottomessa ai loro interessi.

Non si illuda il ministro dell’Economia Saccomanni che via Berlusconi si possa rapinare impuniti i contribuenti con tasse palesi e occulte su un bene, la casa, che è proprietà inviolabile e sacra degli italiani.

Non si illudano Napolitano e il Pd di dire a noi che cosa è giusto e cosa è sbagliato, se si deve o no scendere in piazza: dai comunisti non accetteremo mai lezioni di libertà e democrazia.

Non si illudano Formigoni e Schifani di averla fatta franca o attenuato i loro pesanti guai giudiziari. La sinistra li sta usando come polli per poi, a missione compiuta, riconsegnarli nelle mani dei pm aguzzini.

Non si illuda Letta di salvarsi dal ciclone Renzi facendosi scudo di Napolitano ed Alfano. Il suo governo, anche per la sinistra, è un morto che cammina.

Nessuno si illuda di romperci i santissimi con la menata della stabilità. Non può esserci stabilità senza efficienza fiscale, libertà e giustizia.

Non si illuda Alfano di essere un leader.

Non si illuda Berlusconi che tutto questo sia una passeggiata. Sarà dura, ma la sua gente non lo lascerà solo.

Questo è certo.

Questo è l’editoriale con  cui Il Giornale ha commentato la decadenza del Presidente Berlusconi dalla carica di senatore a cui l’avevano eletto dieci milioni di italiani. Lo facciamo nostro perchè lo condividiamo in ogni sua parte. g.


“NAPOLITANO RICATTA”: EDITORIALE DI FUOCO DI ALESSANDRO SALLUSTI

Pubblicato il 26 novembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Alla vigilia del voto sulla decadenza di Silvio Berlusconi, il Direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, attacca Napolitano con un editoriale al vetriolo. Motivo scatenante un intervent o maldestro di Napolitano a proposito della manifestazione indetta da Forza Italia a favore del proprio leader. Maldestro e sopra le riga perchè è sembrato una diffida a partecipare alla manifestazione. Di qui le invettive di Sallusti che rivendica il diritto in un paese libero e democratico a manifestare  nel rispetto della legge. Perchè, ed è appena il caso di ricordarlo,  che  qui  non siamo in Ucraina dove il potere, manco a dirlo postcomunista, ha messo in galera la leader della opposizione accusata di aver trescato con la Russia di cui l’attuale regime ucraino   è sponda.  I toni  di Sallusti  sono forti ma provocati da un intervento che Napolitano poteva e doveva risparmiarsi, cosicchè non sarebbe stato riesumato il ricordo di quando lui, staliniamo di ferro, chiudeva gli occhi sui massacri degli insorti ungheresi nelle tragiche giornate dell’ottobre del 1956 da parte dell’Armata Ross, esprimendo solidarietà non agli insorti ma ai loro massacratori.g.

Il presidente Napolitano passa alle minacce. Della grazia a Berlusconi – dice – non se ne parla neppure.

E fin qui, nulla di nuovo. Il salto di qualità arriva subito dopo. Se qualcuno vorrà manifestare contro la decadenza di Berlusconi – aggiunge l’inquilino del Quirinale – stia ben attento ai modi e alle parole. Siamo all’avvertimento, all’intimidazione. Perché, presidente, a che cosa dovremo stare attenti? Chi scenderà in piazza mercoledì e magari nei giorni successivi che cosa rischia? La galera, il fermo di polizia, la schedatura come sovversivo? Ecco, allora si accomodi fin da subito perché le dico già ora che lei è il capo di una cospirazione che sta cercando di sovvertire la volontà popolare. Lei è un vecchio inacidito e in malafede indegno di occupare la più alta carica dello Stato. Lei vuole zittire milioni di italiani come ha zittito la Procura di Palermo che aveva trovato le prove delle sue malefatte. Lei ha il pallino di zittire i cittadini che manifestano per la libertà (le ricordo che ha sulla coscienza migliaia di ungheresi trucidati dai russi con il suo consenso morale e politico). Lei per scalzare Berlusconi ha comperato prima Mario Monti con la carica di senatore a vita, facendolo pagare a noi fin che campa. Fallita la missione ci ha riprovato comperando un pezzo della dirigenza Pdl, quello più debole, compromesso e ricattabile. Ha taciuto sulle nefandezze della magistratura, ha venduto il Paese a Stati esteri, Germania in primis. Noi non ci faremo intimidire dalle sue minacce. Lei è un golpista, perché usa il suo potere al servizio della vecchia causa comunista oggi rivista e corretta in salsa lettiana. Noi scenderemo in piazza, contro la magistratura, contro la sinistra e contro di lei che rappresenta il peggio di questo Paese. Che le piaccia o no dovrà ascoltare. Come ai tempi dell’ascesa di Grillo, dirà che non ha sentito. E allora urleremo più forte. Perché noi, a differenza sua e dei suoi tristi cortigiani, siamo uomini liberi. Alessandro Sallusti, 26 novembre 2013

IUC , IMPOSTA UNICA COMUNALE, E’ IL DECIMO NOME DI UNA STESSA TASSA

Pubblicato il 26 novembre, 2013 in Economia, Politica | Nessun commento »

Se il gettito dipendesse da quante volte una tassa cambia nome, quello delle imposte sulla casa garantirebbe un record (sicuro) di entrate.
Invece non è così, nel tortuoso (e non ancora concluso) percorso della legge di Stabilità l’ormai (quasi ex) Imu, l’Imposta municipale unica, che già aveva preso il posto dell’Ici (Imposta comunale sugli immobili) stava per chiamarsi Trise (Tributo sui servizi comunali). A sua volta divisa in Tari (Tassa sui rifiuti) e Tasi (sui servizi indivisibili, che vanno dalla luce, all’arredo urbano agli stipendi della polizia municipale). Poi è comparsa nelle aule parlamentari la Tuc, il tributo unico comunale. Che evoca il nome di un biscotto un po’ salato un po’ dolce. E adesso nell’ultima (davvero?) versione si è trasformata nella Iuc, l’Imposta unica comunale. Fino al ‘92 si chiamavano in un altro modo, Invim e Ilor. Poi venne l’Isi, l’imposta straordinaria sugli immobili. Così straordinaria da trasformarsi in imposta permanente. Se li mettete in fila arriviamo a contare dieci nomi diversi, da fare invidia all’Accademia della Crusca (fiscale). Un rompicapo che aumenta la confusione. Non il gettito. Dal momento che il governo sta ancora cercando le risorse per coprire il taglio dell’Imu sulla prima casa. Durata appena un anno eppure così difficile da ribattezzare. Insomma, se non è zuppa è pan bagnato!

CLASSI DIRIGENTI E COSCIENZE SPORCHE: CRONACHE DALLA PALUDE

Pubblicato il 17 novembre, 2013 in Costume, Cronaca | Nessun commento »

Non qualche organo dello Stato italiano, ma l’amministrazione della Marina degli Stati Uniti (si può aggiungere «a nostra vergogna» o è un’espressione esagerata?) si è data cura di elaborare i dati più aggiornati sull’inquinamento ambientale a Napoli e in Campania. I risultati sono noti grazie all’ Espresso : in pratica, chi si azzarda a bere l’acqua del rubinetto da Capodichino a Caserta lo fa a suo rischio e pericolo. Risultato: i giornali si agitano, i napoletani si preoccupano, il loro ineffabile sindaco minaccia azioni legali (immagino contro Obama). Non sembra però che in complesso ci sia una reazione molto diversa da quella che c’è stata una settimana fa, quando si è appreso che secondo un celebre capocamorrista in galera, coloro che abitano nelle medesime zone di cui sopra nel giro di venti anni saranno tutti morti di cancro a causa dei rifiuti tossici che la sua organizzazione ha riversato lì per anni. Profezia che peraltro – come ha raccontato benissimo sul Corriere di ieri Gian Antonio Stella – si sta già puntualmente avverando. In entrambi i casi costernazione, indignazione, ma tutto finisce lì. Il Sud può andare in malora, l’Italia sembra avere altro a cui pensare.

In altri tempi, quando al Parlamento sedevano rappresentanti veri delle popolazioni, e non burattini paracadutati come oggi, fatti del genere (si pensi all’epidemia di colera del ‘73) avrebbero scatenato la loro mobilitazione immediata e una conseguente azione fortissima sul governo. Così come in altri tempi, e sempre per cose del genere, i partiti e le organizzazioni sindacali delle zone interessate avrebbero fatto a dir poco l’ira di dio. Ma allora non c’era il Porcellum . Il Sud c’era ancora come grande questione nazionale. E forse, mi viene da aggiungere, c’era anche un’altra idea d’Italia.

Ma alla fine tutto dipende ancora da noi. Moltissimo è nelle mani dell’opinione pubblica meridionale; molto dipende dal convincimento che essa deve farsi che di questo passo il Mezzogiorno diventerà un posto simile a certi Stati della coca sudamericani. Così come molto dipende dalla capacità dell’opinione pubblica meridionale di resistere alla deprecazione di maniera di coloro che al minimo stormir di fronde sono abituati a strillare contro la «militarizzazione del territorio». Quando invece è proprio da una tale militarizzazione che tanta parte del Sud può aspettarsi la salvezza. Solo con il sostegno di questo nuovo sentimento collettivo lo Stato potrà fare la sua parte. Non servono leggi eccezionali. Serve un controllo capillare delle amministrazioni locali, un’azione continua e penetrante specialmente della Guardia di finanza, serve far funzionare tutto ciò che è pubblico: dai mezzi di trasporto, agli ospedali, alla scuola, alle poste. E servono anche gesti simbolici: per esempio la nomina a Caserta o a Reggio Calabria di un prefetto scelto tra gli alti gradi dei Carabinieri.

Guai a pensare però che sia solo una questione del Mezzogiorno. Lì c’è la testa della Piovra, che dopo essersi alimentata per anni con i rifiuti provenienti perlopiù dal Nord, ora sta allungando anche qui i suoi tentacoli. Essa sa bene, infatti, che l’Italia è una sola. Siamo noi che spesso ce ne dimentichiamo. Ernesto Galli della Loggia, Il Corriere della Sera, 17 novembrfe 2013

……………..Qualsiasi questione ci riporta allo stesso punto di partenza: la necessità di riformulare la legge elettorale, restituendo ai cittadini il diritto-dovere di scegliere da chi farsi rappresentare e agli eletti il dovere-obbligo di ben rappresentare gli elettorie il loro territorio. Altrimenti ciò che denuncia Galli della Loggia si ripeterà all’infinito, senza che alcun se ne senta responsabile. g.

PECCATO!

Pubblicato il 16 novembre, 2013 in Il territorio | Nessun commento »

Questo tripudio di bandiere nel salone della Fiera di Roma segna la nascita ufficiale del Popolo della Libertà: è il marzo del 2008, pochi mesi prima della straripante vittoria elettorale che riportò il centrodestra al governo e il presidente Berlusconi per la terrza volta in pochi anni a Palazzo Chigi.

L’entusiasmo era alle stelle, la commozione era visibile nei volti di tutti, dagli anziani che da decenni attendevano che si realizzasse il sogno della Grande Destra inseguito da sempre, ai giovani che vedevano realizzate le premesse per un grande futuro del nostro Paese governato all’insegna dei Valori della Libertà.

Eravamo lì, in quei giorni, sopratutto quel giorno e il nostro animo e il nostro cuore partecipavano alla gioia comune e non riuscimmo a trattenere nè le lacrime nè la consapevolezza di stare vivendo giornate storiche.

Il pensiero e la memoria ritornavano indietro, agli anni della giovinezza, alla lontana e mai dimenticata militanza nei ranghi della Giovane Italia, l’associazione studentesca che faeva capo al Msi, prima, alla Destra Nazionale, poi.  Alle tante battaglie, alle tante sconfitte, alle tante speranze che  avevano nutrito il nostro spirito,  E ritornavano al 1976, alla diaspora all’interno della Destra e alla scissione che ne seguì, che,  a prescindere dalle colpe e dalle ragioni, segnò,  allora,  la fine di un sogno e di una speranza.

Quel giorno di marzo del 2008, nell’aria primaverile di Roma, mentre le bandiere del PDL si incrociavano con i Tricolori e insieme sventolavano spavalde  fra le migliaia di delegati di tutta Italia,  convenuti per celebrare finalmente  l’unità dei moderati italiani,  ritrovammo lì, nella Roma tanto amata, nella Roma cantata da Puccini,  teatro di tante speranze, la voglia di riprendere con rinnovato vigore,  come tanti anni prima,  la lotta per una Italia migliore, più giusta, più libera, più felice.

Sono passati pochi anni da allora,  questa mattina, in queste ore, il sogno svanisce, ritorna lo spettro della divisione, sopratutto il timore della irrilevanza politica del centrodestra in un Paese che ora più che mai ha bisogno dei suoi Valori per resistere e superare le contigenze determinate da politiche europee errate e invasive della nostra autonomia e della nostra sovranità nazionale, carpitaci senza che si sia dato vita ad un grande stato unitario dell’Europa, non dei banchieri ma dei popoli.

Anche ora, a prescidere dalle colpe e dalle ragioni,  è la fine di un grande sogno e di una grande speranza che erano diventate realtà, svanita fra le reciproche accuse che peseranno nell’immediato sul futuro del centrodestra italiano e quindi del nostro Paese, della nostra Patria, l’Italia. Peccato! g.


OGNUNO PER SE’, SENZA VERGOGNA, di Antonio Polito

Pubblicato il 15 novembre, 2013 in Costume, Politica | Nessun commento »

Domani morirà il Pdl. Certo, per rinascere sotto le sembianze di Forza Italia. Ma la nuova-vecchia sigla rischia una scissione prima ancora di nascere. Dobbiamo dunque in ogni caso dare l’addio a un partito venuto alla luce esattamente sei anni fa, il 18 novembre del 2007, su un predellino a piazza San Babila, per diventare il grande partito conservatore che l’Italia non aveva mai avuto. L’idea di riunificare in un unico contenitore tutte le culture (e gli apparati) del centrodestra è miseramente fallita.

Del resto anche il Pd ha così tante volte fallito in questi sei anni di vita la sua missione fondatrice, portare al governo il riformismo italiano, che già è in cerca di un salvatore che lo rifondi, il prossimo 8 dicembre. L’unico partito non ad personam della Seconda Repubblica, ha scritto Mauro Calise nel suo libro Fuorigioco , è morto soffocato dal personalismo di decine di piccoli leader, capaci di dilaniarsi dall’elezione del presidente della Repubblica fino a quella del segretario di Asti, spesso facendo carte false. La rifondazione consiste in questo: diventare un partito personale, sperando che un vero Capo distrugga tutti i capetti.

Bisognerebbe a questo punto parlare di Scelta civica, il partito più giovane; ma lì non si parlano neanche più tra di loro, di che vogliamo parlare? Della Lega, certo, il partito più antico, che si avvia a un congresso fratricida? Oppure dei resti di Alleanza nazionale, il cui conto in banca è sopravvissuto al partito, al punto che forse rifanno il partito per recuperare il bottino?
Ovunque la lotta politica è aspra. Ma in nessun luogo del mondo civile è così intestina, squassa i partiti dall’interno, e produce una tale pletora di cacicchi, cassieri e cantori. I partiti italiani non sono tali perché sono divisi sull’essenziale. Tra le colombe e i falchi del Pdl, per esempio, non c’è una differenza marginale o transitoria: gli uni vogliono stare al governo e gli altri all’opposizione; i primi sognano la democrazia interna, i secondi invocano l’autocrazia. Sono così diversi che se resteranno insieme domani, ricominceranno a litigare dopodomani.

Ovunque la lotta politica non è un pranzo di gala. Ma in nessuna democrazia occidentale i leader non si siedono neanche a tavola. Tra poche settimane nessuno tra i capi dei maggiori partiti italiani starà in Parlamento. Chi volente, chi nolente, Berlusconi, Renzi e Grillo saranno tutti leader extraparlamentari.

Le parole di Giorgio Napolitano, che davanti a papa Francesco ha condannato le «esasperazioni di parte», il «clima avvelenato e destabilizzante», e si è rammaricato di quanto la nostra vita pubblica sia lontana da quella «cultura dell’incontro» che il Pontefice spesso invoca, sono dunque una rappresentazione moderata e perfino generosa dello stato della lotta politica in Italia, nel Parlamento e fuori. Essa in realtà ricorda molto da vicino lo stato di natura descritto da Hobbes, homo homini lupus . Ma si tratta di una danza macabra. Una nazione che perde di vista l’interesse comune prepara la rovina collettiva. L’Italia non ne è distante.Antonio Polito, Il Corriere della Srra, 15 novembre 2013

……Questa la diagnosi, assolutamente esatta, desolatamente esatta. E la terapia? Polito, che sempre più assomiglia nello scrivere all’indimenticabile Montanelli per chiarezza e sintesi,  si astiene dall’indicarne una, forse perchè ritiene, giustamente!, che non una sola basterebbe per rimettere su questo Paese, il nostro bel Paese che di bello ha ormai poco, almeno nei costumi e nella società, ma  che di terapie ne servono molte e di più e diverse nature. Bell’impiccio non solo per il Paese ma sopratutto per chi ci abita, per scelta o per costitrizione, e a cui tra poco non resterà che un interrogativo: restare o andarsene? Bel dlemma anche questo, purtroppo senza risoluzione. g.

PADRE E MADRE TRASFORMATI IN GENITORE 1 E GENITORE 2: OVVERO LE BALORDAGGINI IN NOME DEL POLITICAMENTE CORRETTO

Pubblicato il 13 novembre, 2013 in Costume | Nessun commento »

Madre e padre cancellati. Non esistono più. Ora sono stati trasformati in genitore 1 e genitore 2 . Sul libretto delle giustificazioni degli alunni del Liceo Mamiani di Roma la famiglia tradizionale, quella che conosciamo da qualche millennio, è stata abolita con la semplicissima e veloce sostituzione di due sostantivi.  Per la verità la tendenza all’annullamento  delle differenze tra generi non è una novità.  Alcuni paesi  come la Francia  e la Spagna hanno già adottato forme di espressione più impersonali nei documenti ufficiali. Anche in Italia la proposta è stata avanzata da alcune amministrazioni locali. Nel settembre scorso ha suscitato fortissime polemiche la presa di posizione del ministro per l’Integrazione, Cecila Kyenge , che si era detta favorevole all’abolizione dei termini mamma e papà a favore di genitore 1 e 2 in riferimento alla scelta di una scuola materna di Venezia che ha deciso di cancellare dai moduli di iscrizione i termini mamma e papà.

La scelta del Mamiani viene apprezzata dal portavoce di Gay Center, Fabrizio Marrazzo, perchè in questo modo, afferma, non si discriminano i genitori gay. Marrazzo chiede che tutte le scuole d’Italia seguano l’esempio del Mamiani.

Indignato invece Federico Iadicicco di Fratelli d’Italia. <Una decisione ridicola -attacca Iadicicco- Annullare la denominazione padre e madre non è un fatto burocratico ma mina alle radici la struttura identitaria della persona>. Iadicicco chiede l’intervento del ministro della Pubblica Istruzione <per frenare questa inutile e dannosa boutade propagandistica>.

Ma davvero basta cambiare un sostantivo su un modulo per eliminare le discriminazioni o dall’altro punto di vista minacciare la nostra identità, le nostre tradizioni? Fonte ANSA, 13 novembre 2013

…………..Diciamo la verità, al Liceo Mamiani di Roma, noto per essere stato negli anni che precedettero quelli di piombo la roccaforte degli estremisti di sinistra, del libero sesso con la scusa delle occupazioni sessantottine, delle aggressioni ai ragazzi di destra con la complicità di professori rissosamente rossi, si vuole primeggiare e in attesa che i bambini nascano non dalla donna con l’apporto determinante dell’uomo ma da qualche surrogato (della donna…) ma da qualche alieno, si incomincia coll’immaginare,  con l’aiuto della fantasia che non manca agli imbecilli, che,  in quel caso,  l’alieno non sarà nè donna, nè maschio, ma appunto al più un numero. Il problema, se probelma è, che c’è chi a queste balordaggini ci va dietro. Come la ministra venuta da lontano. g.

IL PREMIER LETTA HA FATTO SPENDERE 24 MILA EURO PER RIFARSI LA POLTRONA..E ALTRO ANCORA

Pubblicato il 13 novembre, 2013 in Il territorio | Nessun commento »

Lavori in corso nello studio del presidente del Consiglio: spende una fortuna per la nuova sedia. Mobili, tende, cellulari: ecco tutti i costi

Tutte le spese pazze di Letta: tende, sedie, cellulari...

I famosi attributi di Enrico Letta più che di acciaio devono essere di piombo. Perché nel giro di poche settimane il premier deve avere sfondato la sua poltronissima a palazzo Chigi. Tanto da esser stato costretto nel mese di agosto a privarsene per il necessarissimo restauro, affidato alla piccola impresa romana di Davide Torrenti, che ha battuto sul filo di lana l’unico altro concorrente che si era presentato per ottenere la commessa: la srl Fonte Italia. Già che c’era Letta ha fatto rimettere a posto anche le seggiole dello studio, e con una seconda commessa vinta sempre da Torrenti, si è fatto riparare le tende che proteggono lo studio dal sole e dagli sguardi indiscreti. Per il contratto «restauro poltrone studio ufficio del Presidente del Consiglio» sottoscritto il 17 giugno scorso e poi eseguito appunto ad agosto, se ne sono andati 23.982,93 euro Iva compresa. Una bella somma, se si pensa che la maggiore parte degli  italiani non riescono a guadagnare quella cifra lorda in un anno. Il 76,04% dei contribuenti italiani presenta una dichiarazione dei redditi con una cifra lorda inferiore alla fattura per restaurare la poltrona del presidente del Consiglio. L’avessero avuta a casa avrebbero scelto naturalmente di mantenerla così sfondata, trovando soluzioni alternative per fare posare eventuali attributi di piombo.

Le tende – Il grande restyling dell’ufficio Letta non è finito lì. Per riparare le tende è infatti arrivata una seconda fattura di 8.369,65 euro comprensiva di Iva ancora al 21%, visto che il piccolo restauro è avvenuto fra l’11 e il 31 luglio scorso, prima che scattasse il nuovo aumento dell’Iva. I lavori non sono terminati lì: qualche settimana dopo (il 12 settembre) sono arrivati dalla Euroclone anche due nuovi «manicotti in plastica (guanti) per controllo posta per la sala K dell’ufficio del presidente del Consiglio». Spesa ovviamente assai più contenuta: 728,42 euro Iva inclusa comprensivi anche di regolare «posa in opera» (installazione) da parte della ditta prescelta.

Sgabelli – Sono poi stati appena consegnati dalla Corridi srl due sgabelli girevoli per l’anticamera del presidente. L’amministrazione di palazzo Chigi li ha acquistati al mercato elettronico della pubblica amministrazione per 336,38 euro. Sono sgabelli di un certo pregio: «girevole con braccioli, schienale elevabile e reclinabile, elevabile a gas, rivestimento in tessuto ignifugo o similpelle». Si aggiungono agli arredi già rinnovati per gli uffici del nuovo governo poche settimane dopo l’insediamento: il 3 giugno scorso la Sitland spa ha consegnato a palazzo Chigi sedie da ufficio nuove di zecca per 42.510,33 euro. E già il 14 giugno successivo la Corridi sas aveva consegnato 6 sgabelli simili a quelli che sarebbero poi arrivati nell’anticamera del premier. Costo complessivo: 1.009,14 euro.

Portone – Un’altra ditta si è occupata di qualcosa che non andava evidentemente all’ingresso di Palazzo Chigi. Il danno in questo caso dovrebbe essere stato provocato proprio nelle ultime ore del governo di Mario Monti, perché i primi contatti risalgono al 22 aprile scorso, quando Letta non si era ancora insediato lì. Il 13 maggio però è stato proprio il nuovo premier a fare firmare il contratto ufficiale con la Figera srl di viale Mazzini a Roma per la «riparazione e revisione del portone pedonale di ingresso principale», che probabilmente era stato danneggiato anche solo dall’usura. Con 740,05 euro è stato rimesso a posto pure quello. Intanto che c’era, quello stesso 13 maggio Letta ha fatto firmare due altri contratti con la Controlsecurity per mettere in sicurezza sia palazzo Chigi che le sedi distaccate della presidenza del Consiglio dei ministri. Per «interventi sui sistemi di sicurezza e posizionamento telecamere» sia a palazzo Chigi che a Palazzo Verospi sono stati spesi in tutto 4.597,790 euro più 965,54 euro di Iva per un totale di 5.563 euro. A Villa Doria Pamphilj, utilizzata dalla presidenza del Consiglio per incontri internazionali, invece la Controlsecurity ha installato una nuova telecamera Dome SPD5627R pagando 1.359,25 euro più Iva di 285,44 euro per un totale di 1.644,69 euro. Franco Bechis, Libero, 13 novembre 2013

……………..Così fan tutti….predicano bene e razzolano male, tradotto: gli italiani in miseria e  la casta che se la spassa.