Siamo convinti che la storia di Silvio Berlusconi non si concluderà quando l’aula del Senato, salvo sorprese sempre possibili, avrà definitivamente sanzionato la sua decadenza da senatore. Nè, comunque, la sua storia è la storia di un “pregiudicato evasore fiscale” come qualche imbecille in cerca di padrini ha scritto sui muri del nostro paese. La storia di Berlusconi è innazitutto la storia esaltante che ciascuno di noi avrebbe voluto aver vissuto, partire dal basso e salire in alto sempre più in alto, prima nel mondo dell’imprenditoria, dal complesso settore dell’edilizia, il pilastro della economia che negli anni del secondo guerra segnò la rinascita del nostro paese, a quello innovativo e intrigante del mondo della tecnologia che ruotava negli anni 80 intorno alla televisione, e infine, nella politica. La sua discesa in campo nel 1994 fu inatteso e straordinarimente vincente, issandolo più volte sullo scranno più politicaente importante, quello di presidente del Consiglio. Comunque lo si vuole giudicare il suo impegno in politica, resta il fatto che nessuno nella storia della repubblica ha lasciato maggior segno come lui, amato ed odiato con pari intensità, medesimo passionale trasporto e identica forza, da milioni di persone, fatto segno, tra l’altro, di una invasiva attenzione da parte della Magistratura, la stessa che negli anni in cui mieteva successo nel mondo della economia non lo aveva mai incrociato, almeno come lo ha incrociato dal 1994 in poi, sino ad oggi, sino alla sentenza che lo condanna per frode fiscale, un paio di milioni di euro che sarebbero stati evasi da parte di chi di milioni di euro al fisco ne ha versati a centinaia e centinaia, due miliardi e mezzo negli ultimi ventanni. Ma le senteze sono sentenze e vanno rispettate. Giusto. Ma ciò non significa che chi ne sia stato oggetto debba diventare oggetto di insulti al limite della paranoia. Da chi squallidamente non ha esitato a far riferimento a criticità fisiche dovute all’età e che riguardano il privato, a chi, dalle nostre parti, per offrirsi a buon meracato a qualcuno che se lo comperi a poco prezzo per facilitarne le a dir poco bizzarre aspirazioni di premiership locale, non ha esitato, dimentico di non dimenticate esaltazioni, a scrivere sui muri frasi oltraggiose con abbondanza di inutili maiuscole, che non raggiungono Berlusconi, ma attestano solo la grettezza, la pochezza, la piccolezza morale ed etica del loro autore. Berlusconi ha di certo commesso molti errori, di certo ha mancato a molti impegni, di certo ha disatteso molte speranze, dopo averle alimentate con l’incomparabile traguardo che solo lui ha conseguito, riunire sotto una sola bandiera il popolo dei moderati del nostro Paese, disperso in mille rivoli dopo la fine della prima repubblica, ma fosse solo per questo, destinato ad essere da ora in poi, solo grazie a lui, obiettivo permanente del centrodestra, merita il rispetto di chi come noi ha come parametro della vita il rispetto dei Valori della lealtà, della correttezza, dell’onore, che non si comperano al supermercato: come soleva dire Pinuccio Tatarella, di cui conserviamo per sempre nel cuore il ricordo e l’affetto, o ce l’hai o non ce l’hai. g.
L’ERBA DI CASA NOSTRA….
Pubblicato il 3 ottobre, 2013 in Il territorio | Nessun commento »
Come è noto, da quest’anno la Tarsu, la tassa sui rifiuti, è stata trasformata in TARES (in attesa di ulteriore trasformazione dal 2014 in Service Tax che dovrebbe ricomprendere anche l’IMU) che per il momento comprende insieme alla tassa sui rifiuti anche quella quella per la manutenzione dei servizi pubblici, tra cui le strade.
Ed infatti…se non ci pensano i cittadini e aspetti il Comune, campa cavallo che….. l’erba cresce. Ed è proprio l’erba, tanta e rigogliosa come in un terreno incolto, quella che, come si vede nella foto che ci è stata inviata perchè la rendessimo di pubblica conoscenza, volenterosi cittadini, sostituendosi al latitante ente pubblico, stanno estirpando lungo i marciapiedi di Via Cadorna, strada non periferica del nostro paesino, percorsa ogni giorno da tantissima gente, compreso poco accorti amministratori pubblici e autorevoli funzionari comunali preposti, questi ultimi, proprio alla responsabilità della settore comunale che si occupa o che dovrebbe occuparsi dell’igiene e del decoro pubblico.
E non è solo via Cadorna che è in queste condizioni. Basta girare per le strade e per le piazze cittadine per constatare che la cosa è abbastanza, anzi molto diffusa e per nulla oggetto di preoccupato interesse di chi dovrebbe provvedere e non lo fa.
Da ciò il timore, fondato, fondatissimo, che i 30 o 40 centesimi a metro quadro che con la rata di conguaglio della Tares i cittadini saranno chiamati a pagare per la cosiddetta mantuenzione dei servizi, null’altro sarà che un aumento camuffato della vecchia Tarsu, senza nessun beneficio per i cittadini.
L’occasione ci è utile anche, visto che ci siamo, per ricordare a chi ne ha la responsabilità che qualche lavaggio in più ai cassonnetti maleodoranti che ornano le nostre strade cittadine non guasterebbe. Anzi!
BERLUSCONI “ZITTISCE” IL PDL E CHIAMA AL VOTO
Pubblicato il 1 ottobre, 2013 in Politica | Nessun commento »
Per il Pdl doveva essere il teatro dei tormenti, e ciascuno degli attori sulla scena, falchi e colombe, Santanchè e Augello, Schifani e Quagliariello, si era preparato un discorso, ognuno pronto a recitare le sue rimostranze da cuore infranto al sovrano e di fronte alle fazioni avversarie, quasi nemiche, a mostrare i denti persino, “vorrei che dal raccontarsi di oggi venisse un senso al nostro destino”, diceva Sandro Bondi, il coordinatore fedelissimo, prima di entrare a Montecitorio. Ma alla fine la riunione dei gruppi parlamentari del Pdl, in un’aula della Camera, silenziosa e cinerea, è stato lo spettacolo d’un uomo solo, Silvio Berlusconi sul palco, riflettori puntati, tutti gli altri zitti, un’attenzione, intorno, tesa, muta, a tratti feroce, ansia di rivelazione imminente. E il Cavaliere li ha lasciati poi così, i suoi deputati e senatori, ancora incerti e malmostosi, “Berlusconi ci lascia appesi”, si lagna Fabrizio Cicchitto. Il grande capo, senza tentennamenti e senza dibattito, ha detto loro che “l’esperienza di governo è finita”, “ora mi aspetto che si dimettano anche i sottosegretari”, ma poi ha pure ritirato le dimissioni di massa dei parlamentari, ha assicurato il voto sull’Iva e sulla legge di stabilità, e non ha nemmeno accennato – mai – a come votare, mercoledì, la possibile richiesta di fiducia al governo di Enrico Letta (che tuttavia appare improbabile senza prima le dimissioni del premier).
Dietro le parole di Berlusconi, nelle sue pause e nelle sue omissioni quasi dorotee, ciascuno degli uomini del Pdl ha potuto riconoscere ciò che voleva, la piega più in sintonia con i suoi desideri. Alcune colombe sono tornate a casa con un subbuglio di speranza, “forse è confuso, ma c’è un accordo”, dice l’onorevole Sergio Pizzolante, e c’è chi racconta d’una trattativa evanescente con Letta e Napolitano, mentre sul volto di Daniela Santanchè e Denis Verdini, la Pitonessa e l’architetto della linea dura, anzi durissima, si legge uno sguardo di trionfo che stona con i racconti delle colombe. “Il partito è tutto compatto intorno a Berlusconi”, dice al Foglio la Pitonessa, ma con un’inclinazione di voce che tradisce un’esultanza nervosa, dopo giorni d’aspra contesa con i ministri Alfano, Quagliariello, Lupi e Lorenzin arrivati sul crinale d’una minaccia senza ritorno, contenuta in una parola rimbalzata da un corridoio all’altro del partito e dei gruppi parlamentari: “Scissione”, Forza Italia da una parte e il Pdl dall’altra. Nel pomeriggio, circondato da un parlottio fastidioso, strattonato dalla baruffa tra il Giornale e la ex delegazione del Pdl al governo, Berlusconi, prima di riunire i parlamentari, aveva ricevuto i ministri immusoniti, ne aveva soppesato le intenzioni, per poi rassicurarli, pur concedendo pochissimo, “pensavo fossimo tutti d’accordo, sono rammaricato se c’è stato un malinteso. Ma dobbiamo restare insieme”. Per Verdini è tutto teatro, farsa, recita, “le elezioni sono l’unico sbocco possibile, le vogliono tutti, anche Grillo, anche il Pd”, dice lui, “l’avete sentito cosa pensa D’Alema? Vuole evitare il congresso”. Per i falchi non c’è rischio di scissione, e d’altra parte dicono che Berlusconi abbia commentato così: “E dove vanno senza di me?”. Dunque non preoccupano i titoli dell’Osservatore Romano e nemmeno il ribollire dei cattolici nel Pdl, in contatto, in queste ore, con Pier Ferdinando Casini e Mario Mauro, quell’agitazione che tanto ricorda l’adunata del 16 dicembre 2012 al teatro Olimpico di Roma, quando gran parte del gruppo dirigente berlusconiano sembrava pronta a consegnarsi a Mario Monti, con un manifesto che cominciava così, “noi vogliamo costruire subito una nuova alleanza riformista e modernizzatrice, la casa comune dei popolari italiani che si riconoscono nel Ppe”. Ad Arcore si mormora che Fedele Confalonieri ed Ennio Doris premano per un ripensamento del loro amico e socio, ma il Cavaliere sembra rincorrere l’idea che sia preferibile la crisi, e il rischio della morte, al ripetersi dell’identico e dell’inutile come dentro a un labirinto di specchi. Salvatore Merlo, Il Foglio, 1° ottobre 2013
…..Merlo non è una penna di sinistra e il Foglio è il quotidiano di Giuliano Ferrara, per cui nussuno può dubitare della assoluta non faziosità di questo commento di Merlo alla assembela dei parlamentari del PDL (non aveva cambiato nome?) di ieri a Roma. A leggerlo, dopo aver visto e sentito i commenti di parte già ieri sera, balza agli occhi che la crisi del centrodestra berlusconiano non si è chiusa ieri sera con una assemblea dove a nessuno è stato consentito di parlare, ma, anzi, si è aperta ancora più profonda e forse in maniera irreversibile. Peccato. Ci avevamo creduto con la buona fede del militante, invece sembra sempre più probabile che dobbiamo , noi popolo di centrodestra, riprendere una lunga traversata del deserto. Ma non cifa paura perchè ci sorreggono i nostri Valori che sono irrinunciabili. g.
FORZA ITALIA: OGGI ALLE 17 LA RESA DEI CONTI TRA FALCHI E COLOMBE
Pubblicato il 30 settembre, 2013 in Politica | Nessun commento »
Nessuno dividerà il Pdl. Silvio Berlusconi ne è convinto e non esita a ripeterlo. Parole, quelle dell’ex capo del governo, che cercano di ridimensionare l’evidente caos che anima il Pdl e la guerra tra falchi e colombe, ormai venuta alla scoperto. Una miscela che sta portando il partito ad un passo dalla spaccatura sulle sorti del governo. La decisione di accelerare la crisi annunciando la fine del sostegno all’esecutivo e le dimissioni della delegazione ministeriale ha fatto esplodere un pesante malumore tra i dirigenti. Prese di distanza e accuse reciproche come non si era mai visto e sullo fondo il rischio, paventato allo stesso Cavaliere, di scissioni nel momento in cui il partito sarà chiamato alla conta in Parlamento sul voto di fiducia. Il redde rationem è fissato per oggi pomeriggio quando alla Camera si terrà la riunione congiunta dei gruppi di Camera e Senato alla presenza di Berlusconi per decidere cosa fare. Che il rischio di una spaccatura sia nell’aria è la paura di molti. Ecco perché il Cavaliere ha intenzione di arrivare all’incontro con una strategia ben definita provando a far rientrare la frattura in un vertice ristretto a via del Plebiscito. Domani a palazzo Grazioli incontrerà i capigruppo, i coordinatori ma soprattutto Angelino Alfano. E, con il segretario del Pdl che le distanze in questo momento sono più evidenti. Il vice premier non ha gradito di essere rimasto tagliato fuori dalla decisione del Cavaliere di diramare la nota per ufficializzare la crisi. E così dopo 24 ore di pressing dell’ala governativa e di molti dirigenti del Pdl, che individuano in Denis Verdini e Daniela Santanché i cattivi consiglieri, responsabili del precipitare degli eventi, il segretario del partito decide di mettere nero su bianco la sua contrarietà alla gestione della situazione.
Maurizio Lupi e Beatrice Lorenzin sono lontani dall’idea di Forza Italia che hanno in mente i falchi del partito. Al di là delle tensioni dei governativi, il Cavaliere deve fare i conti anche con il dissenso che ormai traspare nei gruppi parlamentari. Ed in particolare tra le fila dei senatori, tenute sotto stretta osservazione per l’alto rischio smottamento nel momento in cui Letta sarà chiamato a chiedere la fiducia. Sorprese non si escludono nella pattuglia siciliana anche se Gianfranco Micciché ha smentito l’idea di sostenere il governo delle tasse. Osservato speciale è anche Maurizio Sacconi, contrario a derive estremiste del partito. Poi c’è Gaetano Quagliariello, ormai considerato fuori dal partito: secondo fonti Pdl, starebbe da tempo lavorando per arruolare senatori per sostenere Letta.
Numeri e scissioni certi non ce ne sono perché tutto dipenderà da quello che dirà Silvio Berlusconi nei due incontri, a Palazzo Grazioli e alla Camera. L’obiettivo dell’ex capo del governo sarà quello dunque di trovare un compromesso riconoscendo ad Alfano un ruolo di primo piano. E magari ridimensionando i cosiddetti falchi in modo da tenere il Pdl unito nel momento della conta in parlamento.
“Io ho espresso più una forte opposizione alla decisione di far dimettere i nostri parlamentari. E’ vero che era un fatto simbolico e soprattutto un fallo di reazione, perché per prima ha sbagliato la sinistra, ma ad un fallo non si risponde con una testata sennò si perdono le partite”. Lo ha detto Gaetano Quagliariello, ministro dimissionario per le riforme, a La telefonata di Belpietro. “Credo – ha aggiunto – che quello sia stata la madre di tutti gli errori, da cui siano discesi tutti gli altri. Penso che siano state fatte le cose un po’ affrettatamente, ma prima di sganciare l’atomica bisognava fare una serie di passi”. Oggi, alla riunione delle 17 dei gruppi del Pdl, “Discuteremo – ha detto Quagliariello – spero a volto scoperto, apertamente su che cosa è meglio fare in questo situazione”. La Stampa, 30 settembre 2013
….Questo che pubblichiamo è il commento meno fazioso – da una parte e dall’altra – sulle vicende interne al partito che fu – doveva essere- il partito di tutti i moderati italiani, finalmente riuniti sotto una sola bandiera, un solo simbolo,un solo obiettivo, e che invece rischia fortemente non solo di spaccarsi, di dividersi, forse anche di trasformarsi in un fantasma di ciò che doveva essere e non è stato. Di sicuro, comunque vadano oggi le cose alla riunione dei gruppi parlamentari ex PDL, ritrasformatosi in Forza Italia senza alcun “passaggio” formale come avviene di solito nei partiti retti con statuto democratico, qualcosa si è rotto e difficilmente, come insegnava quasi un secolo addietro Pirandello, potrà più rincollarsi. La sensazione che la strategia sia stata sostituita dalla tattica nelle scelte politiche, senza respiro se non l’invocazione del ritorno alle urne con tutti i punti interrogativi che le urne normalmente pongono, è difficilmente smentibile e di per sè crea non pochi problemi, specie nelle periferie elettorali, dove vivono, anzi sopravvivono, gli elettori alle prese con il difficile barcamenarsi tra tasse, balzelli, difficoltà di ogni genere e che si domandano perchè mai si ponga fine al governo fino ieri rappresentato come il grande capolavoro dello statista Berlusconi, da questi invece messo in crisi proprio quando doveva cogliere i risultati concreti per i quali era stato fatto nascere. Forse, come adombra il commento della Stampa, prevarrà in molti la tutela del “personale” esistente rispetto alle attese del popolo nel cui nome si dichiara di operare, forse no, ma qualsiasi decisione sarà assunta, di certo lascerà il segno nella vasta area dei moderati italiani che avranno la sensazione di essere rimasti di nuovo, ancora una volta, senza guida e rappresentanza, come da centanni a questa parte. g.
IL FALO’ DELLA SERVITU’, di Antonio Polito
Pubblicato il 27 settembre, 2013 in Politica | Nessun commento »
Pare che circolino dei moduli prestampati per consentire ai parlamentari del Pdl di presentare le loro dimissioni senza star lì a perder tempo. Ma poiché la Costituzione dice che il parlamentare è senza vincolo di mandato, e questa assomiglia molto a una servitù di mandato, si precisa che chi vuole può anche scriversela di suo pugno la lettera, con le motivazioni che preferisce, purché la firmi. A questo il Porcellum ha ridotto il Parlamento, e non solo a destra per la verità: a un bivacco di subordinati.
Ma del resto quasi tutto è senza precedenti in questa storia delle dimissioni di massa postdatate. Al punto che il presidente della Repubblica ha sentito il dovere di alzare la voce come non aveva mai fatto prima, condannandola con parole durissime, segnalandone la «gravità e assurdità». Napolitano l’ha interpretato come un atto che porta il gioco politico già estremo di queste settimane oltre il segno, oltre un punto di non ritorno. Le dimissioni dei ministri del Pdl avrebbero sì aperto una crisi di governo; ma le dimissioni dei parlamentari aprirebbero una crisi costituzionale, mettendo in conflitto tra di loro i poteri dello Stato. Esse minacciano, cioè, un atto al limite dell’eversione (la serrata del Parlamento) per protestare contro ciò che si definisce un «atto eversivo» (un voto del Parlamento sulla decadenza).
Berlusconi sembra dunque sperare che la decadenza dell’intero Parlamento possa rendere meno amara la inevitabile fine della sua vita parlamentare. Coinvolgendo le istituzioni nel proprio destino giudiziario, accetta però il teorema dei suoi nemici, che vorrebbero ridurre la sua storia politica ventennale a una vicenda di processi e di condanne. E toglie le castagne dal fuoco a chi nel Pd alimenta da mesi il falò dell’intransigenza, diventando lui il sicario di un governo in realtà mai digerito a sinistra.
Ma tant’è: da oggi si può davvero dire che l’esecutivo Letta è al capolinea. Non avrebbe senso assumere altri impegni di bilancio, per evitare l’aumento dell’Iva o il ritorno dell’Imu, quando non si sa chi potrà rispettarli. Il presidente del Consiglio deve dunque fare la cosa giusta e istituzionalmente corretta: andare alle Camere per verificare se ne ha ancora la fiducia. In questi mesi, anche per gli errori di un governo che ha sommato invece di selezionare le pretese dei partiti, Letta non è riuscito a domare il fronte di chi voleva le elezioni a febbraio e che ha sfruttato la vicenda giudiziaria di Berlusconi per averle. Ora non gli resta che l’ultima carta: rimettere al centro la ragione per cui è nato.
Il 15 di ottobre, infatti, non è solo la data in cui Berlusconi andrà agli arresti domiciliari o ai servizi sociali. È anche il termine per presentare la legge di Stabilità, e cioè il principale strumento di politica finanziaria dello Stato. Senza di quello, l’Italia può tornare nel gorgo dove stava affogando nel novembre del 2011. Due anni di lacrime e sangue vanificati in un istante. Vediamo chi vota per la rovina nazionale. Antonio Polito, Il Corriere della Sera, 27 settembre 2013
….Ciascuno legga questo nota di Polito, come crede, resta il fatto che al di là di tutto esprime il disagio, la preoccupazione, la paura, forse anche la disperazione di chi ancora fidava nella capacità della politica – servizio e non strumento – di affrontare con lucidità i problemi del Paese e della sua gente. Ed è costretto a ricredersi. g.
MACCHE’ AN, BISOGNA RIFONDARE LA DESTRA, di Marcello Veneziani
Pubblicato il 24 settembre, 2013 in Il territorio, Politica | Nessun commento »