di Lodovico Festa
Il governo è al capolinea. Romano Prodi e Massimo D'Alema si contraddicono su Gaza e Hamas, la riforma delle pensioni è affidata alla mediazione di un cigiellino come Paolo Nerozzi tra Rifondazione e maggioranza, Palazzo Chigi non si accorda neppure con i magistrati, Tommaso Padoa-Schioppa parla male di Bruxelles a Roma e di Roma a Bruxelles. Tutti i maggiori commentatori, anche dei giornali che sostennero elettoralmente il centrosinistra, ammettono come il governo Berlusconi avesse una linea programmatica nettamente migliore di quella dell'esecutivo Prodi. Forse solo Innocenzo Cipolletta, come il soldato giapponese dell'isoletta oceanica, continua a dire che il passato esecutivo ha fatto male come questo.
C'è un solo problema: il governo è al capolinea, ma il conduttore è restio a scendere. E c'è magari qualcuno che vorrebbe mettere alla guida l'inquilino del Campidoglio per ancora un tratto di corsa. Peraltro Walter Veltroni ha chiarito subito il suo carattere ancora prima del suo programma. Ha fatto intervenire Piero Fassino per bloccare Pierluigi Bersani in modo da avere primarie per il Partito democratico più con stile da Germania orientale che americano. Ha dato, poi, la mitica indicazione «sono per il referendum ma non firmo» che rivela una volta per tutte la sua inclinazione flip-floppistica: sono per questo ma sono anche per il suo contrario.
No, all'Italia non serve né che proceda ancora questo governo sfasciato né che si faccia un altro giro con questa maggioranza allo sbando. Ci vuole un governo con un asse definito e perciò sono necessarie elezioni, che prima si faranno (magari a ottobre) meglio sarà: anche perché l'inquinamento della politica italiana (dossier, intercettazioni, filmatini su trucchi nel voto) sale da tutti i tombini e potrebbe provocare ulteriori guasti.
La deriva senza rimedio della maggioranza prodiana segna un importante passaggio nella storia d'Italia: la fine dell'emergenzialismo antiberlusconiano. La giustificazione per mettere insieme l'estremismo rifondarolo con tutto il possibile moderatismo anticentrodestra è evaporata di fronte agli occhi dell'opinione pubblica. Da qui il centrodestra deve ripartire per calibrare l'iniziativa politica da una parte fondata sulla chiarezza programmatica (resa più incisiva sia dalla svolta modernizzante dimostrata in questi mesi da An e Udc, sia dalla disponibilità al dialogo offerta dalla Lega Nord anche verso il centrosinistra). Dall'altra il centrodestra, senza offrire spazi per farsi strumentalmente dividere, deve indicare con chiarezza i temi su cui cerca un confronto prioritario con l'opposizione. L'Italia ha bisogno di guida sicura e serenità: e vanno offerte con chiarezza all'opinione pubblica per cercare di mettere fine in fretta alla pericolosa agonia del prodismo. Naturalmente vanno valutati anche scenari meno ottimistici, disperate resistenze senza senso ma accanite. Sarebbe bene che il centrodestra si preparasse per questa eventualità, organizzando per ottobre grandi conferenze programmatiche che diano un'alternativa alla società italiana e alle sue forze sociali rispetto alle ultime gesta disperate di una similmaggioranza che non ha più niente da dire.