BEL POLVERONE sulle dichiarazioni di D’Alema. Siamo o no alla vigilia della terza repubblica? Ritornerà la politica o si affermerà l’antipolitica? Fermiamoci un attimo e chiariamo di che si tratta. E domandiamoci: chi è che rappresenta l’antipolitica? Chi si autoassegna una pensione dopo due anni e mezzo di legislatura o chi lo evidenzia? Chi è che assume comportamenti qualunquisti? Quei Parlamentari meglio pagati di qualunque altra democrazia occidentale o chi si chiede come mai questo sia potuto accadere? Credo che la situazione sia ormai chiara come il sole: i rappresentanti autentici dell’antipolitica sono proprio deputati e senatori che, in modo sempre crescente dal 1978 in poi, hanno pensato principalmente a loro stessi. Renato Mannheimer in un sondaggio “a la carte” ci dice che il 70 per cento degli elettori boccia la classe politica. E una ricerca di Ilvo Diamanti ci ricorda che due italiani su tre non ritengono credibile la classe politica. Bella scoperta. Oltre a evidenziare l’acqua calda, già il Censis aveva reso noto a dicembre dell’anno scorso che nelle ultime elezioni politiche il 59% degli italiani appena all’uscita dai seggi, dichiarava di avere “poca o nessuna fiducia nella classe politica che li rappresenta”. E figuriamoci dopo che li hanno visti all’opera.
Bertinotti adesso ritiene che i costi della politica “alimentino la sfiducia”. Ma non è stato proprio l’attuale presidente della Camera a consentire, con uno dei primi atti, la costituzione di ulteriori gruppi parlamentari aumentando la già oceanica spesa? E a Luciano Violante sovviene che questa legge elettorale favorisce le oligarchie? Non ci sembra si sia svenato per cambiarla. Il Ministro Vannino Chiti adesso si ricorda che occorrerebbe ridurre il numero dei deputati. Sarebbe interessante sapere dove si trovava il responsabile del dicastero dei rapporti con il Parlamento quando veniva bocciata la proposta di Salvi e Villone che andava proprio in questa direzione. Probabilmente è successo questo. La maggioranza di centro-sinistra ha preso atto della diffidenza generalizzata verso il proprio confusionario governo e la interpreta, in modo strumentale, non tanto come una bocciatura della propria politica ma come sfiducia dell’intero ceto politico. Allargando infatti la dimensione del quadro, i particolari sfumano. Di fronte alla marea crescente di sdegno si individua nel costo della politica il tema di attualità sul quale insistere. Infatti, i cittadini, dopo essere stati estremamente distratti sull’argomento (Raffaele Costa scrive da anni le cose che oggi ripetono tutti e questo giornale lo fa costantemente almeno dal maggio del 2006) sono sensibili a questo tema oggi come non mai. Si corre però il rischio che i creatori dell’autentica antipolitica diventino i vessilliferi delle proposte di cambiamento. Se chi adesso si stupisce dell’ondata montante da loro stessi sollevata, avesse davvero delle buone intenzioni (ma ponete nel conto qualche fiera perplessità) potrebbe subito fare una cosa fondamentale: introdurre con legge ordinaria il limite di due mandati. In questo caso, soltanto il 21.3% di deputati ed il 24,9% di senatori avrebbero la possibilità di candidarsi. Non è la soluzione di tutti i mali, ma potrebbe cominciare a fare circolare un’aria nuova, della quale c’è necessariamente bisogno: se si vuole cambiare musica, occorre cambiare i suonatori.
Prof. Mario Caligiuri, docente universitario, da Il resto del Carlino