MARIO BIONDI E' IL CANTANTE SICILIANO CON LA VOCE ALLA BARRY WHITE CHE DA MESI SPOPOLA IN RADIO
Ha raggiunto il successo a 36 anni, ma non si è montato la testa: «Con i soldi che guadagno voglio comprare una casa più grande per i miei cinque figli».
In questo periodo parlare al telefono con Mario Biondi anche per pochi minuti è davvero un’impresa. Oltre a essere impegnato in un seguitissimo tour (il 13 luglio sarà a Udine, il 14 a Brescia, il 15 a Benevento), da due settimane è diventato per la quinta volta papà. Il nuovo nato si chiama Ray, «perché così avrebbe desiderato mio padre che non c’è più da 10 anni. Un omaggio a un nostro idolo, Ray Charles».
Adesso che a 36 anni ha finalmente sfondato con il cd Handful of soul, ricorda con tenerezza quando molti anni fa si trovò a cantare proprio prima di "The genius": «Avevo 17 anni e mi esibivo tutte le sere al Tout va, l’ex casinò di Taormina. Su quel palco sono passati tutti i grandi del pianobar italiano, da Peppino Di Capri, a Fred Bongusto, a Franco Califano. Sono stati loro i miei maestri, insieme a mio padre».
Mario proviene da una famiglia di artisti. Il bisnonno, pittore, affrescò il Palazzo di giustizia di Catania. La nonna cantava per l’Eiar, l’antenata della Rai. Il padre, Giuseppe Ranno, è stato invece un apprezzato cantautore. La casa discografica dell’epoca gli consigliò di cambiare il suo nome in Stefano Biondi. E Mario ha scelto di mantenere questo cognome d’arte per continuità.
«A casa si ascoltava di tutto: dalla musica popolare siciliana, alla classica, a Otis Redding e Stevie Wonder. Con il tempo ho iniziato ad appassionarmi alla fusion e a seguire artisti come Al Jarreau e George Benson, ma sono sempre rimasto legato alle mie radici italiane. Conservo ancora gelosamente il 33 giri di Baglioni Strada facendo del 1981».
Ha debuttato come cantante nel coro della sua parrocchia. A 12 anni aveva già un bel vocione da basso che ora è diventato il suo tratto distintivo, ma che per molto tempo ha fatto fatica ad accettare. «La musica italiana ha sempre preferito cantanti dalla voce potente e acuta. Io ho cercato di adattarmi, ma alla fine ho seguito la mia natura».
Ed eccolo, allora, il "Barry White italiano", come molti l’hanno chiamato, anche se lui il confronto con il re dell’easy listening americana va un po’ stretto: «Le etichette servono per inquadrare un certo tipo di vocalità, ma Mario Biondi è Mario Biondi». Ossia il nome di una delle poche vere rivelazioni di quest’anno nel panorama della musica italiana.
Uno pseudonimo per i giapponesi
E dire che Mario al successo in Italia non ci pensava proprio. Nel 2004 si inventò uno pseudonimo, Wasabee, per lanciare una canzone, This is what you are, sul mercato giapponese. E invece, con grande sorpresa, del brano si innamorarono i programmatori della Bbc inglese che lo trasformarono in un incredibile successo. Da qui l’idea di realizzare un album per il mercato italiano. «Il mio intento era solo di realizzare un bel disco. Non mi aspettavo di finire primo in classifica». E invece, anche grazie a Fiorello e Linus che hanno iniziato a far ascoltare nelle rispettive radio proprio This is what you are, il disco ha superato le 120.000 copie vendute.
Ma Mario assicura di non essersi montato la testa. «Vivo questo momento con grande serenità. Faccio questo mestiere ormai da parecchi anni e, anche se molto più ristretto, ho sempre avuto un pubblico che mi segue e mi apprezza. L’unica cosa che è cambiata è che ora posso mettere da parte un po’ di soldi, come mai mi era riuscito prima, per comprare una casa più grande e dare un avvenire migliore ai miei figli».
Anche in questo Mario si differenzia dallo stereotipo dell’artista di successo tutto concentrato sulla carriera.
«Se hanno detto di me che sono un cantante soul qualche motivo ci sarà. Tutti i grandi artisti della musica nera americana credevano nell’energia che la famiglia può dare. I miei figli sono abituati a non vedermi tutti i giorni. Fin da piccoli hanno sempre visto il loro papà andar via per suonare nei fine settimana o anche per periodi più lunghi. Ma da quando è uscito Handful of soul non sono riuscito a stargli vicino come avrei voluto. Loro, però, sono molto orgogliosi del successo che ho ottenuto. Mia figlia Zoe ha appeso alla porta della sua classe tutti gli articoli che i giornali hanno pubblicato su di me».
Tra un concerto e l’altro, Mario ha anche iniziato a lavorare a un nuovo disco. «Dal vivo eseguo già una canzone inedita, Moonlight in july. Mamela prendo con molta calma». Sì, perché a casa c’è il piccolo Ray che aspetta il suo papà. Ma riuscirà a cantargli una ninnananna col vocione che si ritrova?