Un milione in piazza per il futuro. Tommaso ha un mese appena ed è lì che dorme beato in braccio alla mamma nonostante il fracasso. La donna seduta sul palco in mezzo ad altre famiglie coi bambini racconta la sua storia che è la storia di tanti: la laurea in Biologia, la rinuncia alla carriera di ricercatrice perché troppo incerta, l’impiego in un laboratorio di analisi privato che le nega il part-time, il dispiacere di passare poco tempo coi suoi figli e il deserto che si trova intorno una donna che sceglie di avere un figlio e continua a lavorare. A salvarla l’aiuto dei nonni: la famiglia appunto. Ovvero l’unica protagonista dell’imponente manifestazione organizzata dalle associazioni cattoliche sulla quale nelle ultime settimane è stato detto di tutto: discriminatoria, razzista, oscurantista, reazionaria. La verità è che per portare all’attenzione della politica e dei governanti il tema cruciale della famiglia e i problemi che quotidianamente affrontano quasi tutti i cittadini italiani è dovuto scendere in piazza un milione di persone (gli organizzatori dicono un milione e mezzo, le forze dell’ordine 300.000).
Una manifestazione oscurantista che guarda al passato? In piazza San Giovanni per la prima volta si sono visti più bambini che adulti ed è davvero contro la logica pensare che quello dei bambini sia un sguardo rivolto al passato. Una cosa è certa al di là delle ideologie: in piazza San Giovanni c’è chi domani pagherà le pensioni anche ai socialisti e ai radicali che intanto manifestano a piazza Navona.
Di politici sul palco e sui maxischermi non se ne vedono: sono in tanti sotto al palco a distribuire interviste ma questa piazza oggi non si sente davvero rappresentata da nessuno di loro. Ci sono le tante associazioni: Forum delle Famiglie, Movimento per la vita, Acli, Agesci, Azione Cattolica, Movimento Cristiano dei lavoratori. Poi le testimonianze delle famiglie, i volti dei bambini, i giochi e le canzoni di Povia. In apertura il messaggio più applaudito: un intervento di Giovanni Paolo II, registrato nell’88 e mai trasmesso. «Si deve proteggere la famiglia - diceva già allora il Pontefice -, la famiglia se non viene portata avanti e privilegiata può essere distrutta».Una manifestazione discriminatoria? Parla Giovanni Giacobbe, presidente del Forum, e si rivolge ai «laici e agli amici non credenti», chiede al governo «un disegno di legge organico di sostegno alla famiglia, cellula essenziale di ogni società civile». Non c’è rabbia, non si invoca la caccia alle streghe. Eugenia Roccella, una dei due portavoce del Family day insieme a Savino Pezzotta, parla di condivisione e non di esclusione. «Siamo qui da laici a difendere matrimonio civile, quello della Costituzione, che si può sciogliere attraverso il divorzio», dice la Roccella che chiede di non lasciare le donne «sole nel desiderio di fare figli».
Certamente arriva anche un no deciso e chiaro da questa piazza: il no ai Dico, il ddl del governo sul riconoscimento dei diritti per le coppie di fatto, etero e omo. È un no che coinvolge anche le politiche sociali del governo Prodi apparso fino ad ora indifferente ai bisogni delle famiglie. Un no che pronuncia Savino Pezzotta nel suo intervento, l’ultimo prima della chiusura della kermesse.
«Ciò che è bene per la famiglia è bene per tutti - dice Pezzotta -. Occorre che il valore civile e sociale della famiglia espresso dalla nostra Costituzione diventi una causa nazionale». L’ex sindacalista respinge l’accusa di voler riportare l’Italia al medioevo. «Non siamo integralisti e intransigenti: questa non è una piazza guelfa, ma italiana», dice Pezzotta alludendo a Prodi che aveva parlato di guelfi e ghibellini. Dunque rispetto per i diritti individuali, ma no al ddl sui conviventi, che possono essere tutelati attraverso il diritto comune. «Premiamo perché non vengano introdotti i Dico - insiste Pezzotta molto applaudito su questo punto -. Non è una questione confessionale: opporsi a un pluralismo di modelli familiari non è una battaglia confessionale, ma civile e laica che si fonda sul dettato costituzionale e punta al consolidamento del matrimonio civile». Una famiglia per questa piazza, prosegue Pezzotta, non le famiglie perché «noi vogliamo che i nostri figli continuino ad avere una mamma e un papà». Piazza San Giovanni lancia una sfida alla politica in Italia e in Europa dove, conclude Pezzotta, sono in tanti a rivendicare le proprie «radici cristiane». E ora che sono scesi in campo, assicurano dal Family day, ci resteranno.