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 VENDOLA NON CHIEDA SOLDI ALLO STATO PER LE CURE DEI CLANDESTINI Data: 10/02/2009
Appertiene alla sezione: [ Dal Territorio ]
Ho sempre diffidato dei moralisti che fanno la carità con i soldi degli altri. E sono rimasto sbalordito leggendo una affermazione di Niki Vendola che vorrebbe un decreto per esonerare dal servizio sanitario i medici che si rifiutano di curare i malati clandestini senza fare un rapporto alle autorità. Ciò al fine di difendere il “diritto” degli immigrati clandestini a ricevere cure dalle unità sanitarie pugliesi e il “dovere” dei medici a curarli, prescrivendo farmaci a carico del servizio sanitario regionale.

Vendola ritiene che sia conforme alla nostra Costituzione la Legge Regionale con cui ha stabilito, da tempo, che il servizio sanitario anche per le cure permanenti e non solo occasionali spetti anche ai clandestini. Non pensa che in questo modo egli destina il denaro pubblico, del servizio sanitario nazionale, a scopi impropri. Data la regola da lui accolta, al pronto soccorso può esserci una folla di clandestini che richiedono le cure e può accadere che gli italiani e gli immigrati regolari, che pagano le imposte e quindi ne hanno diritto, ne vengano esclusi perché - come spesso accade - la fila è troppo lunga. Per ovviare a ciò, per altro parzialmente, ha accresciuto i servizi sanitari con grande gioia degli apparati ospedalieri pubblici e dei loro primari, che espandono le loro attività, ovviamente con i soldi pubblici.

Il deficit finanziario della sanità italiana è mostruoso ed è la causa principale della mancata riduzione del rapporto debito/Pil. Ciò in quanto i proventi delle privatizzazioni sono serviti in gran parte a ripianare i debiti pregressi delle Regioni nella sanità. La Regione Puglia, che era fra quelle virtuose, quando era amministrata dall’’onorevole Fitto, ora sotto la guida di Vendola ha un deficit sanitario annuo di 300 milioni e il servizio non risulta essere molto buono. Vendola ritiene erroneamente (o finge di ritenere) che la norma dell’art. 32 della Costituzione secondo cui “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” si applichi a chiunque in Italia, anche se clandestino.

A me pare che la norma essendo nel Titolo II della Prima Parte, intitolata “Rapporti etico-sociali” sia una applicazione dell’articolo 3 contenuto nel Titolo I , di tale Parte, che stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale”. Appare evidente che un clandestino non può essere equiparato a un cittadino italiano. Dunque non è un obbligo costituzionale il curare i clandestini, in quanto titolari di diritti sociali in Italia. Ben diversa è la situazione degli emigranti regolari, i quali fanno parte della nostra collettività, in quanto dotati del permesso di soggiorno che a ciò li abilita. Ma si può sostenere che se è vero che il collegamento fra articolo 32 e 3 assegna ai cittadini un “diritto” alla salute, non esclude che la tutela della salute sia fornita anche a non cittadini e non solo a coloro che ai cittadini sono equiparabili (e vi sono equiparati per il pagamento delle impèopste sul reddito). E in effetti l’art. 32, oltreché fare riferimento al diritto dei singoli, per la tutela della salute da parte dello stato, fa riferimento anche all’ interesse della collettività.

I turisti, intendendo con questo termine coloro che per motivo di svago, di studio, di cura, di cultura, di culto, di partecipazione ad attività politiche e sociali, si fermano in Italia, “occasionalmente” e perciò non fanno parte della nostra collettività (e non sono tenuti alle imposte sul reddito in Italia, a differenza degli immigrati). Ma è interesse della nostra collettività che i turisti ricevano una tutela sanitaria perché il turismo, nelle sue varie manifestazioni, fa parte del’interesse nazionale. Ma che interesse ha il contribuente italiano a spendere il suo denaro per i clandestini? Qui le argomentazioni dei critici della nuova legge sono debolissime. Si sostiene che se noi non curiamo i clandestini gratuitamente a spese dello stato, essi hanno interesse a rimanere ancora più clandestini! E’ vero l’opposto. E circa la tesi che se i clandestini non vengono curati gratis potrebbero attaccarci malattie infettive essa comunque limiterebbe a queste terapie la sospensione dell’obbligo di denuncia. Ma non è necessariamente vero che le terapie per le malattie infettive eliminino il contagio. E chi sa che può essere curato in Italia gratis, da una malattia infettiva come l’Aids o la tubercolosi , avrà un maggior incentivo a venire in Italia. Poiché le cure gratuite dei clandestini incentivano questo fenomeno, esse lo accrescono. E ciò può aggravare i danni che derivano dalla esistenza di una popolazione clandestina fra i quali emergono anche l’economia sommersa e la criminalità organizzata.

Vendola, comunque , non può chiedere soldi allo stato per le cure dei clandestini, violando la legge dello stato con una legge regionale, che ne facilita l’accesso. Al massimo potrebbe farlo a carico cella collettività pugliese, posto che in Puglia si potessero disapplicare le leggi dello stato. E’ questo il federalismo che si vuole: le Regioni che fanno quello che loro pare, in contrasto con le leggo statali, facendo pagare il conto alla collettività nazionale?

Antonio Stella, precursore della campagna dei governatori e assessori regionali contro la nuova legge (Piemonte e Lazio) per difendere la sua tesi argomenta che l’Italia è stata un popolo di emigranti e che non dobbiamo dimenticarcene. I nostri emigranti all’estero cercavano lavoro legale, non attività illegali. Salvo eccezioni, come quella delle attività mafiose, che non hanno fatto onore né all’Italia né alla nostra emigrazione di gente onesta e laboriosa. Equiparare gli emigranti italiani del secolo scorso o dell’epoca ottocentesca di Edmondo De Amicis ai clandestini che vengono in Italia violando la legge e che spesso vivono di attività oscure, è una grave offesa alla storia della nostra nazione. E, comunque, non consta che i nostri emigrati abbiano mai avuto diritto alle cure del servizio sanitario nazionale gratuito degli stati in cui andavano a lavorare.

Se è vero che bisogna avere compassione di queste persone, che vivono in Italia fuori legge, quando chiedono delle terapie gratuite, perché Vendola e tutte le altre persone compassionevoli invece che pretendere che sia lo stato a pagare per loro, con i soldi dei contribuenti, non provvede ad erogare somme di tasca sua a organizzazioni non profit che lo possono fare con i denari della carità privata?

La critica e l’osservazione non riguardano solo lui e i presidenti di Regione, come Merceds Bresso e Antonio Marrazzo che criticano la nuova legge, ma riguardano anche le organizzazioni che sembra si siano pronunciate a favore di questa tesi, che fortunatamente il parlamento poi non ha accolto. Cito: Medici senza frontiere, Federazione nazionale dei medici chirurghi ed odontoiatri, la Comunità di Sant’Egidio,Amnesty International, Acli, Emergency, Medici con l’Africa. Con l’eccezione delle Acli si tratta di organismi di medici o di assistenza sanitaria che possono benissimo effettuare gratis una attività privata di assistenza sanitaria ai clandestini basata su considerazioni di carità e solidarietà. In effetti, i clandestini si rivolgono alle strutture pubbliche in quanto non vogliono o non possono spendere per quelle private. Una struttura privata può accettare di curare i pazienti senza che presentino documenti di identità, se essi non vengono ricoverati. La cameriera al ristorante non chiede la carta di identità, la chiede l’ albergo. Si può obbiettare che queste persone caritatevoli, prestando le cure ai clandestini, con o senza ricovero, potrebbero tenere di incorrere in una infrazione della legge, in quanto aiuterebbero i clandestini a rimanere tali. Ma la risposta è che per porre rimedio a ciò si potrebbe sottoporre al parlamento una norma che esplicitamente esoneri da sanzioni chi fornisca ai clandestini assistenza sanitaria in casi gravi, anche se ciò ne favorisce lo stato di clandestinità. Tale legge sarebbe molto discutibile in quanto si potrebbe prestare anche alla possibilità del favoreggiamento di clandestini, che svolgono attività criminali e che nel caso di loro “incidenti di percorso”. Cercano il servizio di cliniche amichevoli, ma almeno chi la sostenesse per ragioni di carità sarebbe coerente. Invece, il governatore Vendola che addirittura vuol punire chi rispetta una legge dello stato, lo vuol fare con i soldi del contribuente nazionale.

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