Cedimento. Sotto il profilo politico, l’accordo sulle pensioni fra governo e sindacati vorrebbe essere un capolavoro di equilibrismo e di ipocrisia. La proposta conclusiva del governo, accolta dalle confederazioni, ha l’ambizione di soddisfare i cosiddetti riformisti dell’Unione, ma in realtà costituisce un cedimento alla sinistra estrema e all’ala più dura del vetero-sindacalismo. Tutta l’Europa innalza l’età pensionabile e l’Italia di fatto l’abbassa dai 60 anni di età minima per il trattamento di anzianità (prevista dallo scalone) a 58. Un processo antistorico. Il graduale innalzamento dell’età pensionabile si fermerà ai 61 anni, soglia minima che sarà raggiunta soltanto nel 2013. Nonostante questo cedimento, la sinistra radicale – per schivare le critiche della sua base più intransigente - continua a fare le faccia feroce e critica l’intesa. Vedremo se le prime critiche rientreranno nelle regole della sceneggiata, o se davvero la sinistra-sinistra vuole aprire la crisi. E’ più verisimile che per il suo “sì” in consiglio dei ministri chiederà, e otterrà, altre contropartite.
Conti pubblici a catafascio. Per questa controriforma previdenziale il governo ha calcolato una spesa aggiuntiva di 10 miliardi di euro in 10 anni. E’ un’illusione, anzi un trucco. Il sistema degli scalini ipotizzato per superare lo scalone è troppo soft e diluito nel tempo. Esponenti della stessa maggioranza, nei giorni scorsi, avevano calcolato in decine di miliardi di euro il costo dell’abolizione dello scalone, adesso si cerca di indorare la pillola, ma è certo che dobbiamo prepararci a una crescita progressiva della pressione fiscale, unico meccanismo che la sinistra saprà attivare per fronteggiare i deficit fuori controllo del sistema pensionistico. E’ stata iscritta una pesante ipoteca sul futuro del Paese.
Risparmi immaginari, stangate certe. Nei giorni scorsi notizie di fonte governativa hanno fatto credere che le risorse necessarie per sostenere i costi del nuovo sistema previdenziale sarebbero state reperite con il riaccorpamento degli enti previdenziali e con i tagli ai costi della politica. E’ pura illusione: i risparmi ipotizzati sono del tutto aleatori, posto che la riduzione delle burocrazie e il dimagramento della politica sono processi lentissimi e incerti. Mentre certi sono i costi che l’arretramento nelle regole sulle pensioni comporteranno. Si reperiranno risorse con le stangate, saranno aumentati i contributi che dovranno versare i cosiddetti parasubordinati e i lavoratori autonomi. E sarà solo l’anticipo delle strette fiscali che ci attendono.
Contro il ceto medio. L’impostazione classista e vetero-marxista della controriforma pensionistica è dimostrata dai maggiori oneri che ricadranno sui lavoratori autonomi e sui lavori atipici. Sono parte attiva del ceto medio, quel ceto medio che costituisce il nerbo del mondo produttivo nei Paesi avanzati. Alla sinistra radicale e al governo Prodi che ne è succube non è evidentemente bastato l’effetto devastante prodotto dalla finanziaria, si studiano sempre nuovi balzelli e spremiture. In questo contesto sembra certa l’introduzione di un “contributo di solidarietà” da far pagare ai titolari delle pensioni che raggiungono i 4 mila euro lordi mensili.
Contro i giovani. Tutta la propaganda demagogica che l’Unione e il governo hanno sbandierato in tema di equità e di patto fra generazioni è contraddetta dal nuovo schema proposto per le pensioni. Appare subito chiaro che i giovani, quelli che adesso cominciano a lavorare o hanno cominciato da poco, vengono sacrificati alla sopravvivenza di questo governo avventurista e inetto. Si sono create le condizioni perché il nostro sistema previdenziale sia sempre più traballante e coi conti in rosso. I giovani saranno chiamati a pagare tasse e contributi crescenti per finanziare i buchi dell’Inps e quando arriveranno alla pensione avranno trattamenti del tutto inadeguati pe una vecchiaia dignitosa.
Contro l’Europa. Le strategie scelte dal governo di Romano Prodi in materia di previdenza e di welfare contrastano con le prospettive indicate dall’Unione europea. Non a caso le autorità di Bruxelles hanno invitato il governo di Roma a dare piena attuazione alla riforma varata nel 2005 dal governo di centrodestra, a non toccare lo scalone. Con l’accordo raggiunto all’alba sulle pensioni, l’esecutivo del Professore ha aperto una falla nei conti pubblici. E’ impossibile che i vertici di Bruxelles, già in allarme per le finanze italiane, possano accettare i trucchi contabili con i quali il centrosinistra cerca di mascherare il buco delle pensioni. Tommaso Padoa Schioppa, inflessibile (a parole) in Europa e cedevole (nei fatti) in Italia dovrà faticare non poco per tranquillizzare gli omologhi europei che dubitano della nostra stabilità. Ed è improbabile che ci riesca.