Pecunia non olet, i voti neppure: ma questo è un giornale, non una banca o un partito. Dunque Carlo Ripa di Meana, che al Corriere ha confessato la tentazione di «attraversare l’Umbria e andare a votare per il Popolo della libertà», accetti un consiglio personale: stia a casa, resti in Umbria, a Cortina, nei giardinetti dell’Hotel Miramonti a passeggiare con il cane. «Sono combattuto, è una brutta lotta», ha detto sempre al Corriere: ecco, non combatta, non lotti. Detto ancora a titolo personale: chi se ne frega del suo voto, dell’opportunismo residuale di cui è ancora capace. L’ex redattore dell’Unità Carlo Ripa di Meana venne spedito da Craxi all’Ente turismo di Milano, poi alla Biennale, poi al Parlamento Europeo, poi fu due volte commissario Cee, poi fu ministro dell’Ambiente: sempre su indicazione di Craxi. Ma dall'acerba estate del 1992 ebbe inizio il crollo socialista, e Ripa di Meana, tu guarda, prese le distanze: prima scrisse pubblicamente a Di Pietro per incoraggiarlo, poi (finito il Psi) lasciò il Psi e bussò alla nascenda Alleanza Democratica, che però non lo volle. Infine, misteri della politica italiana, eccolo portavoce dei Verdi. Ma poi litigò coi Verdi e scrisse un libro contro i Verdi. Ora spia il vento: questo dopo aver scritto una preziosa autobiografia titolata «Cane sciolto». A proposito, Carlo, c’è da portarlo giù ai giardinetti.