Pubblichiamo l'editoriale dell'ultimo numero in edicola di Famiglia Cristiana firmato da Beppe De Colle. Pur non condividendo in toto le argomentazioni sempre lucidissime di Del Colle, pur tuttavia le offriamo alle valutazioni dei nostri visitatori perchè costituiscono riflessioni comunque non ignorabili intorno alla necessità che la poltica italiana "va cambiata".
Prodi è "un uomo solo al comando". Ma se per Coppi la solitudine era segno di forza, per il Professore è indice di un profondo isolamento. Per questo il referendum sulla legge elettorale è inevitabile.
Non c’è mai stata nella storia politica della Repubblica una personalizzazione dello scontro fino alle volgarità del linguaggio come in quella di oggi, e allo stesso tempo una così generale "richiesta impossibile" di accordi bipartisan per risolvere i problemi più urgenti.
Primo fra tutti quello della governabilità del Paese, e quindi di una legge elettorale che consenta una sufficiente tenuta della maggioranza parlamentare. E non basta: sul sistema incombe l’ombra costante dei segreti di Stato, veri o presunti, fino all’imbarazzante ridicolo di un Servizio di sicurezza militare dedito a spiare anche le presentazioni pubbliche dei libri di Travaglio. Con la minaccia del suo ex direttore, Pollari, di "svelare tutti i segreti". Ma chi lo libererà dall’obbligo del segreto?
Mario Segni e Antonio Di Pietro in occasione della firma per il referendum.
Mario Segni e Antonio Di Pietro in occasione
della firma per il referendum (foto Ansa/La Presse).
Causa principale di tali paradossi è la fragilità di un Governo il cui leader è "un uomo solo al comando". Ma mentre ai tempi di Fausto Coppi quella solitudine era il segno di una evidente, fortissima superiorità su tutti i rivali in gara, oggi è segno di un isolamento pressoché totale di Prodi non solo dagli avversari, ma soprattutto dagli alleati.
Il Professore non ha dietro di sé un partito, né gruppi sociali in grado di sostenerlo; e l’opinione pubblica riceve su di lui ogni giorno notizie e commenti critici, come se la paralisi del Governo fosse tutta colpa sua, e non dipendesse dalle divisioni fra i suoi stessi ministri su quasi tutti gli argomenti. Ma questa solitudine coatta non è altro che lo specchio della realtà italiana di oggi, frammentata come non mai. Per non offendere nessuno, e per non dimenticare qualcuno, possiamo almeno quantificare le personalità politiche che, pur rappresentando ciascuna pochi parlamentari, agiscono come capi di partiti importanti: almeno due nell’estrema destra, almeno una decina al centro, almeno cinque nell’estrema sinistra. Per non considerare quanti, soprattutto nel Centrosinistra, pur appartenendo ai Ds o alla Margherita, si comportano giorno per giorno come capicorrente della vecchia Dc.
Si salva Berlusconi, così come Bossi, pur sofferente, non è in discussione nella Lega; mentre Fini è periodicamente vittima di tentativi di scissione, e starebbe pensando a una parentesi "locale" nella sua carriera politica: cioè alla candidatura a sindaco di Roma, quando finirà il mandato di Veltroni. Il Cavaliere e il Senatùr sono forti individualità, emerse dalla crisi della politica intesa per decenni come scontro tra ideologie. Ma non vanno facilmente d’accordo: il primo Governo Berlusconi cadde nel 1994 per un dissidio con Bossi.
Quella crisi, tuttavia, non è finita, quanto meno a sinistra. Quando Bertinotti minaccia l’uscita di Rc dal Governo sulle pensioni, lo fa ricorrendo appunto all’armamentario ideologico della sinistra che fu, e che non c’è più in nessun Paese europeo (meno che mai in quelli dell’Est, appena entrati a far parte dell’Unione).
Si stanno raccogliendo le ultime firme necessarie alla presentazione del referendum per l’abrogazione dell’attuale legge elettorale, in particolare per ottenere il premio di maggioranza alla lista più votata, sia alla Camera sia al Senato (mentre oggi va alla coalizione più votata, favorendo la moltiplicazione dei partiti) e per abolire le candidature multiple. Certo non basterà il referendum per dare una legge finalmente utile ed efficace, ma esso appare ormai come l’unico strumento per costringere questo Parlamento a farla. Ma chi avrà il coraggio di proporla, con tutti quei partitini che non consentiranno mai di essere cancellati? Beppe Del Colle.