MEDIOEVO ALLA ROVESCIA: LA CROCE AL COLLO OFFENDE L’ISLAM.

Pubblicato il 12 novembre, 2013 in Costume | Nessun commento »

Siv Kristin Sællmann, una delle più apprezzate giornaliste della tv pubblica norvegese, non potrà più indossare in video la catenina con la croce che ha fatto imbestialire i musulmani – “Quel simbolo non garantisce l’imparzialità del canale. Offende l’Islam…”

Non è bastato a Siv Kristin Sællmann essere una delle più apprezzate e conosciute giornaliste della tv pubblica norvegese Nrk. Kristin ha commesso un errore: ha indossato una collanina con la croce durante la conduzione di un telegiornale.Secondo quanto riferito dai vertici della tv, alcuni spettatori – soprattutto esponenti della comunità islamica locale – hanno protestato: «Quella catenina con la croce offende l’Islam». «Quel simbolo non garantisce l’imparzialità del canale». Risultato: alla conduttrice è stato vietato di ripresentarsi in video con quella piccola croce (1,4 centimetri, ha dichiarato la stessa giornalista).

Un caso che ricorda molto da vicino l’incredibile vicenda di Nadia Eweida, dipendente della compagnia aerea British Airways che dopo sette anni ha vinto la sua battaglia legale. La Corte Europea dei diritti umani ha infatti riconosciuto, nel gennaio scorso, che la donna era stata discriminata quando i suoi superiori le impedirono di portare una croce al collo sul posto di lavoro.

Nel caso della cristiana copta Eweida la sentenza di Strasburgo aveva messo in evidenza «l’importanza della libertà di religione, elemento essenziale dell’identità dei credenti e fondamento, tra altri, delle società democratiche pluraliste». Al contempo, però, la Corte aveva messo in guardia dai casi in cui «la pratica religiosa di un individuo sconfina sui diritti altrui». In quei casi può essere «oggetto di restrizioni». Chissà la collanina di Kristin in quale caso ricade. Mauro Pianta, La Stampa, 12 novembre 2013

……………..La differenza tra il mondo libero e l’altra parte del mondo è tutta qui: i cattolici non possono esibire il simbolo della loro fede perchè offende gli islamici, gli islamici possono ostentare (giustamente) i loro senza che passi neppure per la mente ai cattolici e ai praticanti di qualsivoglia altra religione al mondo di sentirsi nè offesi, mè tantomeno turbati. Insomma la libertà di fede, proclamata come emblema di democrazia universale, è a senso unicom, a danno, ovviamente, di chi non è islamico. g

LE AMANTI DEL PORCELLUM

Pubblicato il 11 novembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Il Porcellum non ha mogli, però è stracarico d’amanti. In pubblico non lo vezzeggia mai nessuno; in privato lo sbaciucchiano molte signorine licenziose. Sicché il marchingegno elettorale con la pelle da suino è sempre vivo e vispo, alla faccia di chi vorrebbe celebrarne il funerale. Ma poi, c’è qualcuno che lo desidera davvero? Tutti sanno che per sbarazzarsene occorre una nuova legge elettorale; che quest’ultima non può sbucare fuori dall’idea solitaria d’un partito solitario; che dunque servono accordi, alleanze, compromessi; e invece tutti, nessuno escluso, s’esercitano a impallinare le proposte altrui, o talvolta anche le proprie.
Insomma nessun testo, solo una fiera di pretesti. Compreso il più risibile, che invoca la riforma della Costituzione prima di cambiare la legge elettorale: campa cavallo. Ma se il cavallo campa, è perché i suoi tre vizi diventano virtù, riguardati con gli occhi dei politici. Primo: le liste bloccate, che trasformano ogni eletto in nominato. E trasformano perciò i capipartito negli eredi di Caligola, che per l’appunto fece senatore il suo cavallo. Quando mai sapranno rinunziarvi? Secondo: il premio di maggioranza senza soglia, quindi un superbonus per la minoranza più votata. Tanto che alla Camera il Pd, con il 29% dei suffragi, s’è messo in tasca il 54% dei seggi. Oggi a te, domani a me; e infatti Grillo ha già detto che intende rivotare col Porcellum . Terzo: la lotteria del Senato. Dove il premio si guadagna regione per regione, con esiti bislacchi e imprevedibili. Male per gli elettori, bene per gli eletti, giacché con questo sistema non perde mai nessuno.
Il guaio è che i tre vizi del Porcellum si traducono in altrettanti vizi di costituzionalità, sicché a dicembre la Consulta dovrà prendere il toro per le corna. Ma a quel punto si scorneranno tutte le nostre istituzioni, e tutte ne usciranno un po’ ammaccate. In primo luogo la Consulta stessa, chiamata a un improprio ruolo di supplenza per l’inerzia dei partiti. D’altronde, già in lontananza echeggiano gli spari. I 15 giudici segheranno il premio di maggioranza? Vade retro , ci troveremmo sul groppone un proporzionale puro. Demoliranno l’intera legge elettorale, riesumando il Mattarellum ? Niet , non si può fare. Chissà perché, dato che si tratterebbe viceversa d’un esito obbligato: quel sistema normativo è fatto a strati, è come un grattacielo, se togli l’attico rimarrà l’ultimo piano.
L’illegittimità del Porcellum renderà poi illegittimo l’intero Parlamento. Nel 1994 Scalfaro lo sciolse dopo un referendum elettorale, giacché erano mutate le regole del gioco; adesso la crisi sarebbe ancora più lampante, avremmo la prova d’aver giocato con regole truccate. E infine l’esecutivo: difficile rimanga in sella nello sfascio generale. Da qui l’urgenza di un’iniziativa del governo, prima che la Consulta scriva il finale di partita. Con un decreto legge, perché no? Nel 2012 stava per adottarlo Monti, poi non ne fece nulla per paura di cadere. Cadde lo stesso, com’è noto. E prima o poi cadrà anche Letta. Ma è meglio uscire di scena con onore, e senza troppi calcoli. Può darsi che fra le amanti del Porcellum ve ne sia qualcuna proprio a Palazzo Chigi: dopotutto con questa legge non si può votare, dunque si deve governare. Ma è un altro calcolo miope, un altro sguardo corto. Vorrà dire che alle nostre istituzioni regaleremo un paio d’occhiali.
Michele Ainis, Il Corriere della Sera, 11 novembre 2013

……Tutto vero… tutti a parole vorrebbero a cambiare la iniqua legge elettorale che ha issato  sugli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama tanti asinelli, ma non v’è alcuno che lo voglia davvero. Non i partiti, tutti, e i loro capobastoni che si scelgono i candidati e la loro posizione,  “utile” ad essere eletti, pardon, nominati, nella lista,  nè  ovviamente i candidati, specie quelli collocati in posizione “utile”, cioè nelle teste di lista, che non devono nè accapigliarsi tra di loro nè sul territorio per conquistare voti e preferenze. Solo gli elettori, tutti, vorrebbero che fosse loro restituito il diritto alla scelta del candidato da votare e far votare. Ma gli elettori sono gli unici  destinati a rimanere scornati, sia perchè il quadro che delinea Ainis è assai realistico, sia perchè, ove pure la Consulta dovesse ritoccare la lege, lo farà solo nella parte che è stata impugnata, cioè la mancata soglia minima necessaria per accedere al  premio di maggioranza, non certo nella parte che statuisce la lista bloccata e l’inibizione agli elettori di esprimere la preferenza e scegliere chi più medrita di rappresentarli in Parlamento. E così gli asini resteranno dove sono, e gli elettori pure!

DC, GLI ETERNI RITORNI E GLI INFINITI TENTATIVI DI IMITAZIONE

Pubblicato il 10 novembre, 2013 in Cronaca, Il territorio, Politica | Nessun commento »

«La Balena bianca non può rinascere, al massimo può riprodursi un balenottero. In giro ci sono numerosi tentativi di imitazione mal riusciti». Gerardo Bianco, 82 anni e una vita sotto le insegne dello Scudocrociato, l’ultimo capogruppo del partito che fu di De Gasperi, Fanfani, Moro e Andreotti (oggi presidente dell’associazione ex parlamentari) liquidava così due anni fa, parlando con Il Secolo, gli eterni ritorni sotto mentite spoglie della Democrazia Cristiana, o forse sarebbe il caso gli eterni tentativi di riesumare il partito-cardine della Prima Repubblica. Come se si potesse fermare la sabbia nella clessidra del tempo il richiamo e la tentazione sono irrefrenabili. L’ultima diretta evocazione è arrivata da Carlo Giovanardi che si è detto convinto che «il Pdl senza Berlusconi sarà la nuova Dc». Ma nelle ultime settimane, dando seguito alle divisioni nella galassia montiana, al movimentismo casiniano e ai contatti di quest’area con gli ex Dc del Pdl, la grande sagoma del balenottero è tornata a nuotare nelle acque dei retroscena giornalistici con costante frequenza e insistenza.

Non che questo rappresenti una novità. Sono vent’anni che si succedono sedute spiritiche e travestimenti, e sigle più o meno improbabili, richiami al rassemblement dei moderati, ale Dc 2.0 e alle variabili «popolari». Mattia Feltri, di recente, sulla Stampa ha ricordato quando Giovanni Paolo II, a Loreto esortò all’impegno pubblico dei cattolici – era il 1994 – e il professore Rocco Buttiglione provò a lanciare l’amo: «Un’alleanza politica dei cattolici può portare solo benefici all’unità del paese». Da allora è stato tutto un susseguirsi di false partenze, strani incontri, improvvise fughe nella terra di nessuno. Ci fu la grande illusione rappresentata da Mario Segni, campione di scriteriata dissipazione da fare invidia a Gianfranco Fini. E poi nel tempo tante sigle in sequenza: dal Ppi al Ccd, dal Cdu all’Udr, dal Cdr (Cristiano Democratici per la Repubblica) all’Uduer, dalla Democrazia Europea di Giulio Andreotti e Sergio D’Antoni, fino al Nuovo Partito Popolare, oltre naturalmente alle varie riedizioni della Dc sic et simpliciter, con relative, infinite dispute sul nome e sul simbolo. Senza dimenticare gli unici partiti riusciti ottenere percentuali accettabili, come l’Udc di Pier Ferdinando Casini e la Margherita di Francesco Rutelli, sia pure in opposti schieramenti. Un collage disordinato e fragile. Una somma di sigle alla costante ricerca dell’ «eterno ritorno dell’uguale», incapaci di individuare la ricetta e la capacità attrattiva dell’originale. Perché in fondo, come spiega Gianfranco Rotondi che della materia se ne intende, «la Dc la puoi rifare se riesci a prendere gli elettori della Dc. Ma quegli elettori si sono dati a Berlusconi. Quindi se non si riesce a rifare la Dc il motivo per me è semplice: l’ha già rifatta Berlusconi». Rendendo vado l’infinito inseguimento di quello che oggi è soltanto un non luogo politico. Domenico De Feo, 10 novembre 2012

……Dedichiamo questa nota dedicata all’impossibile “ritorno”  della DC,  alias “balena bianca”, all’improvvido e torittese   “balenabianca13″ firmatario di un annuncio elettorale per il 2014.

9 NOVEMBRE 1989-9 NOVEMBRE 2013: LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO.

Pubblicato il 9 novembre, 2013 in Il territorio, Politica, Storia | Nessun commento »

Oggi ricorre il 24° anniversario della caduta del Muro di Berlino. Nessun giornale ne ha fatto oggetto neppure di un corsivo in prima, o magari in ultima pagina, per ricordare un evento che segnò la fine dell’impero del male e il ritorno alla libertà di metà del continente europeo, quello orientale, tenuto in catene con decine  e decine  di milioni di uomini e donne, dal più criminale dei regimi totalitari per oltre sette decenni. Lo ricordiamo in questa pagina, rendendo omaggio alla memoria  delle vittime, milioni di esseri umani!, sacrificati sull’altare di una “religione” che della schiavitù politica aveva fatto il suo credo e la sua ragione politica, distrutti, l’uno e l’altra, dai picconi   che nella notte tra il 9 e il 10 novembre del 1989  abbatterono, dopo 28 anni, il muro che divideva in due Berlino. Quelle immagini sono scolpite nella mente e nei cuori di quanti ebbero la ventura di vivere quelle ore con gli occhi puntati sui teleschermi che  le trasmettevano in tutto il mondo, insieme alle altre, a quelle della marea  di uomini, donne, bambini, sopratutto bambini che dal campo di concentramento di Berlino Est invadevano, finalmente liberi, le strade dell’altra parte del mondo, il mondo libero, il mondo dell’Occidente che riaccoglieva nelle sue braccia e stringeva la cuore gli ormai ex schiavi dell’impero del male, restituiti alla libertà, alla vita. g.

LA COSTOSA INGIUSTIZIA DELLA TASSA SULLE TASSE

Pubblicato il 9 novembre, 2013 in Economia, Il territorio | Nessun commento »

Negli archivi del Monte dei Paschi di Siena è custodito un documento, a firma di Giuseppe Garibaldi, il quale, stretto dalle tasse, dichiarava di non essere in grado di pagarle: «Mi trovo nell’impossibilità di pagare le imposte». Il volto di un Fisco imparziale (forse troppo) persino nei confronti di uno dei padri dell’Unità d’Italia. Piccolo dettaglio storico per aprire una questione molto attuale. Attualissima.

Ma fino a che punto i contribuenti devono pagare per il servizio di riscossione delle imposte da loro stessi dovute? In termini tecnici si chiama «aggio», una sorta di commissione che l’esattore trattiene ogni volta che riscuote le multe o le imposte dovute, ma non versate dal contribuente. Una specie di tassa sulla tassa, dunque. Che nel caso di Equitalia, fino all’anno scorso, era fissata nel 9% e dal gennaio di quest’anno è stata ridotta all’ 8%. Un mini- sconto, segno di una nuova attenzione verso i contribuenti, che però non basta più. È una soglia che rimane decisamente troppo elevata. Anche perché la commissione si aggiunge alle già pesanti sanzioni e agli interessi dovuti. Il governo se n’è accorto e nel decreto del Fare è stata prevista un rivisitazione di quell’aliquota. A condizione naturalmente che i costi di Equitalia restino sostenibili, dal momento che l’aggio serve proprio a mantenere la struttura che si occupa del prelievo fiscale. Eppure le buone intenzioni si sono fermate subito: non c’è ancora il provvedimento (la scadenza era settembre) che stabilisce la nuova tariffa. Quindi l’aggio è ancora fermo all’ 8%. Per i pagamenti effettuati entro 60 giorni dall’arrivo della cartella esattoriale è suddiviso così: il contribuente versa il 4,65% e l’ente creditore (il Comune o lo Stato, ad esempio) assicura il 4,35%. Un carico che pesa addirittura di più su chi versa che su chi incassa. Oltre i 60 giorni l’obbligo è tutto del contribuente.

Certo, nella revisione bisogna tenere conto dei bilanci di Equitalia, un’impresa che occupa circa 8 mila dipendenti, dei costi necessari per le notifiche, per le cartelle, per le ricerche, ma una soluzione va trovata. In ogni caso non è la società-esattrice (controllata per il 51% dall’Agenzia delle Entrate e per il 49% dall’Inps) a fissare la commissione ma il ministero dell’Economia. E non bisogna dimenticare che nella vecchia gestione, quella affidata alle banche, lo Stato girava agli istituti di credito circa 500 milioni di euro per lo svolgimento di questo compito pubblico. E con il cambio e le nuove norme anti-evasione la macchina ha cominciato ad essere più efficace (sia pure con qualche eccesso). Negli ultimi tempi sono state varate riforme migliorative per i contribuenti: dalla possibilità di saldare i debiti con il Fisco in 120 rate all’impignorabilità della prima casa, alla possibilità di rateizzare fino a 50 mila euro di debito con una semplice richiesta.

Ma sull’aggio siamo ancora troppo indietro. L’ 8% è un livello troppo alto. Anche se gli esattori privati, che ora lavorano per i comuni, arrivano a ottenere premi per la riscossione fino al 30%. Livelli che dovrebbero indurre i Comuni a rivedere il meccanismo. E proprio sul fronte locale il 2013 segnerà una svolta: dal 2014 non sarà più Equitalia a incassare le somme per conto degli enti locali. Che si sono già affrettati ad annunciare un fisco dal volto più umano, una maggiore comprensione verso i contribuenti. Promesse agili per il consenso, ma che dovranno essere confrontate con le esigenze (difficili) dei loro bilanci. Bene: l’a riduzione dell’aggio potrebbe (dovrebbe) essere la prima prova di federalismo delle entrate. Il Comune di Milano si è detto orientato a introdurre una tariffa fissa di dieci euro. Vedremo che cosa faranno anche gli altri. Sarebbe un primo passo positivo nell’anno del federalismo fiscal-comunale che parte all’insegna di Trise, Tari e Tasi. Il Corriere della Sera, 9 novembre 2013

L’INGANNO DELLE STATISTICHE: LE TASSE LE PAGANO SEMPRE GLI STESSI

Pubblicato il 3 novembre, 2013 in Economia, Il territorio, Politica | Nessun commento »

Secondo la Cgia di Mestre la legge di Stabilità nel 2014 porta al contribuente un aggravio di un miliardo di euro. In sé questo miliardo addizionale è già un segnale che il governo anziché ridurre i pesi fiscali li aumenta. Ma c’è di più. L’aumento è una media di Trilussa, fra contribuenti elettori del Pd o presunti tali, che avranno riduzioni di tributi e contribuenti borghesi, e piccolo borghesi, che subiranno cospicui rincari. A ciò si aggiunga che, avverte la stessa Cgia, il miliardo di maggiori tributi potrà essere superato.

E anche in questo caso a pagare saranno in prevalenza i borghesi e piccolo borghesi.

La legge di Stabilità comporta aumenti di determinati tributi a carico di determinate categorie di soggetti per 6,2 miliardi e riduzioni di altri tributi relativi ad altri soggetti per 5,2 miliardi: la differenza è di uno, ma riguarda soggetti differenti. Vale l’osservazione di Trilussa sull’inganno delle statistiche: se Tizio mangia due polli e Caio non ne mangia, la media dice che ciascuno mangia un pollo. Nel nostro caso, la situazione è analoga per le riduzioni fiscali che vanno a beneficio di Tizio, mentre i pesi sono carico di Caio, con l’aggiunta però di Sempronio, cioè le banche e assicurazioni, che apparentemente sono trattate come Caio, perché nel 2014 hanno un aggravio fiscale, ma negli anni successivi ottengono, tramite il mutamento del regime sulle detrazioni dei crediti in sofferenza (richiesto e ottenuto) un beneficio di minori tributi di entità maggiore (e abbelliscono i bilanci attuali).

Il conto è passivo solo per Caio, il contribuente che non interessa al Pd, che possiede uno o più immobili o locali per i quali dovrà subire i nuovi gravami fiscali. È attivo per Tizio, il contribuente lavoratore dipendente a basso reddito che invece riceve sgravi nell’Irpef. Fra le riduzioni tributarie campeggiano 1,5 miliardi di riduzioni Irpef per lavoratori dipendenti con reddito modesto. Trattandosi di una platea vasta, il beneficio che ne ricaverà ciascuno è modesto: 150 euro all’anno per alcuni, un po’ più o un po’ meno per altri.

A fronte di questo beneficio diffuso, che non risolve nessun problema se non quello del Pd che strizza l’occhio ai suoi elettori, sta un aggravio di 3,7 miliardi circa per la nuova Tasi: che non è una vera tassa ma un’addizionale all’Imu essendo calcolata nell’un per mille del valore catastale degli immobili. Sempre dalle tabelle ministeriali si desume che la cifra che gli enti locali perdono 3,7 miliardi a causa del fatto che nel 2014 non si paga più l’Imu sull’abitazione principale. Sembrerebbe che con la Tasi i comuni recuperino (in media) l’Imu prima casa. Ma in questa apparente «partita a saldo zero» che toglie nel 2014 al contribuente borghese e piccolo borghese ciò che gli è stato promesso per il 2013 e quindi lo aggrava di altri 3,7 miliardi c’è un trucco da gioco delle tre carte, che lo danneggia ulteriormente. Infatti la seconda rata di circa 1,8 miliardi di Imu prima casa relativa al 2013 non è ancora stata tolta. Per effettuare la riduzione il governo dovrà trovare una copertura, e ci sarà qualche altro aumento fiscale, perché i tagli delle spese non sono facilmente fattibili in un mese.

Il conteggio di 3,7 miliardi di maggiori entrate 2014 non ha come contropartita minori entrate per 3,7 miliardi, perché per finanziare la abrogazione della seconda rata di Imu ci potrebbe essere un aumento di tributi indiretti sulla benzina e altri beni e qualche altro gravame fiscale, per un altro miliardo. Sin qui il conto ufficiale del governo. Ma la legge di Stabilità dice che si possono accrescere le aliquote della Tasi al 2,5 per mille. Il che comporta un gettito mostruoso di Tasi di 9,350 miliardi. E poi c’è un aumento, non conteggiato, di tassa per i rifiuti.

Il fatto è che gli aumenti di tributi attuali per 6,2 miliardi e il prevedibile aumento di un altro miliardo fra qui e fine anno, cioè 7,2 miliardi, non servono solo per le riduzioni di imposte per 5,2 miliardi (1,5 di Irpef e 3,7 di Imu) e per 2 miliardi di nuove spese, ci sono molte nuove spese che lo Stato ha messo a bilancio (soprattutto per gli elettori Pd) e altre spese che Regioni ed enti locali possono fare aumentando le aliquote, come consente loro questa legge di Stabilità. Che per ora è una legge irta di tasse redistributive a senso unico. Francesco Forte, economista, 3 novembre 2014

……Forte si sofferma, giustamente, sulla nuova tassa che riguarda gli immobili, cioè la Tasi, una delle due che compongono la Trise, insieme all’altra, cioè la Tari. E in materia di Tasi le argomentazioni del prof. Forte sono le stesse di tanti altri “critici” della furbata del premier secondo il quale il suo governo non mette le mani nelle taqsche degli italiani…le mette, le mette, altro che le mette. E la iniquità, circa la Tasi,  intesa come mancanza di equità, a favore di alcuni a danno di altri,   si estende alla Tari, la tassa sui rifiuti. Vediamo perchè.

Da sempre, prima la tassa sui RSU, ridefinita poi TARSU, ed infine, sia pure per il solo 2013,  TARES, questo tributo è stato calcolato con riferimento alla superficie delle abitazioni, riferimento ingiusto e vessatorio considerata la tipologia della tassa – tassa e non imposta – dovuta per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani prodotti da tutti i cittadini.

Se così è, va da sè che il tributo non può essere dovuto in relazione alla superficie delle abitazioni ma solo ed esclusivamente in relazione al numero degli abitanti – anzi dei componenti del nucleo familiare – i  quali, ciascuno, secondo statistiche più o meno concordi, producono un Kg. a testa giornaliero di rifiuti, al lordo della raccolta differenziata che,  ove si fa,  evidentemente riduce la quantità giornaliera di RSU prodotti procapite e successivamente smaltiti in discarica, o altrove.

Questa valutazione  era alla base del Dlg dell’allora ministro verde dell’Ambiente Ronchi, che varato nel 1996 prevedeva appunto la modifica della base imponibile della tassa RSU dalla superficie delle abitazioni al numero dei componenti del nucleo familiare. L’attuazione del  Dlg di cui si fa   cenno fu rinviata di anno in anno, previo modifiche – una per tutte: 50% riferita alla superficie, 50% riferita al numero dei componenti il nucleo familiare-,  sino a quando, senza che sia mai stato formalmente abrogato o superato da altra normativa, del  Dlg Ronchi  si è persa traccia e sino all’anno di grazia 2013 si è continuato a far pagare la tassa  calcolata sulla superficie degli immobili come se le stanze o i metri quadri, producessero i rifiuti per cui la tassa dovuta.

Per essere più chiari basta un esempio: una casa di 200 metri quadri con  famiglia di due componenti paga il doppio di una casa di 100 metri quadri con quattro componenti, sebbene evidentemente quattro persone producono il doppio  di rifiuti di due e di certo i 100 metri in più  della famiglia con due componenti al più possono produrre polvere che non pesa alcunchè.

Si potrà obiettare che nella TARSU, o Tares, erano considerati, sia pure senza dirlo,  anche quelli che oggi, nella nuova TRISE, vengono definiti “servizi indivisibili”: e sia!

Ma ciò non può più avvenire dal 2014 in poi,  visto che quei servizi  cosiddetti indivisibili  (Polizia Muncipale, manutenzione delle strade e della publica illuminazione, con tutte le riserve che si possono nutrire sul fatto che questi servizi sono pagati dai cittadini con gli altri tributi che essi versano allo Stato sotto le diverse forme) sono stati fatti confluire nella TASI che sostituisce l’IMU.

Dal 2014 nella TARI confluisce solo la tassa  sui rifiuti ,tassa,   non  imposta!, e non v’è  bisogno di sottolineare  la differenza imposta, quale è quella sulla casa,  e la tassa  per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani o di quel che resta dopo la depurazione che avviene con la raccolta differenziata.

Quindi la Tari, come già la Tarsu,  è una tassa su un preciso servizio prestato dalla pubblica amministrazione  ai cittadini e quindi il suo ammontare non può prescindere dall’oggetto del servizio, cioè i rifiuti raccolti che sono,  e non potrebbe essere diversamente,  quelli prodotti da ciascun singolo cittadino, statisticamente valutati o comunque accertati con sistemi che rispettino sia il principio della equità sia quello del “chi inquina paga”.

Collegare invece la TARI, come la TASI, alla casa, alla superficie, alla rendita catastale, significa imporre sulla casa una seconda  patrimoniale assolutamente ingiustificata e proditoria che colpisce due volte lo stesso bene. Come fare per far pagare a ciascuno il suo? In Svizzera, per dire, i Comuni fanno pagare una tassa indiretta ma assolutamente equa: i cittadini comprano dal Comune, attraverso  suoi rivenditori autorizzati, le buste  per la raccolta dei rifiuti per cui ogni cittadino paga esattamente per quel che produce.

Si può immaginare la prima e acida  obiezione: in Italia si produrrebbero imitazioni delle buste a milioni. Ma tanto può costringere un paese  moderno a rinunciare alla equità che in ogni paese civile è la base stessa della civile convivenza?

Ecco perchè anche la Tari come la Tasi,  va ridisegnata e rimodulata, calcolandola sull’effettivo servizio che ogni cittadino riceve  dal Comune  per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti; diversamente si tratterebbe di una vera,  evidente e colpevole estorsione ai danni del cittadino, colpiti da una tassa indebitamente calcolata su parametri del tutto errati. g.

CASO CANCELLIERI-LIGRESTI: DUE PESI E DUE GIUSTIZIE?

Pubblicato il 2 novembre, 2013 in Giustizia, Politica | Nessun commento »

La notizia è la seguente. Si scopre che un autorevole membro di governo (la ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri) ha telefonato a funzionari di Stato (ispettori del ministero) per perorare la scarcerazione di una donna (Giulia Ligresti) che si trova in stato di detenzione a Torino; donna che la ministra conosce personalmente molto bene, essendo lei amica di famiglia dei Ligresti, che tra l’altro sono datori di lavoro di suo figlio (di recente liquidato con buona uscita di oltre due milioni).

Pochi giorni dopo l’intervento ministeriale, la signora Ligresti viene scarcerata e ieri, a cose note, la Procura di Torino si è affrettata a fare sapere che tutto è avvenuto nel rispetto delle leggi con tanto di diffida a sostenere un nesso tra i due fatti (pressioni-scarcerazione).

La pratica viene definita dagli interessati come un legittimo e innocuo «intervento umanitario», vista la particolare situazione fisica e psicologica della detenuta. Bene, siamo d’accordo, mai interferenza – legittima o no a norma di legge o di opportunità non importa – fu più benedetta e ricordo che a suo tempo, era agosto, facemmo anche noi una campagna per mettere fine alla barbara detenzione preventiva di Giulia Ligresti. Ma ci chiediamo, alla luce di tutto questo: perché se un autorevole esponente di governo (Silvio Berlusconi) telefona a funzionari di Stato (dirigenti della Questura di Milano) per perorare l’affidamento a norma di legge di una donna (Ruby) che lui conosceva e che si trovava in stato di fermo, si becca sette anni di carcere? E perché, in questo caso, i funzionari pubblici che hanno sostenuto che tutto è avvenuto a norma di legge sono finiti sotto inchiesta per falsa testimonianza? La parola di un poliziotto di Milano vale meno di quella di un pm di Torino?

Azzardiamo delle risposte. La Cancellieri ha commesso un reato, ma, a differenza di Berlusconi, la passa liscia perché ha sempre difeso l’operato dei magistrati. Oppure. Ha commesso reato, ma ha lo scudo di essere stata ministra prima di Monti (agli Interni) e poi di Letta, due governi ferocemente antiberlusconiani che si sono rifiutati di affrontare la riforma della giustizia. O ancora. Come Berlusconi, non ha commesso alcun reato, solo che lei non è Berlusconi e quindi giustamente la sfanga. Qualsiasi sia la risposta giusta, fate voi, siamo di fronte alla prova inconfutabile che in Italia la giustizia è marcia fino al midollo, esercitata spesso da criminali che per di più ci prendono per i fondelli. Vero, caro ministro dell’Ingiustizia? Alessandro Sallusti

ESCURSIONE PANORAMICA NEL BOSCO “LA SENTINELLA” DI QUASANO

Pubblicato il 1 novembre, 2013 in Il territorio | Nessun commento »

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:

La vicina località di Quasano, piccolissima frazione di Toritto abitata in inverno da poche decine di famiglie ed apprezzata in estate per il fresco della sua pineta, offre un punto panoramico dal quale si può osservare gran parte del nostro territorio. Approfittando delle condizioni meteorologiche ancora clementi e dell’assenza di venti, propongo, a chi non si è potuto concedere il weekend lungo fuori casa, una escursione durante la quale potremo osservare panorami, piante, verdure spontanee, funghi e soprattutto i colori della murgia che in questo periodo sono fantastici. L’incontro è fissato per le ore 8:30 di domenica 3 novembre 2013 nel piazzale centrale di Quasano, mentre la partenza è prevista per le ore 9:00. La partecipazione è assolutamente gratuita ed aperta a tutti, mentre è gradita una conferma di partecipazione al n.328/3130450. Preciso che il percorso sarà adeguato in base alle esigenze dei partecipanti e che l’escursione terminerà entro le 13:00. Dopo un tratto asfaltato ci avventureremo nel bosco di querce ammirando un paesaggio suggestivo. Consiglio un abbigliamento che si possa adeguare a differenti temperature, scarponcini da trekking o da ginnastica e zaino con acqua e macchina fotografica. Dopo l’escursione chi volesse potrà pranzare in un agriturismo di Quasano che mi ha proposto un menù con succulente pietanze. Come da abitudine, poiché la copertura gsm non è sempre garantita, gli amici della Associazione ARI Radiocomunicazioni Emergenza di Cassano, ci seguiranno via radio per fronteggiare eventuali emergenze. L’incontro sarà anche una importante occasione per conoscere altre associazioni alle quali lascerò ampio spazio per la presentazione delle loro attività. Confido pertanto nella partecipazione degli amici di Fare Verde di Bitonto, di Trekking Cassano, di Legambiente Cassano, WWF Grumo, Club Amici del Trekking, Scout Santeramo, ecc.


Link evento Facebook: https://www.facebook.com/events/542876122467716/?ref_dashboard_filter=upcoming


Leonardo Losito


LOSITO p.i. Leonardo
via A. De Gasperi, n.38
70020-Cassano delle Murge (BA)
Tel. 328/3130450
mail: lositoleo@libero.it

CAMERA DEI DEPUTATI: STIPENDI DA NABABBI AI DIPENDENTI

Pubblicato il 31 ottobre, 2013 in Costume, Politica | Nessun commento »

136mila agli elettricisti, 358 mila ai consiglieri

La Camera dei Deputati (Corbis)La Camera dei Deputati (Corbis)

I conti li ha fatti «United for a fair economy», organizzazione che da Boston si batte contro la diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Dice una loro ricerca che se nel 1940 un amministratore delegato guadagnava 14 volte un lavoratore medio, oggi la proporzione è salita a 531 contro 1. E ci sono casi dove la distanza tra la base e il vertice di un’azienda è ancora maggiore: come per la Fiat, dove Sergio Marchionne guadagna 1.037 volte il suo dipendente medio. Un’esagerazione, la naturale evoluzione del capitalismo, oppure la giusta distanza? In ogni caso l’esatto opposto di quello che viene fuori sfogliando le tabelle allegate al bilancio della Camera dei deputati, in questi giorni all’esame dall’Aula. La distanza fra base e vertice è minima, la piramide delle busta paga si schiaccia come nemmeno negli Stati Uniti del 1940. E non perché la retribuzione dei vertici sia bassa, ma perché quella della base è molto elevata.
Il vertice di Montecitorio, il segretario generale, ha stipendio e responsabilità analoghe a quelle dell’amministratore delegato di una grande azienda: entra con uno stipendio di poco superiore ai 400 mila euro lordi l’anno, ai quali si aggiunge l’indennità di funzione. Ma è scendendo verso la base nella piramide che cresce vertiginosamente la distanza delle retribuzioni dal mercato. Gli operatori tecnici – categoria nella quale rientrano i centralinisti, gli elettricisti e pure il barbiere di Montecitorio – vengono assunti con uno stipendio che supera di poco i 30 mila euro lordi l’anno. Ma già dopo 10 anni la loro busta paga è quasi raddoppiata, superando quota 50 mila, e a fine carriera può arrivare a 136 mila euro l’anno. Tradotto: un elettricista, un centralinista e un barbiere della Camera, anche se a fine carriera, messi insieme guadagnano quanto il segretario generale, che è pur sempre a capo di 1.500 persone.

Una piramide schiacciata verso l’alto, appunto. E una fotografia che ha davvero poco a che fare con le busta paga del resto dei lavoratori, sia del settore privato che di quello pubblico. Per capire: il reddito medio degli italiani, al netto della nostra evasione fiscale record, si ferma di poco sotto i 20 mila euro lordi l’anno. Quasi la metà di un centralinista della Camera dei deputati ad inizio carriera. E di esempi possibili ce ne sono altri ancora. Gli oltre 400 assistenti parlamentari, cioè i commessi di Montecitorio, guadagnano in media come il direttore di una filiale di banca, eppure in generale non svolgono compiti molto diversi dagli uscieri di altri simili uffici pubblici. Inoltre, sono numerosissimi: 0,7 per ogni deputato, dopo il taglio voluto dall’attuale segretario generale, mentre dieci anni fa il rapporto era addirittura 1 a 1. La busta paga degli oltre 170 «consiglieri parlamentari» ha in media lo stesso peso di quella di un primario ospedaliero, ma a fine carriera supera i 350 mila euro l’anno. Mentre il primario ha la responsabilità di un reparto, i consiglieri si limitano a svolgere attività di studio e ricerca, o di assistenza giuridico legale e amministrativa. Tutto bene così?

In realtà a complicare i conteggi c’è anche quella selva di indennità che si aggiungono allo stipendio minimo e che riguardano tutti i livelli dell’amministrazione: dai 662 euro netti mensili riservati al segretario generale giù fino ai 108,97 euro, sempre netti e al mese, per gli autisti parcheggiatori, passando per gli 85 riservati a chi lavora in cucina e per i 108 incassati dagli addetti al recapito della corrispondenza.
Ma, pur con la sua piramide schiacciata verso l’alto, la Camera almeno un merito ce l’ha. L’approvazione del bilancio arriva dopo che già quest’estate i dati sugli stipendi dei dipendenti erano stati resi pubblici: un file scaricabile direttamente dal sito internet conferma quelli che per anni erano stati solo sussurri e pettegolezzi. Un’operazione trasparenza, che al Senato non si è ancora vista. Da settimane si dice che gli stessi dati dovrebbero essere pubblicati a breve da Palazzo Madama. Anche quella è una piramide schiacciata, anche quella verso l’alto, probabilmente un po’ più in alto rispetto alla Camera. Ma per il momento bisogna accontentarsi di qualche vecchio dato e di qualche nuovo sussurro. Fonte: Corriere della Sera, 31 ottobre 2013

…….Chi l’ha detto che i nostri superprivilegiati parlamentari pensano solo a se stessi? Invece pensano anche agli altri, cioè  e solo ai dipendenti della Camera, molti dei quali, c’è da scommettere sono parenti, compari e figli di parenti e compari degli stessi parlamentari, ai quali sono riservati stipendi da nababbi.

LO SCHIAFFO ALLA DEMOCRAZIA

Pubblicato il 30 ottobre, 2013 in Politica | Nessun commento »

CONTRO BERLUSCONI

SCHIAFFO ALLA DEMOCRAZIA

La rabbiosa voglia di vendetta nei confronti del Presidente Berlusconi, leader politico del centrodestra italiano, è tale da non fermarsi di fronte a nulla.

La sinistra italiana,  cui si è accodato il servile e rancoroso ex premier Mario Monti,  dopo aver ottenuto finalmente la condanna giudiziaria di Berlusconi con una sentenza che conferma le ragioni della sempre più crescente sfiducia dei cittadini nei confronti della giustizia politicizzata,  ora, con una risicata maggioranza,  è giunta a manipolare il Regolamento del Senato per cambiare il sistema di voto  - da segreto a palese – con cui procedere a dichiarare la decadenza o meno di Berlusconi dalla carica di senatore, alterando non solo la volontà dei Padri Costituenti che  imposero il voto segreto nelle votazioni riguardanti le persone per tutelare la libertà di coscienza dei parlamentari, ma anche contro il diritto europeo, chiamato in causa come Vangelo quando si tratta di imporre tasse e sacrifici agli italiani e ignorato quando  a poterne  usufruire è il presidente Berlusconi

E’ la stessa sinistra che per due decenni ha accusato Berlusconi di aver fatto varare  in Parlamento le cosiddette “leggi ad personam”, per tutelarsi dall’aggressione giudiziaria che lo perseguita dal giorno della sua discesa in campo che mandò all’aria i sogni di potere della sinistra.

Ora, invece,  la sinistra, con la faccia tosta che le è congeniale, ha imposto  al Senato una nuova abominevole formula legislativa: la legge “contra personam”, cioè contro il solo Berlusconi, infliggendo alla democrazia italiana un sonoro ceffone.

Al Presidente Berlusconi, unico riferimento politico del centrodestra, esprimiamo la nostra personale solidarietà e quella del 35% degli elettori torittesi che anche lo scorso febbraio, nelle urne, insieme a noi, come sempre,  lo hanno gratificato con i loro voto e   lo gratificheranno ancor  più convintamente nel futuro.

Toritto, novembre 2013