di Peppino Caldarola (ex parlamentare DS-PD)
E' il primo governo del premier. L’innovazione colpisce al cuore il tradizionale parlamentarismo della politica italiana. Il vincitore delle elezioni va dal capo dello Stato, discute con lui, propone una lista di nomi, la legge davanti alla tv, fa giurare i suoi ministri e il governo è bello e fatto. Dopo tanti anni in cui abbiamo ammirato la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna, la Germania il buon esempio l’abbiamo dato noi. L’asse Berlusconi-Veltroni non ha partorito finora alcun accordo significativo ma questa modifica della Costituzione materiale è rilevantissima. Pochi partiti, certezza di governo, opposizione in piedi. Ma è un buon governo, quello appena nato? È, in un certo senso, il primo vero governo Berlusconi.
Rispetto al '94 la compagine appare più omogenea. Rispetto al 2001 sembra ridotto il tasso potenziale di litigiosità. I nuovi e vecchi ministri sono tutti personaggi da seconda Repubblica e forse da Terza. Quelli di maggior peso (Tremonti, Bossi, Maroni) non faranno ombra al premier. Ci sono i giovani, le donne (sempre poche in Italia), l’outsider (il mite Alfano). Mancano i grandi nomi e la società civile, si dice. Credo che nessuno ricordi oggi i ministri di De Gaulle, Mitterrand, Kohl anche di quelli che successivamente diventarono famosi ed ebbero carriere personalissime. Le cose nuove che stanno avvenendo sembrano proprio queste. Col nuovo governo s’inaugura il semi-presidenzialismo all’italiana e, contemporaneamente, si certifica la morte del «partito di plastica» e del centro-destra come coalizione. È nato il primo partito berlusconiano (alleato con la Lega) destinato a durare oltre la vita (che gli auguriamo molto lunga) del suo fondatore e leader. Questo mi pare l’aspetto di più lungo periodo del nuovo esecutivo. La trattativa è stata molto breve perché la compagine era omogenea in partenza. Una volta assegnato alla Lega (a parte il caso Calderoli) quello che la Lega pretendeva, il dosaggio degli equilibri è stato tutto interno all’ex Fi, visto che An, con la presidenza della Camera a Fini, il ministero della Difesa a La Russa, la guida del gruppo parlamentare al Senato a Gasparri, si è rapidamente acquietata.
Quello che emerge è una nuova tappa di avvicinamento verso il partito unitario del centro-destra. Mentre dall’altra parte dello schieramento la sconfitta accentua le divisioni, dal lato del vincitore il frettoloso progetto unitario, concepito in poche ore dal Cavaliere, comincia ad assestarsi. Forse questo è il tratto più gollista del nuovo esecutivo. Lo scenario politico conosce da ieri un nuovo soggetto politico. Ma è credibile che un nuovo partito nasca a ridosso di un esperienza di governo? Il caso italiano sembrerebbe dire di no, visto che ad ogni elezione l’opposizione sostituisce l’ex maggioranza soccombente. Ma forse questo è accaduto finora perché la tendenza bipolare si è scontrata con la tradizione parlamentaristica, il pluripartitismo coatto, l’eredità democristiana che ha tardato a morire. La svolta impressa da Berlusconi con un governo di fedeli collaboratori del premier può segnare l’avvio di una diversa stagione politica.
Se l’opposizione farà un’operazione analoga e contraria il tempo del pluripartitismo confuso, del parlamentarismo inconcludente, dei governi-ostaggio di alleanze friabili si potrà dire definitivamente finito. Perché questo accada non si possono lasciare le cose a metà. Servono due fatti politici: avviare davvero una legislatura costituente e avere partiti costruiti in relazione all'attività di governo così che l’elettore sappia con certezza ciò che vuole confermare e ciò che vuole cambiare.