La notizia dà fastidio, meglio un lungo sonno di Salvatore Scarpino
Il sogno trasversale e inconfessato covato dal mondo politico è quello di regalare al Paese una torpida stagione di autocensura informativa, di indefinita sospensione mediatica, di drastica riduzione delle notizie che, si sa, talvolta somigliano agli scorpioni: pungono, infatti. Un sogno ricorrente, quello del bavaglio ai cronisti petulanti: già qualche anno addietro lorsignori avevano pensato di inasprire le pene per la diffamazione (a volte vera, a volta presunta) prospettando detenzione a spiovere, invocando il carcere che oggi i diciassettenni che ammazzino i genitori non riescono a scontare, poveri cocchi. Quel progetto svanì, ma oggi la questione degli abusi e dei danni collaterali legati alle intercettazioni offre nuovamente il destro ai censori mancati di agitare il bastone della galera senza sconti per i giornalisti, vil razza dannata.
Sia chiaro, il meccanismo infernale innescato dalle intercettazioni è un problema reale, è una delle tante malattie del nostro sistema giudiziario, ma credere di poterla guarire arrestando i giornalisti è come colpire i presunti untori senza combattere i batteri che provocano la peste. I giornalisti, che hanno il dovere di diffondere notizie vere, non hanno provocato la sindrome delle intercettazioni malsane, l’hanno solamente rivelata, come fa un reagente chimico-democratico al cospetto di un’infezione. Certo, a fare da falso contrappeso – come ha giustamente notato Michele Brambilla - ci sono anche «gride» che minacciano di anni e anni di carcere i magistrati che diffondano verbali che dovrebbero restare segreti, ma nessun magistrato è stato mai condannato, parecchi giornalisti sì. Gli abusi delle intercettazioni nascono anche - e tutti lo sanno – dal protagonismo e dalla voglia di «supplenza» di tanti magistrati del pubblico ministero, ma il Guardasigilli – lo dice la parola stessa - si guarda bene dal richiamare agli obblighi del ruolo antagonisti spinosi che pretendono di svolgere compiti politici, e salvifici, meglio di lui. È più conveniente dare addosso ai giornalisti, i quali sono graditi soltanto quando sono «alla mano», come cavalli mansueti, e non di razza. Ma perché il ceto politico cova questo sogno di mortifera quiete? Sono convinto che in Parlamento siedano tante persone libere e liberali, ma certi disegni di legge passano al vaglio di apparati che, più della coscienza, tutelano interessi di casta e di corporazione. Questo spiega la coincidenza d’indirizzo di destra e sinistra nel chiedere sanzioni gravissime per i giornalisti. Il bipolarismo – nel quale fortemente credo – favorisce questa trasversalità: ogni politico sa che, grazie all’alternanza, sarà una volta incudine e l’altra martello e, comunque, che i giornalisti stiano al loro posto. Zitti e a cuccia.
A complicare le cose c’è un’altra circostanza: molti politici vantano un passato di giornalisti, perché hanno diretto, o vi hanno lavorato, giornali di partito. È un altro guaio: questi politici credono di conoscere il mestiere che hanno esercitato usando, se non la «lingua di legno» delle dittature, quella di paglia della partitocrazia. Credono che fare il giornalista significhi arzigogolare sui documenti della segreteria, oppure tacere e sopire. Ragazzi, il mestiere è un’altra cosa.
Il lungo sonno. Questo sognano per noi e per l’Italia lorsignori. Per il nostro bene, sia chiaro. Che senso ha turbare gli italiani con notizie che richiedono giudizi morali e politici?
Perché, per esempio, sottoporre i cittadini allo stress di notizie sulla finanziaria regolarmente smentite il giorno dopo? Quelle legge era ed è abominevole di suo, ma certamente il chiasso dei giornali, fra uscite e smentite dei ministri, l’ha sbugiardata. E allora la sinistra pensa che se i giornali non si fossero occupati del loro mostriciattolo avrebbero potuto meglio spacciarlo per un campione di democrazia e di sviluppo. A che servono i giornali? Questo è il vero punto. Gli oltre 1300 commi della finanziaria potrebbero essere sobriamente illustrati dalla «Gazzetta Ufficiale», magari resa più appetibile da fotografie di ragazze discinte (sì, anche quelle di Vallettopoli). Perché tanti giornali, portatori di idee differenti che fanno girar la testa ai cittadini e che provocano turbamenti tali da impensierire l’organizzazione mondiale della sanità? Se tanti giornalisti andranno in galera, il numero dei giornali si ridurrà. Accanto alla «Gazzetta Ufficiale», per non dipendere da un solo foglio, gli italiani potrebbero leggere il «Monitore dell’Unione», diretto dal portavoce unico Silvio Sircana, dispensatore del pensiero unico. Questo giornale non pubblicherebbe fotografie, ma presenterebbe tanti articoli edificanti. Sereni, anzi sedativi. Finché dura il governo. Poi un altro «Monitore» si assumerebbe il compito di ammonirci. Per lorsignori è un sogno, per noi è un incubo.
Salvatore Scarpino