Rutelli, vicepresidente del consiglio, ex radicale ed ex capo della Margherita, scioltasi nel PD per scomparirvi, è un architetto mancato. Solo, va detto, per aver scelto la via della politica, tradendo le tradizioni familiari. Sarà stato per questa antica vocazione, sebbene non coronata dalla laurea, che intervenendo al convegno del FAI, il Fondo per l'ambiente italiano, ha sparato a zero sui geometri, accusati da Rutelli di essere i responsabili della scarsa qualità delle progettazioni che hanno provocato la selvaggia aggressione del territorio e una cementificazione altrettanto selvaggia che ha contrihnuit0o a distruggere il paesaggio del nostro Paese. Insommma, ha gridato oiil mancato architetto Rutelli, ci vogliono più architetti e meno geometri. E' stato ingiusto e ingrato Rutelli e forse poco informato. I geometri sono stati invece nel recente passato del nostro Paese i veri artefici della crescita edilizia. In un paese dove di certo non abbondavano le facoltà universitarie d'èlite, gli istituti tecnici che formavano e sfornavano bravi geometri, sopperivano alle carenze strutturali delle università italiane. Senza dimenticare, peraltro, che nel passato, spesso, anche i geometri, ancorchè insigniti del titolo, imparavano il mestiere sul campo attingendo alla esperienza e alla professionalità dei capimastri, che spesso ne sapevano più dei titolati professionisti. Certo, ce ne sono stati e ce ne sono, di geometri, come accade in tutte le professioni, che hanno sguazzato negli abusi e ce ne sono stati di altri che hanno esibito sapienza e conoscenza più di quanto ne possedessero. Ne abbiamo conosciuto qualcuno che, per esempio, non sapeva costruire muri senza farli storti (a propria immagine, del resto) e qualcunaltro che della violazione delle regole e dell'uso sistematico dell'abuso ne ha fatto una regola. Ma non è comunque giusto generalizzare anche se è condivisibile l'auspicio - se tale voleva essere quello di Rutelli - di una crescita intellettuale dei professionisti cui è affidato il compito di progettare un nuovo modello di sviluppo urbanistico del nostro Paese, più compatibile, anzi compatibile - perchè nal passato non lo è stato - con le esigenze dell'ambiente, incominciando con la salvaguardia del paesaggio, straordinario "bene" dell'Italia.