Di Pietro scuote Prodi: spieghi perché ha rimosso il generale
Ma quale «emergenza democratica, è inventata». Minimizza, Romano Prodi, accusando l’opposizione di fare solo «propaganda elettorale e politica» e di tentare di «buttare giù il governo ad ogni costo». Per lui, il caso Visco-Guardia di Finanza è chiuso. E non «all’italiana», perché il Consiglio dei ministri ha preso «la decisione che doveva prendere», all’insegna del politically correct. Un plauso al viceministro all’Economia, che «ha dato prova di senso dello Stato» e si è comportato da «gentiluomo». E visto che «il ritiro temporaneo» della sua delega alla Gdf è stato ottenuto da chi, come Antonio Di Pietro, lo chiedeva, per Prodi non c’è più «ragione» per tenere il dibattito in Senato mercoledì. Il premier dice che non c’è «nessuna accusa pesante» da chiarire e che la sua maggioranza è «certamente più forte», perché le decisioni prese venerdì dal vertice le hanno approvate «tutti».
Peccato, che intorno a lui la situazione appaia un po’ diversa. Perché i sussulti di protesta non continuano ad esserci solo nella Cdl, ma sempre e ancora in settori dell’Unione. Che sembrano approvare la decisione «spontanea» di Visco, ma non altrettanto la rimozione d’imperio del suo accusatore, l’ormai ex comandante generale della Guardia di finanza Roberto Speciale.
Il primo è il leader dell’Italia dei Valori, che venerdì era al vertice di maggioranza in cui ha preteso il passo indietro di Visco, ma non ha partecipato al successivo consiglio dei ministri che ha deciso di far fuori anche il generale. «Restiamo in attesa - avverte Di Pietro- delle motivazioni per cui è stato rimosso il comandante Speciale: un atto di ritorsione nei suoi confronti non possiamo accettarlo. Non si può insabbiare tutto». Chiede una spiegazione sulla richiesta di trasferimento degli ufficiali della Guardia di Finanza impegnati anche su Bnl-Unipol, fatta da Visco, secondo le accuse del generale. E racconta così l’accaduto: «C’è un corpo, la Guardia di Finanza, che sente di subire un torto, lo denuncia, c’è un accertamento, tutto viene sospeso e il responsabile del torto rimette le deleghe. Viene però anche trasferito il comandante di quel corpo. Non si è potuto trasferire i subalterni di Speciale quindi si è rimosso lui stesso. Ma noi vigileremo sulla vicenda». Il ministro per le Infrastrutture non ci sta, anche perchè si sente più forte dopo le amministrative in cui «sono cambiate molte cose»: l’Idv ha «triplicato i voti», mentre per la coalizione, Partito democratico in testa, è stata «una Caporetto». Domani si terrà l’esecutivo nazionale dell’Idv e Di Pietro convoca una conferenza stampa per parlare della situazione politica e del caso Visco, che è solo l’ultima dimostrazione del fatto che sulla giustizia non c’è «discontinuità» tra questo governo e quello di Silvio Berlusconi. Su questa vicenda, avverte Di Pietro, il partito valuterà se il suo percorso «è compatibile con la coalizione». Suona come una minaccia. «Noi siamo leali, ma non staremo solo a guardare».
Il capogruppo al Senato, Nello Formisano, aggiunge che per l’Idv il passo indietro di Visco era necessario «perché l’indagine della magistratura facesse chiarezza sui fatti», con la dovuta imparzialità, ma per la rimozione di Speciale finora non c’è stata spiegazione. Anche per questo, è impensabile che sia cancellato il dibattito di mercoledì. «È stato chiesto da tutte le opposizioni e la prassi del Senato prevede che si faccia. D’altronde, è stato già calendarizzato e per annullarlo ci vorrebbe una nuova riunione dei capigruppo che mi sembra improbabile. La discussione ci sarà e ognuno la userà per chiedere le spiegazioni che crede».
Di Pietro dice: «Bisogna darsi una regolata». E lo stesso termine usa il segretario dello Sdi, Enrico Boselli, avvertendo che il centrosinistra rischia di «andare a fondo». «Decisioni pilatesche, come quella sul caso Visco, possono servire a breve a calmare il giustizialismo di Di Pietro e a evitare gravi rischi al Senato, ma evidenziano tutta la debolezza del governo».
Per il radicale Daniele Capezzone è stata «una soluzione pasticciata», che «può salvare numericamente il governo, ma i problemi restano e si aggravano».