Era uno dei simboli della Roma veltroniana. La celebrazione dei fasti di Walter o, per i suoi detrattori, la riproposizione del classico panem et circenses. Era la Notte bianca, che - black out permettendo - accendeva Roma dal tramonto all’alba in una strana sagra che mescolava salsicce e cultura, aiutando a dimenticare problemi di sicurezza, traffico impazzito, buche. E, forse, pure i buchi nei conti capitolini.
Già, a scorrere i dati della due diligence sui conti del Campidoglio condotta dagli ispettori della Ragioneria generale dello Stato, sembra che più che inventare un «modello» Veltroni abbia rinnovato la tradizione del «sacco di Roma» in chiave finanziaria, lasciando un debito programmato che sfiora i dieci miliardi di euro. I tre mesi di monitoraggio dei conti che aspettano il sindaco-commissario Gianni Alemanno forse diranno qualcosa di più. Ma che il centrosinistra a Roma si sia distinto anche per gli sprechi, per quanto poco pubblicizzati grazie all’efficienza di un’oliata macchina del consenso, non è certo una notizia inedita.
NOTTE BIANCA. A cominciare proprio da quell’evento-simbolo, la Notte bianca. Con lo stop alle spese imposto dalla tesoreria comunale, scompare anche lei. Ma non era una manna dal cielo per la città? Per Veltroni valeva «90 milioni di euro». Eppure l’assessore alla Cultura Umberto Croppi non ha dubbi: il suo costo ora non è sostenibile. «Le spese vive per il comune sono di circa un milione di euro, ma i milioni si moltiplicano considerando gli straordinari dei vigili urbani, il conto delle ex municipalizzate, Ama e Atac su tutte per pulizie e trasporti, la distrazione di fondi stanziati dagli sponsor e dagli enti tesorieri che potrebbero essere utilizzati diversamente. Tutto per un evento che non è cultura, ma intrattenimento»
ARA PACIS. La storia recente delle emorragie finanziarie targate Veltroni non è scarna. C’è la polemica sulla teca dell’Ara Pacis, cantiere eterno della Città eterna, inaugurato due anni fa e subito al centro di un’inchiesta della Corte dei conti per l’impennata dei costi da 7 a 14 milioni di euro.
AFFITTI «DIMENTICATI». C’è la curiosa vicenda del trasferimento nel 2011 degli uffici comunali al «Campidoglio 2», la nuova cittadella amministrativa messa su per «risparmiare sugli affitti passivi», ma intanto, oltre al costo dell’operazione (250 milioni di euro), sul groppone del «Campidoglio 1» restano i canoni del fitto di un edificio per i gruppi consiliari e di un altro destinato a uffici distaccati del comune. Affitti che scadranno rispettivamente nel 2022 e nel 2025, anche se la nuova struttura di proprietà avrà spazio a sufficienza per tutti molto prima. Il costo? Tre milioni 750mila euro l’anno per il primo palazzo, 9,2 milioni per il secondo. E, ciliegina sulla torta, due consiglieri di An, Marco Visconti e Luca Gramazio, scoprono che la giunta Veltroni, siglando il contratto, avrebbe rinunciato «alla facoltà di disdetta alla prima scadenza novennale».
RESIDENCE PER SFRATTATI. Interessanti anche i dati su come Veltroni ha affrontato l’emergenza abitativa. L’edilizia popolare ha latitato, ma in compenso sono fioriti gli affari per i «residence» pagati per ospitare sfollati e sfrattati. In media, per queste strutture, che spesso brillavano per le assurde condizioni di degrado, il Campidoglio negli anni veltroniani ha speso 30 milioni di euro l’anno.
CAMPI ROM. Un po’ inferiore, come ha rilevato un altro consigliere comunale di An, Fabrizio Santori, l’esborso per gestire i 27 campi nomadi «ufficiali» e per assistere i rom che vi risiedono. «Nel 2006 il costo per le casse comunali tra gestione campi, servizi per i rom, interventi di bonifica, scolarizzazione, servizi sociali, acqua e luce, wc chimici e personale addetto è stato di 19.380.653 euro, a cui vanno aggiunti i circa 7 milioni di euro stanziati dal governo».
CASSONETTI D’ORO. Sempre Santori aveva scoperto che in un deposito dell’Ama, la spa comunale che si occupa di nettezza urbana, erano stati consegnati alla ruggine decine di lavacassonetti praticamente nuovi, comprati per circa 140mila euro l’uno e abbandonati al degrado, con i contachilometri fermi a due o tre cifre. Mai usati o quasi. Uno spreco da 8,4 milioni di euro, contestuale allo stanziamento di 21 milioni di euro per comprare 30mila cassonetti nati con un difetto di progettazione.
ESPERTI A NON FINIRE. L’elenco è lungo, e passa anche per l’altrettanto lunga lista delle consulenze esterne del Campidoglio. Nel 2007 Veltroni ha speso 113,5 milioni di euro per assoldare «esperti» e associazioni. Più di 60 milioni solo per consulenze nel campo di Tpl e gestione del territorio. Eppure la situazione finanziaria di Atac e Ama, giura la Ragioneria, a fine 2006 era negativa «per oltre un miliardo».
(Massimo Malpica)