LE ULTIME ORE DA SENATORE DI SILVIO BERLUSCONI

Pubblicato il 5 ottobre, 2013 in Il territorio | Nessun commento »

Siamo convinti che la storia di Silvio Berlusconi non si concluderà quando l’aula del Senato, salvo sorprese sempre possibili, avrà definitivamente sanzionato la  sua decadenza da senatore. Nè, comunque, la sua storia è la storia di un “pregiudicato evasore fiscale” come qualche imbecille in cerca di padrini ha scritto sui muri del nostro paese. La storia di Berlusconi è  innazitutto la storia  esaltante che ciascuno di noi avrebbe voluto aver vissuto, partire dal basso e salire in alto sempre più in alto, prima nel mondo dell’imprenditoria,  dal  complesso settore dell’edilizia, il pilastro della economia che negli anni del secondo guerra segnò la rinascita del nostro paese, a quello innovativo e intrigante del mondo della tecnologia che ruotava negli anni 80 intorno alla televisione, e infine, nella politica. La sua discesa in campo nel 1994 fu inatteso e straordinarimente vincente, issandolo più volte sullo scranno più politicaente importante, quello di presidente del Consiglio. Comunque lo si vuole giudicare  il suo impegno in politica, resta il fatto che nessuno nella storia della repubblica ha lasciato maggior segno come lui, amato ed odiato con pari intensità, medesimo passionale trasporto e identica forza, da milioni di persone, fatto segno, tra l’altro, di una invasiva attenzione da parte della Magistratura, la stessa che negli anni in cui mieteva successo nel mondo della economia non lo aveva mai incrociato, almeno come lo ha incrociato dal 1994 in poi, sino ad oggi, sino alla sentenza che lo condanna per frode fiscale, un paio di milioni di euro che sarebbero stati  evasi da parte di chi di milioni di euro al fisco ne ha versati a centinaia  e centinaia, due miliardi e mezzo negli ultimi ventanni. Ma le senteze sono sentenze e vanno rispettate. Giusto. Ma ciò non significa che chi ne sia stato oggetto debba diventare oggetto di insulti al limite della paranoia. Da chi squallidamente  non ha esitato a far riferimento a criticità fisiche dovute all’età e che riguardano il privato,  a chi, dalle nostre parti, per offrirsi a buon meracato a qualcuno che se lo comperi a poco prezzo per facilitarne le  a dir poco bizzarre  aspirazioni di premiership locale,  non ha esitato, dimentico di non dimenticate esaltazioni,  a scrivere sui muri frasi oltraggiose  con abbondanza di inutili maiuscole, che non raggiungono Berlusconi, ma attestano solo la grettezza, la  pochezza, la piccolezza morale ed etica del loro autore. Berlusconi ha di certo commesso molti errori, di certo ha mancato a molti impegni, di certo ha disatteso molte speranze, dopo averle alimentate con l’incomparabile traguardo che solo lui ha conseguito, riunire sotto una sola bandiera il popolo dei moderati del nostro Paese, disperso in mille rivoli dopo la fine della prima repubblica, ma fosse solo per questo, destinato ad essere da ora in poi, solo grazie a lui,  obiettivo  permanente del centrodestra, merita il  rispetto di chi come noi ha come parametro della vita il rispetto dei Valori della lealtà, della correttezza, dell’onore, che non si comperano al supermercato: come soleva dire Pinuccio Tatarella,  di cui conserviamo per sempre nel cuore il ricordo e l’affetto,  o ce l’hai o non ce l’hai. g.

L’ERBA DI CASA NOSTRA….

Pubblicato il 3 ottobre, 2013 in Il territorio | Nessun commento »

Come è noto, da quest’anno la Tarsu, la tassa sui rifiuti, è stata trasformata in TARES (in attesa di ulteriore trasformazione dal 2014 in  Service Tax che dovrebbe ricomprendere anche l’IMU) che  per il momento comprende  insieme alla tassa sui rifiuti anche quella  quella per  la manutenzione dei servizi pubblici, tra cui le strade.

Ed infatti…se non ci  pensano i cittadini e aspetti il Comune, campa cavallo che….. l’erba cresce. Ed è proprio l’erba, tanta e rigogliosa come in un terreno incolto,  quella che, come si vede nella foto che ci è stata inviata perchè la rendessimo di pubblica conoscenza,  volenterosi cittadini, sostituendosi al latitante ente pubblico,  stanno estirpando lungo i  marciapiedi di Via Cadorna, strada non periferica del nostro paesino, percorsa ogni giorno da tantissima gente, compreso poco accorti  amministratori pubblici e autorevoli funzionari comunali preposti, questi ultimi,  proprio alla responsabilità della settore  comunale che si occupa o che dovrebbe occuparsi dell’igiene e del decoro pubblico.

E non è solo via Cadorna che è in queste condizioni. Basta girare per le strade e per le piazze cittadine per constatare che la cosa è abbastanza, anzi molto  diffusa e per nulla oggetto di preoccupato interesse di chi dovrebbe provvedere e non lo fa.

Da ciò il timore, fondato,  fondatissimo, che i 30 o 40 centesimi  a metro quadro  che con la rata di conguaglio della Tares i cittadini saranno chiamati a pagare per la cosiddetta mantuenzione dei servizi, null’altro sarà che un aumento camuffato della vecchia Tarsu, senza nessun beneficio per i cittadini.

L’occasione ci è utile anche, visto che ci siamo, per ricordare a chi ne ha la responsabilità che qualche lavaggio in più ai cassonnetti maleodoranti che ornano le nostre strade cittadine non guasterebbe. Anzi!

BERLUSCONI “ZITTISCE” IL PDL E CHIAMA AL VOTO

Pubblicato il 1 ottobre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Per il Pdl doveva essere il teatro dei tormenti, e ciascuno degli attori sulla scena, falchi e colombe, Santanchè e Augello, Schifani e Quagliariello, si era preparato un discorso, ognuno pronto a recitare le sue rimostranze da cuore infranto al sovrano e di fronte alle fazioni avversarie, quasi nemiche, a mostrare i denti persino, “vorrei che dal raccontarsi di oggi venisse un senso al nostro destino”, diceva Sandro Bondi, il coordinatore fedelissimo, prima di entrare a Montecitorio. Ma alla fine la riunione dei gruppi parlamentari del Pdl, in un’aula della Camera, silenziosa e cinerea, è stato lo spettacolo d’un uomo solo, Silvio Berlusconi sul palco, riflettori puntati, tutti gli altri zitti, un’attenzione, intorno, tesa, muta, a tratti feroce, ansia di rivelazione imminente. E il Cavaliere li ha lasciati poi così, i suoi deputati e senatori, ancora incerti e malmostosi, “Berlusconi ci lascia appesi”, si lagna Fabrizio Cicchitto. Il grande capo, senza tentennamenti e senza dibattito, ha detto loro che “l’esperienza di governo è finita”, “ora mi aspetto che si dimettano anche i sottosegretari”, ma poi ha pure ritirato le dimissioni di massa dei parlamentari, ha assicurato il voto sull’Iva e sulla legge di stabilità, e non ha nemmeno accennato – mai – a come votare, mercoledì, la possibile richiesta di fiducia al governo di Enrico Letta (che tuttavia appare improbabile senza prima le dimissioni del premier).

Dietro le parole di Berlusconi, nelle sue pause e nelle sue omissioni quasi dorotee, ciascuno degli uomini del Pdl ha potuto riconoscere ciò che voleva, la piega più in sintonia con i suoi desideri. Alcune colombe sono tornate a casa con un subbuglio di speranza, “forse è confuso, ma c’è un accordo”, dice l’onorevole Sergio Pizzolante, e c’è chi racconta d’una trattativa evanescente con Letta e Napolitano, mentre sul volto di Daniela Santanchè e Denis Verdini, la Pitonessa e l’architetto della linea dura, anzi durissima, si legge uno sguardo di trionfo che stona con i racconti delle colombe. “Il partito è tutto compatto intorno a Berlusconi”, dice al Foglio la Pitonessa, ma con un’inclinazione di voce che tradisce un’esultanza nervosa, dopo giorni d’aspra contesa con i ministri Alfano, Quagliariello, Lupi e Lorenzin arrivati sul crinale d’una minaccia senza ritorno, contenuta in una parola rimbalzata da un corridoio all’altro del partito e dei gruppi parlamentari: “Scissione”, Forza Italia da una parte e il Pdl dall’altra. Nel pomeriggio, circondato da un parlottio fastidioso, strattonato dalla baruffa tra il Giornale e la ex delegazione del Pdl al governo, Berlusconi, prima di riunire i parlamentari, aveva ricevuto i ministri immusoniti, ne aveva soppesato le intenzioni, per poi rassicurarli, pur concedendo pochissimo, “pensavo fossimo tutti d’accordo, sono rammaricato se c’è stato un malinteso. Ma dobbiamo restare insieme”. Per Verdini è tutto teatro, farsa, recita, “le elezioni sono l’unico sbocco possibile, le vogliono tutti, anche Grillo, anche il Pd”, dice lui, “l’avete sentito cosa pensa D’Alema? Vuole evitare il congresso”. Per i falchi non c’è rischio di scissione, e d’altra parte dicono che Berlusconi abbia commentato così: “E dove vanno senza di me?”. Dunque non preoccupano i titoli dell’Osservatore Romano e nemmeno il ribollire dei cattolici nel Pdl, in contatto, in queste ore, con Pier Ferdinando Casini e Mario Mauro, quell’agitazione che tanto ricorda l’adunata del 16 dicembre 2012 al teatro Olimpico di Roma, quando gran parte del gruppo dirigente berlusconiano sembrava pronta a consegnarsi a Mario Monti, con un manifesto che cominciava così, “noi vogliamo costruire subito una nuova alleanza riformista e modernizzatrice, la casa comune dei popolari italiani che si riconoscono nel Ppe”. Ad Arcore si mormora che Fedele Confalonieri ed Ennio Doris premano per un ripensamento del loro amico e socio, ma il Cavaliere sembra rincorrere l’idea che sia preferibile la crisi, e il rischio della morte, al ripetersi dell’identico e dell’inutile come dentro a un labirinto di specchi. Salvatore Merlo, Il Foglio, 1° ottobre 2013

…..Merlo non è una penna di sinistra e il Foglio è il quotidiano di Giuliano Ferrara, per cui nussuno può dubitare della assoluta non faziosità di questo commento di Merlo alla assembela dei parlamentari del PDL (non aveva cambiato nome?)  di ieri a Roma. A leggerlo, dopo aver visto e sentito i commenti di parte già ieri sera, balza agli occhi che la crisi del centrodestra berlusconiano non si è chiusa ieri sera con una assemblea dove a nessuno è stato consentito di parlare, ma, anzi, si è aperta ancora più profonda e forse in maniera irreversibile. Peccato. Ci avevamo creduto con la buona fede del militante, invece sembra sempre più probabile che  dobbiamo , noi popolo di centrodestra, riprendere una lunga traversata del deserto. Ma non cifa paura perchè ci sorreggono i nostri Valori che sono irrinunciabili. g.

FORZA ITALIA: OGGI ALLE 17 LA RESA DEI CONTI TRA FALCHI E COLOMBE

Pubblicato il 30 settembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Nessuno dividerà il Pdl. Silvio Berlusconi ne è convinto e non esita a ripeterlo. Parole, quelle dell’ex capo del governo, che cercano di ridimensionare l’evidente caos che anima il Pdl e la guerra tra falchi e colombe, ormai venuta alla scoperto. Una miscela che sta portando il partito ad un passo dalla spaccatura sulle sorti del governo. La decisione di accelerare la crisi annunciando la fine del sostegno all’esecutivo e le dimissioni della delegazione ministeriale ha fatto esplodere un pesante malumore tra i dirigenti. Prese di distanza e accuse reciproche come non si era mai visto e sullo fondo il rischio, paventato allo stesso Cavaliere, di scissioni nel momento in cui il partito sarà chiamato alla conta in Parlamento sul voto di fiducia. Il redde rationem è fissato per oggi pomeriggio quando alla Camera si terrà la riunione congiunta dei gruppi di Camera e Senato alla presenza di Berlusconi per decidere cosa fare. Che il rischio di una spaccatura sia nell’aria è la paura di molti. Ecco perché il Cavaliere ha intenzione di arrivare all’incontro con una strategia ben definita provando a far rientrare la frattura in un vertice ristretto a via del Plebiscito. Domani a palazzo Grazioli incontrerà i capigruppo, i coordinatori ma soprattutto Angelino Alfano. E, con il segretario del Pdl che le distanze in questo momento sono più evidenti. Il vice premier non ha gradito di essere rimasto tagliato fuori dalla decisione del Cavaliere di diramare la nota per ufficializzare la crisi. E così dopo 24 ore di pressing dell’ala governativa e di molti dirigenti del Pdl, che individuano in Denis Verdini e Daniela Santanché i cattivi consiglieri, responsabili del precipitare degli eventi, il segretario del partito decide di mettere nero su bianco la sua contrarietà alla gestione della situazione.

Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin sono lontani dall’idea di Forza Italia che hanno in mente i falchi del partito. Al di là delle tensioni dei governativi, il Cavaliere deve fare i conti anche con il dissenso che ormai traspare nei gruppi parlamentari. Ed in particolare tra le fila dei senatori, tenute sotto stretta osservazione per l’alto rischio smottamento nel momento in cui Letta sarà chiamato a chiedere la fiducia. Sorprese non si escludono nella pattuglia siciliana anche se Gianfranco Micciché ha smentito l’idea di sostenere il governo delle tasse. Osservato speciale è anche Maurizio Sacconi, contrario a derive estremiste del partito. Poi c’è Gaetano Quagliariello, ormai considerato fuori dal partito: secondo fonti Pdl, starebbe da tempo lavorando per arruolare senatori per sostenere Letta.

Numeri e scissioni certi non ce ne sono perché tutto dipenderà da quello che dirà Silvio Berlusconi nei due incontri, a Palazzo Grazioli e alla Camera. L’obiettivo dell’ex capo del governo sarà quello dunque di trovare un compromesso riconoscendo ad Alfano un ruolo di primo piano. E magari ridimensionando i cosiddetti falchi in modo da tenere il Pdl unito nel momento della conta in parlamento.

“Io ho espresso più una forte opposizione alla decisione di far dimettere i nostri parlamentari. E’ vero che era un fatto simbolico e soprattutto un fallo di reazione, perché per prima ha sbagliato la sinistra, ma ad un fallo non si risponde con una testata sennò si perdono le partite”. Lo ha detto Gaetano Quagliariello, ministro dimissionario per le riforme, a La telefonata di Belpietro. “Credo – ha aggiunto – che quello sia stata la madre di tutti gli errori, da cui siano discesi tutti gli altri. Penso che siano state fatte le cose un po’ affrettatamente, ma prima di sganciare l’atomica bisognava fare una serie di passi”. Oggi, alla riunione delle 17 dei gruppi del Pdl, “Discuteremo – ha detto Quagliariello – spero a volto scoperto, apertamente su che cosa è meglio fare in questo situazione”.  La Stampa, 30 settembre 2013

….Questo che pubblichiamo è il commento meno fazioso – da una parte e dall’altra – sulle vicende interne al partito che fu – doveva essere- il partito di tutti i moderati italiani, finalmente riuniti sotto una sola bandiera, un solo simbolo,un solo obiettivo, e che invece rischia fortemente non solo di spaccarsi, di dividersi, forse anche di trasformarsi in un fantasma di ciò che doveva essere e non è stato. Di sicuro, comunque vadano oggi le cose alla riunione dei gruppi parlamentari ex PDL, ritrasformatosi in Forza Italia senza alcun “passaggio” formale come avviene di solito nei partiti retti con statuto democratico, qualcosa si è rotto e difficilmente, come insegnava quasi un secolo addietro Pirandello, potrà più rincollarsi. La sensazione che la strategia sia stata sostituita dalla tattica nelle scelte politiche, senza respiro se non l’invocazione del ritorno alle urne con tutti i punti interrogativi che le urne  normalmente pongono,  è difficilmente smentibile e di per sè crea non pochi problemi, specie nelle periferie elettorali, dove vivono, anzi sopravvivono, gli elettori alle prese con il difficile barcamenarsi tra tasse, balzelli, difficoltà di ogni genere e che si domandano perchè mai si ponga fine al governo fino ieri rappresentato come il grande capolavoro  dello statista Berlusconi, da questi invece messo in crisi proprio quando doveva cogliere i risultati concreti per i quali era stato fatto nascere. Forse, come adombra il commento della Stampa, prevarrà in molti la tutela del “personale” esistente rispetto alle attese del popolo nel cui nome si dichiara di operare, forse no, ma qualsiasi decisione sarà assunta, di certo lascerà il segno nella vasta area dei moderati italiani che avranno la sensazione di essere rimasti di nuovo, ancora una volta, senza guida e rappresentanza, come da centanni a questa parte. g.

IL FALO’ DELLA SERVITU’, di Antonio Polito

Pubblicato il 27 settembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Pare che circolino dei moduli prestampati per consentire ai parlamentari del Pdl di presentare le loro dimissioni senza star lì a perder tempo. Ma poiché la Costituzione dice che il parlamentare è senza vincolo di mandato, e questa assomiglia molto a una servitù di mandato, si precisa che chi vuole può anche scriversela di suo pugno la lettera, con le motivazioni che preferisce, purché la firmi. A questo il Porcellum ha ridotto il Parlamento, e non solo a destra per la verità: a un bivacco di subordinati.

Ma del resto quasi tutto è senza precedenti in questa storia delle dimissioni di massa postdatate. Al punto che il presidente della Repubblica ha sentito il dovere di alzare la voce come non aveva mai fatto prima, condannandola con parole durissime, segnalandone la «gravità e assurdità». Napolitano l’ha interpretato come un atto che porta il gioco politico già estremo di queste settimane oltre il segno, oltre un punto di non ritorno. Le dimissioni dei ministri del Pdl avrebbero sì aperto una crisi di governo; ma le dimissioni dei parlamentari aprirebbero una crisi costituzionale, mettendo in conflitto tra di loro i poteri dello Stato. Esse minacciano, cioè, un atto al limite dell’eversione (la serrata del Parlamento) per protestare contro ciò che si definisce un «atto eversivo» (un voto del Parlamento sulla decadenza).

Berlusconi sembra dunque sperare che la decadenza dell’intero Parlamento possa rendere meno amara la inevitabile fine della sua vita parlamentare. Coinvolgendo le istituzioni nel proprio destino giudiziario, accetta però il teorema dei suoi nemici, che vorrebbero ridurre la sua storia politica ventennale a una vicenda di processi e di condanne. E toglie le castagne dal fuoco a chi nel Pd alimenta da mesi il falò dell’intransigenza, diventando lui il sicario di un governo in realtà mai digerito a sinistra.

Ma tant’è: da oggi si può davvero dire che l’esecutivo Letta è al capolinea. Non avrebbe senso assumere altri impegni di bilancio, per evitare l’aumento dell’Iva o il ritorno dell’Imu, quando non si sa chi potrà rispettarli. Il presidente del Consiglio deve dunque fare la cosa giusta e istituzionalmente corretta: andare alle Camere per verificare se ne ha ancora la fiducia. In questi mesi, anche per gli errori di un governo che ha sommato invece di selezionare le pretese dei partiti, Letta non è riuscito a domare il fronte di chi voleva le elezioni a febbraio e che ha sfruttato la vicenda giudiziaria di Berlusconi per averle. Ora non gli resta che l’ultima carta: rimettere al centro la ragione per cui è nato.

Il 15 di ottobre, infatti, non è solo la data in cui Berlusconi andrà agli arresti domiciliari o ai servizi sociali. È anche il termine per presentare la legge di Stabilità, e cioè il principale strumento di politica finanziaria dello Stato. Senza di quello, l’Italia può tornare nel gorgo dove stava affogando nel novembre del 2011. Due anni di lacrime e sangue vanificati in un istante. Vediamo chi vota per la rovina nazionale. Antonio Polito, Il Corriere della Sera, 27 settembre 2013

….Ciascuno legga questo nota di Polito, come crede, resta il fatto che al di là di tutto esprime il disagio, la preoccupazione, la paura, forse anche la disperazione di chi ancora fidava nella capacità della politica – servizio e non strumento – di affrontare con lucidità i problemi del Paese e della sua gente. Ed è costretto a ricredersi. g.

MACCHE’ AN, BISOGNA RIFONDARE LA DESTRA, di Marcello Veneziani

Pubblicato il 24 settembre, 2013 in Il territorio, Politica | Nessun commento »

Non mi pare una buona idea rifare Alleanza nazionale. Capisco la boutade di Storace: serviva a conquistare uno spazio nei media il giorno in cui rinasceva Forza Italia, dire che ci siamo pure noi di destra e chiamare a raccolta tutte le destre sparse. Ma rifare An sarebbe un salto indietro e non un ritorno alle origini. Berlusconi che rifà Forza Italia torna alle origini e vi torna col suo stesso fondatore. La destra invece non nasce con An, il suo leader è ormai fuori, e il suo stratega, Tatarella, morì. Sarebbe un riflesso condizionato di Forza Italia rinata.

E poi, An non ha lasciato traccia di sé nei dieci anni di governo, i ricordi sono superati dai rimpianti e dai rancori. La storia di An segnò la progressiva scomparsa della destra. Diventò via via un clone sbiadito di Forza Italia, poi sciolta nel Pdl, si ridusse al ruolo di subalterno ammutinato che fa vertenza al principale. Lasciò più tracce il vecchio Msi che pure fu un partito emarginato di testimonianza ma formò e unì tre generazioni, lanciò messaggi a un’opinione pubblica più vasta, lasciò nostalgie e dignità.
In realtà siamo in procinto di entrare, seppur nel peggiore dei modi, nella Terza repubblica di cui non conosciamo i protagonisti né i contenuti, ma di cui vediamo solo intrattenitori dell’attesa. E la terza repubblica richiede una terza destra, diversa dalle due precedenti, Msi e An. Ovunque la destra si afferma se difende la sovranità e la tradizione dai tiranni finanziari di sopra e dai flussi clandestini di sotto. Stringetevi a coorte… Marcello Veneziani, 23 settembre 2013

……L’altro ieri, promosso dai reduci di Futuro e Libertà, si è svolto a Bari un convegno di rappresentanti delle innumerevoli anime in cui è dispersa la Destra,  quel che ne resta,  a Bari come ovunque. Palcoscenico di parole e propositi destinati a non incidere nella storia prossima ventura del nostro Paese. Occorre, invece, come   scrive Veneziani,  una nuova destra, una nuova idea di destra che si disancori innazitutto dalla destra imprenditoriale alla berlusconi che se fu utile – nessuno lo neghi!- a salvare il Paese dalla “gioiosa macchina da guerra” allestita da Occhetto e dai post comunisti  per conquistare il Paese dopo la falcidia giustizialista della classe dirigente che aveva ricostruito il Paese dopo la tragedia della  seconda guerra mondiale,  nel tempo ha dimostrato tutta la sua inefficiente capacità di “cambiare” il Paese, ad incominciare dalle regole. Nessuno può negare che ci si è provati a farlo, ma è altrettanto vero che i risultati sono stati impercettibili se non contrari ai propositi. Ricominciare dai Valori, ricostruire una identità compromessa da mille “compromessi”, devono essere il percorso di rifondazioone di una Destra moderna e competitiva a cui affidare il compito – arduo ma entusiasmante – di guidare la riscossa del popolo degli uomini “liberi e forti” del Terzo Millennio. E’ un sogno? Può darsi, ma non è forse il primo dei “nostri” Valori sognare   di cambiare il mondo? E’ importante farlo, ma per farlo bisogna avere il coraggio di sognare di farlo. g.

IL LABIRINTO PROSSIMO VENTURO

Pubblicato il 21 settembre, 2013 in Il territorio | Nessun commento »

La gravità della crisi italiana non sta nell’inadeguatezza sia pur grave di questo o quel partito. Sta nella condizione di evidente provvisorietà che caratterizza l’intero sistema politico a causa della natura aleatoria e instabile di tutti i principali partiti. I cui retroterra culturali, alleanze, leadership e programmi, appaiono, potenzialmente in continua quasi incontrollabile evoluzione. Lo si vede bene oggi quando con ogni probabilità ci stiamo avvicinando a una svolta della legislatura, dovuta al fatto che l’attuale «strana maggioranza» – sottoposta com’è alle tensioni prodotte da un lato dalla procedura di espulsione di Berlusconi dal Senato, e dall’altro dall’aggravamento dei conti pubblici, che rende sempre più insostenibile la contemporanea cancellazione dell’Imu e il mantenimento al 21 per cento dell’Iva – non sembra in grado di resistere ancora a lungo.

Ma se la crisi del governo Letta getterà il Pdl/Forza Italia nella più totale incertezza, in balia dell’altalena di ire e di resipiscenze di Berlusconi, dei suoi cambiamenti di umori e di progetti, anche il destino del Pd non lascia presagire prospettive molto rassicuranti. Se Letta venisse costretto alle dimissioni in seguito al ritiro dei ministri della Destra, il cammino che si aprirà davanti ai Democratici sarà infatti tutto in salita. Esclusa l’ipotesi di elezioni anticipate, che Napolitano non vuole, o si aprirà la crisi ovvero il presidente del Consiglio tornerà alle Camere per cercare una nuova maggioranza. In entrambi i casi – essendo fuori gioco una riedizione delle «larghe intese», così come, auspicabilmente, di qualche pasticcio a base di «volenterosi» e transfughi di varia provenienza – il Pd dovrà rivolgersi a Sel e ai 5 Stelle. Come sei mesi fa: solo che questa volta è probabile che ci sia una spinta a concludere positivamente che allora invece fu assai minore o mancò del tutto, perché forse (sia pure molto forse) stavolta i grillini almeno un appoggio esterno finiranno per darlo.

Si aprirà però a questo punto, per il Pd, uno scenario tra i più scomodi: essere il cuore di una coalizione di governo tutta orientata a sinistra, prevedibilmente alle prese con continui fremiti movimentistici, esposta a sollecitazioni di tono e segno estremistico. Che non sarà davvero facile governare senza consumarsi in polemiche, ultimatum, scontri e armistizi, che verosimilmente renderanno la vita della coalizione stessa quanto mai precaria, povera di risultati apprezzabili (se non peggio: è facile immaginare quello che ne penseranno a Bruxelles o a Berlino), e destinata concludersi con nuove elezioni anticipate (diciamo entro la primavera del 2015).

Una competizione elettorale con la Destra e con il Centro che vedrebbe comunque i Democratici in una situazione scomodissima. E oltremodo contraddittoria. Nessuno, è vero, è oggi in grado di leggere nella sfera di cristallo delle vicende congressuali e delle relative lotte interne del Pd, ma che ne resterebbe del «partito a vocazione maggioritaria» dopo dieci mesi – un anno di governo Pd-Sel-5 Stelle? E che ne sarebbe a quel punto dell’immagine politica di Matteo Renzi, della sua credibilità e del suo appeal su settori elettorali non di sinistra, alla guida di un partito siffatto? In conclusione un semplice dubbio: già alla fine del 2011 il Partito democratico sbagliò clamorosamente a non chiedere le elezioni anticipate dopo la fine ingloriosa del governo Berlusconi; non capiterà che tra poche settimane sia destinato a ripetere il medesimo errore?Ernesto Galli Della Loggia, Il Corriere della Sera,21 settembre 2013


BERLUSCONI AGLI ITALIANI

Pubblicato il 18 settembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Silvio Berlusconi, nell’immediata vigilia del voto con il quale sarà dichiarato decaduto dalla carica di senatore dall’apposita  Giunta del Senato (salvo diversa decisione dell’Assemblea,  rompendo gli indugi, questo pomeriggio si è rivolto agli italiani con un video messaggio trasmesso da tutte le TV – italiane e straniere – il cui testo integrale riproduciamo qui di seguito. Chi vioglia sentire dal vivo il messaggio di Berlusconi può farlo attraverso il sito internet dell’ANSA.

Care amiche, cari amici,

voglio parlarvi con la sincerità con cui ognuno di noi parla alle persone alle quali vuole bene quando bisogna prendere una decisione importante che riguarda la nostra famiglia. Che si fa in questi casi? Ci si guarda negli occhi, ci si dice la verità e si cerca insieme la strada migliore.

Siete certamente consapevoli che siamo precipitati in una crisi economica senza precedenti, in una depressione che uccide le aziende, che toglie lavoro ai giovani, che angoscia i genitori, che minaccia il nostro benessere e il nostro futuro.
Il peso dello Stato, delle tasse, della spesa pubblica è eccessivo: occorre imboccare la strada maestra del liberalismo che, quando è stata percorsa, ha sempre prodotto risultati positivi in tutti i Paesi dell’Occidente: qual è questa strada? Meno Stato, meno spesa pubblica, meno tasse. Con la sinistra al potere, il programma sarebbe invece, come sempre, altre tasse, un’imposta patrimoniale sui nostri risparmi, un costo più elevato dello Stato e di tutti i servizi pubblici.
I nostri ministri hanno già messo a punto le nostre proposte per un vero rilancio dell’economia, proposte che saranno principalmente volte a fermare il bombardamento fiscale che sta mettendo in ginocchio le nostre famiglie e le nostre imprese.
Ma devo ricordare che gli elettori purtroppo non ci hanno mai consegnato una maggioranza vera, abbiamo sempre dovuto fare i conti con i piccoli partiti della nostra coalizione che, per i loro interessi particolari, ci hanno sempre impedito di realizzare le riforme indispensabili per modernizzare il Paese, prima tra tutte quella della giustizia.

E proprio per la giustizia, diciamoci la verità, siamo diventati un Paese in cui non vi è più la certezza del diritto, siamo diventati una democrazia dimezzata alla mercé di una magistratura politicizzata, una magistratura che, unica tra le magistrature dei Paesi civili, gode di una totale irresponsabilità, di una totale impunità. Questa magistratura, per la prevalenza acquisita da un suo settore, Magistratura Democratica, si è trasformata da “Ordine” dello Stato, costituito da impiegati pubblici non eletti, in un “Potere” dello Stato, anzi in un “Contropotere” in grado di condizionare il Potere legislativo e il Potere esecutivo e si è data come missione, quella – è una loro dichiarazione – di realizzare “la via giudiziaria” al socialismo.
Questa magistratura, dopo aver eliminato nel ’92 – ’93 i cinque partiti democratici che ci avevano governati per cinquant’anni, credeva di aver spianato definitivamente la strada del potere alla sinistra.
Successe invece quel che sapete: un estraneo alla politica, un certo Silvio Berlusconi, scese in campo, sconfisse la gioiosa macchina da guerra della sinistra, e in due mesi portò i moderati al governo.

Ero io.
Subito, anzi immediatamente, i P.M. e i giudici legati alla sinistra e in particolare quelli di Magistratura Democratica si scatenarono contro di me e mi inviarono un avviso di garanzia accusandomi di un reato da cui sarei stato assolto, con formula piena, sette anni dopo.
Cadde così il governo, ma da quel momento fino ad oggi mi sono stati rovesciati addosso, incredibilmente, senza alcun fondamento nella realtà, 50 processi che hanno infangato la mia immagine e mi hanno tolto tempo, tanto tempo, serenità e ingenti risorse economiche.
Hanno frugato ignobilmente e morbosamente nel mio privato, hanno messo a rischio le mie aziende senza alcun riguardo per le migliaia di persone serie ed oneste che vi lavorano, hanno aggredito il mio patrimonio con una sentenza completamente infondata, che ha riconosciuto a un noto, molto noto, sostenitore della sinistra una somma quattro volte superiore al valore delle mie quote, con dei pretesti hanno attaccato me, la mia famiglia, i miei collaboratori, i miei amici e perfino i miei ospiti.
Ed ora, dopo 41 processi che si sono conclusi, loro malgrado, senza alcuna condanna, si illudono di essere riusciti ad estromettermi dalla vita politica, con una sentenza che è politica, che è mostruosa, ma che potrebbe non essere definitiva come invece vuol far credere la sinistra, perché nei tempi giusti, nei tempi opportuni, mi batterò per ottenerne la revisione in Italia e in Europa.

Per arrivare a condannarmi si sono assicurati la maggioranza nei collegi che mi hanno giudicato, si sono impadroniti di questi collegi, si sono inventati un nuovo reato, quello di “ideatore di un sistema di frode fiscale”, senza nessuna prova, calpestando ogni mio diritto alla difesa, rifiutandosi di ascoltare 171 testimoni a mio favore, sottraendomi da ultimo, con un ben costruito espediente, al mio giudice naturale, cioè a una delle Sezioni ordinarie della Cassazione, che mi avevano già assolto, la seconda e la terza, due volte, su fatti analoghi negando – cito tra virgolette – “l’esistenza in capo a Silvio Berlusconi di reali poteri gestori della società Mediaset”.

Sfidando la verità, sfidando il ridicolo, sono riusciti a condannarmi a quattro anni di carcere e soprattutto all’interdizione dai pubblici uffici, per una presunta ma inesistente evasione dello zero virgola, rispetto agli oltre 10 miliardi, ripeto 10 miliardi di euro, quasi ventimila miliardi di vecchie lire, versati allo Stato, dal ’94 ad oggi, dal gruppo che ho fondato.
Sono dunque passati vent’anni da quando decisi di scendere in campo.
Allora dissi che lo facevo per un Paese che amavo.
Lo amo ancora, questo Paese, nonostante l’amarezza di questi anni, una grande amarezza, e nonostante l’indignazione per quest’ultima sentenza paradossale, perché, voglio ripeterlo ancora, con forza,
“io non ho commesso alcun reato,
io non sono colpevole di alcunché,
io sono innocente,
io sono assolutamente innocente”.
Ho dedicato l’intera seconda parte della mia vita, quella che dovrebbe servire a raccogliere i frutti del proprio lavoro, al bene comune.

E sono davvero convinto di aver fatto del bene all’Italia, da imprenditore, da uomo di sport, da uomo di Stato.
Per il mio impegno ho pagato e sto pagando un prezzo altissimo, ma ho l’orgoglio di aver impedito la conquista definitiva del potere alla sinistra, a questa sinistra che non ha mai rinnegato la sua ideologia, che non è mai riuscita a diventare socialdemocratica, che è rimasta sempre la stessa: la sinistra dell’invidia, del risentimento e dell’odio.
Devo confessare che sono orgoglioso, molto orgoglioso, di questo mio risultato.
Proprio per questo, adesso, insistono nel togliermi di mezzo con un’aggressione scientifica, pianificata, violenta del loro braccio giudiziario, visto che non sono stati capaci di farlo con gli strumenti della democrazia.
Per questo, adesso, sono qui per chiedere a voi, a ciascuno di voi, di aprire gli occhi, di reagire e di scendere in campo per combattere questa sinistra e per combattere l’uso della giustizia a fini di lotta politica, questo male che ha già cambiato e vuole ancora cambiare la storia della nostra Repubblica.

Non vogliamo e non possiamo permettere che l’Italia resti rinchiusa nella gabbia di una giustizia malata, che lascia tutti i giorni i suoi segni sulla carne viva dei milioni di italiani che sono coinvolti in un processo civile o penale. È come per una brutta malattia: uno dice “a me non capiterà”, ma poi, se ti arriva addosso, entri in un girone infernale da cui è difficile uscire.
Per questo dico a tutti voi, agli italiani onesti, per bene, di buon senso: reagite, protestate, fatevi sentire. Avete il dovere di fare qualcosa di forte e di grande per uscire dalla situazione in cui ci hanno precipitati.
So bene, quanto sia forte e motivata la vostra sfiducia, la vostra nausea verso la politica, verso “questa” politica fatta di scandali, di liti in tv, di una inconcludenza e di un qualunquismo senza contenuti: una politica che sembra un mondo a parte, di profittatori e di mestieranti drammaticamente lontani dalla vita reale.
Ma nonostante questo, ed anzi proprio per questo, occorre che noi tutti ci occupiamo della politica. È sporca? Ma se la lasci a chi la sta sporcando, sarà sempre più sporca… Non te ne vuoi occupare? Ma è la politica stessa che si occuperà comunque di te, della tua vita, della tua famiglia, del tuo lavoro, del tuo futuro.
È arrivato quindi davvero il momento di svegliarci, di preoccuparci, di ribellarci, di indignarci, di reagire, di farci sentire.
È arrivato il momento in cui tutti gli italiani responsabili, gli italiani che amano l’Italia e che amano la libertà, devono sentire il dovere di impegnarsi personalmente.

Per questo credo che la cosa migliore da fare sia quella di riprendere in mano la bandiera di Forza Italia.
Perché Forza Italia non è un partito, non è una parte, ma è un’idea, un progetto nazionale che unisce tutti.
Perché Forza Italia è l’Italia delle donne e degli uomini che amano la libertà e che vogliono restare liberi.
Perché Forza Italia è la vittoria dell’amore sull’invidia e sull’odio.
Perché Forza Italia difende i valori della nostra tradizione cristiana, il valore della vita, della famiglia, della solidarietà, della tolleranza verso tutti a cominciare dagli avversari.
Perché Forza Italia sa bene che lo Stato deve essere al servizio dei cittadini e non invece i cittadini al servizio dello Stato.
Perché Forza Italia è l’ultima chiamata prima della catastrofe.

È l’ultima chiamata per gli italiani che sentono che il nostro benessere, la nostra democrazia, la nostra libertà sono in pericolo e rendono indispensabile un nuovo, più forte e più vasto impegno.
Forza Italia sarà un vero grande movimento degli elettori, dei cittadini, di chi vorrà diventarne protagonista.
Una forza che può e che deve conquistare la maggioranza dei consensi perché, vi ricordo, che solo con una vera e autonoma maggioranza in Parlamento si può davvero fare del bene all’Italia, per tornare ad essere una vera democrazia e per liberarci dall’oppressione giudiziaria, per liberarci dall’oppressione fiscale, per liberarci dall’oppressione burocratica.
Per questo vi dico: scendete in campo anche voi.

Per questo ti dico: scendi in campo anche tu, con Forza Italia.

Diventa anche tu un missionario di libertà, diffondi i nostri valori e i nostri programmi, partecipa ai nostri convegni e alle nostre manifestazioni, impegnati nelle prossime campagne elettorali e magari anche nelle sezioni elettorali per evitare che ci vengano sottratti troppi voti, come purtroppo è sempre accaduto.

Voglio ripeterlo ancora: in questo momento, nella drammatica situazione in cui siamo, ogni persona consapevole e responsabile che vuol continuare a vivere in Italia ha il dovere di occuparsi direttamente del nostro comune destino.

Io sarò sempre con voi, al vostro fianco, decaduto o no. Si può far politica anche senza essere in Parlamento. Non è il seggio che fa un leader, ma è il consenso popolare, il vostro consenso. Quel consenso che non mi è mai mancato e che, ne sono sicuro, non mi mancherà neppure in futuro. Anche se, dovete esserne certi, continueranno a tentare di eliminare dalla scena politica, privandolo dei suoi diritti politici e addirittura della sua libertà personale, il leader dei moderati, quegli italiani liberi che, voglio sottolinearlo, sono da sempre la maggioranza del Paese e lo saranno ancora se sapranno finalmente restare uniti.

Sono convinto che mi state dando ragione, sono convinto che condividete questo mio allarme, sono convinto che saprete rispondere a questo mio appello, che è prima di tutto una testimonianza di amore per la nostra Italia.

E dunque: Forza Italia! Forza Italia! Forza Italia! Viva l’Italia, viva la libertà: la libertà è l’essenza dell’uomo e Dio creando l’uomo, l’ha voluto libero. SILVIO BERLUSCONI

VOTO SEGRETO O PALESE: IL RISPETTO DELLE REGOLE

Pubblicato il 17 settembre, 2013 in Politica | Nessun commento »

Noi italiani scambiamo le regole per tegole. Sicché, quando ci cascano addosso, le schiviamo. E un minuto dopo corriamo a fabbricare un’altra tegola (pardon, regola), cercandovi riparo. È già successo mille volte, sta forse per succedere di nuovo. Oggi il Movimento 5 Stelle proporrà una modifica al regolamento del Senato, allo scopo d’ottenere un voto palese sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Consensi dalla Lega, applausi da Sel, aperture dall’Udc e da Scelta civica, benedizioni da autorevoli esponenti del Pd. E ovviamente un altolà dal Pdl, che difende la regola vigente, ossia lo scrutinio segreto.

C’è una nobile ragione di principio sotto quest’ennesima baruffa sulle regole? Macché, c’è un calcolo politico. Il Pdl spera che il segreto dell’urna favorisca smottamenti nel fronte avverso, sulla carta largamente superiore. Perché la decadenza di Berlusconi rischia di trascinarsi dietro la decadenza della legislatura, con una crisi di governo e poi con lo scioglimento anticipato delle Camere. E perché, si sa, nessuno degli eletti ha voglia di fare le valigie. Dal canto suo il Pd teme giochetti da parte dei grillini: potrebbero salvare in massa l’illustre condannato, per poi addossarne la colpa alla sinistra. Ma soprattutto teme imboscate al proprio interno, giacché i 101 franchi tiratori che affondarono la candidatura di Prodi al Quirinale sono ancora lì, e tramano nell’ombra. Dunque la nuova parola d’ordine è la stessa che Gorbaciov coniò negli anni Ottanta: glasnost , trasparenza. D’altronde come si fa a non essere d’accordo?

Si fa, si fa. Intanto per una ragione di merito, perché non è affatto vero che la segretezza convenga solo ai ladri. Non a caso la Costituzione proclama il nostro voto d’elettori «libero e segreto». Questi due attributi si tengono a vicenda: il voto è libero unicamente se resta segreto. Altrimenti potremmo subire ritorsioni dal datore di lavoro, minacce dai politici, o più semplicemente potremmo farne mercatino, vendendolo al miglior offerente. E il voto degli eletti? Qui la libertà deve coniugarsi con la loro responsabilità verso gli elettori. Dopotutto se ti ho dato fiducia devo pur sapere se la meriti, se stai mantenendo le promesse. Però siccome ogni democrazia parlamentare accoglie il divieto di mandato imperativo, siccome ormai l’imperatore non è tanto il cittadino bensì il capopartito, allora la segretezza dei voti espressi nelle assemblee legislative suona come il riscatto dei peones, l’ultimo presidio della loro dignità.

Queste due opposte esigenze possono combinarsi in varia guisa. Fino al 1988 era regola il voto segreto, mentre quello palese veniva usato in casi eccezionali. Dopo la riforma dei regolamenti parlamentari s’applica la regola contraria; tuttavia l’eccezione – e cioè il voto segreto – continua a governare le votazioni sui diritti di libertà, sui casi di coscienza o infine sulle singole persone. Il caso Berlusconi, per l’appunto; quantomeno al Senato, giacché alla Camera funziona anche qui il voto palese. Merito di Craxi, salvato nel 1993 dai franchi tiratori, sicché Montecitorio s’affrettò a riformare la riforma. Alla fine della giostra la questione sta allora nel metodo, prima ancora che nel merito. Possiamo calibrare come più ci aggrada il rapporto fra scrutini segreti e palesi. Possiamo anche sbarazzarci della prerogativa che rende i parlamentari giudici di se medesimi, trasferendola per esempio alla Consulta. Ciò che invece non possiamo fare è di scrivere un’altra regola ad personam o meglio contra personam . Per rispetto delle regole, se non della persona. Michele Ainis, Il Corriere della Sera, 17 settembre 2013

………………………Alla vigilia del voto sulla decadenza di Berlusconi, questo breve saggio di un “saggio” (Ainis è uno dei 40  incaricati di  elaborare le riforme costituzionali ed istituzionali) è quanto mai utile, quanto meno per stabilire che se sono una vergogna le leggi ad persona,  lo sono altrettanto quelle contra personam. Conme quella che si vuole adottare nel casi di Berlusconi, per cui i cacciatori di streghe divengono essi stessi streghe, anzi stregoni. g.

LA MIA AFRICA A NORD DI COPENAGHEN, di Giuseppe Scaraffia

Pubblicato il 15 settembre, 2013 in Costume, Storia | Nessun commento »

La mia Africa, tratto dal romanzo-biografia di Kareb Bixen, brillante scrittrice afro-danese, è uno dei film più belli di tutti i tempi, con due interpreti eccezionali, Meryl Streep e Robert Redford.   Lo  andammo a vedere  la prima al cinema Galleria,  nel 1986,  lo abbiamo rivisto poi tante volte,  commuovendoci ogni volta come la prima.   A Karen Bixen,   Giuseppe Scaraffia,  giornalista e scrittore,  dedica su Qui Touring di Settembre,  la rivista mensile del Touring Club Italiano, uno staordinario ritratto-ricordo che pubblichiamo quale nostro omaggio alla grande scrittrice danese. g.

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L’origine è la meta, diceva Karl Kraus, e fu così che una delle più grandi autrici del Novecento, Karen Blixen, ritrovò al tramonto della sua vita la casa natale di Rungstedlund, oggi museo, a una ventina di chilometri da Copenaghen. Prima di essere della sua famiglia, la casa era stata, dalla fine del Seicento ai primi dell’Ottocento, una locanda.
Il grande parco, una quarantina di acri, è diventato, per testamento dell’autrice de La mia Africa, una riserva per i volatili. Dentro la casa, come nella sua vita e nel suo cuore, la Danimarca e l’Africa, il passato prossimo e quello remoto sembrano avere trovato un equilibrio segreto. All’inizio la nostalgia dell’Africa era così forte che per tredici anni non aveva osato aprire le casse provenienti dalla sua fattoria.

Nella stanza dei giochi, i ritratti dei neri fatti dalla scrittrice fiancheggiano i suoi disegni giovanili. I mobili della stanza verde, destinata agli ospiti, venivano dalla fattoria keniota. Il cassettone, regalo del fedelissimo cameriere nero Farah, non urta con la poltrona dove si sedeva il grande amore di Karen, morto in un incidente aereo in Africa, Denys Finch Hatton. Le lance e gli scudi dei guerrieri masai che in Africa vivevano vicino alla sua fattoria vegliano su una piccola libreria. La pendola ereditata dal nonno era stata ribattezzata il Profeta perché suonava immancabilmente il venerdì, giorno della preghiera per i fedeli dell’Islam.
Karen riceveva gli ospiti davanti al maestoso camino di marmo del salotto. Tra i muri azzurro pallido, la luminosità delle tende e delle fodere bianche dei divani e delle poltrone Luigi XVI evoca la luce irripetibile dell’Africa.
Ovunque, straordinari mazzi di fiori composti dalla Blixen erano la prova della sua fedeltà al proposito: «Dipingerò con i fiori». Per lavorare, sia nello studio sia in casa, usava la vecchia macchina da scrivere Corona o la penna, come provano i manoscritti esposti nella sua abitazione diventata museo.

A volte la Blixen faceva suonare musiche del Settecento sul grammofono regalatole da Finch Hatton. La morte dell’uomo, insieme al fallimento della sua avventura di produttrice di caffè, era stata una delle cause del suo ritorno in patria. Anche se la sifilide, trasmessale dal marito, la stava lentamente consumando, a quarant’anni era ancora affascinante. A volte stava così male da non riuscire a reggersi in piedi, ma non aveva la minima intenzione di arrendersi alla malattia. Voleva «la vittoria strappata alla disfatta». Quando si ristabiliva, le piaceva andare in bicicletta: una volta la videro arrivare a una festa con l’abito da sera fermato dalle pinze per poter pedalare meglio.

L’autrice del Pranzo di babette viveva ormai solo di ostriche, champagne, qualche chicco d’uva o un succo di frutta. La «persona più sottile del mondo», quale si vantava di essere diventata, riceveva i rari amici in salotto, davanti al fuoco. Sorseggiava distrattamente il tè fumando una sigaretta dopo l’altra, senza mai smettere di parlare. I grandi occhi scuri brillavano misteriosamente nel viso scarnificato.
Secondo l’umore, il suo aspetto subiva sorprendenti metamorfosi. Sembrava, come lei stessa diceva, «ora una vecchia strega, ora una fanciulla». Mentre si stava congedando dalla vita, era entrata definitivamente nella scrittura: lo choc del ritorno a casa le aveva insegnato che «tutti i dolori sono sopportabili se li si fa entrare in una storia o se si può raccontare una storia su di essi».Giuseppe Scaraffia, Qui Touring, settembre 2013