Enzo Biagi è stato seppellito oggi nel suo paesino d’origine, in quella Romagna terra di grandi passioni, di grandi amori e di grandi odi, dove però, a sentire Guareschi che in terra di Romagna ambientò il suo intramontabile don Camillo e il suo sanguigno antagonista Peppone, la gente sa, dinanzi alla morte, porre da parte passioni, amori e odi, per inchinarsi concorde alla volontà di Dio. E allora che ragione c’era questa mattina di accompagnare i funerali di Biagi con l’inno partigiano di Bella Ciao che rievoca i fantasmi della guerra civile e della sanguinosa contrapposizione fra italiani che tutti, almeno a parole, si vorrebbe dimenticare? Certo, Biagi fu combattente della guerra partigiana ma da allora sono trascorsi oltre 60 anni. I protagonisti e le comparse di quella sanguinosa stagione di odio sono scomparsi, sono scomparsi gli idoli e le ideologie che fecero da sfondo a quella immane tragedia, anche il comunismo è stato sconfitto dalla storia, e gli eredi italiani del comunismo, almeno quelli che contano, hanno cambiato più volte nome e ora sono confluiti con gli ex seguaci di De Gasperi, il leader cattolico al quale Palmiro Togliatti aveva promesso, alla vigilia della decisiva campagna elettorale del 1948, quella che si concluse con l’epopea del 18 aprile, un bella pedata nel sedere, nel partito democratico che ha eletto suo segretario Veltroni il quale da anni va ripetendo di non essere mai stato comunista, anche quando si riuniva con i vertici partitici del PCI sotto l’emblema della falce e del martello……. Che ragione c’era dunque di accompagnare Biagi con le parole di una canzone che rievoca fantasmi e divisioni che tutti dicono di aver posto alle proprie spalle? La ragione c’è ed è quella di usare la morte di Biagi per rinfocolare odi e polemiche nei confronti di Berlusconi, il leader della opposizione che è “avversario” solo nelle dichiarazioni di facciata e che ritorna “nemico” quando più se ne sente sul collo l’alito. Era Berlusconi il vero bersaglio di quella canzone, cantata come inno di guerra, usando a pretesto il presunto bando dalla RAI di Biagi, perché parlava male di Berlusconi. Non è questa la verità, anche se questa è la verità che piace alla sinistra e allo stesso Prodi che questa mattina, abbandonata l’Italia ai criminali immigrati, al rincaro stravolgente dei prezzi, al super euro che martirizza la nostra economia, se ne è andato ai funerali di Biagi non per partecipare al cristiano rito della sepoltura di amico, ma per approfittare dell’occasione per ribadire che, “si,Berlusconi cacciò Biagi dalla RAI”. Non è il caso di contestare questa scempiaggine ma è il caso di ricordare al prof. PRODI e non solo a lui, che se fosse vero ciò, non si riuscirebbe a spiegare perché mai nelle sue TV, le grandi reti televisive di cui Berlusconi è padrone, ci sono andati e ci vanno tutti, e tutti dicono quel che vogliono, ad incominciare dai conduttori dei programmi più seguiti, capaci di influenzare la opinione pubblica molto più di un appuntamento giornalistico come lo era Ia rubrica giornalistica tenuta da Biagi in RAI – Il Fatto - seguita da un pubblico non a digiuno della politica e capace di discernere le notizie e i commenti al di là delle parole dello stesso Biagi. Nelle TV di Berlusconi ci sono andati tutti, da Giorgio Bocca, antifascista e partigiano più di tanti altri, allo stesso Michele Santoro che ci rimase sino a quando non si accorse che la rete pubblica rende di più di quella commerciale, ma fino a quando rimase in MEDIASET non mostrò di vergognarsene più di tanto. E poi c’è stato e c’è Enrico Mentana che ha diretto il TG5 per un decennio senza mai nascondere la sua fede socialista mai convertita al centrodestra e che in Mediaset continua a rimanere dirigendo un contraltare a Porta a Porta quale è Matring che affronta temi di attualità e di politica ospitando tutti, anche quelli che fanno strame di Berlusconi. E poi e più di tutti c’è stato e c’è Maurizio Costanzo che non è stato solo un conduttore ma anche un alto dirigente, pur essendo stato il curatore d’immagine di Massimo D’Alema. Ecco perché le accuse a Berlusconi di aver emesso il famoso “editto bulgaro” per esiliare Biagi dalla RAI è in verità una leggenda metropolitana che tutti sanno essere una panzana ma che a tutti fa comodo credere essere vera. Passi per Biagi, per la sua grandezza giornalistica, riconosciuta cavallerescamente dallo stesso Berlusconi, ma non può essere consentito a suoi finti esaltatori che ora ne usano il nome per aggredire il capo della opposizione.