di Mario Giordano
La Questura dice che in piazza c’erano 200mila persone. Gli organizzatori dicono che erano due milioni e mezzo. È la solita mazurka del numeretto. Scusateci, ma noi non partecipiamo. Potremmo sottolineare l’abissale differenza delle stime, anche perché due milioni e 300mila persone sono difficili da non vedere (saranno andate alla toilette tutte insieme mentre contavano i poliziotti? O si sono moltiplicate per partenogenesi quando contavano i veltroniani?). Oppure potremmo ricordare che il Circo Massimo non contiene più di 300mila persone, nemmeno schiacciate come le sardine Nostromo con 120 grammi d’olio d’oliva. Ma non è questo il punto.
Diciamo pure che la manifestazione di ieri è stata un successo. E soprattutto diciamo che non si può che essere soddisfatti quando tanta gente scende in piazza per manifestare le sue idee senza spaccare le vetrine, come spesso è successo in passato nei cortei della sinistra, e senza usare gli agenti della pubblica sicurezza come bersaglio mobile o tapis roulant. Diciamolo pure. Però, poi, non si puòdimenticare che ieri in piazza era rappresentata solo la minoranza del Paese. E che il resto d’Italia, i 56 milioni che sono rimasti a casa o sono andati a fare shopping o ad accompagnare i figli alla partita d calcio, per la stragrande maggioranza non si riconosce nei simboli e negli slogan del Circo Massimo, ma al contrario continua a ribadire giorno per giorno la propria fiducia nel governo.
Spesso si è fatto riferimento, in questi giorni, alla manifestazione del centrodestra di due anni fa. Ma fra le due c’è una differenza abissale. Allora il centrosinistra usciva da un sostanziale pareggio alle urne. E non aver riconosciuto quel risultato è stato uno degli errori più devastanti non soltanto per il governo Prodi, che infatti non resse alla prova della realtà, ma anche per il Paese. Allora l’Italia era spaccata a metà. Oggi non èpiù così. Veltroni lo sa.
Non può dimenticare la batosta elettorale che il Pd ha subito solo sei mesi fa, non può dimenticare i numeri in Parlamento che di quel voto sono l’espressione. Non può dimenticare che il suo bel corteo si è svolto nella Roma che lui ha appena perso, rovinosamente e clamorosamente. Non può dimenticare il giudizio impietoso dei suoi concittadini- elettori. E non può dimenticare il risultato dei sondaggi, persino quelli di Repubblica, che quotidianamente confermano un plebiscito nei confronti del governo e del suo premier con percentuali quasi imbarazzanti e danno invece il Pd ormai sotto il 30 per cento.
Duecentomila o due milioni di persone in piazza fanno una bella festa, si capisce. Evviva. Ma il Paese è da un’altra parte. Veltroni lo sa. E infatti ieri non ha fatto un discorso al Paese: ha fatto un discorso di partito, quasi di corrente di partito. Ha trasformato il corteo in una specie di congresso all’aperto del Pd per avere una legittimazione dal basso alla sua leadership morente. Nessuna nuova idea, nessuna proposta. Al massimo la riproposizione del vecchio e ormai consunto schema berlingueriano della superiorità morale della sinistra («Qui c’è l’Italia migliore»), che sicandida a governare non in base a un programma, ma in virtù di una specie di benedizione scesa da non si sa quale cielo rosso. E ci vuole un bel coraggio dopo quello che hanno inciuciato con banche e banchieri...
I banchieri, appunto, ricordate? Oggi sono al centro della bufera finanziaria, un anno fa invece si mettevano disciplinatamente in fila per le primarie del Pd. Fu anche quella una bella festa di democrazia. C’era tanta gente in coda. E tanta gente riempì le piazze, qualche mese dopo, in campagna elettorale mentre Veltroni girava in pullman, da una provincia all’altra, tanto che lui alla fine s’illuse della possibilità del «sorpasso». Le piazze erano piene, ma le urne rimasero vuote. Perché il problema è tutto qui: per moltiplicare per dieci le presenze del Circo Massimo bastano due lanci d’agenzia e un po’ di giornalisti amici. Per moltiplicare per dieci i voti alle elezioni, certe volte, non bastano nemmeno i brogli.